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    L’UE cerca di ritagliarsi un ruolo credibile nel rispondere alle minacce della Russia “in Ucraina e nel mondo”

    Bruxelles – La crisi in Ucraina va oltre l’Ucraina. “Stiamo discutendo intensamente dell’architettura della sicurezza europea, perché la Russia rappresenta una minaccia ormai su diversi fronti“, ha spiegato così l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, la posizione dei ministri UE della Difesa durante il vertice informale in corso a Brest (Francia).
    La ministra francese delle Forze armate e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Florence Parly (13 gennaio 2022)
    C’è il fronte dello spazio e della sicurezza informatica, della stabilità del continente e della presenza di mercenari russi in Mali e nella Repubblica Centroafricana (dell’entità militare privata Wagner, sanzionata dall’UE a dicembre). “Sono tutte facce diverse dello stesso problema, che dimostrano cosa succede se non siamo in grado di coordinare azioni concrete e decise a livello europeo“, ha aggiunto con forza la ministra francese delle Forze armate e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Florence Parly.
    Quello che certo è che in questo momento la situazione al confine orientale dell’Ucraina è al centro delle preoccupazioni dell’Unione. L’alto rappresentante Borrell ha riferito alla stampa di aver aggiornato i ministri sulla sua visita della settimana scorsa, “la prima fatta sulla linea di contatto nel Donbass da quando è scoppiato il conflitto nel 2014”, durante la quale ha ribadito al governo di Kiev il “completo e inequivocabile supporto dell’UE alla sovranità e all’integrità territoriale del Paese”. Nonostante sia iniziato ieri (mercoledì 12 gennaio) un “incoraggiante dialogo” tra NATO e Russia, la posizione di Bruxelles rimane sempre la stessa dall’ultimo Consiglio UE di metà dicembre: “Siamo pronti a prenderci ogni responsabilità di risposte severe, se Mosca si azzarda a far seguito alle minacce potenziali con azioni concrete”, ha tagliato corto la ministra Parly.
    L’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (13 gennaio 2022)
    L’UE cerca di ritagliarsi un ruolo credibile a partire da questo scenario, sia con “una proposta sul tavolo dei ministri per rafforzare la capacità logistica e la formazione dei quadri dell’esercito ucraino”, sia rimanendo in “costante contatto con gli Stati Uniti“, ha messo in chiaro Borrell: “Non siamo stati lasciati da parte, anche il segretario di Stato, Anthony Blinken, mi ha confermato che con la Russia non sarà trovato nessun accordo sulla sicurezza del continente senza la presenza europea ai negoziati”.
    Ma la crisi in Ucraina ha permesso ai ministri UE di allargare la discussione ad altri scenari in cui dovrà essere rafforzata la presenza dell’Unione contro le minacce portate dalla Russia. Come per esempio nello spazio, dove i “comportamenti irresponsabili in uno scenario di competizione quasi deregolamentato” impone una discussione sulla Strategia per la sicurezza e la difesa dello spazio. “Grazie all’impegno della presidenza francese oggi abbiamo avuto il primo confronto, ma dovrà essere ultimata entro l’anno prossimo“, ha fissato l’obiettivo l’alto rappresentante Borrell.
    Un ultimo punto sul tavolo dei ministri UE della Difesa è l’adozione della Bussola strategica per la sicurezza e la difesa, con la data per l’approvazione fissata da tempo a marzo di quest’anno: “È stata una discussione proficua su una proposta ambiziosa e concreta“, ha sottolineato la titolare della Difesa francese. “Dobbiamo solo aggiustare insieme i dettagli sugli orientamenti pratici per affrontare tutte le minacce che abbiamo di fronte a noi”, ha concluso.

    Al vertice informale dei ministri UE della Difesa a Brest è stato discusso il ruolo dell’Unione nel dialogo internazionale con Mosca per la de-escalation sul confine ucraino. Ma anche come rafforzare la sicurezza europea con “azioni coordinate”

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    NATO e Russia su posizioni “significativamente diverse” su crisi in Ucraina e sicurezza europea. Avanti con il confronto

    Bruxelles – Il conflitto armato può aspettare. Quello andato in scena oggi (mercoledì 12 gennaio) al Consiglio NATO-Russia è stato “uno scambio di battute molto serio, una discussione difficile, in cui sono emerse posizioni significativamente diverse” sia sulla crisi in Ucraina sia sulla sicurezza dell’Europa. Durante la conferenza stampa post-Consiglio il segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO), Jens Stoltenberg, ha messo subito in chiaro che “le differenze non saranno facili da colmare, ma proprio per questo è ancora più importante proseguire con il dialogo“.
    L’appuntamento di oggi a Bruxelles era stato presentato come cruciale dallo stesso segretario Stoltenberg al vertice straordinario dei ministri degli Esteri della NATO di venerdì scorso (7 gennaio), in quanto avrebbe dovuto dimostrare se la Russia è disposta a impegnarsi nella de-escalation militare al confine con l’Ucraina e a impegnarsi in un confronto diplomatico. Dall’altra parte del tavolo si sono seduti i viceministri russi per gli Affari esteri, Alexander Grushko, e per la Difesa, Alexander Fomin, che hanno avanzato le richieste del Cremlino: garanzie legali per la fine dall’allargamento della NATO a nuovi membri e del rinforzamento militare del fianco orientale dell’Alleanza.
    Da sinistra: i viceministri russi per la Difesa, Alexander Fomin, e per gli Affari esteri, Alexander Grushko, e il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg (12 gennaio 2022)
    Richieste irricevibili per gli alleati, che hanno riaffermato “con forza e con unità” la volontà di non compromettere alcuni principi-chiave, come il “diritto di ogni Paese a scegliere la propria strada verso la sicurezza e quello dei membri dell’Alleanza alla difesa reciproca”, ha riportato Stoltenberg. “La nostra è un’alleanza di tipo difensivo e l’allargamento si basa esclusivamente su processi democratici interni che portano alla richiesta di adesione”, ha aggiunto. Paesi che non sono parte della NATO, come Svezia e Finlandia, “hanno capito che Mosca vuole rintrodurre il concetto di sfere d’influenza in Europa“, ha sottolineato il segretario Stoltenberg: “Se si inserisce l’ipotesi di un veto esterno alla libera scelta delle alleanze nazionali, si creeranno di nuovo Paesi di serie A e di serie B”.
    Il punto di arrivo del Consiglio NATO-Russia è comunque un impegno reciproco a “riprendere il dialogo, programmare i prossimi incontri e mettere sul tavolo proposte concrete, dettagliate e costruttive”. Si può partire da un’intesa sul controllo degli armamenti, le limitazioni missilistiche e delle minacce nucleari, la trasparenza sulle esercitazioni militari e la sicurezza informatica. Inoltre, per la NATO “non ci sono precondizioni sulla riapertura delle relazioni diplomatiche con la Russia“. Il riferimento è alla chiusura degli uffici dell’Alleanza a Mosca nell’ottobre dello scorso anno, che ha seguito la revoca dell’accreditamento di otto funzionari della missione russa presso la NATO. “Il dialogo sarebbe più facile se avessimo una presenza diplomatica reciproca”, ha confessato Stoltenberg, “ma comunque lo si potrà portare avanti lo stesso”.
    L’importanza della riunione di oggi è legata al fatto che “c’è ancora un rischio reale di conflitto in Europa, a partire dal confine ucraino” e per gli alleati rimane prioritario prevenire un confronto armato. Tuttavia, ribandendo ai due viceministri russi quanto già detto venerdì scorso (“Se Mosca userà la forza, ci saranno severe conseguenze e un supporto difensivo all’Ucraina”), tutti i membri della NATO hanno chiesto una de-escalation militare “immediata” sul confine occidentale russo e di “rispettare la sovranità dei Paesi della regione“. Non solo l’Ucraina – “inclusa la Crimea occupata” – ma anche la Georgia e la Moldavia.

    Dopo il Consiglio NATO-Russia, il segretario generale Stoltenberg ha spiegato che Mosca vuole che non entrino più nuovi membri nell’Alleanza, mentre per la NATO “ogni Paese deve essere libero di scegliere la propria strada per la sicurezza”

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    La NATO avverte sul “rischio reale di conflitto” in Ucraina, ma spinge per risolvere la crisi attraverso il dialogo con la Russia

    Bruxelles – Dopo mesi di avvertimenti sul potenziamento della presenza militare russa lungo i suoi confini occidentali, il rischio che si apra un nuovo fronte di guerra in Europa è “reale” e, nonostante gli sforzi diplomatici, “il dialogo con Mosca potrebbe fallire“. È questo l’avvertimento arrivato dal segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO), Jens Stoltenberg, sul livello di tensione raggiunto tra Russia e Ucraina: “L’ammassamento di truppe russe è continuato e Mosca non ha preso nessuna misura per una de-escalation, si tratta di una minaccia per la sicurezza europea”.
    Il punto sulla situazione alla frontiera orientale dell’Ucraina è stato riportato da Stoltenberg alla stampa al termine del vertice straordinario dei ministri degli Esteri della NATO di oggi (venerdì 7 gennaio), dopo una settimana rovente per i rapporti con il Cremlino. “Decine di migliaia di soldati e strumenti di guerra elettronica, combinati con una retorica violenta e incendiaria, rendono evidente quanto sia fondamentale sederci al tavolo del dialogo quando la tensione è alle stelle“, ha ribadito Stoltenberg.
    Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg (7 gennaio 2022)
    La NATO rimane “fortemente impegnata in ogni sforzo” per trovare una soluzione alla crisi attraverso la diplomazia e lo dimostra il calendario fitto di incontri dell’inizio della prossima settimana. Lunedì (10 gennaio) Stoltenberg riceverà il ministro degli Affari esteri ucraino, Dmytro Kuleba – lo stesso giorno in cui a Ginevra si terranno i colloqui bilaterali tra Stati Uniti e Russia – mentre due giorni più tardi si svolgerà la cruciale riunione del Consiglio NATO-Russia. Per Mosca sarà un banco di prova come nessun altro fino a questo momento: “Potrà dimostrare che è seriamente impegnata nella diplomazia, esprimendo le proprie preoccupazioni e cercando insieme a noi soluzioni praticabili in Ucraina”, è ciò che si aspettano gli alleati della NATO.
    Tuttavia il realismo è d’obbligo e “dobbiamo essere preparati alla possibilità che la diplomazia possa non avere successo”, ha messo in chiaro Stoltenberg. In questo scenario il messaggio è chiaro: “Ogni attacco militare avrà serie conseguenze e sarà pagato a caro prezzo dalla Russia“. Si parla di sanzioni “economiche e politiche”, come quelle in discussione a livello UE, ma anche di supporto sul campo al partner ucraino: “Non lasceremo spazio ad alcun dubbio, saremo subito pronti a rafforzare la capacità militare a scopo preventivo e a rispondere per garantire la stabilità del fronte orientale dell’Alleanza”.
    L’intervento NATO in Ucraina rimane però l’ultima spiaggia e prima si tenterà di impostare un confronto “incardinato sulla sicurezza dell’Europa”. La questione non riguarda solo Minsk e la sua “libertà di decidere le proprie alleanze”, ma tutto il continente. È per questa ragione che per la NATO “tutti gli alleati devono essere coinvolti, compresa l’Unione Europea” e anche gli Stati Uniti hanno riferito di non voler trovare “nessun accordo con la Russia se gli europei non saranno al tavolo dei negoziati”, ha spiegato Stoltenberg. Questo atteggiamento si incrocia con i ripetuti appelli dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, durate il suo recente viaggio sul confine orientale dell’Ucraina e nella capitale Kiev: “UE e Ucraina dovranno essere incluse in ogni discussione inerente alla sicurezza europea“. Un concetto condiviso anche dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, e dal presidente di turno del Consiglio dell’UE, Emmanuel Macron, nel corso del loro incontro di oggi a Parigi.

    Dal vertice straordinario dei ministri degli Esteri NATO è emersa la necessità di impegnare Mosca in uno sforzo diplomatico, ma ci si prepara a un possibile fallimento: “Ogni attacco militare sarà pagato a caro prezzo”, ha avvertito il segretario Stoltenberg

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    Soldati russi in Kazakistan per aiutare il regime a reprimere le proteste. L’UE temporeggia (e fa male)

    Bruxelles – In Kazakistan sono stati paracadutati i soldati russi dell’alleanza militare guidata da Mosca per aiutare il regime a reprimere le proteste in corso da sabato scorso (1 gennaio) e per l’UE è una notizia tutt’altro che rassicurante. Non lo è sotto due aspetti: per prima cosa, il caso dell’Ucraina dovrebbe aver dimostrato che quando la Russia invia soldati in un Paese confinante è per rispondere a mire egemoniche e territoriali. Ma soprattutto perché il Kazakistan rappresenta un attore geopolitico chiave sul piano energetico e in particolare per i piani (divisivi) di transizione verde dell’UE: non solo per l’estrazione di gas naturale – risorsa fondamentale nel pieno della crisi energetica globale – ma anche per le aspirazioni sul nucleare della Commissione Europea e di parte degli Stati membri. Senza dimenticare l‘accordo rafforzato di partenariato e cooperazione UE-Kazakistan, che fa di quella kazaka la repubblica ex sovietica con cui il blocco dei Ventisette vanta relazioni approfondite.
    Insomma, l’UE rischia di perdere il Kazakistan. Avrebbe tutti gli interessi per alzare la voce sul coinvolgimento russo nel Paese, ma al momento temporeggia. “Prendiamo nota della richiesta di assistenza al Trattato di Sicurezza Collettiva per un periodo di tempo limitato e per stabilizzare la situazione. Questo intervento deve rispettare la sovranità del Paese“, ha commentato oggi (giovedì 6 gennaio) la portavoce della Commissione UE, Nabila Massrali, durante il punto quotidiano con la stampa. “Continuiamo a seguire la situazione delicata in corso in Kazakistan, l’Unione Europea è pronta a sostenere il dialogo per arrivare a una risoluzione pacifica della situazione”.
    Proteste ad Almaty, Kazakistan
    L’UE monitora la situazione, ma intanto il Cremlino si è attivato attraverso l’alleanza composta da Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan. L’obiettivo è quello di sostenere il regime del presidente Kassym-Jomart Tokayev a riprendere il controllo del Paese, dopo l’ondata di violenze che ha travolto Almaty, la città più grande del Kazakistan, e la capitale Nur-Sultan (Astana, fino a marzo 2019). A scatenare il disordine è stata la decisione del governo di eliminare il limite massimo al prezzo del GPL, facendo lievitare i prezzi del carburante. Ad Almaty si stanno riunendo da giorni migliaia di manifestanti, con duri scontri con le forze dell’ordine: ieri (mercoledì 5 gennaio) è stata assaltata la sede del governo locale.
    La risposta del presidente Tokayev è stata particolarmente dura. Dopo aver sciolto l’esecutivo, ha dichiarato lo stato di emergenza – che prevede coprifuoco e limitazioni di libertà di assemblea – ha ordinato alle forze di sicurezza di reprimere proteste “nel modo più duro possibile”, ha bloccato l’accesso a Internet su tutto il territorio nazionale e infine ha assunto personalmente la guida del Consiglio di Sicurezza, (l’organo che si occupa di questioni militari e di sicurezza), togliendola a Nursultan Nazarbayev, l’ex-presidente kazako dal 1990 al 2019. Come gesto estremo ha invocato l’aiuto del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) contro le “azioni di terroristi e banditi”, subito approvato dall’alleanza e a cui ha dato una risposta sul campo la Russia di Vladimir Putin.
    A far temere interessi che vanno aldilà della solidarietà dell’alleanza in Asia centrale è la concomitanza di eventi con la crisi a un’altra frontiera della Russia, quella ucraina. A causa di un possibile intervento di Mosca nel Paese, l’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si è recato sulla frontiera orientale dell’Ucraina per ribadire il sostegno di Bruxelles alla sovranità dell’Ucraina, e anche l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord si è mobilitata: per domani è previsto un vertice straordinario dei ministri degli Esteri NATO e mercoledì prossimo (12 gennaio) si terrà la riunione del Consiglio NATO-Russia.
    Il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev
    Mosca si muove su diversi scenari strategici e sembra essere preoccupata dall’incapacità del presidente kazako di tenere sotto controllo le proteste in un Paese alleato a livello militare ed economico (partner dell’Unione eurasiatica, con Bielorussia, Armenia e Kirghizistan), che dal crollo del regime sovietico non ha praticamente mai assistito a forme di dissenso organizzato di dimensioni rilevanti. Se l’ondata di violenze è scattata a causa dell’aumento dei prezzi del gas, è facile comprendere che si tratta solo dell’ultima goccia in un vaso ormai colmo dopo tre decenni di autoritarismo: come riportano fonti di The Guardian, i manifestanti chiedono riforme politiche, elezioni libere ed eque, opportunità di lavoro, migliori condizioni di vita e la fine del regime nepotista e corrotto. La stabilità politica che ha conosciuto il Kazakistan dal 1990 a oggi è stata frutto di un dominio incontrastato dell’ex presidente Nazarbayev (leader post-sovietico più longevo, a cui è stato dedicato il nuovo nome della capitale), che solo dal 2019 ha iniziato a passare il testimone del potere ai suoi uomini più fidati.
    Un ultimo parallelismo che si può facilmente delineare – e che ancora una volta coinvolge le mire egemoniche russe – è quello con la Bielorussia di Alexander Lukashenko. Anche in questo caso l’ultimo dittatore d’Europa è ininterrottamente al potere da decenni (dal 1995) e da agosto del 2020 sta reprimendo nel sangue le proteste dell’opposizione, grazie al sostegno militare e finanziario del Cremlino. Se in entrambi i Paesi le proteste sono scoppiate in modo dirompente dopo anni di autoritarismo e con rivendicazioni di diritti civili e politici, il Kazakistan presenta però alcune differenze che rischiano di far naufragare le speranze di democrazia.
    Prima di tutto la violenza delle proteste (mai verificatasi in Bielorussia) ha dato una scusa alla Russia per intervenire in modo formale, attraverso l’attivazione di una clausola dell’alleanza. In secondo luogo, l’eliminazione sistematica di qualsiasi astro nascente dell’opposizione ha lasciato il movimento di protesta privo di figure carismatiche attorno alle quali unirsi. L’opposizione bielorussa invece ha sempre potuto contare sulla voce forte e ascoltata a livello internazionale della presidente riconosciuta dall’UE, Sviatlana Tsikhanouskaya, che in queste ore ha preso posizione sulla questione kazaka: “L’invio di truppe è un’ingerenza militare negli affari di un altro Stato e Lukashenko non ha nessun mandato per inviare truppe bielorusse”.
    Infine, a differenza del caso bielorusso, nei confronti del Kazakistan l’UE sta mantenendo un atteggiamento attendista. “Pur riconoscendo il diritto a manifestazioni pacifiche, l’Unione Europea si aspetta che esse rimangano non violente ed evitino qualsiasi incitamento alla violenza”, si legge in una nota del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Intanto però non viene rispettata quella richiesta di “proporzionalità nell’uso della forza” da parte delle autorità kazake e la Russia muove le proprie pedine nell’area centro-asiatica. Mentre i leader europei dovranno trovare una linea comune con la NATO sulla situazione sul confine ucraino e non dimenticare il sostegno all’opposizione bielorussa, per l’UE è già tempo di ragionare su come affrontare le ingerenze russe in Kazakistan, se non vuole già dire addio a una parte dei propri piani sulla transizione verde.

    Belarus troops deployed to 🇰🇿 participate in an armed intervention into internal affairs of a sovereign state. Lukashenka lost legitimacy & has no mandate to make such decisions, especially when they threaten the sovereignty of Belarus itself. We call for dialogue in 🇰🇿. pic.twitter.com/MelHdjID7f
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) January 6, 2022

    Si tratta di una nuova fonte di preoccupazione per Bruxelles, dopo la crisi in Ucraina: il Kazakistan è un attore geopolitico fondamentale per la transizione verde dell’UE, sia per il gas sia per il nucleare

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    L’alto rappresentante UE Borrell sul confine Russia-Ucraina. E telefona al segretario NATO per preparare i prossimi vertici

    Bruxelles – Si preannuncia un anno caldo sul fronte dei rapporti tra Unione Europea e Russia. La prima visita del 2022 dell’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, è iniziata ieri sera (martedì 4 gennaio) in Ucraina, “per mostrare il sostegno dell’UE alla sovranità e all’integrità territoriale” del Paese, di fronte “all’aumento del potenziamento militare della Russia”.
    Sono le parole con cui l’alto rappresentante Borrell ha annunciato su Twitter il suo arrivo a Charkiv, la città più importante nella parte orientale dell’Ucraina, poco distante dalla linea degli scontri tra le forze governative e i separatisti filo-russi, dove si assiste a un conflitto iniziato quasi otto anni fa. Lo stesso Borrell ha reso noto che visiterà alcune zone di particolare tensione militare, tra cui il centro di Stanytsya Luhanska. In un secondo momento si recherà a Kiev, per incontrare alti funzionari e membri del governo e “per sostenere gli sforzi di riforma fondamentali per la resilienza” del Paese.
    La visita di Borrell fa seguito all’incontro di ottobre nella capitale ucraina tra la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, del Consiglio Europeo, Charles Michel, e dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Allora, la leader dell’esecutivo UE aveva intimato alla Russia di “prendersi le proprie responsabilità sulle violazioni della sovranità” dell’Ucraina, mentre il numero uno del Consiglio aveva condannato “fermamente” l’aggressione, compresa quella che per Bruxelles è “un’annessione illegale della Crimea”. La questione è stata centrale anche sul tavolo dell’ultimo vertice del 2021 tra i capi di Stato e di governo dell’UE. Dalla mediazione tra i Paesi baltici e dell’Est (per interventi immediati) e il quadrilatero Germania-Francia-Spagna-Italia (per il canale del dialogo) è emerso che bisogna prepararsi a una linea dura: “Serie conseguenze e gravi costi in risposta a ulteriori aggressioni militari”, o, in altre parole, sanzioni contro Mosca.

    My first visit in 2022 is to Stanytsya Luhanska and Kyiv, #Ukraine.
    With Russia’s increased military build-up, I am here to show EU support for Ukraine’s sovereignty and territorial integrity and to support sustained reform efforts that are key for resilience.@EUDelegationUA pic.twitter.com/SymF8CZAMU
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) January 4, 2022

    Nell’attesa del vertice straordinario dei ministri degli Esteri della NATO, convocato per venerdì (7 gennaio), il Servizio europeo per l’azione esterna ha reso noto che ieri l’alto rappresentante Borrell si è anche confrontato telefonicamente con il segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, Jens Stoltenberg. I temi caldi della telefonata hanno riguardato la presenza militare della Russia lungo i confini orientali dell’Ucraina e la necessità di stimolare a livello UE e NATO un “allentamento della tensione”, soprattutto da parte di Mosca. Lunedì prossimo (10 gennaio) Stoltenberg riceverà il ministro degli Affari esteri ucraino, Dmytro Kuleba.
    Il confronto tra Stoltenberg e Borrell è stato anche l’occasione per discutere sulla preparazione della riunione del Consiglio NATO-Russia, in programma il prossimo 12 gennaio. L’alto rappresentante UE ha riaffermato il “sostegno incondizionato” dei Ventisette alla “sovranità, all’indipendenza e all’integrità territoriale dell’Ucraina”, ma anche l’obbligo per la Russia di rispettare il Protocollo di Minsk (l’accordo – mai attuato – per porre fine alla guerra nell’Ucraina orientale, raggiunto il 5 settembre 2014). Borrell ha ribadito a Stoltenberg che “qualsiasi ulteriore aggressione militare contro l’Ucraina avrà conseguenze massicce e gravi costi“, si legge nella nota, e che “qualsiasi discussione sulla sicurezza in Europa dovrebbe basarsi e rafforzare gli impegni e gli obblighi dell’OSCE e delle Nazioni Unite”.

    Risposta di Bruxelles “all’aumento del potenziamento militare russo” alla frontiera orientale ucraina. Il 7 gennaio vertice straordinario ministri degli Esteri NATO, in attesa del Consiglio NATO-Russia la prossima settimana (12 gennaio)

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    L’UE pronta a “misure senza precedenti” contro la Russia se violerà la sovranità dell’Ucraina. Si lavora su nuove sanzioni

    Strasburgo – Nel giorno del sesto vertice UE-Partenariato orientale a Bruxelles (con Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia e Ucraina), dall’emiciclo del Parlamento Europeo è arrivato un duro avvertimento alla Russia e al suo atteggiamento aggressivo nei confronti della regione: “Siamo pronti a un aumento delle sanzioni già esistenti e a misure senza precedenti, se non cambierà atteggiamento”. La minaccia questa volta è arrivata direttamente dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, che ha promesso “una serie di sanzioni economiche che mirano al settore finanziario, energetico e militare“, nel caso in cui si concretizzi l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, alla sessione plenaria del Parlamento UE (15 dicembre 2021)
    Durante il suo intervento alla sessione plenaria dell’Eurocamera, la presidente von der Leyen ha ribadito la richiesta al presidente russo, Vladimir Putin, di “rispettare gli impegni internazionali” e di “relazioni distese con i Paesi vicini e con l’Unione”, come già aveva fatto l’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri, Josep Borrell, lunedì (13 dicembre) annunciando le sanzioni all’entità militare privata russa Wagner. In caso contrario, “la Russia dovrà affrontare costi massicci se aggredirà l’Ucraina, abbiamo lavorato in questo senso anche con i nostri partner degli Stati Uniti”, ha aggiunto von der Leyen, ricordando che “l’Unione Europea è impegnata nel rispetto della sovranità e dell’integrità del Paese“.
    Oltre all’accumulo di soldati lungo il confine orientale dell’Ucraina, la Russia “sta cercando di destabilizzare Kiev anche dall’interno”, ha avvertito la presidente della Commissione UE. Ma non solo: “Vediamo un tentativo sfacciato di intimidire la Moldavia, esercitando pressioni sui prezzi del gas“, oltre a “giocare un ruolo non secondario nel tentativo del regime bielorusso di destabilizzare l’Unione attraverso la strumentalizzazione dei flussi migratori per motivi politici”. A questo proposito la leader dell’esecutivo UE ha rivendicato che “questo tentativo è fallito, perché abbiamo messo in moto la macchina dell’assistenza umanitaria e introdotto sanzioni efficaci” contro il regime di Alexander Lukashenko.
    Prendendo parola durante il dibattito tra gli eurodeputati, il presidente del gruppo del PPE, Manfred Weber, ha parlato senza mezzi termini di “guerra a est“. Tuttavia, “questo non è un mezzo legittimo per la risoluzione delle crisi, come sta facendo Putin dalla Siria alla Crimea, fino ai Balcani Occidentali”. L’eurodeputato tedesco ha ricordato l’importanza del vertice Biden-Putin della settimana scorsa, anche se “non va bene che si negozi il futuro dell’Europa, senza che alcun europeo sia presente al tavolo dei negoziati”. Ecco perché “siamo chiamati ad agire e presentare il conto alla Russia“, se continuerà a seguire la strada dell’aggressione all’Ucraina”.
    Il capo-delegazione del Partito Democratico, Brando Benifei (S&D)
    Secondo la presidente del gruppo degli S&D, Iratxe García Pérez, “Putin gioca a scacchi per recuperare le pedine perse dopo la fine dell’Unione Sovietica”, ricordando la discussione di apertura di questa sessione plenaria a Strasburgo. “Non possiamo permettere intimidazioni ai Paesi vicini, perché non è in gioco solo la sovranità dell’Ucraina, ma anche l’intero progetto di integrazione europea“, ha aggiunto l’eurodeputata spagnola. Il collega di gruppo politico e capo-delegazione del Partito Democratico, Brando Benifei, si è invece concentrato sulla “situazione intollerabile” sul fronte Bielorussia-Polonia, condannando sia Lukashenko e il supporto russo, sia “la politica di muri e deroghe al diritto di asilo” mostrata dall’Unione Europea.
    Dalle fila di Renew Europe Valérie Hayer ha ricordato “l’urgenza di autonomia strategica“, visto che “la dissuasione non ha funzionato da quando la Crimea è stata invasa impunemente”. Il presidente del gruppo di ID, Marco Zanni (Lega), ha sottolineato con forza che “l’alleanza transatlantica è il perno della nostra risposta ai regimi antidemocratici”, mentre Raffaele Fitto (Fratelli d’Italia), co-presidente del gruppo di ECR, ha chiesto una “risposta forte e chiara contro chi cerca di destabilizzarci sul fronte orientale, con una più stretta cooperazione con la NATO”.

    L’avvertimento della presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen: “Difendiamo l’integrità territoriale di Kiev, possiamo aumentare le sanzioni contro settore finanziario, energetico e militare russo

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    L’UE minaccia la Russia in caso di aggressione dell’Ucraina: “Avrà conseguenze politiche e un costo economico pesante”

    Strasburgo – L’Unione Europea non abbassa la guardia sull’aggressione russa lungo il confine orientale dell’Ucraina e difende senza mezzi termini l’indipendenza e la sovranità di Kiev. “Mosca vuole creare una guerra ibrida in tutto il mondo, soprattutto sulla frontiera ucraina, ma noi siamo uniti nel sostenere che ogni aggressione avrà conseguenze politiche e un costo economico pesante per la Russia“, ha annunciato in conferenza stampa l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri, Josep Borrell.
    Al termine del Consiglio Affari esteri di oggi (lunedì 13 dicembre), l’alto rappresentante UE ha spiegato che Bruxelles sta puntando su “un’azione coordinata con gli Stati Uniti nei confronti della Russia” e che “la questione sarà discussa approfonditamente nel corso di questa settimana”, prima durante il vertice del Partenariato orientale di mercoledì (15 dicembre) e poi al Consiglio Europeo del giorno successivo. “Dobbiamo augurarci il meglio, ma preparandoci al peggio”, ha aggiunto Borrell. In altre parole “stiamo adottando un atteggiamento di dissuasione per evitare qualsiasi azione militare russa“, dal momento in cui “appena inizia sarebbe difficile da fermare”.
    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, con il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio (13 dicembre 2021)
    Una delle azioni dissuasive a cui si riferisce l’alto rappresentante Borrell sono le sanzioni economiche. Proprio questa mattina il Consiglio dell’UE ha adottato una serie di misure restrittive contro il gruppo Wagner, entità militare privata non registrata con sede in Russia, e contro otto individui e tre entità collegati al gruppo di mercenari. Nelle motivazioni delle sanzioni, i ministri europei degli Affari esteri hanno sottolineato che “Wagner ha reclutato, addestrato e inviato operatori militari privati in zone di conflitto in tutto il mondo”, dalla Libia alla Siria, dall’Ucraina alla Repubblica Centrafricana, “per alimentare la violenza, saccheggiare risorse naturali e intimidire i civili in violazione del diritto internazionale”.
    Gli individui colpiti dalle sanzioni (tutti i mercenari della compagnia russa) sono coinvolti in “gravi abusi dei diritti umani, tra cui tortura, esecuzioni e uccisioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, o in attività destabilizzanti”, specifica la nota del Consiglio. Nei loro confronti l’Unione Europea ha imposto il congelamento dei beni e il divieto di viaggio sul territorio comunitario, mentre a entità e cittadini europei sarà proibito mettere fondi a loro disposizione. “Si tratta di intraprendere azioni concrete contro coloro che minacciano la pace e la sicurezza internazionale”, con l’obiettivo di difendere gli interessi dell’UE negli scenari geopolitici più prossimi, dove si stanno creando tensioni crescenti con la Russia.
    Il dibattito sulla Russia al Parlamento UE
    “Le relazioni tra Unione Europea e la Russia sono arrivate oggi al punto più basso e l’attuale crisi al confine orientale con l’Ucraina non fa ben sperare”, è stato il commento del presidente del Parlamento UE, David Sassoli. Aprendo il dibattito sull’eredità della dissoluzione dell’Unione Sovietica (cadono quest’anno i 30 anni dalla dissoluzione dell’URSS) sulla Russia attuale, Sassoli ha sottolineato che “non possiamo rinunciare ai valori europei né nei Paesi ex-sovietici che sono entrati nell’Unione, né in quelli confinanti”, inclusa la Russia: “Sosteniamo il popolo russo nel desiderio di trasformare il proprio Stato, prendendosi cura delle istituzioni democratiche”.
    Il presidente del Parlamento UE, David Sassoli (13 dicembre 2021)
    C’è pieno allineamento tra i gruppi politici al Parlamento UE nel denunciare il “sistema repressivo sovietico che è rimasto nascosto ma sempre vivo in tutti questi anni in Russia”, usando le parole dell’eurodeputato tedesco Sergey Lagodinsky (Verdi/ALE). Anche per l’Eurocamera si tratta di una settimana cruciale sul piano dei rapporti con Mosca, considerato il dibattito di domani (martedì 14 dicembre) sulla situazione al confine orientale dell’Ucraina e in Crimea, oltre alla cerimonia di assegnazione del Premio Sakharov per la libertà di pensiero all’oppositore russo Alexei Navalny mercoledì.
    “Putin cerca di intimidire noi e il suo popolo, ma dobbiamo seguire l’esempio di Navalny e non avere paura”, ha esortato Rasa Juknevičienė (PPE). Dalle fila di Renew Europe, l’eurodeputato francese Bernard Guetta ha definito “sconcertante e inammissibile” l’opposizione del presidente russo ai movimenti che cercano di ripristinare la memoria delle vittime del regime sovietico (altro tema di cui si discuterà in plenaria, nel corso della mattinata di giovedì).
    Mentre dalla fine dell’URSS “l’Europa si è potuta unire sotto la bandiera della libertà”, oggi il Cremlino “continua a rivendicare che il crollo è stato un grande errore”, ha denunciato Juozas Olekas (S&D). Al contrario, “è stato il segno che la repressione non può calpestare i diritti umani”, ha aggiunto l’eurodeputato lituano, ricordando la necessità di “supportare i cittadini russi”. Anna Fotyga (ECR) ha puntato il dito contro Putin per “difendere il dittatore bielorusso, Alexander Lukashenko“, e per “minacciare la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina”, mentre Martin Schirdewan (La Sinistra) ha chiesto a entrambe le parti – Bruxelles e Mosca – una “nuova politica di distensione dei rapporti”.

    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, ha annunciato “azioni coordinate con gli Stati Uniti”, e sanzioni contro il gruppo di mercenari Wagner. Intanto l’Eurocamera sostiene le “aspirazioni democratiche” del popolo russo

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    La Russia “ha appetito di escalation” in Ucraina: per l’UE è necessario “aumentare la capacità dissuasiva”

    Bruxelles – Si alza il livello di allarme al Parlamento UE sul crescente militarismo della Russia in tutta l’area del Partenariato Orientale, dall’Ucraina al Caucaso, dalla Bielorussia alla Moldavia. Il quadro è stato tracciato dalla sottocommissione Sicurezza e difesa (SEDE) del Parlamento UE, nel corso dell’audizione di oggi (mercoledì 27 ottobre) di Maryna Vorotnyuk, ricercatrice del think tank britannico Royal United Services Institute for Defence and Security Studies, e di Samus Mykhailo, direttore della piattaforma indipendente New Geopolitics Research Network. Si attende ora la relazione a firma Witold Waszczykowski (ECR).
    “L’area del Partenariato orientale rappresenta una fonte di problemi per l’UE e la NATO e il principale motore di insicurezza è la politica della Russia nella regione”, ha messo in chiaro Vorotnyuk. I già presenti problemi economici, inter-etnici e di transizione democratica post-comunista sono stati “esacerbati” da Mosca, che “opera come mediatore in una zona di instabilità controllata“. Se la dottrina militare russa “si basa sull’idea di espansione per terra e per mare”, le tensioni nella regione sono “guerre surrogate contro l’Occidente”. Ma un altro fattore che determina questo atteggiamento è il “sempre maggior divario tra aumento della capacità militare e calo di attrattività del suo modello socio-politico”, ha spiegato la ricercatrice.
    Maryna Vorotnyuk, ricercatrice del think tank britannico Royal United Services Institute for Defence and Security Studies durante il suo intervento (27 ottobre 2021)
    Mosca è ormai presente “in tutti i conflitti congelati o ibridi” dell’area, con circa 10 mila soldati in Ossezia del Sud (regione separatista della Georgia), 2 mila in Nagorno Karabakh, 30 mila in Crimea e 3 mila nel Donbass (rispettivamente il territorio annesso e rivendicato dalla Russia) e circa 1.550 in Transnistria (regione separatista della Moldavia). “Con questa presenza possono dominare il campo di battaglia in caso di operazioni militari”, ha lanciato l’allarme Vorotnyuk, che ha così commentato “l’appetito di escalation di tensione e di capacità bellica” che si sta sviluppando “oltre le necessità in tempo di pace”, in particolare nei confronti di Kiev.
    Rispondendo alle domande degli eurodeputati, il direttore del New Geopolitics Research Network ha spiegato la situazione in Ucraina e in Bielorussia. “La presenza e la preparazione militare è superiore a quella del 2014“, quando le truppe di Mosca hanno annesso la penisola di Crimea. “Sono state implementate le infrastrutture critiche attorno all’Ucraina, con tre divisioni che possono condurre il controllo e la logistica anche per l’occupazione del Donbass”. Come dimostrato dalle esercitazioni dello scorso aprile, “potrebbe verificarsi un’operazione intensa di occupazione su vasta scala dell’Ucraina, non appena il Cremlino considererà favorevoli le condizioni”, ha avvertito Mykhailo.
    Samus Mykhailo, direttore della piattaforma indipendente New Geopolitics Research Network (27 ottobre 2021)
    Riguardo allo scenario bielorusso, il direttore della piattaforma di studi geopolitici ha confermato che “il presidente Alexander Lukashenko non controlla più la situazione ed è completamente alla mercé di Vladimir Putin“. Non una novità, se si considerano gli sviluppi dell’ultimo anno tra i due Paesi. Tuttavia, è interessante considerare la situazione sul campo: “C’è un gruppo di forze regionali che opera con un comando comune e con 300 centri di addestramento sul territorio nazionale, le aviazioni hanno iniziato missioni congiunte e uno scaglione armato russo è già presente nel Paese“. Lo scenario è quello di “una presenza permanente delle truppe di Mosca in Bielorussia”, ha aggiunto Mykhailo.
    A questo punto è necessario considerare come può reagire l’UE a questa situazione di instabilità sul fronte orientale determinata dalla Russia. “Serve una presenza più consistente e risorse di formazione dell’Unione in loco“, ha sottolineato Vorotnyuk. “Il Partenariato orientale non è stato concepito come un progetto di difesa e sicurezza, ma di pace”, tuttavia “il panorama mostra che l’UE deve svolgere un ruolo di maggiore stabilizzazione nella regione”. Ancora più netto Mykhailo, che ha avvertito che “se non ci sarà una definizione comune della minaccia russa, sarà difficile contrastare la bellicosità di Mosca“. Questa “nuova dottrina” dovrà “mettere insieme tutte le percezioni di pericolo dei Paesi membri” e “incentivare lo scambio di esperienze con i partner orientali”. Un discorso che dovrà partire dal “contrasto alla disinformazione e alla guerra ibrida della Russia, in modo da rafforzare la preparazione a scenari di conflitto bellico”.

    Al vaglio della sottocommissione Sicurezza e difesa (SEDE) del Parlamento Europeo la situazione del crescente militarismo russo nella regione del partenariato orientale: “Servono presenza e risorse di formazione UE in loco”