More stories

  • in

    Tokayev verso la rielezione alla presidenza del Kazakistan

    Bruxelles – Kassym-Jomart Tokayev verso la conservazione della testa del Kazakistan. Il presidente uscente avrebbe vinto le elezioni conquistando oltre l’81 per cento dei consensi, garantendosi così un secondo mandato di sette anni. Condizionale d’obbligo visto che lo spoglio delle schede non è concluso, ma i risultati provvisori sono tali indurre la Commissione elettorale centrale a ritenere che non ci saranno sorprese nel conteggio delle schede rimanenti. “L’Unione europea prende atto dei risultati preliminari“, fa sapere Peter Stano, portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, complimentandosi a nome dell’Unione per la “efficiente preparazione” del voto nonché per “le più ampie riforme politiche e socioeconomiche avviate dal presidente Tokayev”. Per l’Ue “lo sviluppo di istituzioni democratiche resilienti e di una società civile forte è fondamentale per la stabilità e lo sviluppo del Kazakistan”.
    Dichiarazioni che vanno oltre ‘la circostanza’, vista la zona geografica e le loro tradizioni. Sotto la guida di Nursultan Nazarbayev il Kazakistan ha tenuto sempre posizione filo-russe e filo-Putin, mentre sotto Tokayev il Paese ha operato un cambio di rotta. Le relazioni con Mosca sono state riviste anche alla luce dell’aggressione dell’Ucraina, visto che una forte minoranza ucraina si trova nel nord del Kazakistan. Il passaggio Narbayev-Tokayev ha permesso anche un dialogo tutto nuovo tra la repubblica dell’Asia centrale e il blocco dei Ventisette, suggellato con l‘accordo su idrogeno e materie prime.

    Il presidente uscente, secondo i primi dati preliminari avrebbe oltre l’81 per cento dei voti. L’Ue “prende atto” e si congratula per come si è svolto il voto

  • in

    L’inverno morde. I vescovi ai leader Ue: Energia accessibile e a prezzi ragionevoli

    Roma – Garantire un’energia accessibile e a prezzi ragionevoli alle persone più colpite dalla crisi; dare priorità all’efficienza e ridurre responsabilmente i consumi; perseguire partenariati energetici bilaterali e multilaterali per gettare le basi di un nuovo sistema energetico globale governato da giustizia, solidarietà, partecipazione inclusiva e sviluppo sostenibile. Lo chiede la Comece, la Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea, che, con l’inverno alle porte, lancia un appello a chi nell’Unione ha responsabilità di governo.
    “L’eccessiva dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas da un unico fornitore ha permesso alla Russia di utilizzare le proprie forniture energetiche come un’arma”, tuonano i prelati, che lamentano una rafforzata insicurezza energetica in tutta Europa e una impennata dei prezzi che si ripercuote sulla società, “colpendo in particolare i più vulnerabili”.
    Non abbandonare le famiglie e le persone vulnerabili o vittime di discriminazioni socio-economiche, incapaci di far fronte all’aumento dell’inflazione e di pagare il riscaldamento o l’elettricità è la preghiera. Una situazione che, insiste la commissione, “rafforza le disuguaglianze sociali e il divario energetico“: “La crisi energetica è un ulteriore fardello dal punto di vista economico e mentale“. Mentre molte aziende falliscono, altre licenziano i propri lavoratori e molti, constatano i vescovi, “non sono più in grado di far fronte all’aumento del costo della vita”.
    Un appello alla solidarietà, ma anche alla lungimiranza: “Riconosciamo che la situazione attuale è complessa e rende necessarie considerazioni equilibrate che tengano conto degli aspetti sociali, economici, ecologici e geopolitici nell’ottica di un approccio eticamente responsabile” si legge. Nonostante la pressante emergenza, però, i prelati invitano a non perdere di vista gli obiettivi di lungo termine di una “transizione energetica giusta e sostenibile“.
    E anche se trovare un equilibrio corretto spetta alla politica, ci sono degli insegnamenti della Chiesa cattolica dai quali poter trarre esempio. Il primo: secondo la destinazione universale dei beni (il diritto naturale all’uso comune di tutti i beni del Creato a beneficio delle generazioni), lo Stato deve garantire una fornitura di energia sicura e sufficiente per tutti. Inoltre, sottolineano, è necessario “migliorare la responsabilità pubblica del settore attraverso un’equa distribuzione delle risorse energetiche, evitando la monopolizzazione da parte di uno Stato, di un gruppo d’interesse o di un’impresa, a scapito delle popolazioni e dei Paesi poveri che spesso pagano il prezzo di una cattiva gestione politica e della speculazione”. Il secondo: l‘opzione preferenziale per i poveri, che non è solo una priorità nella vita di carità di ogni cristiano, ma anche una responsabilità sociale. Il terzo: Giustizia e pace, una giustizia che “consenta uno sviluppo umano integrale” è requisito indispensabile per la pace. Una corretta gestione dell’energia diventa quindi un fattore chiave sia per la giustizia che per la pace. L’uso improprio dell’energia come strumento di coercizione geopolitica, “a cui stiamo assistendo”, sottolineano i vescovi, dovrebbe “spingere la comunità internazionale a trovare mezzi istituzionali per una ridistribuzione planetaria delle risorse energetiche efficace, inclusiva ed equa”.

    L’appello dei prelati: dare priorità all’efficienza e partenariati per un nuovo sistema globale governato giusto, solidale, inclusivo e sostenibile

  • in

    Lula presidente del Brasile, l’Europa si congratula con il leader progressista

    Bruxelles – L’Europa si congratula con Luiz Inàcio Lula da Silva, che nella notte tra domenica e lunedì (30-31 ottobre) è stato eletto per la terza volta presidente del Brasile. Il leader del partito dei lavoratori ha vinto per una manciata di voti (50,9 contro 49,1 per cento) il ballottaggio con il presidente uscente, Jail Bolsonaro.
    La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha auspicato in un tweet di “affrontare insieme a Lula le sfide globali, dalla sicurezza alimentare all’economia e al cambiamento climatico”.

    Congratulations, @LulaOficial, on your election as President of Brazil.
    I look forward to working with you to address pressing global challenges, from food security to trade and climate change.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) October 31, 2022

    Le ha fatto eco il Commissario Ue per gli Affari economici, Paolo Gentiloni, accogliendo l’elezione di Lula come “una grande opportunità di collaborare sulle sfide globali dell’economia e del clima”, mentre il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha espresso su twitter il suo desiderio di incontrare presto di persona il capo di stato brasiliano, salutando il popolo brasiliano che “si è espresso per il cambiamento”. Il capo del Consiglio europeo ha poi assicurato che l’Ue “è impegnata a cooperare sulle sfide globali: pace e stabilità, prosperità, cambiamento climatico. E lavoreremo con l’intera regione”.
    Anche l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, si è affidato a un tweet per commentare l’esito del voto. “I cittadini brasiliani si sono recati alle urne per eleggere il nuovo presidente in un’elezione pacifica e ben organizzata”, ha scritto il capo della diplomazia europea, congratulandosi poi con Lula. “Non vedo l’ora di lavorare insieme e far progredire le relazioni Ue-Brasile”, ha concluso l’Alto rappresentante.

    Brazilian citizens went to the polls to elect their new president in a peaceful and well-organised election
    Parabéns @LulaOficial on your election!
    I look forward to working together & advancing EU-Brazil relations with your government, and with new Congress & State authorities https://t.co/JgSthRYGT9
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) October 30, 2022

    Lula, già presidente dal 2003 al 2011, torna così al timone del Paese più vasto dell’America Latina dopo aver scontato 580 giorni di carcere per una condanna per corruzione, poi annullata. Durante la campagna elettorale, il settantasettenne progressista ha promesso di creare un governo che combini responsabilità fiscale, politiche sociali e sviluppo sostenibile. Una decisa inversione di rotta rispetto ai quattro anni di presidenza del leader della destra ultraconservatrice e evangelica Jair Bolsonaro, che nel frattempo ha fatto sapere che potrebbe non voler accettare il risultato della consultazione elettorale. Eventualità che, visti i rapporti molto stretti che Bolsonaro intrattiene con i capi dell’esercito brasiliano, in patria preoccupa molti.
    Intanto il “calamaro Lula”, dalla piazza di Avenida Paulista gremita di gente, ha tenuto il suo primo discorso da presidente: “Hanno cercato di seppellirmi vivo, ma sono risorto. Oggi l’unico vincitore è il popolo brasiliano. Sarò il presidente di tutti: riuniamo la famiglia”, ha gridato il capo di stato alla folla riunita a San Paolo.

    Nella notte il ballottaggio vinto contro il presidente uscente Bolsonaro. Von der Leyen invita Lula a “affrontare insieme le sfide globali”, per l’alto rappresentante Borrell è ora di “far progredire le relazioni Ue-Brasile”

  • in

    L’Ue lancia Eumam, missione di addestramento per l’esercito ucraino

    Bruxelles  – Assistenza e addestramento in chiave anti-russa, per una missione di durata prevista di almeno due anni. L’Unione europea rafforza ancora di più il suo ruolo nel conflitto russo-ucraino. Dopo l’invio di armi pesanti, i Ventisette tengono fede agli impegni assunti al vertice informale dei capi di Stato e di governo dell’Ue, istituendo EUMAM Ucraina, una missione di assistenza militare a sostegno delle forze armate di Kiev. Obiettivo, “contribuire a rafforzare la capacità” militare delle truppe al comando di Volodymyr Zelenskyy.
    E’ questa l’ultima mossa dell’Europa per rispondere all’aggressione di Putin, e consentire agli ucraini di respingere gli attacchi e “difendere la propria integrità territoriale entro i confini internazionalmente riconosciuti, esercitare efficacemente la propria sovranità e proteggere i civili”.
    La decisione è anche un atto che rimette in discussione l’annessione dei territori ucraini con un’azione che va oltre la diplomazia. La Russia ha tenuto referendum mediante i quali sono stati resi russi i territori di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. Un atto non riconosciuto dalla comunità internazionale, inclusa l’Ue. Che ora però si schiera con la controffensiva russa.
    “Oggi intensifichiamo il nostro sostegno all’Ucraina per difendersi dall’aggressione illegale della Russia”, sottolinea l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell. “EUMAM non è solo una missione di addestramento, è una chiara prova che l’Unione europea starà al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario”. 
    La nuova partnership nasce su iniziativa del partner russa. L’avvio di EUMAM Ucraina arriva “in risposta alla richiesta di supporto militare”, chiarisce il blocco a dodici stelle. L’Ue mette a disposizione formazione individuale, collettiva e specializzata alle forze armate ucraine, comprese le loro forze di difesa territoriale, e il coordinamento e la sincronizzazione delle attività degli Stati membri a sostegno dell’erogazione della formazione. Il mandato durerà inizialmente due anni e l’importo di riferimento finanziario per i costi comuni per questo periodo sarà di 106,7 milioni di euro.

    Mandato di due anni, assistenza per difendere i confini e riprendere i territori strappati con la forza. Borrell: “E’ una chiara prova che l’Unione europea starà al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario” 

  • in

    Velo islamico, Parlamento Ue chiede sanzioni per il regime iraniano. Il gruppo ID critica l’Aula

    dall’inviato a Strasburgo – Sanzionare i funzionari iraniani coinvolti nella morte di Mahsa Amini e nelle violenze contro i manifestanti. Il Parlamento europeo si rivolge ai capi di Stato e di governo dell’Ue, riuniti a Praga e pronti a ritrovarsi a Bruxelles per il vertice di fine mese, per chiedere provvedimenti immediati contro il regime degli Ayatollah nell’ambito del regime globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani. L’Aula approva, per alzata di mano, il testo di condanna per la morte della 22enne lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente l’hijab, il velo islamico imposto alle donne. Gli europarlamentari chiedono “un’indagine imparziale, efficace e soprattutto indipendente” sulle accuse di tortura e maltrattamento. Un invito rivolto a Nazioni Unite, e in particolare al Consiglio per i diritti umani. Per le autorità iraniane, invece, l’invito a rilasciare i manifestanti e ritirare ogni accusa nei loro confronti.
    Nel giorno in cui il Parlamento Ue si schiera con la società civile e con le donne dell’Iran, si consuma lo strappo con le forze sovraniste. Al termine della sessione di voto il gruppo Identità e democrazia (Id), dove siede la Lega, denuncia e condanna l’atteggiamento degli altri gruppi, rei di aver compiuto “atti antidemocratici”. Quello che è accaduto, la denuncia del gruppo, è l’”averci impedito di firmare e sostenere la risoluzione comune” sulla morte di Mahsa Amini e la repressione delle donne manifestanti per i diritti in Iran. Per gli europarlamentari di Identità e democrazia si tratta di “un ultimo tentativo di mantenere il cordone sanitario attorno al gruppo ID” anche su una questione come quella del velo islamico e l’Iran, e la che bollano come “una vergogna”.
    Intanto il Parlamento lancia un messaggio ai capi di governo. Sulla proposta di sanzioni e condanna dovrà esprimersi a breve il nuovo esecutivo tricolore. Gli italiani del gruppo Id avranno modo di esprimersi in quell’occasione, in forza della coalizione con Forza Italia e Fratelli d’Italia.

    L’Eurocamera chiede indagini Onu sulla morte di Mahsa Amini, i sovranisti denunciano la negata possibilità di sottoscrivere la risoluzione. “Vergogna”.

  • in

    “Stati Uniti necessari ma non sufficienti, servono coalizioni più ampie”. Gentiloni rispolvera la Commissione geopolitica

    Bruxelles – Stati Uniti sì, ma non solo. Paolo Gentiloni rompe la logica della dipendenza geo-politica con Washington per uscire da schemi considerati ormai superati dalla mutata realtà e rilanciare le aspirazioni dell’Unione europea sullo scacchiere internazionale, riproponendo le ambizioni di Commissione geopolitica che il team von der Leyen aveva cullato a inizio mandato. Certo, il passaggio dall’amministrazione Trump all’amministrazione Biden “ha segnato un miglioramento nella qualità delle relazioni” tra le due parti, riconosce il commissario per l’Economia. Ma “per affrontare le sfide che il mondo sta affrontando la cooperazione transatlantica è una condizione necessaria ma non sufficiente“. Per questo, continua, “abbiamo bisogno di radunare coalizioni molto più ampie“.
    La presenza di Gentiloni al Frankfurt forum sulla geo-economia Europa-Stati Uniti è l’occasione per riprendere in mano il progetto di commissione geo-politica interrottosi bruscamente un anno fa, dopo gli annunci e le intenzioni del nuovo esecutivo comunitario. Sia chiaro, gli USA restano un partner chiave e imprescindibile, ma l’UE ha anche la necessità di non dover più dipendere così tanto politicamente da un alleato di lungo corso.
    Gentiloni ricorda che ci sono 35 paesi, inclusi tre membri del G20 [Cina, India e Sud Africa], che “hanno deciso di astenersi nella risoluzione delle Nazioni Unite che condanna l’invasione russa dell’Ucraina“. Una situazione che ricorda l’importanza di non dare niente per scontato, e di lavorare per evitare brutte sorprese. “Per aumentare la nostra influenza in altre parti del mondo, dobbiamo investire in esse”, l’appello di Gentiloni, che rilancia la strategia Global Gateway per relazioni sostenibili e affidabili con popoli e governi a beneficio di tutti. E rilancia pure quella Commissione geopolitica che doveva imprimere una volta non ancora avvenuta ma che oggi più che mai a Bruxelles si avverte come necessaria.

    Il commissario per l’Economia invita a lavorare attivamente in poltica estera. “Per aumentare la nostra influenza in altre parti del mondo, dobbiamo investire in esse”

  • in

    Il Parlamento Ue vuole maggiori relazioni con Taiwan

    Bruxelles – Stabilire nuove, maggiori relazioni con Taiwan, con condanna per le manovre militari di Pechino nello stretto che separa continente e isola di Formosa. Dal Parlamento europeo arriva un voto che rischia di creare nuovi motivi di tensioni e frizioni politiche nella già tese relazioni Ue-Cina. La risoluzione approvata a larga maggioranza dall’Aula (424 favorevoli, 14 contrari e 46 astenuti) è una presa di posizione chiara, netta, sullo scacchiere internazionale. I deputati europei si schierano con la Repubblica di Cina (ROC), che l’altra Repubblica, quella Popolare, non riconosce come tale e considera, da sempre, parte integrante della PRC.
    “Nell’isola democratica di Taiwan, spetta al popolo decidere come vivere”, recita il testo adottato. Una frase, con la sottolineatura della natura democratica dell’isola, che suona come critiche al regime di Pechino, già oggetto di critiche e censure da parte dell’Eurocamera per le repressioni degli uighuri. Un passaggio che, soprattutto chiarisce che il Parlamento non riconosce le pretese annessionistiche della Cina.
    La mozione che chiede maggiori relazioni con Taipei rafforza inoltre l’alleanza tra Unione europea e Stati Uniti per Taiwan. A inizio agosto la visita ufficiale della presidente della Camera dei rappresentanti USA, Nancy Pelosi, nella capitale della ROC, ha prodotto un terremoto diplomatico. Alle reazioni di Pechino è seguito il richiamo degli ambasciatori, inclusi quelli dell’Ue. Adesso l’Aula chiedono alla Commissione europea di ravvivare il dialogo Unione europea-Taiwan e “avviare senza indugio” una valutazione d’impatto, una consultazione pubblica e un esercizio di definizione dell’ambito di un accordo bilaterale di investimento con le autorità taiwanesi. Un altro modo per riconoscere che non c’è un’unica Cina, come invece sostiene Pechino.

    L’Aula approva a larga maggioranza una risoluzione che fa prendere una posizione chiara, in senso anti-Pechino

  • in

    L’UE sospende il regime agevolato dei visti per tutti i cittadini russi

    Bruxelles – Fine del regime agevolato dei visti per tutti i cittadini russi, senza nessuna distinzione. L’ultima misura dell’Unione europea per rispondere all’aggressione russa dell’Ucraina è un ritorno al passato, il ripristino del vecchio sistema di concessione di documenti di viaggio, ingresso e soggiorno nel territorio dell’UE. Nel 2007 le due parti decisero di concedere il documento a condizioni migliori, con procedure più snelle, più rapide. Adesso “c’è l’accordo politico per la piena sospensione dell’accordo di facilitazione dei visti UE-Russia”, annuncia l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, al termine della riunione informale dei ministri degli Esteri dei Ventisette.

    European Union has agreed on full suspension of visa facilitation agreement with Russia, @JosepBorrellF has just announced during the press conference after informal #Gymnich meeting in Prague.
    — EU2022_CZ (@EU2022_CZ) August 31, 2022

    Non è una messa al bando dei russi, e Borrell tiene a sottolinearlo nel corso della breve conferenza stampa. “Non vogliamo tagliarci da quei russi che sono contrari alla guerra in Ucraina. Non vogliamo isolarci dalla società civile russa”. L’accordo politico “non vuol dire che non si potranno più ottenere visti“. Quello che succede è che i cittadini russi saranno da adesso in poi trattati alla stregua di gli altri cittadini di Paesi terzi. “Agevolazione vuol dire facilitare. Non ci saranno più agevolazioni, e quindi sarà più complicato ottenere visti”. Inoltre, la decisione maturata a Praga di sospendere il regime agevolato “significa che si ridurrà significativamente il numero di nuovi visti rilasciati dagli Stati membri dell’UE“.
    I ministri degli Esteri sono però intransigenti per quanto riguarda i passaporti russi emessi nei territori occupati. I documenti rilasciati in Crimea e Donbass “non saranno riconosciuti”, tiene a sottolineare Borrell. L’UE qui dunque tiene il punto. L’Unione europea non ha mai riconosciuto l’annessione della Crimea del 2014, e da questo punto di vista non cambia avviso. E lo stesso fa con i territori oggi campo di battaglia e sotto il controllo delle forze russe.
    La situazione in Ucraina vede i ministri degli Esteri trovare una quadra anche su un altro aspetto, quello dell’assistenza militare. “Abbiamo anche convenuto di accelerare il lavoro sulla sostenibilità dello Strumento europeo per la pace (EPF), per poter rispondere meglio alle esigenze in evoluzione dell’esercito ucraino“.

    L’annuncio dell’Alto rappresentante Borrell. “C’è l’accordo politico”. I Ventisette d’accordo anche a lavorare “per rispondere meglio alle esigenze in evoluzione dell’esercito ucraino”