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    Ue e Sudafrica firmeranno un partenariato su materie prime ed energia pulita

    Bruxelles – Complice forse il via alla guerra commerciale con Washington – oltre al taglio netto dei rapporti con la Russia maturato negli ultimi tre anni -, l’Unione europea continua a puntellare nuovi accordi con i suoi partner in giro per il mondo. Oggi (13 marzo), in occasione dell’ottavo summit Ue-Sudafrica a Città del Capo, i vertici delle istituzioni europee e il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa hanno avviato i colloqui per un accordo tutto nuovo: il primo “Partenariato per il commercio e gli investimenti puliti”.Bruxelles e Johannesburg scambiano già merci per circa 50 miliardi di euro all’anno, e “il 98 per cento è già senza dazi”, ha sottolineato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Per accompagnare questo “nuovo capitolo” delle relazioni con il Sudafrica, la leader Ue ha annunciato inoltre che l‘Ue mobiliterà attraverso Global Gateway un pacchetto di investimenti del valore di 4,7 miliardi di euro, di cui la maggior parte – circa 4,4 miliardi – sarà investita in progetti a sostegno di una “transizione energetica pulita e giusta” nel Paese dell’estremo sud. Altri 700 milioni di euro finanzieranno il potenziamento della produzione di vaccini in Sudafrica nell’ottica di raggiungere l’obiettivo, ribadito nella dichiarazione congiunta a margine del vertice, che l’Unione Africana produca in Africa oltre il 60 per cento dei vaccini necessari per la popolazione.António Costa, Cyril Ramaphosa, Ursula von der Leyen al summit Ue-Sudafrica a Città del Capo, 13/03/2025L’accordo sulle ‘clean tech’ invece è ancora tutto da scrivere, ma si concentrerà su investimenti, transizione verso l’energia pulita, competenze e tecnologia, nonché sullo sviluppo di industrie strategiche lungo l’intera catena di approvvigionamento. Senza dimenticare la cooperazione sulle materie prime critiche. “Siamo qui per investire lungo l’intera catena del valore, dall’esplorazione al riciclaggio. E vogliamo lavorare insieme sull’industria chiave del futuro. Ho menzionato l’idrogeno verde, ma anche, naturalmente, i veicoli elettrici e la produzione di batterie”, ha elencato la leader Ue.“La motivazione è semplice – ha spiegato von der Leyen intervenendo al summit -, l’economia sudafricana sta crescendo in dimensioni e complessità e voi avete l’ambizione di creare più valore aggiunto qui nel Paese”. Un accordo reciprocamente vantaggioso, con l’Unione europea che vuole spingere e sfruttare il potenziale del Sudafrica per “diventare un leader globale” nella produzione di energia pulita, “dal vento al sole”, ma anche di “materie prime fondamentali per gli elettrolizzatori, tra cui il 91 per cento delle riserve mondiali di metalli del gruppo del platino”, ha evidenziato von der Leyen.Il piano sarebbe firmare un memorandum d’Intesa in vista dell’accordo già a margine del G20 sudafricano, nel prossimo novembre. Dal G20 al G20: come sottolineato dalla Commissione europea, l’accordo va letto nel contesto della campagna Scaling up Renewables in Africa, lanciata da von der Leyen e Ramaphosa a margine del vertice del G20 di Rio pochi mesi fa.A Città del Capo è presente anche Antonio Costa, presidente del Consiglio europeo, che ha insistito sulla cooperazione regionale e sulla difesa del multilateralismo: “In questi tempi turbolenti partnership fidate sono più importanti che mai”, ha dichiarato Costa, assicurando che “l’Unione europea è e rimarrà un partner forte e fidato per il Sud Africa”. Secondo il leader Ue, Bruxelles e Johannesburg condividono l’impegno per “istituzioni multilaterali forti e un ordine globale basato sulle regole”. Nella dichiarazione finale del vertice, i due partner hanno “convenuto che, guidati da questi principi, sosteniamo una pace giusta, globale e duratura in Ucraina, nei Territori palestinesi occupati, in Sudan, Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo (RDC) e in altre grandi guerre e conflitti in tutto il mondo”.

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    L’accoglienza Ue a Zelensky traccia il solco con gli Usa di Trump: “Qui sei sempre il benvenuto”

    Bruxelles – “Non siamo soli. Lo sappiamo e lo avvertiamo“. Ucraina e Unione europea sono davvero realtà vicine e amiche, e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky vuole sottolinearlo con riconoscenza e pure con la necessità di rassicurare un popolo, quello ucraino, umiliato dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Lo strappo della Casa Bianca induce l’Ue a riservare la migliore accoglienza possibile, studiata in ogni dettaglio. Zelensky non solo è stato invitato a partecipare di persona al vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue, ma a lui viene riservata una passerella d’eccezione.I presidenti di Commissione e Consiglio europeo, Antonio Costa e Ursula von der Leyen, lo accolgono insieme. Insieme restano a parlare tranquillamente, in modo disteso nonostante la situazione, con sorrisi e toni cordiali. Il tutto davanti alle telecamere, perché chiunque possa vedere il clima amichevole. Cosa si siano detti non è possibile saperlo, perché lontani dai microfoni, ma le telecamere interne indugiano tutto il tempo sul trio che si prende tempo, prima di concedersi alla stampa.Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, con i presidenti di Consiglio europeo e Commissione Ue, a colloquio prima di incontrare la stampa [Bruxelles, 6 marzo 2025]“Caro Volodymyr, sei sempre il benvenuto qui a Bruxelles“, la prima frase pronunciata da Costa. Un modo per mostrare la differenza tra l’accoglienza ricevuta oltre Atlantico e quella avuta un Europa. “Siamo qui per sostenere l’Ucraina, e lo faremo in futuro, per i negoziati, quando deciderete che è il momento”, continua Costa. Un’altra affermazione utile a mostrare quanto è diverso il modo di fare in Europa, rispetto all’amministrazione Trump. Quindi l’impegno pubblico a nome dei Ventisette: “Rafforzare la nostra difesa significa rafforzare la difesa dell’Ucraina”.Il sostegno incondizionato dell’Ue viene confermato a Zelensky anche da von der Leyen: “L’Ucraina è parte della nostra famiglia europea“, scandisce, in relazione a un processo di allargamento che promette a Kiev un futuro a dodici stelle, ma non solo. “E’ molto importante mostrare che saremo al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario”.Non sorprende, dunque, che alla fine Zelensky voglia dire “grazie ai leader europei per questo messaggio, e questo forte sostegno” mostrato all’Ucraina. L’Europa, a differenza di altri, ha le idee chiare e anche modi di fare diversi.

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    Pace e sostegno a Zelensky, a Londra la svolta europea per l’Ucraina. Von der Leyen: “Riarmare l’Ue”

    Bruxelles – Una pace con garanzie solide per il futuro, un sostegno nuovo e ancor più incondizionato l’Ucraina e il suo presidente, Volodymyr Zelensky, un riarmo in grande stile del vecchio continente. L’Europa chiamata a dare una risposta agli Stati Uniti di Donald Trump e il modo tutto nuovo di gestire gli affari di politica estera a Washington produce una scossa. I leader riuniti a Londra dal premier britannico Keir Starmer fanno quadrato attorno a Zelensky dopo l’umiliazione patita oltre oceano, e già questo è un dato politico di non poco conto. Ma c’è soprattutto l’impegno per una fine delle ostilità per rimettere in gioco gli Stati Uniti.Del resto, riconosce il premier britannico nella conferenza stampa di fine vertice, gli Stati Uniti restano “un partner indispensabile per la sicurezza” globale e regionale, e non si può immaginare di poter fare tutto senza il contributo americano. Il summit di Londra è servito a prendere coscienza del fatto che e“l‘Europa deve farsi carico del grosso del lavoro” per continuare a sostenere Kiev militarmente sia adesso sia ancor più dopo, in caso un futuro accordo di pace, continua Starmer. Da questo punto di vista l’impegno c’è.La foto di famiglia del summit di Londra [foto: Antonio Costa, account X]Gli impegni finanziariSul piano finanziario, il Regno Unito contribuisce con due pacchetti diversi. Il primo, da 2,26 miliardi di sterline (circa 2,7 miliardi di euro), attraverso i proventi dei fondi russi congelati. Obiettivo: aiutare Kiev con soldi utili alla risposta bellica e al funzionamento dello Stato. Il secondo pacchetto di aiuti, da 1,6 miliardi di sterline (circa 1,9 miliardi di euro) per l’acquisto di 5mila missioni di difesa anti-aerea prodotti a Belfast. Si attende il contributo Ue, che i 27 intendono annunciare in occasione del vertice straordinario di questo giovedi (6 marzo).Il percorso di pace e il nodo dell’invio di soldatiA Londra si inizia a discutere di pace. I dettagli non vengono svelati. L’iniziativa franco-britannica, con il coinvolgimento dell’Ucraina, si vuole sottoporre all’attenzione degli Stati Uniti. Washington comunque continuerà a giocare un ruolo nel negoziato che si vuole intavolare. Certo l’iniziativa aiuta anche l’Ue, dove Slovacchia e ancor più Ungheria minacciano veti ad ogni conclusione del vertice del Consiglio europeo senza un impegno chiaro di cessate il fuoco. “I leader forti fanno la pace, i leader deboli la guerra”, il messaggio del primo ministro ungherese alla vigilia del vertice di Londra che da questo punto di vista mette d’accordo tutti, o quasi.Il nodo vero sta nel post-conflitto. La colazione dei volenterosi allo stato attuale formata da Regno Unito e Francia vorebbe lo schieramento su suolo ucraino di soldati europei nella veste di peacekeepers. Un’ipotesi respinta dall’Italia e dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al pari di altri leader attorno al tavolo. Starmer però insiste: “L’obiettivo è mantenere la pace, e se vogliamo mantenere la pace dobbiamo difenderla”. Senza entrare nel merito il presidente del Consiglio europeo, insiste sulla necessità di condizioni che impediscano nuove aggressioni future. “Non dobbiamo ripetere gli errori degli accordi di Minsk“, dice Antonio Costa riferendosi all’intesa concepita nel 2015 per porre fine agli scontri in Donbass, mai rispettati. Serviranno in sostanza delle garanzie solide, vere, e in tale ottica contingenti non ucraini in sostegno dell’Ucraina appare la soluzione, tutt’altro che gradita a Mosca però.L’Ue si riarmaIn una gestione del conflitto russo-ucraino che passa per un maggiore impegno dell’Ue in materia di difesa, si registra il cambio di passo a dodici stelle. “Dobbiamo riarmare l’Europa con urgenza“, scandisce la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, lasciando Lancaster House. Quindi annuncia: “Presenterò il piano il 6 marzo“, in occasione del vertice dei capi di Stato e di governo. Nessun indizio, ma due elementi se li lascia scappare. Il primo riguarda lo spazio di spesa pubblica, e quindi l’allentamento del patto di stabilità per la difesa. Il secondo riguarda “scudi aerei” europei.

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    Ue-India, c’è la strategia per una nuova collaborazione. Modi: “Accordo commerciale entro fine anno”

    Bruxelles – Commercio, tecnologia, innovazione, investimenti. E l’impegno di un nuovo accordo di libero scambio già nel 2025. Ursula von der Leyen e il suo collegio dei commissari trovano in India quelle risposte che cercavano. Il viaggio a est voluto dalla presidente della Commissione Ue produce gli effetti desiderati. Tutti da definire e sviluppare in concreto, certo, ma comunque c’è una rinnovata partnership. C’è l’accordo, spiega il primo ministro indiano, Narendra Modi, per “un libro blu per mobilità, sicurezza, innovazione, green economy, commercio, investimenti“. C’è una strategia chiara su cui lavorare.L’Europa quello che cercava a oriente non l’aveva nascosto. Serviva la risposta dell’interlocutore, e Modi la offre in pubblico, in conferenza stampa. “Questa visita ha ridato vigore alle nostre relazioni” bilaterali, riconosce ad una sorridente von der Leyen, raggiante nel sentire dal primo ministro indiano che “abbiamo deciso di creare un’agenda ambiziosa e audace per le relazioni Ue-India post-2025“, che passa anche per voglia di chiudere “un accordo commerciale bilaterale per la fine dell’anno”.In linea di principio von der Leyen ottiene praticamente tutto ciò che voleva. “È tempo di portare la nostra partnership strategica UE-India al livello successivo“, il mantra ripetuto dalla tedesca anche in occasione del suo viaggio in Asia meridionale, ed è esattamente quello che ottiene. La presidente della Commissione europea è arrivata in India con un’agenda chiara, costituita da tre aree su cui lavorare per la nuova stagione di relazioni bilaterali: commercio e la tecnologia, sicurezza e difesa, connettività e partnership globale. Da Modi ottiene gli impegni in questo senso.“Ora più che mai gli eventi geopolitici richiedono questi passi”, scandisce von der Leyen nella conferenza congiunta con il premier indiano. Un riferimento alle manovre militari russe in Ucraina, all‘unilateralismo trumpiano in politica estera e in materia commerciale, ad una Cina che guarda silenziosa ma non a braccia conserte cosa accade sullo scacchiere internazionale. “Per l’Europa l’India è un pilastro di affidabilità in un mondo di imprevedibilità“. Ora l’Ue può iniziare a sentirsi meno insicura.

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    Ucraina e Stati Uniti verso l’accordo sulle terre rare

    Bruxelles – Dopo il terremoto, le scosse di assestamento. Lo sciame sismico che scuote l’Ucraina e l’Europa in questa inedita fase non è destinato a finire presto, anzi è appena iniziato. Una catena di eventi messi in moto dall’accelerazione impressa da Donald Trump, che ha colto in contropiede tanto gli alleati transatlantici quanto il governo di Kiev.Ma ora Volodymyr Zelensky sembra tornare ad avere una voce in capitolo, rinegoziando con la Casa Bianca i termini dell’accordo sulle terre rare e le materie prime critiche al centro delle mire di Washington, Mosca e Bruxelles. Dal canto loro, le cancellerie europee cercano di coordinarsi come possono, imbastendo frettolosamente una risposta comune.La palla torna a KievA tre anni dall’invasione su larga scala ordinata da Vladimir Putin nel 2022 per “demilitarizzare e denazificare l’Ucraina” (a sua volta drammatica escalation di una crisi iniziato nel 2014), tutto è precipitato nel giro di una manciata di giorni a metà febbraio. Per un momento – sembrato eterno sia a Kiev sia ai vertici di Ue e Nato a Bruxelles – il presidente statunitense è parso intenzionato a negoziare in solitaria col suo omologo russo, cambiando radicalmente la narrativa sul conflitto più sanguinoso scoppiato nel Vecchio continente dalla Seconda guerra mondiale (reiterando alcuni dei leitmotiv preferiti della propaganda putiniana) ed escludendo tanto l’Ucraina quanto l’Ue dal tavolo delle trattative.Ma da ieri sera (25 febbraio) la musica sembra cambiata. Magari non muterà l’intera sinfonia, ma alcuni membri importanti dell’orchestra stanno accordando meglio i propri strumenti. A partire dalla leadership ucraina. Dopo aver rifiutato per almeno due volte i termini di un accordo sulla concessione a Washington dei diritti di sfruttamento delle vaste risorse minerarie del suo Paese, Volodymyr Zelensky ha infine dato il via libera ad una sua versione che sarebbe finalmente vantaggiosa per Kiev (o almeno non svantaggiosa come le precedenti).Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (foto: Imagoeconomica)Citando fonti ucraine coinvolte nelle trattative, il Financial Times ha reso noto che era finalmente arrivato il disco verde da parte dei negoziatori di Kiev. Lo stesso tycoon newyorkese, in occasione della visita del presidente francese Emmanuel Macron di lunedì, aveva anticipato che l’accordo era “molto vicino” e sostenuto che il leader ucraino sarebbe volato a Washington nei prossimi giorni per siglarlo di persona nello Studio ovale, forse già venerdì (28 febbraio). Una timeline confermata anche dai funzionari ucraini.Cosa prevede l’accordoUn patto sull’accesso privilegiato degli Stati Uniti alle terre rare, alle materie prime critiche, al gas naturale e al petrolio dell’ex repubblica sovietica era stato proposto inizialmente dallo stesso Zelensky a Trump lo scorso settembre. Berillio, grafite, ittrio, lantanio, litio, scandio, titanio e uranio sono solo alcuni dei minerali indispensabili ai settori strategici al centro della competizione globale: batterie per la transizione verde, nucleare, industria aerospaziale e difesa.Le trattative si erano però complicate nelle ultime settimane a causa delle richieste massimaliste dell’amministrazione Usa. Impraticabili per Kiev le prime formulazioni, soprattutto la pretesa della Casa Bianca di ricevere 500 miliardi di dollari dalle casse statali ucraine a titolo di compenso per gli aiuti inviati in questi tre anni di guerra. Peccato che di miliardi Washington ne abbia spesi poco più di 114, dei quali solo 4 dovrebbero essere ripagati (con scadenza al 2065).Ad ogni modo, la svolta – apparentemente dovuta ad un avvicendamento all’interno del team negoziale a stelle e strisce – ha permesso di dare forma ad una cornice generale accettabile da entrambe le parti. Il governo ucraino avrebbe già fornito il proprio assenso alla sottoscrizione del patto, ma questo dovrà ora essere approvato dal Parlamento.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) accoglie a Kiev il negoziatore Usa per la crisi russo-ucraina, Keith Kellogg, il 20 febbraio 2025 (foto: Sergei Supinsky/Afp)Il testo prevederebbe l’istituzione di un fondo ad hoc con “proprietà congiunta” tra Washington e Kiev. Quest’ultima vi contribuirebbe per il 50 per cento con i proventi della “futura monetizzazione” delle risorse minerarie nazionali. Tale fondo dovrebbe finanziare progetti da avviare nel Paese, presumibilmente legati alla ricostruzione.Sarà invece lasciata a protocolli successivi la definizione dei dettagli tecnici. Incluso quali giacimenti includere nell’accordo e cosa fare con quelli troppo vicini al fronte, per non parlare di quelli finiti sotto occupazione russa. Soprattutto, manca un passaggio esplicito sulle garanzie di sicurezza. Un dettaglio di primissimo rilievo, ma i funzionari ucraini si ritengono soddisfatti, almeno per il momento, per essersi assicurati il sostegno del loro più potente alleato.Il “grande mercanteggiamento”Ha così inizio quello che alcuni osservatori hanno già ribattezzato “il grande mercanteggiamento“. Le ricchissime risorse del proprio sottosuolo sembrano essere l’ultima carta rimasta nella pessima mano del presidente ucraino, e sono ambite da tutti gli attori coinvolti a vario titolo nella partita che si sta giocando nell’ex repubblica sovietica.Da Washington, Trump sta facendo quello che sa fare meglio: applicare alla politica internazionale l’approccio transazionale imparato nel suo passato da imprenditore. Il do ut des della Casa Bianca prevede l’acquisto di minerali e idrocarburi in cambio degli aiuti a Kiev, e viene puntellato dalle minacce del braccio destro del tycoon, il tecno-oligarca Elon Musk, di interrompere i servizi della sua rete di comunicazione satellitare Starlink dalla quale dipende l’esercito ucraino.D’altro canto, le mire imperialiste di Mosca – che ad oggi occupa poco meno di un quinto del territorio ucraino – sono sotto gli occhi del mondo. È chiaro che, oltre a motivazioni di carattere storico-culturale (di una lettura distorta della storia difesa da Putin), l’accesso alle risorse minerarie di Kiev è sempre stato uno dei moventi dell’aggressione russa.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Ma anche l’Ue ha messo da tempo gli occhi sul tesoro sotterraneo del vicino orientale. Come ribadito dal vicepresidente esecutivo della Commissione Stéphane Séjourné durante la visita di lunedì (24 febbraio) nella capitale ucraina, Bruxelles ha stipulato con Kiev un memorandum d’intesa nel 2021 in cui le terre rare e le materie prime svolgono un ruolo cruciale. Dei 30 materiali critici individuati dall’Unione, 21 “possono essere forniti dall’Ucraina nell’ambito di una partnership vantaggiosa per entrambe le parti“, ha dichiarato il responsabile della Strategia industriale comunitaria.L’esecutivo a dodici stelle mette così sul tavolo l’implementazione completa dell’accordo già esistente e si propone come un’alternativa più appetibile degli Stati Uniti di Trump. L’arma segreta a disposizione dell’Ue è la prospettiva dell’adesione, sulla quale Ursula von der Leyen ha promesso progressi rapidi (“prima del 2030, se Kiev continua sulla strada delle riforme”), mentre la Casa Bianca ha messo una pietra tombale sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato.Quo vadis, Europa?In realtà, la partnership avanzata dalla Commissione va intesa non tanto in sostituzione quanto in aggiunta a quella a stelle e strisce. Fare concorrenza troppo diretta allo zio Sam, il cui ombrello di sicurezza rimane insostituibile per il Vecchio continente, potrebbe rivelarsi poco lungimirante in questa fase.Anche se gli europei continuano a sperare che tale ombrello rimanga aperto (a questo è servita la visita di lunedì di Macron a Washington – su cui ha aggiornato stamane i colleghi del Consiglio europeo – e a questo servirà quella del primo ministro britannico Keir Starmer di domani), la doccia gelata del Trump bis è stato un brusco risveglio dalla loro trentennale illusione post-storica à la Francis Fukuyama.Continuing to work on close European coordination, today president @EmmanuelMacron debriefed EU leaders on his meeting with @realDonaldTrump earlier this week in Washington.Very useful to prepare our special European Council on 6 March, where we will take decisions on our… pic.twitter.com/4RRCIJ4vgm— António Costa (@eucopresident) February 26, 2025Ora le cancellerie europee stanno correndo ai ripari in fretta e furia, cercando di coordinare gli sforzi per creare quell’autonomia strategica di cui tanto si è parlato ma che sarà difficile da realizzare. Si è partiti con una doppietta di incontri all’Eliseo e si continuerà domenica (2 marzo) con una riunione a Londra, dove si discuterà di come finanziare il riarmo del continente e di una strategia congiunta per la difesa.“Armiamoci e partite“: questo, in sostanza, il messaggio del tycoon newyorkese a quelli che sulla carta sarebbero i suoi più stretti alleati. Mentre porta avanti i negoziati con Putin sulla cessazione delle ostilità, Trump scarica sugli europei la responsabilità della sicurezza continentale. L’antifona è passata. “Ora è il momento di agire, di prendere decisioni, di ottenere risultati”, ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo António Costa giusto ieri, ripetendo il ritornello preferito anche dal capo dell’Alleanza nordatlantica Mark Rutte. Meglio tardi che mai?

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    Passaggio a sud-est: la scommessa di von der Leyen sull’India di Modi

    Bruxelles – In un mondo che cambia, e che offre sempre meno certezze ora che alla Casa Bianca è tornato Donald Trump, l’Ue cerca nuovi partner. E rafforza la cooperazione con gli Stati che, come l’India, stanno acquistando un peso sempre maggiore nell’arena internazionale. Così, la prima visita ufficiale dell’esecutivo comunitario sarà a Nuova Delhi. Non ci si aspetta il lancio di nessuna iniziativa formale, ma sarà l’occasione per dimostrare tangibilmente l’intenzione di legare il destino dei Ventisette a quello della potenza asiatica in ascesa, per limitare i danni delle decisioni unilaterali prese dal presidente Usa.Partenariato strategicoEra il 21 gennaio quando, dal palco del World economic forum di Davos, la capa della Commissione europea Ursula von der Leyen annunciava che si sarebbe recata in India per incontrare il primo ministro Narendra Modi e il resto del suo governo. La data prescelta è alla fine del mese, precisamente giovedì 27 e venerdì 28 febbraio (anche se il primo dei due giorni sarà dedicato quasi interamente agli spostamenti). Saranno presenti 21 commissari su 27, compresa la presidente.L’obiettivo di Bruxelles è definire la nuova agenda strategica su cui (re)impostare le relazioni con Nuova Delhi, che dovrebbe venire adottata ufficialmente durante il prossimo Summit Ue-India previsto per la seconda metà dell’anno. Pertanto, gli incontri di venerdì – che includeranno una serie  di bilaterali non solo tra von der Leyen e Modi ma anche tra i commissari Ue e i loro omologhi indiani – non sono dedicati a prendere impegni specifici ma a far progredire il dialogo sulle questioni considerate cruciali, nel quadro del partenariato strategico avviato nel lontano 2004. “Il 2025 sarà l’anno delle relazioni tra Ue e India”, ha assicurato una funzionaria comunitaria.La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen parla al World economic forum di Davos, in Svizzera, il 23 gennaio 2025 (foto: World Economic Forum via Imagoeconomica)Il nodo della sicurezzaSul tavolo ci saranno, tra le altre cose, il commercio, la competitività, la sicurezza e la difesa. “L’India è cruciale per il de-risking” strategico del Vecchio continente, per “aumentare la nostra resilienza e diversificare gli investimenti“, ha puntualizzato un altro funzionario. Di più, il Paese asiatico è “una di quelle grandi potenze con cui vorremmo unire le forze” per garantire la tenuta del sistema di sicurezza internazionale, soprattutto alla luce della guerra d’aggressione russa in Ucraina che è entrata ieri nel suo quarto anno.Proprio quello relativo all’Ucraina è un capitolo importante, fanno notare dalla Commissione, soprattutto per quanto riguarda le misure restrittive imposte sul Cremlino e la loro applicazione. Nuova Delhi è sospettata di acquistare da Mosca una parte del petrolio greggio sanzionato dall’Ue e di far entrare nella Federazione materiale aeronautico europeo, ma questo tema non dovrebbe essere affrontato nei colloqui di venerdì, almeno stando alle anticipazioni ufficiali.La sicurezza eurasiatica e quella indo-pacifica sono collegate, è il ritornello al Berlaymont, e dunque il dialogo con Nuova Delhi – considerata “un campione e uno sponsor della pace” – è fondamentale. Del resto, la cooperazione è già attiva in alcuni ambiti tra cui il contrasto al terrorismo e la gestione delle crisi, mentre si dovrebbe espandere presto la collaborazione anche in materia di sicurezza informatica e nello spazio.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: Sergei Supinsky/Afp)Come spiega a Eunews James Crabtree dello European council on foreign relations (Ecfr), un think tank con sede a Bruxelles che indaga la politica internazionale, “sia l’Europa che l’India si trovano in un momento di urgente ricalibrazione strategica” dovuto alla seconda presidenza Trump. “È difficile immaginare un momento migliore per rivitalizzare i legami storicamente poco solidi” tra le due parti, sostiene l’analista, dal momento che con il tycoon al potere gli Stati Uniti sono “nuovamente capricciosi” (dai dazi doganali allo stravolgimento della politica di sicurezza europea).Dialogo commercialeIn materia di commercio, un elemento importante sarà il dialogo sui progressi verso la stipula del trattato di libero scambio (Fta nell’acronimo inglese), i cui negoziati erano iniziati nel 2007 per interrompersi nel 2013 e riprendere dopo otto anni nel maggio 2021. Tra i punti su cui manca ancora la quadra ci sono, soprattutto, le barriere (doganali e non) agli scambi tra le due economie – in particolare relativamente ad alcuni prodotti chiave come le automobili e gli alcolici – che sono sbilanciate essendo più alte per le aziende europee che cercano di esportare in India. Uno dei bilaterali da tenere d’occhio sarà quello tra il responsabile del Commercio di Bruxelles, Maroš Šefčovič, e il ministro indiano Piyush Goyal.Durante la visita del Collegio a Nuova Delhi, si riunirà per la seconda volta anche il Consiglio per il commercio e la tecnologia (Ttc), dopo il primo incontro risalente al maggio 2023. A rappresentare l’Unione saranno la vicepresidente esecutiva della Commissione con delega alla Sovranità tecnologica Henna Virkkunen, il già citato Šefčovič e la titolare della Ricerca e dell’innovazione Ekaterina Zaharieva. Tra gli obiettivi principali del Ttc Ue-India c’è quello di rafforzare la collaborazione in materia di transizione digitale, tecnologie pulite, investimenti e commercio. Nello specifico, si parlerà soprattutto di infrastrutture digitali e di resilienza delle catene del valore.Il commissario al Commercio Maroš Šefčovič (foto: European Parliament)Innovazione tecnologica pulitaMa si parlerà anche di sviluppo tecnologico, un tema centrale per l’India che ospiterà il prossimo vertice mondiale sull’intelligenza artificiale, dopo aver co-presentato quello dello scorso 11 febbraio a Parigi. La cooperazione in questo settore, dall’Ia alle tecnologie pulite passando per la ricerca e l’innovazione, sarà alla base della crescita delle economie avanzate nell’immediato futuro. Questa, almeno, la lettura della Commissione, che a fine gennaio ha svelato la sua Bussola per la competitività con cui ha inteso tradurre in pratica le raccomandazioni contenute nel rapporto presentato lo scorso settembre da Mario Draghi.Il mercato indiano è un Bengodi cui Bruxelles non è disposta a rinunciare, ad esempio per quel che riguarda il potenziale nel campo delle tecnologie green e della decarbonizzazione: Nuova Delhi, insieme a Parigi, è ad esempio co-fondatrice dell’International solar alliance, che dovrebbe mobilitare 1000 miliardi entro la fine del decennio. Non figurano invece in agenda scambi sul meccanismo europeo di adeguamento del carbonio alle frontiere (il Cbam), sul quale l’India è scettica.Le zone d’ombraMa mentre Bruxelles celebra la cooperazione con la democrazia più popolosa del mondo, non mancano anche diverse criticità nel rapporto con Nuova Delhi. A partire proprio dalla posizione ambigua di Modi nei confronti della Russia di Vladimir Putin e della Cina di Xi Jinping, rispettivamente acerrimo nemico e avversario strategico del club a dodici stelle.Il presidente cinese Xi Jinping (sinistra), quello russo Vladimir Putin e il primo ministro indiano Narendra Modi al summit dei Brics di Kazan, il 23 ottobre 2024 (foto: Grigory Sysoev via Imagoeconomica)La disinvoltura con cui il premier si muove sullo scacchiere internazionale (l’India è uno dei fondatori dei Brics e si presenta come paladino del Sud globale, ma fa l’equilibrista tra le potenze occidentali) potrebbe creare degli imbarazzi all’Ue, ma von der Leyen ha ampiamente dimostrato di essere capace di grande pragmatismo, anche se i critici lo denunciano come doppiopesismo. Si può quindi chiudere un occhio sulla tutela dei diritti umani, se serve a risollevare il fato di un’Europa sferzata dai colpi che Trump non smette di sferrare a destra e a manca.

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    L’Ue a pesca di alleati nei Caraibi, von der Leyen incontra i leader del Caricom

    Bruxelles – In linea con la strategia della Commissione europea per la costruzione ed intensificazione di partenariati strategici in giro per il mondo, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha completato la sua visita di due giorni a Bridgetown, Barbados, dove ha partecipato alla 48esima sessione ordinaria della Conferenza della Comunità dei Caraibi (Caricom). Ospite del primo ministro delle Barbados Mia Mottley, ha incontrato i 15 leader dei paesi caraibici, riaffermando ai presenti la vicinanza delle due comunità ai capi opposti dell’Atlantico, e di come entrambe condividano il saldo supporto all’Ucraina.La visita si inserisce nel contesto dei recenti accordi con Mercosur, Messico e Malaysia. Sono previste in futuro ulteriori visite di sensibilizzazione in Sud Africa e in India, mentre un vertice Ue-Asia centrale si terrà in aprile.“In questo mondo in cui vi è un chiaro tentativo di costruire sfere di influenza, dove visioni contrastanti dell’ordine mondiale stanno portando ad un approccio transazionale agli affari globali” ha detto la presidente alludendo, senza fare nomi, all’atteggiamento di Washington e Mosca, “l’Europa vuole essere un partner corretto e fidato per tutte le regioni del mondo che vogliono lavorare con noi“.Breve scambio tra il primo ministro di Grenada Dickon Mitchell e la presidente sul tema delle riparazioni europee per la schiavitù coloniale: “La schiavitù è un crimine contro l’umanità” ha risposto lei.Cambiamento climatico, intelligenza artificiale, commercio e ambiente tra i temi trattati. Von der Leyen ha, inoltre, partecipato al lancio di 4 programmi di investimento e partenariato nei settori biomedico, farmaceutico, delle telecomunicazioni e dell’energia pulita, ed ha a inoltre annunciato un pacchetto di aiuti ad Haiti da 19,5 milioni di euro.

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    L’Ue vuole nuove relazioni con l’India, ma il nuovo corso di Delhi è una sfida

    Bruxelles – L’India come nuova meta, una risposta alle nuove tensioni globali e alle nuove logiche geopolitiche. L’Unione europea, ed in particolare la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, puntano molto su una nuova stagione di relazioni bilaterali con Nuova Delhi. Una scelta per certi aspetti obbligata, ma che rischia di gettare il vecchio continente in una dimensione anche controproducente. Perché l’India, al pari della Cina, mantiene un ruolo di partner privilegiato con la Russia condannata e oggetto di ben sedici pacchetti di sanzioni, ed ha ancora molto da fare a livello di diritti umani. In sostanza, non è propriamente paladina di quei valori tanto sbandierati dall’Ue in questi ultimi anni.Il Centro studi e ricerche del Parlamento europeo, in un documento di lavoro redatto per agevolare il compito degli europarlamentari, non nasconde che le relazioni Ue-India non sono prive di criticità. La prima riguarda l’agenda politica indiana. “L’Ue sta cercando di ampliare la sua cerchia di partner chiave, sullo sfondo dell’incertezza sulle relazioni transatlantiche”, la premessa del documento, ma “l‘India nel frattempo mantiene una relazione privilegiata con la Russia e sta rafforzando i legami con l’amministrazione Trump“. Un modo di porsi sullo scacchiere internazionale che certamente pone l’Ue nella scomoda posizione di dover scegliere: evitare ogni rapporto con chi non condivide principi europei, o scegliere quel pragmatismo enunciato da von der Leyen per cui bisogna saper accettare di “dover lavorare con paesi che non hanno idee simili ma condividono alcuni dei nostri interessi”.La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyne, con il primo ministro indiano, Narendra Modi (fonte: Commissione Ue)Ue-India, il calendario per la nuova stagione di relazioniLa Commissione europea fa sul serio. Poco importa se Nuova Delhi flirta con Mosca e Washington. L’intero collegio sarà in India la prossima settimana, il 27 e 28 febbraio. Per l’occasione si riunirà anche il consiglio Ue-India per il commercio e la tecnologia. Una comunicazione congiunta su una nuova agenda strategica Ue-India è prevista per il secondo trimestre del 2025. Un vertice Ue-India potrebbe aver luogo nell’ultimo trimestre del 2025. Un calendario con date, tappe, obiettivi, a riprova di volersi mettere al riparo da nuove tensioni commerciali e nuovi ordini mondiali.L‘Ue desidera sviluppare le sue relazioni con l’India, il cui mercato e la cui crescita economica rappresentano una preziosa opportunità per le aziende europee, soprattutto nel campo delle tecnologie verdi. L‘India è leader nella promozione delle energie rinnovabili, viene ricordato, e questo ruolo non è nuovo. A marzo 2018 il primo ministro indiano, Narendra Modi, insieme al Presidente francese Emmanuel Macron, ha co-presieduto la conferenza fondatrice dell’Alleanza internazionale per il solare (International Solar Alliance, Isa). La missione dell’Isa è quella di sbloccare un trilione di dollari in investimenti solari entro il 2030, riducendo al contempo i costi di tecnologia e finanziamento.La partita geopoliticaC’è poi tutta la partita geopolitica da dover considerare e da non dover sottovalutare. I ricercatori del Parlamento europeo ricordano che l’obiettivo di Nuova Delhi è “collocarsi al centro dell’equilibrio di potere globale” tra gli Stati Uniti e i suoi alleati da una parte, e Russia e Cina (con cui partecipa all’organizzazione intergovernativa BRICS e alla Shanghai Cooperation Organisation) dall’altra. Allo stesso tempo, l’India mira a rappresentare e guidare il ‘Sud globale’.In questa agenda tutta indiana la Russia gioca un ruolo non indifferente, visto che storicamente l’India si sente minacciata dalla Cina (con cui esiste ancora il contenzioso sui territori dell’Aksai-Chin, rivendicati da entrambe le parti), e vede nelle relazioni con la Russia un modo per rispondere a questo senso di accerchiamento cinese. Una parte del greggio russo sanzionato dagli europei è stato acquistato dall’India, che avrebbe aiutato a far entrare in Russia materiale aeronautico europeo che non potrebbe essere venduto in Russia.C’è poi la questione diritti umani, che “rappresentano un’ulteriore causa di disagio nelle relazioni Ue-India”. Nella sua risoluzione di gennaio 2024 sulle relazioni Ue-India, il Parlamento ha espresso preoccupazione per la situazione dei diritti umani e della democrazia nel paese.