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    Misure di ritorsione e negoziati con l’India, l’Ue si compatta contro i dazi di Trump

    dall’inviato a Strasburgo – Reagire con misure di ritorsione, e concludere nuovi accordi commerciali, a cominciare con l’India. La risposta dell’Ue alla decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di imporre dazi del 25 per cento all’acciaio e all’alluminio si produce nel dibattito d’Aula del Parlamento europeo, dove i principali gruppi si compattano, si crea una vera ‘maggioranza Ursula’ come mai prima dal post voto del 6-9 giugno. E’ la prova dell’emiciclo che sancisce un compattamento a dodici stelle contro le mosse di Washington, perché le reazioni preliminari non convincono.“Mi rammarico profondamente della decisione degli Stati Uniti di imporre dazi sulle esportazioni europee di acciaio e alluminio”, la reazione ufficiale della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a pochi minuti della riunione d’Aula. Von der Leyen, non presente a Strasburgo per impegni istituzionali, promette che “i dazi ingiustificati sull’Ue non rimarranno senza risposta”, e annuncia “contromisure ferme e proporzionate”. Però dai banchi de laSinistra Rudi Kennes attacca: “Mi rammarico? E’ ridicolo. Trump ride di questo”. La collega e co-presidente del gruppo, Manon Aubry, rincara la dose: “La reazione dell’Ue è nulla. Continuiamo a essere il cagnolino degli Stati Uniti anche quando colpiscono i diritti della comunità Lgtbqi e attaccano gli interessi dell’Europa. Quante provocazioni ancora dovremo subire perché i leader si sveglino?“.Il commissario per il Commercio, Maros Sefcovic, prova a calmare un’Aula che chiede e pretende interventi. “L’Ue non vede alcuna giustificazione per questa decisione, e risponderemo in modo proporzionato e per difendere i nostri interessi”, assicura agli europarlamentari. Ammette che una guerra commerciale a colpi di dazi “non il nostro scenario preferito”, ma si andrà avanti con decisione. Comunque, precisa Sefcovic, “restiamo aperti a negoziare“. Contro le politiche di Trump e di quanti volessero seguirne l’esempio la risposta è più commercio, sottolinea ancora il commissario Ue. Ricorda e rivendica la chiusura degli accordi con i Paesi del Mercosur e l’aggiornamento dell’accordo con il Messico voluto proprio come scudo anti-Trump. Alla luce di quanto accaduto Sefcovic anticipa l’intenzione di accelerare con India, Filippine e Thailandia.Il commissario per il Commercio, Maros Sefcovic [Strasburgo, 11 febbraio 2025]Parole e strategia valgono a Sefcovic il sostegno dei popolari (Ppe). “Serve il Mercosur, e serve continuare con India e Indonesia”, sottoscrive Jorgen Warborn. Ma soprattutto occorre una risposta ferma e decisa, e perché “la frammentazione ci indebolisce”. Per la Commissione arriva però il suggerimento di “rispondere nel rispetto dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), altrimenti si creano ancora più incertezze”. Anche tra le fila dei liberali (Renew Europe) si invita a procedere con i negoziati con Nuova Delhi. “Più commercio è la risposta” ai dazi di Trump, sostiene Svenja Hahn, “e l’India è la risposta migliore” in tal senso.Socialisti (S&D), liberali (Re) e Verdi si uniscono nella richiesta di fermezza e contro-tariffe, come il Ppe. “Vogliamo che la Commissione europea risponda con misure di ritorsione“, taglia corto la socialista Kathleen Van Brempt. “Non si ferma un bullo dandogli ciò che vuole, perché altrimenti chiederà sempre di più”. Anche l’eurodeputato del Pd, Stefano Bonaccini, ritiene che “di fronte alla minaccia dell’arma protezionistica dovremo rispondere insieme, senza esitazioni”.Analoga la linea di Renew Europe, come spiegato da Karin Karlsbro: “Con gli Stati Uniti siamo pronti a rispondere”, per far capire che “Trump è stato eletto presidente degli Stati Uniti, non del mondo”. Niente tentennamenti, aggiunge la liberale Marie-Pierre Vedrenne: “Dobbiamo rispondere duramente”. Anche Anna Cavazzini, dei Verdi, esorta l’esecutivo comunitario a reagire: “L’Unione europea non può farsi ricattare”.Più timido il co-presidente del gruppo dei Conservatori e riformisti europei (Ecr) all’Eurocamera, Nicola Procaccini: “L’unico modo per affrontare questa nuova sfida è avere un approccio equo“, sostiene. Il che vuol dire che come Unione europea “dobbiamo essere pronti, non ci piacciono i dazi, ma sappiamo che fanno parte del commercio internazionale. Lo erano ieri, lo sono ora e lo saranno in futuro”.Sulla questione si esprime anche il presidente di Eurofer Henrik Adam, secondo il quale “l’ordine esecutivo  che impone una tariffa generale del 25 per cento su tutte le importazioni di acciaio è una radicale escalation della guerra commerciale lanciata sotto la sua prima amministrazione. Esso – rileva Adam – peggiorerà ulteriormente la situazione dell’industria siderurgica europea, esacerbando un contesto di mercato già in terribile difficoltà”.Il presidente Jeo Biden aveva ammorbidito le sanzioni imposte nella prima amministrazione Trump, ma, nonostante questo, afferma il presidente di Eurofer, “le importazioni di acciaio dell’UE negli Stati Uniti sono diminuite di oltre 1 milione di tonnellate all’anno”, e secondo i suoi calcoli se i dazi dovessero essere introdotti nella misura annunciata “l’Ue potrebbe perdere fino a 3,7 milioni di tonnellate di esportazioni di acciaio verso gli Stati Uniti, il secondo mercato di esportazione per i produttori di acciaio dell’Unione, che rappresenta il16 per cento delle esportazioni totali di acciaio dell’Ue nel 2024”. Secondo Adam, inoltre, “la perdita di una parte significativa di queste esportazioni non può essere compensata dalle esportazioni verso altri mercati”.

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    “Gaza parte essenziale del futuro stato palestinese”. L’Ue, alla fine, risponde a Trump

    Bruxelles – “Gaza è una parte essenziale di un futuro stato palestinese“. Alla fine la Commissione europea si esprime pubblicamente. E’ Anouar El Anouni, portavoce della Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, a chiarire la linea e rispondere alle provocazioni del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, deciso a calpestare decenni di faticosi processi di una pace in Medio Oriente che l’Ue vuole. “L’Ue sostiene pienamente la soluzione dei due stati, che riteniamo sia l’unico modo per raggiungere una pace sostenibile sia per gli israeliani che per i palestinesi”, aggiunge il portavoce di Kaja Kallas.La risposta però è tardiva. La Commissione europea impiega qualcosa come 36 ore per commentare le uscite di Trump. Alle parole riecheggiate in Europa nella mattina di mercoledì, 5 febbraio, la prima replica ufficiale e pubblica è affidata a un portavoce poco dopo le 12 del giorno dopo, giovedì 6 febbraio. Una ‘calma’ che offre la riprova dell’incapacità ad agire sui grandi temi e tradendo una volta di più le aspirazioni geopolitiche morte e sepolte comunque da anni.Anouar El Anouni, portavoce dell’Alta rappresentante Ue [Bruxelles, 6 febbraio 2025]Nel frenetico attivismo delle alte sfere Ue, sempre pronte a commentare qualunque cosa e sempre smaniose di apparire, comparire e presenziare, sui mezzi d’informazione e ancor più sui social, si nota l’assenza di commenti da parte della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, come dell’Alta rappresentante Kaja Kallas, incapaci anche di esprimersi sulla volontà dichiarata di Trump di spostare la popolazione di Gaza.La questione è grossa. In Parlamento europeo non mancano malumori tra le file dei gruppi che hanno stretto alleanza con il Ppe. Si vede in von der Leyen e nella sua Commissione “assenza di leadership”. Così riferiscono fonti parlamentari. Prima della ‘questione Gaza’ si imputava all’esecutivo comunitario la mancata reazione all’imperversare di Elon Musk e le sue ingerenze nelle questioni dell’Unione europea tramite il suo social X. Adesso si aggiunge una reazione tardiva sulla questione arabo-israeliana, con la Commissione che, parole del portavoce El Anouni, “prende nota delle dichiarazioni del presidente Trump”. Non proprio una figura delle migliori per chi vorrebbe un ruolo di peso nel mondo e una politica estera europea.

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    Von der Leyen agli ambasciatori Ue: “Abbiamo un nostro ruolo, costruiamo la politica estera europea”

    Bruxelles – “La necessità è di costruire una politica estera europea“, che sia “mirata” e che tenga fermo il principio per cui si negozia quando si può e quando si deve, ma non a tutti a costi. Tradotto: “Se ci sono vantaggi reciproci in vista, siamo pronti a impegnarci con te”. Altrimenti niente. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sprona gli ambasciatori Ue nel mondo ad una nuova diplomazia, che sia pragmatica e sappia rispondere al mondo di oggi. “Gran parte del mondo vede l’Europa come più forte di come la vediamo noi stessi, e l’Europa – insiste von der Leyen – ha molta più influenza in questo mondo di quanto a volte potremmo pensare“. Uno strumento da usare, anche nel confronto con gli amici di sempre.La presidente dell’esecutivo comunitario è brava a non fare nomi, a dire quello che deve in modo da non esporsi ma comunque affondare il colpo. Von der Leyen non chiama mai in causa Donald Trump, ma quello che lei dice ben si presta ad essere lette come riferimento al presidente degli Stati Uniti. E’ vero quando avverte gli ambasciatori che “ci sarà un uso crescente e una maggiore minaccia di strumenti di coercizione economica, quali sanzioni, controlli sulle esportazioni e dazi“. Un chiaro riferimento a Trump e il suo ‘bullismo commerciale’, contro cui von der Leyen ribadisce fermezza: “Ci prepariamo ad ogni scenario”, dice. Vuol dire anche eventualmente una guerra dai dazi Ue-Usa.Bandiere dell’Unione europea e degli Stati Uniti [foto: imagoeconomica]Non va per il sottile von der Leyen, in fin dei conti sono altri gli ambasciatori, e a loro invita a “cambiare il nostro modo di agire”. Un invito a essere pronti a “impegnarsi in difficili trattative, anche con partner di lunga data” – altro riferimento agli Stati Uniti – e un invito allo stesso ad accettare di “dover lavorare con paesi che non hanno idee simili ma condividono alcuni dei nostri interessi”. Perché, insiste la presidente della Commissione Ue, “il principio di base della diplomazia in questo nuovo mondo è di tenere gli occhi puntati sull’obiettivo”. Ciò significa real-politik, “trovare un terreno comune con i partner per il nostro reciproco beneficio, e accettare che a volte dovremo accettare di non essere d’accordo”.Si tratta di “un nuovo approccio che riguarda la garanzia della futura sicurezza e prosperità dell’Europa”, insiste von der Leyen, e che riguarda anche le relazioni con Repubblica popolare cinese. “La Cina è uno dei paesi più intricati e importanti al mondo. E il modo in cui la gestiremo sarà un fattore determinante per la nostra futura prosperità economica e sicurezza nazionale”.

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    Ue-Nato, una nuova task force per rafforzare la cooperazione. In chiave anti-Russia, con un occhio a Trump

    Bruxelles – Quando l’ex premier olandese Mark Rutte è stato scelto per succedere a Jens Stoltenberg alla guida della Nato, i leader Ue hanno esultato per la forte vocazione europeista del nuovo segretario generale dell’Alleanza atlantica. A un mese dall’inizio del suo incarico, la prima conferma: l’Unione europea e la Nato istituiranno una nuova task force di alto livello per rafforzare l’attuale cooperazione.L’hanno annunciato oggi (29 ottobre) il segretario generale della Nato e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a margine del loro primo bilaterale da quando Rutte siede a capo dell’Alleanza militare occidentale. Nel loro confronto, i due hanno convenuto che la partnership Ue-Nato “è fondamentale per sostenere e salvaguardare la pace, la libertà e la prosperità” in un mondo “sempre più pericoloso”, si legge in una nota diffusa da Bruxelles.Il focus non poteva che cadere sul dispiegamento di soldati nordcoreani a fianco dell’esercito russo nella regione di Kursk: “Una significativa escalation della guerra contro l’Ucraina, nonché una grave minaccia alla sicurezza europea e alla pace globale”, affermano von der Leyen e Rutte. I due hanno ribadito che “la guerra di aggressione della Russia sul suolo europeo è la più grande minaccia alla pace e alla sicurezza del continente europeo”.Ma non l’unica: i due leader hanno inoltre discusso della “crescente assertività degli Stati autoritari sulla scena mondiale“, rende noto la Commissione europea. Stati che “sfidano i nostri interessi comuni, i valori e i principi democratici, utilizzando molteplici mezzi – politici, economici, tecnologici e militari”, prosegue la nota. In un post sul suo account X, von der Leyen ha sintetizzato: “In questo contesto, una partnership stretta e strategica tra l’Ue e la Nato è più che mai essenziale”.La pianificazione della prima riunione della task force “dovrebbe procedere nelle prossime settimane”, fanno sapere ancora nella nota congiunta la leader Ue e il segretario generale della Nato. Dietro l’angolo, martedì 5 novembre, si terranno le elezioni americane, con i sondaggi che danno Donald Trump in recupero su Kamala Harris. Un altro buon motivo per correre ai ripari e rafforzare i legami tra Bruxelles e l’Alleanza Atlantica prima di un eventuale ritorno del tycoon alla Casa Bianca.

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    Bruxelles e Seul serrano i rapporti in chiave anti-Pyongyang

    Bruxelles – Se la Corea del Nord si allinea con la Russia, l’Unione europea si tiene stretta la Corea del Sud. In un intreccio di alleanze e contrasti internazionali, l’asse che si è ormai saldato tra Pyongyang e Mosca sta portando a rafforzarsi anche il legame tra Bruxelles e Seul, già importanti partner commerciali e presto anche militari. La goccia che sta facendo traboccare il vaso è la presenza, ormai confermata, di soldati nordcoreani affianco alle truppe russe contro l’esercito di Kiev.La presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, ha sentito al telefono il capo dello Stato sudcoreano Yoon Sul Yeol lunedì (28 ottobre), per discutere dei progressi sul partenariato di sicurezza e difesa tra Ue e Repubblica di Corea annunciato nel maggio 2023 e prossimo all’avvio. L’accordo, si legge sul sito della Commissione europea, “sottolinea la natura interconnessa della sicurezza dell’Europa e dell’Asia orientale” e mira a rafforzare “l’impegno comune dell’Ue e della Repubblica di Corea a promuovere la pace e la stabilità in entrambe le regioni”.Fuor di metafora, significa che Bruxelles e Seul vogliono unire gli sforzi per far fronte ad un’alleanza politico-militare che sta preoccupando l’intero Occidente, dentro e fuori la Nato: quella tra la Federazione Russa e la Corea del Nord. Da mesi ormai i media internazionali e le agenzie di intelligence di mezzo mondo hanno messo in evidenza come la dittatura guidata da Kim Jong-un stia aiutando l’autocrazia di Vladimir Putin nella sua guerra di aggressione contro l’Ucraina. Dapprima con la fornitura di materiale bellico (soprattutto balistico) e, recentemente, anche con l’invio di soldati.Le prime segnalazioni che personale militare della Repubblica popolare democratica di Corea (Rpdc) era giunto sul suolo russo per essere addestrato dall’esercito di Mosca erano arrivate da Kiev, che intorno al 23 ottobre scorso aveva registrato la presenza di soldati nordcoreani nell’oblast’ di Kursk, il territorio della Federazione dove ad agosto sono penetrati gli ucraini con un’incursione a sorpresa. Poi le conferme sono arrivate anche da Washington e da Bruxelles.Oggi, la presidente von der Leyen ha denunciato la fornitura di “sempre più assistenza letale alla Russia” da parte della Rpdc, culminato nel fatto che “per la prima volta i soldati della Corea del Nord sono schierati a sostegno della guerra di aggressione russa”, il che “rappresenta una significativa escalation della guerra contro l’Ucraina e minaccia la pace globale”. Sull’impiego delle truppe nordcoreane in Russia, il vicedirettore dell’agenzia di spionaggio sudcoreana, Hong Jang-won, ha aggiornato i diplomatici di Ue e Nato a Bruxelles: secondo le stime dei servizi di Seul, entro il mese di dicembre si sarà raggiunta quota 10mila unità pronte al combattimento.Il capo dell’esecutivo Ue ha assicurato al presidente sudcoreano che la risposta europea a tali sviluppi “sarà incentrata sulla cooperazione con la Repubblica di Corea e con altri partner” della regione, come ad esempio il Giappone – col quale, pure, Bruxelles è in procinto di avviare un partenariato in materia di sicurezza e difesa. Del resto, ha notato von der Leyen, l’intensificarsi della cooperazione militare tra Mosca e Pyongyang rischia di spingere l’Rpdc ad “aumentare ulteriormente le tensioni nella penisola coreana” minacciando più da vicino Seul. La situazione nell’area è già tesa dopo che, a metà ottobre, alcuni collegamenti stradali tra le due Coree sono stati fatti letteralmente saltare in aria dai militari nordcoreani.

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    Von der Leyen annuncia l’esborso di 6 miliardi di euro per i Balcani occidentali

    Bruxelles – Comincia dall’Albania la visita di Ursula von der Leyen nei Balcani occidentali, che da mercoledì (23 ottobre) durerà fino a sabato (26 ottobre). Ad accoglierla il premier Edi Rama, con il quale la presidente dell’esecutivo comunitario ha lodato i progressi di Tirana nel suo percorso di avvicinamento all’Ue, che potrebbe essere più veloce di quello degli altri partner regionali.Nonostante il controverso accordo stipulato con l’Italia per l’esternalizzazione della gestione delle procedure d’asilo sia finito al centro della bufera giudiziaria nostrana e dello scontro politico europeo, il premier albanese Edi Rama può comunque presentarsi alla propria opinione pubblica rivendicando un altro successo. Vale a dire l’inizio del processo di adesione all’Ue, avviato ufficialmente lo scorso 15 ottobre con l’apertura del primo cluster sui capitoli fondamentali.A sentire von der Leyen, che ha partecipato ad una conferenza stampa congiunta con il capo dell’esecutivo albanese al termine del loro bilaterale, “potremmo aprire tutti i cluster (dei negoziati, ndr) entro la fine dell’anno prossimo”, anche se ha ammesso che, più che fissare scadenze rigide, è importante portare a termine le riforme propedeutiche all’adesione. “La prossima settimana avremo il rapporto sullo stato dell’arte dell’allargamento”, ha aggiunto, sottolineando che “i risultati dell’Albania sono eccellenti”, come certificato anche dal Comitato economico e sociale europeo.Oggi (23 ottobre) è arrivata anche l’approvazione, da parte della Commissione, delle agende di riforme nazionali da cui dipende l’esborso dei 6 miliardi di euro del Piano per la crescita dei Balcani occidentali elaborato da Bruxelles per stimolare l’economia e promuovere la convergenza dei sei partner dell’area (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del nord, Montenegro e Serbia), come promesso lo scorso 14 ottobre al summit di Berlino dalla stessa von der Leyen.Rama ha ribadito di fronte ai giornalisti l’impegno del suo Paese verso l’ingresso nel club a dodici stelle: “Noi albanesi siamo divisi su quasi ogni argomento”, ha detto di fronte ai giornalisti, “ma c’è solo una cosa che gli albanesi non mettono mai in discussione, ed è che il nostro posto è nell’Unione europea e che il futuro dei nostri figli va costruito nell’Unione europea”. Al suo fianco, von der Leyen ha assicurato che “l’allargamento rimarrà una massima priorità” nel suo secondo mandato alla guida dell’esecutivo comunitario.La presidente della Commissione è tornata sul Piano per la crescita, annunciando che l’Ue dovrebbe inviare a Tirana i primi 64 milioni entro la fine dell’anno su un totale di 920 milioni previsti per l’Albania. Von der Leyen ha inoltre ricordato come il Paese abbia già ricevuto da Bruxelles 1,4 miliardi nel quadro del Piano di investimenti per i Balcani occidentali, che serve tra le altre cose a incentivare lo sviluppo economico della regione in linea con gli obiettivi climatici dell’Ue. Il terzo punto toccato dalla leader tedesca è stato l’inaugurazione della nuova sede del College of Europe nella capitale albanese, mentre sulla questione bollente dei centri di rimpatrio italiani in Albania (una “soluzione innovativa” per il futuro della politica migratoria targata Ue su cui lei stessa si è espressa favorevolmente solo la settimana scorsa) si è limitata a osservare che trattandosi di un accordo bilaterale “non lo commenteremo, ma ne monitoreremo lo sviluppo”.Von der Leyen incontrerà domani (24 ottobre) il presidente albanese Bajram Begaj e partirà poi alla volta di Skopje, dove avrà colloqui con il premier nord-macedone Hristijan Mickoski e la presidente Gordana Siljanovska-Davkova. Si recherà quindi in Bosnia-Erzegovina, dove visiterà Jablanica, un’area colpita dalle recenti alluvioni, mentre venerdì (25 ottobre) incontrerà a Sarajevo la premier Borjana Krišto e la presidenza tripartita del Paese (composta da Denis Bećirović, Željka Cvijanović e Željko Komšić). A Belgrado, lo stesso giorno, von der Leyen incontrerà il presidente serbo Aleksander Vučić e il premier Miloš Vučević, per spostarsi sabato (26 ottobre) a Pristina per incontrare la presidente kosovara Vjosa Osmani e il primo ministro Albin Kurti. Terminerà infine il suo tour a Podgorica insieme al presidente montenegrino Jakov Milatović e il premier Milojko Spajić.

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    L’Ue ai Paesi del Golfo: “Più fermezza contro Putin”. Il mondo arabo: “Riconoscete la Palestina”

    Bruxelles – Da una parte l’invito a più fermezza nella risposta alle manovre militari russe in Ucraina, dall’altra parte l’invito a fare di più per la Palestina e la causa palestinese. Unione europea e Paesi del golfo arabico provano a rafforzare le proprie relazioni, ma sul piano politico il primo approccio è di quelli che mostrano distanze e difficoltà a capirsi e intendersi. Un dialogo da costruire, certo, che inizia però all’insegna di richieste fugate. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, esorta i partner extra-europei a considerare un cambio di rotta nei confronti di Mosca. “L’aggressione della Russia qui in Europa è molto sentita, e so quanto anche per voi il concetto di sovranità sia importante”, premette ai rappresentanti dei Paesi arabi: “I conflitti attorno a noi richiedono una risposta tempestiva“.Von der Leyen tocca un tema per l’Ue cruciale, quello di un sostegno incondizionato all’Ucraina e la necessità di mettere il presidente russo Vladimir Putin all’angolo. Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi hanno sostenuto la risoluzione dell’Assemblea generale della Nazioni Unite che condanna l’aggressione russa, ma il fare affari con Mosca è qualcosa che genera malumori al blocco dei Ventisette, che ricevono un impegno di circostanza e una risposta molto evasiva.“Noi riconosciamo la carta Onu, e siamo quindi per la difesa dell’integrità territoriale”, scandisce l’emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani. “Il consiglio dei Paesi del golfo sostiene chiunque cerca una soluzione pacifica del conflitto“, aggiunge, senza però specificare quali dovrebbero essere le condizioni di una pace tra Russia e Ucraina. Dichiarazioni evasive a cui si aggiunge la richiesta politica del blocco del golfo persico per l’Ue: riconoscere la Palestina.“Ringrazio tutti quelli che riconoscono la Palestina come Stato, e chiedo altri di fare altrettanto“, scandisce il leader qatariota. Parole che servono a ricordare all’Europa degli Stati come al netto degli impegni e dei proclami del Vecchio continente, l’ipocrisia di fondo percepita nel golfo persico si annida nella contraddizione tra chi dice di volere una soluzione a due Stati e chi ancora – più della metà dei 27 – non ha riconosciuto la Palestina come Stato.Non un dialogo tra sordi, tutt’altro. Due mondi distanti che cercano un riavvicinamento, non semplice, fatto di priorità e sensibilità diverse per cultura, storia, geografia. Non sarà semplice, e a Bruxelles, dove si ospita il primo summit di questo tipo, lo sanno bene. Von der Leyen è consapevole della portata del primo vertice Ue-Paesi del golfo. “La vostra presenza è storica”, segno che oggi “ci vediamo l’un l’altro come partner strategici”. Però, aggiunge, “per essere partner strategici bisogna ascoltarsi, impegnarsi per un altro futuro, fidarsi”. La fiducia è tutta da trovare e da costruire. La vera sfida è questa, e le premesse, però, non sembrano delle più incoraggianti.L’Europa insiste su Putin, i Paesi arabi del golfo rispondono con la questione israelo-palestinese e l’implicita richiesta di ricalibrare il peso politico più sulla parte araba e meno su quella israeliana. Per il segretario generale del Consiglio di cooperazione dei Paesi arabi del golfo, Jasem Mohamed Albudaiwi, “il futuro della nostra cooperazione è promettente”. L’esordio sembra però suggerire, se non l’esatto contrario, un percorso piuttosto tortuoso.

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    Balcani occidentali, von der Leyen: “Questa settimana l’approvazione dei piani per l’inclusione nel mercato unico”

    Bruxelles – Avanti con l’allargamento e l’inclusione dei Paesi del Balcani occidentali. La Commissione europea è pronta ad approvare i piani per la crescita economica degli Stati della regione “questa settimana”, annuncia la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen al termine della riunione del processo di Berlino, il consesso creato nel 2014 per accrescere la cooperazione con i Paesi candidati all’adesione dell’area. Una decisione che “apre parzialmente le porte“ all’Ue permettendo l’accesso al mercato unico europeo.Maggiore integrazione economica prima ancora di quella politica: è questo che l’Ue sta offrendo a cinque dei sei Paesi dei Balcani occidentali. Albania, Montenegro, Macedonia del nord, Serbia e Kosovo sono pronti a ricevere gli aiuti che servono per accrescere il proprio commercio e rilanciare le proprie economie. Uno stimolo all’agenda delle riforme, e un premio per quei “progressi tangibili” che von der Leyen intende premiare. Ma, e su questo la tedesca vuole essere chiara, non si è di fronte a un cambio di paradigma: “L’adesione resta un processo basato sul merito, e tale resterà“.La scelta di permettere agli Stati dei Balcani occidentali di entrare a far parte del mercato unico si inserisce nella più ampia strategia racchiusa nel nuovo piano per la crescita della regione. Un totale di sei miliardi di euro sono stati messi a disposizione in parallelo con la pubblicazione del Pacchetto Allargamento Ue 2023. Gli intenti del team von der Leyen erano di iniziare a erogare le risorse necessarie per l’allineamento all’area di libero scambio a dodici stelle prima dell’estate. Un annuncio, quello di von der Leyen, che arriva in ritardo rispetto alle aspettative e alla promesse fatte.Adesso l’apertura avvicina la regione dei Balcani occidentali all’Europa, con un chiaro intento di messaggio politico per il presidente russo Vladimir Putin. “Abbiamo visto che l’allargamento per anni non era più in alto, nell’agenda”, ricorda von der Leyen, “questo è cambiato, soprattutto dopo la guerra della Russia in Ucraina, con la scelta di Paesi che hanno deciso di stare dalla parte giusta della storia, per la democrazia e il rispetto dell’ordine fondato sul diritto internazionale”.