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    Ucraina, difesa, dazi. Le crisi avvicinano l’Ue e la Norvegia, e a Oslo fa capolino il dibattito sull’adesione

    Bruxelles – “La Norvegia è un membro della famiglia europea. La nostre cooperazione ci rende più forti”. Con queste parole, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha accolto oggi (7 aprile) il primo ministro norvegese, Jonas Gahr Støre. Sul tavolo, il sostegno all’Ucraina, il rafforzamento dell’industria della difesa e i dazi statunitensi. Crisi e periodi straordinari che riavvicinano un’altra volta Oslo a Bruxelles, e che potrebbero cambiare la travagliata storia dell’adesione della Norvegia al club europeo.Il Paese scandinavo ha chiesto per la prima volta di entrare nell’Ue nel 1967, avviando i negoziati di adesione. Tuttavia, il popolo norvegese ha respinto l’ingresso nei 27 con due referendum, il primo nel 1972 e il secondo nel 1994, dopo una seconda richiesta nel 1992. Da allora, la richiesta di Oslo è rimasta congelata ma non ritirata, e il paese maggior produttore di petrolio e gas d’Europa rimane strettamente ancorato all’Ue perché parte dello Spazio economico europeo (SEE) e dell’area Schengen. “Negli ultimi mesi”, di fronte alle nuove sfide, “ci siamo incontrati o abbiamo parlato quasi tutte le settimane“, ha dichiarato il premier e leader del partito laburista norvegese Støre ai cronisti in un punto stampa con von der Leyen.Jonas Gahr Støre e Ursula von der Leyen, 07/04/25In particolare, la necessità di rispondere in modo coordinato al terremoto provocato dall’imposizione dei dazi trumpiani – del 15 per cento alla Norvegia, del 20 per cento all’Ue -, rinsalda ulteriormente i legami tra Oslo e Bruxelles. “L’Ue è di gran lunga il nostro partner commerciale più importante, il 70 per cento delle nostre esportazioni è destinato al mercato interno. Faremo di tutto per contribuire all’integrità di questo mercato“, ha affermato Støre, assicurando che la Norvegia “seguirà chiaramente la risposta” che metterà in campo l’Unione europea.La presidente dell’esecutivo Ue ha sottolineato inoltre che, in materia di difesa, “la Norvegia potrà partecipare all’approvvigionamento congiunto” proposto con lo strumento Safe (il fondo Ue da 150 miliardi per prestiti agevolati agli Stati membri), e che “le industrie norvegesi saranno trattate come le industrie dell’Ue“. I due leader hanno poi valutato i progressi sull’attuazione della Green Alliance firmata nell’aprile 2023: “Stiamo trasformando le parole in realtà attraverso progetti concreti, dall’eolico offshore all’idrogeno e alla cattura e stoccaggio di carbonio”, ha insistito von der Leyen. Annunciando di essere d’accordo per “accelerare il coordinamento tra Norvegia, Stati membri e le nostre aziende per avviare e far funzionare ancora più progetti”.Nel lungo tira e molla tra il blocco europeo e Oslo, i fattori esterni hanno sempre giocato un ruolo rilevante per ravvivare il discorso su un’eventuale adesione. Ed ora, a cinque mesi dalle elezioni parlamentari, il dibattito potrebbe lentamente riaprirsi. Nel novembre scorso, a trent’anni dal secondo referendum che bocciò l’ingresso l’Ue, diversi sondaggi di opinione hanno mostrato un lento ma costante aumento della quota di persone favorevoli all’adesione. L’opposizione all’adesione sarebbe diminuita dal 70 per cento del 2016 fino al 46,7 per cento del 2024. Contemporaneamente, il sostegno a unirsi al blocco Ue è aumentato di circa 20 punti percentuali, fino al 35 per cento della popolazione norvegese.La guerra russa in Ucraina e le crescenti preoccupazioni per la sicurezza nazionale, le minacce di Trump alla Groenlandia e il rinnovato interesse per la regione artica, passando per il futuro del settore petrolifero nazionale, per l’agricoltura e la pesca, fino ai più recenti dazi. Tutte crisi che mettono in dubbio l’efficacia dellla sola partecipazione allo spazio economico europeo per proteggere la popolazione norvegese. Peraltro, essere parte del SEE impone alla Norvegia di adottare un grande numero di regolamenti decisi dall’Ue senza poter incidere in alcun modo sulla loro scrittura e approvazione.In un’intervista al Financial Times, la leader dell’opposizione al governo centro-laburista di Støre, Erna Solberg, ha dichiarato che i conservatori preferirebbero “avere voce in capitolo” piuttosto della situazione attuale di mero adeguamento alle norme europee. “Se si aprirà una finestra per presentare domanda, lo faremo. Credo che la Norvegia sarebbe un paese migliore se fossimo membri dell’Ue”, ha aggiunto. Il discorso sull’adesione ha fatto nuovamente capolino, e potrebbe divenire uno dei temi principali – e più divisivi – della campagna elettorale verso le elezioni dell’8 settembre.

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    La rincorsa dell’Ue a nuovi partner: von der Leyen scommette sull’Asia centrale e annuncia investimenti per 12 miliardi

    Bruxelles – Tre anni a cercare in tutti i modi di tagliare i ponti con la Russia, per poi ritrovarsi pugnalata alle spalle dall’alleato storico americano. Stretta tra nuove e vecchie grandi potenze che fanno la voce grossa, l’Ue si dimena e cerca di costruirsi nuove relazioni e commerci. La priorità non è più l’esportazione della democrazia, ma piuttosto la ricerca di partner commerciali e fornitori di energia e materie prime critiche di cui potersi fidare. Così, il primo vertice con i Paesi dell’Asia Centrale a Samarcanda all’indomani dei dazi trumpiani si tinge di significati geopolitici ed economici.“Nuove barriere globali insorgono, le potenze di tutto il mondo stanno ritagliandosi nuove sfere di influenza. Ma qui a Samarcanda, dimostriamo che c’è un altro modo”, ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo discorso ai leader delle ex repubbliche sovietiche di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Bruxelles e i cinque dell’Asia centrale hanno lanciato un nuovo partenariato strategico, e von der Leyen ha annunciato che la Commissione europea investirà 12 miliardi di euro nella regione.Dal consolidamento del corridoio di trasporto transcaspico al sostegno a nuovi progetti di estrazione mineraria, il pacchetto prevede investimenti per 3 miliardi nel settore dei trasporti, 2,5 miliardi per le materie prime critiche, 6,4 miliardi per l’energia pulita e 100 milioni per la connettività digitale. “I vostri paesi sono dotati di immense risorse – si è sfregata le mani von der Leyen -, il 40 per cento delle riserve mondiale di manganese, oltre a litio, grafite e altro ancora”. Materie su cui mettono gli occhi tutte le grandi potenze, perché “linfa vitale della futura economia globale”.Ursula von der Leyen, Antonio Costa e i leader di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan al vertice Ue-Asia CentraleNel lungo intervento, von der Leyen ha cercato di smarcare l’Ue da quei Paesi “interessati solo allo sfruttamento e all’estrazione”, mettendo sul piatto “un’offerta diversa“. Fatta di sviluppo delle industrie locali, di creazione di posti di lavoro e valore aggiunto locale. La leader Ue ha fatto l’esempio della miniera di rame di Almalyk, in Uzbekistan, dove aziende europee hanno contribuito all’estrazione e alla lavorazione in loco con investimenti per 1,6 miliardi di euro. “Insieme, potremmo costruire industrie locali lungo tutta la catena del valore delle materie prime. Dall’estrazione alla raffinazione. Dall’apertura di nuovi laboratori di ricerca alla formazione dei lavoratori locali”, ha proseguito von der Leyen. Tutto messo nero su bianco nella dichiarazione d’intenti congiunta sulle materie prime critiche approvata al vertice.C’è poi il capitolo relativo all’approvvigionamento energetico. La visione di von der Leyen è quella di un’Asia centrale “hub per l’energia pulita: eolica in Kazakistan, solare in Uzbekistan e Turkmenistan, idroelettrica in Tagikistan e Kirghizistan”. Metà degli investimenti totali previsti dal pacchetto Ue sono dedicati allo sviluppo di massicci progetti come come la diga di Rogun in Tagikistan, la “più alta del mondo”, e la diga di Kambarata in Kirghizistan.Con quest’approccio, l’Ue cerca di recuperare terreno sull’influenza storica della Russia ma soprattutto sulla Cina, che – come d’altronde già in Africa e in America Latina – ha silenziosamente imposto la sua supremazia commerciale. “La Russia ha da tempo dimostrato di non poter più essere un partner affidabile”, ha dichiarato von der Leyen in una breve conferenza stampa, ribadendo che “in passato, Cina e Russia estraevano qui materie prime che poi lavoravano nel loro Paese, senza alcun valore aggiunto a livello locale”.L’Unione europea è il secondo partner commerciale dei cinque dell’Asia Centrale, dietro solo a Pechino, ma il maggiore investitore (oltre il 40 per cento degli investimenti nella regione proviene dall’Ue). La penetrazione della Cina nei mercati di tutto il mondo non è solo poco mirata alla creazione di valore aggiunto locale, ma è anche svincolata dai posizionamenti strategici dei partner sullo scacchiere internazionale e dal rispetto di principi democratici e dei diritti umani nei loro Paesi.António Costa, il presidente dell’Uzbekistan Shavkat Mirziyoyev e Ursula von der LeyenIl rischio è che, in particolare quest’ultimo aspetto, venga meno anche nella strategia europea, ora che Bruxelles si sente improvvisamente sola e in pericolo. “I principi stabiliti nella Carta delle Nazioni Unite non sono solo parole sulla carta, ma rappresentano l’impegno condiviso delle nazioni per prevenire i conflitti, promuovere la pace e salvaguardare il benessere dei nostri cittadini”, ha ricordato nel suo discorso il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa. Nella dichiarazione congiunta approvata al termine del vertice, Ue e Asia Centrale hanno sottolineato “l’importanza di raggiungere al più presto una pace globale, giusta e duratura in Ucraina” e hanno concordato di “continuare a cooperare per prevenire l’elusione delle sanzioni” alla Russia.“Al centro delle relazioni” tra l’Ue e le cinque repubbliche ex-sovietiche rimangono anche “il rispetto della libertà di espressione e di associazione, un ambiente favorevole alla società civile e ai media indipendenti, la protezione dei difensori dei diritti umani, nonché il rispetto dei diritti delle donne, dei diritti dei bambini e dei diritti dei lavoratori”, si legge nel documento. Difficile non notare che in realtà in tutti e cinque i Paesi dell’Asia centrale le criticità da questi punti di vista rimangono molte, e pesanti. Criticità portate alla luce negli ultimi anni anche dal Parlamento europeo, in diverse occasioni.Nel gennaio 2022, l’Eurocamera approvò una risoluzione sulle proteste e le violenze in Kazakistan, ribadendo la forte preoccupazione per le violazioni dei diritti umani e “il diffuso ricorso alla tortura“. A più riprese si è espressa sul Kirghizistan, il cui governo ha imposto di recente una legge di stampo russo sui “rappresentati stranieri” ed una sulle “false informazioni”: lo scorso dicembre gli eurodeputati hanno sottolineato che il Paese dovrebbe attenersi agli standard democratici concordati nell’ambito dell’accordo di partenariato e cooperazione rafforzata con l’Ue. Stesso discorso per Turkmenistan e Tagikistan: nei confronti del primo, il Parlamento europeo ha finora bloccato l’accordo di partenariato a causa della situazione precaria dei diritti umani, mentre per il secondo ha adottato nel gennaio 2024 una risoluzione sulla repressione dello Stato contro i media indipendenti.Infine, nonostante decisi progressi sul fronte democratico, anche in Uzbekistan non è tutto rose e fiori: il presidente Shavkat Mirziyoyev, padrone di casa del vertice, ha rafforzato le relazioni con la Russia e ha firmato un accordo con Mosca sull’estensione della collaborazione tecnico-militare con l’impegno di procurarsi congiuntamente beni militari, equipaggiamento militare, ricerca e assistenza. L’Uzbekistan si è astenuto dal condannare l’invasione russa dell’Ucraina in sede Onu, adottando ufficialmente una posizione neutrale.

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    Serbia, von der Leyen e Costa non scaricano Vučić. Ma insistono su riforme e lotta alla corruzione

    Bruxelles – Travolto dalla rabbia dei cittadini in patria, l’autoritario presidente serbo Aleksandar Vučić trova sollievo a Bruxelles, dove i leader Ue Ursula von der Leyen e Antonio Costa hanno pensato che fosse il momento opportuno per ospitarlo per una cena che lo stesso Vučić ha definito “cordiale, concreta, aperta, responsabile e seria”. Una portavoce della Commissione europea aveva anticipato che le proteste in corso da oltre 4 mesi avrebbero “benissimo potuto essere oggetto di discussione”, ma il messaggio che trapela dall’incontro rischia di essere un altro: l’Ue, per ragioni strategiche ed economiche, sceglie di non scaricare Vučić voltando le spalle alle aspirazioni del popolo serbo di un taglio netto con il regime al potere da dodici anni.“Abbiamo discusso della necessità di avanzare nelle riforme relative all’Ue. Sono necessari progressi nella libertà dei media, nella lotta alla corruzione e nella riforma elettorale“, ha affermato il presidente del Consiglio europeo a margine della cena con il leader nazionalista serbo. Secondo Costa, “sono a portata di mano risultati tangibili in settori che possono apportare benefici diretti al popolo serbo. Il futuro della Serbia è nell’Ue“. Von der Leyen, con un post su X, ha sottolineato che il Paese – da undici anni candidato all’adesione all’Ue – deve portare avanti le riforme “in particolare per compiere passi decisivi verso la libertà dei media, la lotta alla corruzione e la riforma elettorale”.Manifestanti a Belgrado, 15/03/25 (Photo by Andrej ISAKOVIC / AFP)Secondo Srđan Cvijić, presidente dell’International Advisory Committee of the Belgrade Centre for Security Policy, la percezione pubblica in Serbia dell’incontro “è stata ampiamente negativa, poiché molti lo vedono come un segno del continuo sostegno dell’Unione Europea al governo sempre più autoritario di Vučić“. Contattato da Eunews, l’analista politico suggerisce però che “un’analisi più attenta rivela un cambiamento nel tono e nel trattamento riservato” al leader servo rispetto ad incontri precedenti.In particolare, von der Leyen si era recata in Serbia poco prima dell’inizio delle proteste, il 25 ottobre 2024, ed in una conferenza stampa congiunta con Vučić aveva lodato i progressi di Belgrado nello stato di diritto e nelle riforme democratiche. Dichiarazioni “in netto contrasto con la reale traiettoria politica del Paese”, che “hanno suscitato forti reazioni tra i cittadini serbi favorevoli all’integrazione europea“, sottolinea Cvijić. A confronto, il protocollo seguito ieri “è stato visibilmente più sobrio”. Nessun “caro Aleksandar”, nessuna conferenza stampa congiunta, solo una breve dichiarazione scritta in cui i leader Ue hanno evidenziato la necessità di maggiori sforzi su libertà dei media, lotta alla corruzione e riforma elettorale, piuttosto che soffermarsi sui progressi già acquisiti.Srđan Cvijić, presidente dell’International Advisory Committee of the Belgrade Centre for Security PolicyBen più elaborata è stata invece la ricostruzione dell’incontro offerta ai media da Vučić. A partire dalle accuse sull’utilizzo da parte delle forze dell’ordine di un’arma sonica a lungo raggio per disperdere i manifestanti durante l’imponente manifestazione dello scorso 15 marzo. Vučić ha assicurato ai leader europei che “non c’era nessun cannone sonoro, che siamo pronti a verificarlo in ogni modo, che forniremo anche una risposta alla Corte europea dei diritti dell’uomo”. Prima di specificare curiosamente che “il suo utilizzo non è vietato da nessuna parte in Europa” e che “negli Stati Uniti lo usano quasi ogni giorno”.In una nota pubblicata sul sito ufficiale del presidente serbo, si legge che Vučić avrebbe riaffermato l’impegno assoluto di Belgrado “nel percorso verso l’Ue, ancora di più di quanto non lo sia stata finora”. Non proprio quel che è emerso nell’ultimo rapporto Ue sull’Allargamento, pubblicato il 30 ottobre 2024 – il giorno prima dell’incidente alla stazione di Novi Sad che ha causato 15 vittime e scatenato le proteste in Serbia -: nel documento veniva evidenziato soprattutto il disallineamento rispetto alla politica estera comunitaria, i continui ammiccamenti verso Mosca e Pechino, ma anche l’avanzamento a rilento sulle riforme sullo Stato di diritto e sulla normalizzazione dei rapporti con il Kosovo. “Credo che entro la fine dell’anno il nostro obiettivo sia quello di aprire almeno due cluster per progredire rapidamente verso l’Ue”, ha affermato Vučić. La Serbia ha aperto 22 dei 35 capitoli negoziali del suo processo di adesione, con due chiusi solo provvisoriamente.“Presto avremo una decisione sulla formazione di un nuovo governo o su nuove elezioni”, avrebbe comunicato Vučić ai due leader Ue. A Belgrado è ancora insediato il governo del dimissionario Miloš Vučević, una delle teste saltate sotto la pressione delle proteste studentesche. Il premier aveva fatto un passo indietro lo scorso 28 gennaio, e sono dunque ampiamente scaduti i 30 giorni previsti dalla legge serba per incaricare un nuovo esecutivo o richiamare i cittadini alle urne.I leader avrebbero discusso inoltre di economia e investimenti, nonché dell’interesse dell’Unione europea “per le risorse minerarie e i progetti comuni con la Serbia”. Proprio ieri Bruxelles ha adottato il primo elenco di 47 progetti strategici per l’approvvigionamento di materie prime critiche nei Paesi membri. In Serbia, nella valle di Jadar, tiene banco da anni la vicenda della possibile costruzione del sito di estrazione di litio più grande d’Europa. L’Ue ci ha messo gli occhi da tempo, ed è uno dei motivi per cui Bruxelles è pronta a fare concessioni al regime serbo. Secondo Vučić, “nel giro di sette o otto giorni” Jadar sarà indicato come “progetto strategico dell’Ue in Paesi terzi”.Il presidente nazionalista si è detto in definitiva convinto che il colloquio “abbia significato molto per il futuro della Serbia”. Per l’Ue però – ne è sicuro Srđan Cvijić- Vučić è “un partner sempre più tossico e politicamente oneroso”.

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    Il libro bianco sulla difesa certifica che Russia e Cina sono i possibili nemici dell’Ue

    Bruxelles – La Russia senza ombra di dubbio, e poi la Cina. I nemici potenziali dell’Unione europea sono loro, sono i grandi attori del versante orientale del mondo, e da adesso sono nemici dichiarati, perché tali sono definiti all’interno del libro bianco sul futuro della difesa. Qui si citano esplicitamente, per il ruolo che hanno giocato e, soprattutto per quello che ancora non hanno avuto.“La Russia è una minaccia esistenziale per l’Unione“, si legge nell’introduzione del documento redatto a Bruxelles. “Considerato il suo passato di invasione dei suoi vicini e le sue attuali politiche espansionistiche, la necessità di una deterrenza contro le aggressioni armate della Russia resterà anche dopo un accordo di pace giusta e duratura in Ucraina“. Visioni e considerazioni sul Cremlino sono chiare, e fanno capire come l’Ue intende vivere da qui in avanti, con uno stato di allerta perenne per una minaccia avvertita come persistente, ma non isolata.Perché la minaccia russa è strettamente collegata quella cinese. “Anche se un cessate il fuoco dovesse essere raggiunto in Ucraina, la Russia probabilmente continuerà ad aumentare la scale della sua economia di guerra, col sostegno di Bielorussia, Cina e Corea del nord“. E’ questo un nuovo, più diretto, attacco frontale dell’Ue alla Repubblica popolare, già criticata per il suo appoggio a Mosca. Se da una parte “una Russia revanscista è la minaccia militare immediata per l’Ue“, dall’altra parte c’è il governo di Pechino che “sta aumentando costantemente” la sua produzione di capacità militare col risultato che adesso la Cina “possiede un forza militare di primo rango con capacità marittime senza precedenti”.Un dragone cinese. La Cina è diventata una minaccia per l’Ue [foto: imagoeconomica, tramite AI]Il risultato di questa crescita militare cinese, riconosce pubblicamente la Commissione europea, è che “l’equilibrio strategico nella regione dell’Indo-Pacifico è sotto pressione, il che influisce sulla sicurezza dell’Ue“. Insomma, il libro bianco sul futuro della difesa sconfessa le aspettative della presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, che proprio alla Cina guardava come possibile alternativa agli Stati Uniti di Donald Trump. Invece, a giudicare dai contenuti del documento, i migliori auspici appaiono morti e sepolti. Anche perché, si denuncia ancora, “la Cina è diventato un un attore ibrido principale che minaccia l’Ue“. Vuol dire che Pechino attacca l’Europa senza bisogno di muovere truppe, utilizzando tecniche diverse e metodi diversi da quelli militari per indebolire il blocco a dodici stelle.Certo, non è un mistero che la Repubblica popolare abbia importanti leve economiche grazie al controllo dei porti europei, che garantiscono al Paese asiatico una presenza tale da minacciare la sicurezza a dodici stelle.  Ma la minaccia cinese si estende oltre l’Europa e diventa più globale, e l’Ue lo mette nero su bianco. “La Cina sta utilizzando l’insieme dei suoi strumenti economici, militari e informatici per esercitare pressione su Tawain e sui Paesi che si affacciano sul mar cinese meridionale“. Le acque dell’area sono ‘agitate’, visto che le isola Paracelso, controllate da Pechino dal 1974, sono rivendicate da Taiwan e dal Vietnam, mentre tra Repubblica popolare e Filippine si contendono le isole Spratly, che ricadono nella zona economica esclusiva di Manila per le contestazioni cinesi.In sostanza, la Cina “sta minando la stabilità regionale”, avverte la Commissione europea, preoccupata per le ricadute anche economiche potenziali. Il mar cinese meridionale è gioca un ruolo commerciale non indifferente, essendo al centro di alcune delle rotte marittime più trafficate al mondo che collegano Cina, Giappone, Corea del sud e Taiwan con l’oceano Indiano. Non solo: i fondali di questa porzione marittima nascondono importanti giacimenti di petrolio e di gas, che fanno del controllo dell’area un motivo di confronto accesso.Di questi e altri temi legati alla Difesa si parlerà il 15 aprile a Roma nell’evento della serie Connact “Difesa comune europea: finanziamenti e integrazione industriale“.

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    Ue e Sudafrica firmeranno un partenariato su materie prime ed energia pulita

    Bruxelles – Complice forse il via alla guerra commerciale con Washington – oltre al taglio netto dei rapporti con la Russia maturato negli ultimi tre anni -, l’Unione europea continua a puntellare nuovi accordi con i suoi partner in giro per il mondo. Oggi (13 marzo), in occasione dell’ottavo summit Ue-Sudafrica a Città del Capo, i vertici delle istituzioni europee e il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa hanno avviato i colloqui per un accordo tutto nuovo: il primo “Partenariato per il commercio e gli investimenti puliti”.Bruxelles e Johannesburg scambiano già merci per circa 50 miliardi di euro all’anno, e “il 98 per cento è già senza dazi”, ha sottolineato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Per accompagnare questo “nuovo capitolo” delle relazioni con il Sudafrica, la leader Ue ha annunciato inoltre che l‘Ue mobiliterà attraverso Global Gateway un pacchetto di investimenti del valore di 4,7 miliardi di euro, di cui la maggior parte – circa 4,4 miliardi – sarà investita in progetti a sostegno di una “transizione energetica pulita e giusta” nel Paese dell’estremo sud. Altri 700 milioni di euro finanzieranno il potenziamento della produzione di vaccini in Sudafrica nell’ottica di raggiungere l’obiettivo, ribadito nella dichiarazione congiunta a margine del vertice, che l’Unione Africana produca in Africa oltre il 60 per cento dei vaccini necessari per la popolazione.António Costa, Cyril Ramaphosa, Ursula von der Leyen al summit Ue-Sudafrica a Città del Capo, 13/03/2025L’accordo sulle ‘clean tech’ invece è ancora tutto da scrivere, ma si concentrerà su investimenti, transizione verso l’energia pulita, competenze e tecnologia, nonché sullo sviluppo di industrie strategiche lungo l’intera catena di approvvigionamento. Senza dimenticare la cooperazione sulle materie prime critiche. “Siamo qui per investire lungo l’intera catena del valore, dall’esplorazione al riciclaggio. E vogliamo lavorare insieme sull’industria chiave del futuro. Ho menzionato l’idrogeno verde, ma anche, naturalmente, i veicoli elettrici e la produzione di batterie”, ha elencato la leader Ue.“La motivazione è semplice – ha spiegato von der Leyen intervenendo al summit -, l’economia sudafricana sta crescendo in dimensioni e complessità e voi avete l’ambizione di creare più valore aggiunto qui nel Paese”. Un accordo reciprocamente vantaggioso, con l’Unione europea che vuole spingere e sfruttare il potenziale del Sudafrica per “diventare un leader globale” nella produzione di energia pulita, “dal vento al sole”, ma anche di “materie prime fondamentali per gli elettrolizzatori, tra cui il 91 per cento delle riserve mondiali di metalli del gruppo del platino”, ha evidenziato von der Leyen.Il piano sarebbe firmare un memorandum d’Intesa in vista dell’accordo già a margine del G20 sudafricano, nel prossimo novembre. Dal G20 al G20: come sottolineato dalla Commissione europea, l’accordo va letto nel contesto della campagna Scaling up Renewables in Africa, lanciata da von der Leyen e Ramaphosa a margine del vertice del G20 di Rio pochi mesi fa.A Città del Capo è presente anche Antonio Costa, presidente del Consiglio europeo, che ha insistito sulla cooperazione regionale e sulla difesa del multilateralismo: “In questi tempi turbolenti partnership fidate sono più importanti che mai”, ha dichiarato Costa, assicurando che “l’Unione europea è e rimarrà un partner forte e fidato per il Sud Africa”. Secondo il leader Ue, Bruxelles e Johannesburg condividono l’impegno per “istituzioni multilaterali forti e un ordine globale basato sulle regole”. Nella dichiarazione finale del vertice, i due partner hanno “convenuto che, guidati da questi principi, sosteniamo una pace giusta, globale e duratura in Ucraina, nei Territori palestinesi occupati, in Sudan, Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo (RDC) e in altre grandi guerre e conflitti in tutto il mondo”.

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    L’accoglienza Ue a Zelensky traccia il solco con gli Usa di Trump: “Qui sei sempre il benvenuto”

    Bruxelles – “Non siamo soli. Lo sappiamo e lo avvertiamo“. Ucraina e Unione europea sono davvero realtà vicine e amiche, e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky vuole sottolinearlo con riconoscenza e pure con la necessità di rassicurare un popolo, quello ucraino, umiliato dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Lo strappo della Casa Bianca induce l’Ue a riservare la migliore accoglienza possibile, studiata in ogni dettaglio. Zelensky non solo è stato invitato a partecipare di persona al vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue, ma a lui viene riservata una passerella d’eccezione.I presidenti di Commissione e Consiglio europeo, Antonio Costa e Ursula von der Leyen, lo accolgono insieme. Insieme restano a parlare tranquillamente, in modo disteso nonostante la situazione, con sorrisi e toni cordiali. Il tutto davanti alle telecamere, perché chiunque possa vedere il clima amichevole. Cosa si siano detti non è possibile saperlo, perché lontani dai microfoni, ma le telecamere interne indugiano tutto il tempo sul trio che si prende tempo, prima di concedersi alla stampa.Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, con i presidenti di Consiglio europeo e Commissione Ue, a colloquio prima di incontrare la stampa [Bruxelles, 6 marzo 2025]“Caro Volodymyr, sei sempre il benvenuto qui a Bruxelles“, la prima frase pronunciata da Costa. Un modo per mostrare la differenza tra l’accoglienza ricevuta oltre Atlantico e quella avuta un Europa. “Siamo qui per sostenere l’Ucraina, e lo faremo in futuro, per i negoziati, quando deciderete che è il momento”, continua Costa. Un’altra affermazione utile a mostrare quanto è diverso il modo di fare in Europa, rispetto all’amministrazione Trump. Quindi l’impegno pubblico a nome dei Ventisette: “Rafforzare la nostra difesa significa rafforzare la difesa dell’Ucraina”.Il sostegno incondizionato dell’Ue viene confermato a Zelensky anche da von der Leyen: “L’Ucraina è parte della nostra famiglia europea“, scandisce, in relazione a un processo di allargamento che promette a Kiev un futuro a dodici stelle, ma non solo. “E’ molto importante mostrare che saremo al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario”.Non sorprende, dunque, che alla fine Zelensky voglia dire “grazie ai leader europei per questo messaggio, e questo forte sostegno” mostrato all’Ucraina. L’Europa, a differenza di altri, ha le idee chiare e anche modi di fare diversi.

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    Pace e sostegno a Zelensky, a Londra la svolta europea per l’Ucraina. Von der Leyen: “Riarmare l’Ue”

    Bruxelles – Una pace con garanzie solide per il futuro, un sostegno nuovo e ancor più incondizionato l’Ucraina e il suo presidente, Volodymyr Zelensky, un riarmo in grande stile del vecchio continente. L’Europa chiamata a dare una risposta agli Stati Uniti di Donald Trump e il modo tutto nuovo di gestire gli affari di politica estera a Washington produce una scossa. I leader riuniti a Londra dal premier britannico Keir Starmer fanno quadrato attorno a Zelensky dopo l’umiliazione patita oltre oceano, e già questo è un dato politico di non poco conto. Ma c’è soprattutto l’impegno per una fine delle ostilità per rimettere in gioco gli Stati Uniti.Del resto, riconosce il premier britannico nella conferenza stampa di fine vertice, gli Stati Uniti restano “un partner indispensabile per la sicurezza” globale e regionale, e non si può immaginare di poter fare tutto senza il contributo americano. Il summit di Londra è servito a prendere coscienza del fatto che e“l‘Europa deve farsi carico del grosso del lavoro” per continuare a sostenere Kiev militarmente sia adesso sia ancor più dopo, in caso un futuro accordo di pace, continua Starmer. Da questo punto di vista l’impegno c’è.La foto di famiglia del summit di Londra [foto: Antonio Costa, account X]Gli impegni finanziariSul piano finanziario, il Regno Unito contribuisce con due pacchetti diversi. Il primo, da 2,26 miliardi di sterline (circa 2,7 miliardi di euro), attraverso i proventi dei fondi russi congelati. Obiettivo: aiutare Kiev con soldi utili alla risposta bellica e al funzionamento dello Stato. Il secondo pacchetto di aiuti, da 1,6 miliardi di sterline (circa 1,9 miliardi di euro) per l’acquisto di 5mila missioni di difesa anti-aerea prodotti a Belfast. Si attende il contributo Ue, che i 27 intendono annunciare in occasione del vertice straordinario di questo giovedi (6 marzo).Il percorso di pace e il nodo dell’invio di soldatiA Londra si inizia a discutere di pace. I dettagli non vengono svelati. L’iniziativa franco-britannica, con il coinvolgimento dell’Ucraina, si vuole sottoporre all’attenzione degli Stati Uniti. Washington comunque continuerà a giocare un ruolo nel negoziato che si vuole intavolare. Certo l’iniziativa aiuta anche l’Ue, dove Slovacchia e ancor più Ungheria minacciano veti ad ogni conclusione del vertice del Consiglio europeo senza un impegno chiaro di cessate il fuoco. “I leader forti fanno la pace, i leader deboli la guerra”, il messaggio del primo ministro ungherese alla vigilia del vertice di Londra che da questo punto di vista mette d’accordo tutti, o quasi.Il nodo vero sta nel post-conflitto. La colazione dei volenterosi allo stato attuale formata da Regno Unito e Francia vorebbe lo schieramento su suolo ucraino di soldati europei nella veste di peacekeepers. Un’ipotesi respinta dall’Italia e dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al pari di altri leader attorno al tavolo. Starmer però insiste: “L’obiettivo è mantenere la pace, e se vogliamo mantenere la pace dobbiamo difenderla”. Senza entrare nel merito il presidente del Consiglio europeo, insiste sulla necessità di condizioni che impediscano nuove aggressioni future. “Non dobbiamo ripetere gli errori degli accordi di Minsk“, dice Antonio Costa riferendosi all’intesa concepita nel 2015 per porre fine agli scontri in Donbass, mai rispettati. Serviranno in sostanza delle garanzie solide, vere, e in tale ottica contingenti non ucraini in sostegno dell’Ucraina appare la soluzione, tutt’altro che gradita a Mosca però.L’Ue si riarmaIn una gestione del conflitto russo-ucraino che passa per un maggiore impegno dell’Ue in materia di difesa, si registra il cambio di passo a dodici stelle. “Dobbiamo riarmare l’Europa con urgenza“, scandisce la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, lasciando Lancaster House. Quindi annuncia: “Presenterò il piano il 6 marzo“, in occasione del vertice dei capi di Stato e di governo. Nessun indizio, ma due elementi se li lascia scappare. Il primo riguarda lo spazio di spesa pubblica, e quindi l’allentamento del patto di stabilità per la difesa. Il secondo riguarda “scudi aerei” europei.

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    Ue-India, c’è la strategia per una nuova collaborazione. Modi: “Accordo commerciale entro fine anno”

    Bruxelles – Commercio, tecnologia, innovazione, investimenti. E l’impegno di un nuovo accordo di libero scambio già nel 2025. Ursula von der Leyen e il suo collegio dei commissari trovano in India quelle risposte che cercavano. Il viaggio a est voluto dalla presidente della Commissione Ue produce gli effetti desiderati. Tutti da definire e sviluppare in concreto, certo, ma comunque c’è una rinnovata partnership. C’è l’accordo, spiega il primo ministro indiano, Narendra Modi, per “un libro blu per mobilità, sicurezza, innovazione, green economy, commercio, investimenti“. C’è una strategia chiara su cui lavorare.L’Europa quello che cercava a oriente non l’aveva nascosto. Serviva la risposta dell’interlocutore, e Modi la offre in pubblico, in conferenza stampa. “Questa visita ha ridato vigore alle nostre relazioni” bilaterali, riconosce ad una sorridente von der Leyen, raggiante nel sentire dal primo ministro indiano che “abbiamo deciso di creare un’agenda ambiziosa e audace per le relazioni Ue-India post-2025“, che passa anche per voglia di chiudere “un accordo commerciale bilaterale per la fine dell’anno”.In linea di principio von der Leyen ottiene praticamente tutto ciò che voleva. “È tempo di portare la nostra partnership strategica UE-India al livello successivo“, il mantra ripetuto dalla tedesca anche in occasione del suo viaggio in Asia meridionale, ed è esattamente quello che ottiene. La presidente della Commissione europea è arrivata in India con un’agenda chiara, costituita da tre aree su cui lavorare per la nuova stagione di relazioni bilaterali: commercio e la tecnologia, sicurezza e difesa, connettività e partnership globale. Da Modi ottiene gli impegni in questo senso.“Ora più che mai gli eventi geopolitici richiedono questi passi”, scandisce von der Leyen nella conferenza congiunta con il premier indiano. Un riferimento alle manovre militari russe in Ucraina, all‘unilateralismo trumpiano in politica estera e in materia commerciale, ad una Cina che guarda silenziosa ma non a braccia conserte cosa accade sullo scacchiere internazionale. “Per l’Europa l’India è un pilastro di affidabilità in un mondo di imprevedibilità“. Ora l’Ue può iniziare a sentirsi meno insicura.