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    In partenza da Cipro i primi aiuti umanitari sul corridoio marittimo per Gaza. Von der Leyen: “Può fare la differenza”

    Bruxelles – Al via il “progetto pilota” che dovrebbe portare all’apertura, nel fine settimana (9-10 marzo), del corridoio marittimo cipriota per fornire assistenza alla popolazione di Gaza. Come annunciato dal presidente di Cipro, Nikos Christodoulides, e dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la prima imbarcazione è pronta a salpare dal porto di Larnaca.A cinque mesi dall’attacco terroristico di Hamas e dalla risposta israeliana, che sta provocando una catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza, la comunità internazionale non è ancora riuscita ad assicurare l’ingresso continuo e sicuro di una sufficiente quantità di aiuti umanitari per i 2 milioni di sfollati palestinesi. Di aiuti via terra ne entrano sempre meno, come denunciato recentemente dall’Unrwa, mentre diverse organizzazioni internazionali hanno lanciato l’allarme sul rischio di una vera e propria carestia nell’enclave palestinese. “Conosciamo le difficoltà che si incontrano alle frontiere terrestri di Gaza, sia attraverso il valico di Rafah che attraverso il corridoio stradale del Giordano”, ha ammesso in conferenza stampa von der Leyen.

    Níkos Christodoulídis, Ursula Von der Leyen in conferenza stampa a LarnacaLa possibilità di aprire un corridoio marittimo nel Mediterraneo, messa sul tavolo da Cipro già ad ottobre, è quindi stata esplorata per mesi e finalmente lanciata oggi con il sostegno – oltre che della Commissione europea – di Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Stati Uniti. “È chiaro che siamo a un punto in cui dobbiamo semplicemente sbloccare tutte le vie possibili”, ha dichiarato Christodoulides. Decisivo il tempismo di Joe Biden, che ha annunciato nel suo discorso sullo stato dell’Unione una missione d’emergenza guidata dalle forze armate statunitensi per costruire un “molo temporaneo” al largo di Gaza per i rifornimenti.In concreto, il meccanismo delineato dalle autorità cipriote per spedire in modo sicuro gli aiuti via mare sarà coordinato dalla responsabile delle Nazioni Unite per gli aiuti umanitari e la ricostruzione a Gaza, la diplomatica olandese Sigrid Kaag. Che – si legge nella dichiarazione congiunta di lancio dell’iniziativa Amalthea – sarà incaricata di “facilitare, coordinare, monitorare e verificare il flusso di aiuti a Gaza ai sensi della risoluzione 2720 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. Una volta rodata la corsia d’emergenza, Cipro “convocherà presto alti funzionari per discutere di come accelerare questo canale marittimo“. Le operazioni dovranno per forza di cose essere “strettamente coordinate” con il governo di Israele, che controlla gli accessi via mare alle spiagge di Gaza.Il ministero degli Esteri di Tel Aviv ha rilasciato una nota in cui di è detto “favorevole all’inaugurazione del corridoio marittimo”, che “consentirà l’aumento degli aiuti umanitari alla Striscia di Gaza, dopo che i controlli di sicurezza saranno effettuati secondo gli standard israeliani“. D’altra parte, i partner a supporto dell’iniziativa cipriota hanno richiamato Israele affinché “faciliti più percorsi e apra altri valichi per far arrivare più aiuti” alla popolazione.Da Bruxelles si augurano che il corridoio marittimo possa “fare davvero la differenza per la situazione del popolo palestinese”. Ma parallelamente – ha sottolineato von der Leyen da Larnaca “continueranno i nostri sforzi per fornire assistenza ai palestinesi attraverso tutte le vie possibili”. Via terra, con le oltre 1.800 tonnellate di aiuti recapitate in Egitto in 41 ponti aerei, e un domani anche dal cielo, come già fatto da Stati Uniti, Francia e Giordania: “Prenderemo in considerazione tutte le altre opzioni, compresi i lanci aerei, se i nostri partner umanitari sul posto lo riterranno efficace”, ha confermato la leader Ue.

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    L’Ue firma un nuovo partenariato sulla migrazione con la Mauritania. E impegna 210 milioni di euro

    Bruxelles – Un altro partenariato strategico sulla migrazione. Questa volta l’Ue mobiliterà 210 milioni di euro per la Mauritania, paese del Sahel occidentale da cui passa la rotta che porta decine di migliaia di persone migranti sub-sahariane a tentare la traversata per raggiungere le Isole Canarie, e quindi la Spagna. La commissaria Ue per gli Affari interni, Ylva Johansson, l’ha lanciato da Nouakchott, insieme al ministro dell’Interno e della Mauritania, Mohamed Ahmed Ould Mohamed Lemine.Il terreno era stato già seminato dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che nella capitale della Mauritania era stata solo un mese fa, accompagnata dal primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. Così come il ben più ampio partenariato globale con la Tunisia, anche questo si baserà su cinque pilastri. E prevede una cooperazione “basata sulla solidarietà, sulla responsabilità condivisa e sul rispetto dei diritti umani e fondamentali“.

    La commissaria Ue per gli Affari Interni, Ylva JohanssonDa un lato il sostegno alle iniziative del Global Gateway: investimenti, infrastrutture e creazione di posti di lavoro, soprattutto nel settore dell’energia. Dall’altro la gestione della migrazione, con l’imperativo della lotta a quella irregolare e al traffico di migranti. E con la promozione di una mobilità qualificata di studenti, ricercatori e imprenditori. “Anche l’Europa ha bisogno della migrazione – ha dichiarato Johansson in conferenza stampa da Nouakchott -, ma di una migrazione regolare”.Nell’idea che per arginare le partenze dall’Africa occorra migliorare l’accesso al lavoro e al credito nei Paesi d’origine e di transito, l’Ue mobiliterà risorse per “rafforzare l’accesso alla formazione professionale e ai finanziamenti per le imprese”, oltre che per “migliorare le capacità e le competenze dei giovani mauritani, in particolare delle donne”. In parallelo, Bruxelles si impegna a sostenere le capacità di accoglienza nazionali e gli sforzi della Mauritania per affrontare l’arrivo di rifugiati nel proprio Paese.Il fulcro dell’accordo è però la cooperazione per prevenire la migrazione irregolare, alla luce degli oltre 40 mila arrivi registrati nel 2023 nell’arcipelago delle Canarie, in aumento del 161 per cento rispetto al 2022. L’obiettivo è combattere il traffico di migranti e la tratta di esseri umani, trovando al contempo strumenti per proteggere le vittime. Ciò dovrebbe avvenire attraverso indagini congiunte, un rafforzamento della sicurezza e una maggiore cooperazione operativa. La commissaria Ue, che nel 2020 aveva visitato Nouadhibou, uno dei punti di partenza per le Canarie, ha sottolineato che quel tratto di 800 chilometri di mare “è quello che registra il maggior numero di vittime e di tragedie”.E in mare, la Mauritania dovrà rafforzare la gestione delle frontiere: Frontex fornirà formazione e attrezzature alle autorità nazionali, con l’obiettivo di aumentare la cooperazione nelle operazioni di ricerca e salvataggio e di rendere più capillare il controllo delle coste. Un compito, quello di smantellare il modello di business dei trafficanti, su cui “la Mauritania ha già fatto un ottimo lavoro”, ha sottolineato Johansson. Ma non solo, lo stesso discorso vale per l’accoglienza dei rifugiati provenienti dai conflitti vicini, come dimostra il “lavoro eccellente con i 150 mila profughi dal Mali”.

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    L’ingresso dell’Ucraina nell’Ue non sarebbe un vantaggio solo per Kiev

    Bruxelles – Costi, certo. Ma anche benefici. E non di poco conto. La scelta politica dell’Unione europea di far entrare i Paesi dell’est nel club a dodici stelle è decisa, dettata anche, certamente, da ragioni geopolitiche e da un conflitto russo in Ucraina che ha inevitabilmente ridisegnato logiche e strategie. E avviato ragionamenti su cosa e come cambierà l’Unione europea. A fare primi calcoli è il think tank Bruegel, in uno studio d’impatto sull’ingresso in particolare dell’Ucraina nel club. Viene messo in risalto innanzitutto che “complessivamente il costo netto dell’ingresso dell’Ucraina nell’Ue per gli attuali Paesi membri ammonterebbe a 136 miliardi di euro a prezzi correnti nel periodo dal 2021 al 2027, ovvero allo 0,13 per cento del Prodotto interno lordo dell’Ue”.Può sembrare una cifra elevata, ma i calcoli condotti da Bruegel mostrano che a livello di bilancio comune, la dimensione complessiva dell’impatto dell’adesione dell’Ucraina all’Ue sul Mff 2021-2027sarebbe un aumento dall’1,12 per cento all’1,20 per Pil nello scenario di base, che presuppone che l’Ucraina riacquisti la sua integrità territoriale e che la guerra non ha alcun impatto a lungo termine sulla popolazione o sul PIL del Paese. Inoltre la maggior parte dei contribuenti netti dovrebbe contribuire con circa lo 0,1 per cento in più del proprio Pil al bilancio dell’Ue. Cifre non certo esorbitanti.Attenzione, però: si tratta di una stima, peraltro preliminare. Perché, si precisa, quello prodotto è “lo scenario di base”. Avere un’idea di cosa può significare in termini economici la piena adesione dell’Ucraina non è al momento semplice, perché sono tante le incognite, prima fra tutte i confini del Paese. Ucraina pre-conflitto o Ucraina senza Donbass?Il cambiamento nella politica di coesioneQuel che è certo è che gli Stati oggi membri perderebbero un po’ di finanziamenti in uno scenario allargato all’Ucraina. Bruegel stima che i Ventisette Paesi “riceverebbero 24 miliardi di euro in meno in finanziamenti per la coesione” rispetto alla situazione attuale, senza l’Ucraina. Il motivo di questa perdita multi-miliardaria è che l’ingresso di Kiev ridurrebbe il Reddito nazionale lordo medio pro-capite dell’Ue, che è un indicatore dell’allocazione dei fondi. Il problema non è nuovo, tanto che il gruppo di esperti della Commissione Ue ha già avvertito la Commissione stessa che in prospettiva serviranno più fondi.  Per l’Italia c’è in ballo tutta la partita del Mezzogiorno e i fondi a sostegno del Sud. Non certo una cosa da poco.Cosa può ottenere l’UcrainaAl netto dell’ingresso nell’Unione europea, l’Ucraina da questa membership può avere ritorni certamente economici. In particolare, secondo i calcoli preliminari, Kiev otterrebbe 32 miliardi di euro in pagamenti per la politica di coesione, 85 miliardi di euro in pagamenti per la Politica agricola comune (Pac) e 7 miliardi di euro in pagamenti da altri programmi dell’Ue (tutti i numeri sono a prezzi correnti e si riferiscono all’intero Mff 2021-2027). La spesa per la pubblica amministrazione europea potrebbe aumentare di 4 miliardi di euro, mentre l’Unione europea risparmierebbe circa 2 miliardi di euro sui fondi attualmente destinati ai suoi vicini. I vantaggi per l’UeUn’Unione europea più grande, con l’Ucraina al proprio interno farebbe certamente il bene di Kiev. Ma cosa guadagna l’Ue da questo allargamento? Bruegel risponde anche a questo. In primo luogo l’integrazione dei lavoratori ucraini nei mercati del lavoro dell’UE ridurrebbe la drammatica carenza di manodopera nell’Unione. E Inoltre l’adesione migliorerebbe la sicurezza energetica dell’Ue e potrebbe ridurre i costi energetici. Guardando le cose in ottica regionale, La presenza dell’Ucraina nell’Unione potrebbe stabilizzare il vicinato orientale dell’Ue e aumentare le capacità militari e di sicurezza dell’Ue.

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    Balcani occidentali, Consiglio Ue pronto a negoziare il Fondo di crescita

    Bruxelles – Via libera del Consiglio dell’Ue all’assistenza finanziaria dei Paesi dei Balcani occidentali. Gli ambasciatori dei Ventisette Stati membri hanno approvato il mandato negoziale per il Fondo di riforma e crescita per i Paesi della regione (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia). Presentato dalla Commissione europea lo scorso novembre, lo speciale programma, dal 2024 al 2027, dovrebbe fornire fino a 2 miliardi di euro in sovvenzioni e 4 miliardi di euro di prestiti ai partner dell’Ue.Il Fondo sosterrà i partner dei Balcani occidentali dell’Ue nell’intraprendere una serie globale di riforme socioeconomiche e fondamentali, anche sullo Stato di diritto e sui diritti fondamentali, sosterranno il processo di allargamento e accelerino la convergenza economica dei partner con l’Ue. In tal senso i pagamenti “saranno soggetti a condizioni rigorose in termini di realizzazione delle riforme stabilite nell’agenda di riforma concordata da ciascun partner”, ricorda il Consiglio dell’Ue nell’annunciare il via libera.E’ questo uno dei punti chiave per i rappresentanti permanenti dei Ventisette. Uno dei cambiamenti chiave rispetto alla proposta iniziale dell’esecutivo comunitario riguarda proprio il rafforzamento del ruolo del Consiglio nella governance dello strumento. Saranno dunque gli Stati membri dell’Ue ad avere voce in capitolo sull’erogazione delle risorse. Ci sarà un maggior peso dell’istituzione Ue nell’adozione e nella modifica delle agende di riforma, nel monitoraggio del rispetto dei precondizioni per il sostegno dell’Ue e sulla valutazione del rispetto delle condizioni di pagamento. Nel suo mandato, il Consiglio pone maggiormente l’accento sull’allineamento dei partner con la politica estera e di sicurezza comune.Non appena il Parlamento europeo avrà adottato la propria posizione potrà iniziare il negoziato inter-istituzionale per il via libera definitivo e l’attivazione del Fondo di riforma e crescita dei Balcani occidentali. La strategia dell’Ue per la regione si basa su quattro pilastri, volti a rafforzare l’integrazione economica dei partner dei Balcani occidentali con il mercato unico dell’UE, a promuovere l’integrazione economica all’interno della regione attraverso il mercato regionale comune, accelerare le riforme fondamentali e aumentare l’assistenza finanziaria.

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    Simson: “Ue al lavoro per rispondere a incidente nucleare a Zaporizhzhia”

    Bruxelles – Adesso la centrale nucleare di Zaporizhzhia fa paura. La Commissione europea teme incidenti, e lavora allo scenario peggiore, comunque sempre rimasto sullo sfondo e mai davvero sottovalutato. La commissaria per l’Energia, Kadri Simson, ammette che il collegio dei commissaria “ha rafforzato la preparazione in caso di incidenti radiologici e condotto attività di modellizzazione per valutare l’impatto di un incidente nucleare in Ucraina”. Un lavoro portato avanti con i governi nazionali. “La Commissione collabora con gli Stati membri per migliorare la preparazione e la risposta in caso di emergenza radiologica o nucleare in Ucraina“.

    L’auspicio è di non dover mai ricorrere ai piani d’emergenza, ma intanto l’Ue si prepara. L’ammissione di Simson arriva nella risposta all’interrogazione parlamentare presentata dall’europarlamentare lituano del Ppe, Liudas Mažylis. A lui ricorda che comunque l’esecutivo comunitario non è mai rimasto a guardare da quanto l’impianto di Zaporizhzhia è finito al centro della guerra russo-ucraina. “La Commissione monitora da vicino la situazione presso la centrale”, e lo fa “regolarmente” insieme all’autorità ucraina di regolamentazione della sicurezza nucleare e con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), “la cui presenza continua, sostenuta dall’UE, è fondamentale per gli aggiornamenti sulla situazione”. In questa attività di controllo continuo e regolare la Commissione, spiega ancora Simson, “monitora i livelli di radiazioni in tutta Europa attraverso la piattaforma europea per lo scambio di dati radiologici con molteplici punti di lettura in Ucraina”. Inoltre, l’Ue ha già fornito a Kiev l’assistenza preventiva del caso, vale a dire “attrezzature chimiche, biologiche, radiologiche o nucleari e assistenza medica”.

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    Borrell a Israele: “Niente attacchi all’Onu, fondamentale per pace e stabilità”

    Bruxelles – Le ragioni di Israele non valgono più di ogni altra cosa, sicuramente non più delle Nazioni Unite. L’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, manda un messaggio chiaro e deciso allo Stato ebraico e i suoi rappresentanti. Lo fa rispondendo a un’interrogazione parlamentare in cui ci si lamenta del comportamento di Gilad Erdan, ambasciatore di Israele presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, critico, troppo critico, nei confronti del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres.Quello che è successo risale all’8 dicembre ed è la censura di Guterres sul modo in cui Israele sta rispondendo agli attacchi del 7 ottobre. Una risposta ritenuta eccessiva, tanto da indurre il segretario generale dell’Onu a chiedere il rispetto dei diritti umani e cessate il fuoco. Parole che non sono piaciute a Erdan, secondo cui criticando Israele ci si schiera con i terroristi di Hamas. L’ambasciatore israeliano ha chiesto le dimissioni di Guterres e minacciato di non concedere visti a nessun funzionario Onu.“L’Ue respinge gli attacchi contro il Segretario generale delle Nazioni Unite o i tentativi di squalificare l’Onu come organismo fondamentale che opera per la pace e la stabilità nel mondo“, replica oggi Borrell. Un messaggio chiaro per il governo di Netanyahu. Nei confronti del quale rincara la dose, insistendo sulla necessità del rispetto dei diritti umani di base.“L’Ue – continua Borrell nella sua risposta – sostiene l’appello rivolto dal Segretario generale delle Nazioni Unite al Consiglio di sicurezza dell’Onu affinché intervenga per evitare una catastrofe umanitaria a Gaza e il collasso del sistema umanitario”. Un implicito atto di accusa nei confronti di Israele, e di aver creato situazioni insostenibili e sempre più difficile da appoggiare. Le ragioni di Israele sono andate un po’ oltre il consentito, e Borrell lo dice come meglio non potrebbe.

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    Mar Rosso, Tajani celebra il lancio della missione Aspides: “Un successo italiano”

    Bruxelles – L’Italia gonfia il petto e celebra il lancio della missione navale europea nel Mar Rosso. Il comando dell’operazione EuNavFor Aspides è stato affidato alla Grecia, ma a dirigere le mosse nelle acque minacciate dagli Houthi sarà il contrammiraglio della Marina militare italiana, Stefano Costantino. “Siamo stati il Paese che più di ogni altro ha insistito perché ci fosse una missione militare per proteggere il traffico mercantile”, ha rivendicato da Bruxelles il vicepremier italiano, Antonio Tajani.I ministri degli Esteri dell’Ue hanno varato oggi (19 febbraio) l’operazione difensiva di sicurezza marittima che avrà l’obiettivo di ripristinare e salvaguardare la libertà di navigazione nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, dove da fine novembre i ribelli yemeniti filo-iraniani hanno attaccato decine di imbarcazioni cargo in risposta ai bombardamenti israeliani a Gaza. L’ultimo, rivendicato dagli Houthi, proprio oggi contro una nave mercantile battente bandiera del Belize ma registrata nel Regno Unito e operata dal Libano, colpita nello stretto di Bab el-Mandeb al largo delle coste dello Yemen, mentre dagli Emirati Arabi Uniti era diretta a Varna, in Bulgaria.

    Aspides “fornirà la consapevolezza della situazione marittima, accompagnerà le navi e le proteggerà da possibili attacchi multimodali in mare”, si legge nel comunicato del Consiglio dell’Ue. Rispondere ad attacchi aerei, come abbattere droni e missili, o a minacce via mare. Ma – come più volte ribadito dal Servizio di Azione Esterna dell’Ue (Seae), Aspides non condurrà mai operazioni sul suolo yemenita. La missione avrà un ampio raggio d’azione: attiva lungo le principali linee di comunicazione marittime dello Stretto di Baab al-Mandab e dello Stretto di Hormuz, nonché nelle acque internazionali del Mar Rosso, del Golfo di Aden, del Mare Arabico, del Golfo di Oman e del Golfo Persico.Al commodoro greco Vasilios Griparis il comando dell’operazione, mentre il comandante della forza navale sarà affidata al contrammiraglio Stefano Costantino. Il quartier generale avrà sede a Larissa, in Grecia. La Marina militare italiana guiderà il contingente europeo – per ora composto da tre navi – dal cacciatorpediniere Caio Duilio. Per quanto riguarda invece lo sforzo di Roma, “sarà il ministero della Difesa a decidere come sarà composto il contingente”, ha precisato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.Il vicepremier e leader di Forza Italia ha definito la missione “un successo italiano”, sottolineando il “messaggio forte” che così l’Italia manda “a un sistema che subendo danni, quello portuale”. Il 40 per cento del traffico marittimo italiano passa infatti dal canale di Suez. Ma lo stretto egiziano ha un peso sull’economia globale, non solo tricolore: rappresenta il 12 per cento del commercio mondiale in termini di transiti di merci, un dato che aumenta fino al 30 per cento se si considerano i container.

    Antonio TajaniPer ora ad Aspides, oltra a Grecia e Italia, parteciperanno la Francia – con il ruolo di vice nelle operazioni sul campo – e la Germania. Ma la missione, che durerà un anno, potrà essere allargata non solo ad altri Paesi membri (la Romania avrebbe dato la propria disponibilità a partecipare), ma anche a Paesi extra-Ue e extra-Nato.“Una grande notizia”, ha commentato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, mentre Ursula von der Leyen ha dichiarato, in un post su X: “Al di là della risposta alle crisi, si tratta di un passo avanti verso una più forte presenza europea in mare per proteggere i nostri interessi europei”. Un “importante passo verso una difesa comune europea“, le ha fatto eco Tajani.

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    Borrell avverte Netanyahu: “No ad azioni militari a Rafah”

    Bruxelles – Nessun intervento militare a Rafah. L’Unione europea prova a mettere pressione sul primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, intimando a non eccedere oltre nella risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre. E’ l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Josep Borrell, a chiedere allo Stato ebraico di fermarsi. “ L’UE invita il governo israeliano a non intraprendere un’azione militare a Rafah che peggiorerebbe una situazione umanitaria già catastrofica“.La presa di posizione di Borrell non è incompatibile con le ragioni israeliane, tanto è vero che lo stesso Alto rappresentante dell’UE non nega “il diritto di Israele a difendersi”, che anzi l’Unione europea “riconosce”, ma deve essere “in linea con il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario”.La risposta militare di Israele a un’organizzazione che l’UE riconosce come terroristica non deve andare oltre Gaza, insiste Borrell. “L’Unione europea è molto preoccupata per i piani del governo israeliano per una possibile operazione di terra a Rafah, dove oltre un milione di palestinesi si stanno attualmente rifugiando dai combattimenti”. Proprio per questo si vedono rischi di ulteriori emergenze umanitarie, e vittime civili di cui l’Alto rappresentante dell’UE non fa esplicita menzione.Il tema sarà comunque oggetto della riunione dei ministri degli Esteri in programma il 19 febbraio, dove comunque la situazione in Medio Oriente era già stata inserita all’ordine del giorno della riunione dei Ventisette. Da programma, spiega una alto funzionario europeo, i ministri degli Esteri dovrebbero concentrarsi sulla questione umanitaria e “gli sforzi per evitare un’estensione del conflitto”. Le intenzioni del governo israeliane di intervenire a Rafah vanno nel senso opposto, rendendo la situazione sul terreno ancora più complicata e scombinando l’agenda a dodici stelle.Ne va anche dell’unità di un’Unione europea che di fronte al nuovo capitolo del conflitto arabo-israeliano sta iniziando a cambiare idea, e il sostegno allo Stato ebraico si sta sfilacciando. Irlanda e Spagna hanno chiesto una verifica urgente degli accordi di associazione UE-Israele proprio perché non convinti della condotta israeliana in linea con il diritto internazionale. In senso al Consiglio si è consapevoli che l’appoggio politico non è più lo stesso. “La domanda è se il comportamento di Israele significhi una violazione degli impegni sui diritti umani”, ammettono a Bruxelles..