More stories

  • in

    La Lituania ha bloccato parte dell’export di merci da Mosca all’exclave russa di Kaliningrad: “Effetto delle sanzioni UE”

    Bruxelles – Si ferma buona parte del commercio sull’asse Mosca-Kaliningrad, l’exclave russa circondata da Lituania, Polonia e Mar Baltico. Il territorio situato all’esterno della Russia (a cui politicamente appartiene) è stato tagliato fuori dalle esportazioni per una serie di merci colpite dalle sanzioni internazionali, dopo l’entrata in vigore sabato (18 giugno) del divieto di transito degli stessi beni commerciali dalla Lituania, Paese membro dell’Unione Europea.
    Carbone, metalli, legno, cementi, tecnologie avanzate. Sono soprattutto queste merci a essere bloccate alla frontiera lituana (con la Bielorussia, alleata di Mosca) in direzione Kaliningrad: dal momento in cui le misure restrittive dell’UE impongono ai Paesi membri il divieto di commercio e transito dei prodotti sottoposti a sanzioni, le autorità di Vilnius non sono autorizzate a consentirne il passaggio verso l’exclave russa. Per il territorio che ospita il quartier generale della marina russa nel Baltico questo blocco alle importazioni rappresenta un problema di natura logistica, considerato il fatto che riceve le forniture critiche da Mosca via ferrovia – e gasdotto, per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico – che attraversano la Lituania.
    “Non stiamo facendo nulla di strano a Kaliningrad”, ha puntualizzato il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, facendo ingresso oggi (lunedì 20 giugno) al Consiglio Affari Esteri in Lussemburgo. “Stiamo semplicemente applicando le sanzioni seguendo le linee-guida della Commissione”, ha aggiunto il ministro, precisando anche che il divieto di transito “non si applica a tutti i beni, ma sulla nostra lista compare circa il 50 per cento del commercio russo”. Pesanti minacce sono state indirizzate a Vilnius dal Cremlino, che attraverso le parole del suo portavoce, Dmitry Peskov, ha definito la decisione lituana “senza precedenti” e “in violazione di qualsiasi legge internazionale”, mentre il ministero degli Esteri russo ha riferito all’ambasciata lituana a Mosca che intraprenderà “azioni per proteggere i propri interessi nazionali”, se non sarà revocata la restrizione “apertamente ostile”.

    Come effetto dell’entrata in vigore delle misure restrittive internazionali, le autorità di Vilnius hanno vietato il transito sul proprio territorio a carbone, metalli, legno, cementi, tecnologie avanzate in arrivo dalla Russia al territorio che affaccia sul Baltico. Minacce dal Cremlino

  • in

    Alta tensione al Consiglio di Sicurezza ONU. Michel attacca Mosca sul grano, l’ambasciatore russo esce dalla sala

    Bruxelles – “Può lasciare la sala, forse è più facile non ascoltare la verità, signor ambasciatore”. È uno scambio tesissimo quello tra il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e l’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, durante la riunione di ieri sera (lunedì 6 giugno) del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla questione dell’invasione dell’Ucraina. Dopo un lungo intervento in cui l’ambasciatore Nebenzya ha negato qualsiasi responsabilità russa nel conflitto in corso – definendo sempre l’Ucraina come “il regime di Kiev” – il presidente del Consiglio UE lo ha attaccato su diversi fronti, dalle violenze sessuali e i crimini di guerra al blocco dei porti nel Mar Nero e il ricatto mondiale sul fronte alimentare. A metà del discorso, lo stesso ambasciatore russo presso l’ONU si è alzato per andarsene dalla stanza, incalzato dal biasimo di Michel.

    You may leave the room, maybe it’s easier not to listen to the truth, dear Ambassador #Nebenzia @RussiaUN@UN #SecurityCouncil #UNSC pic.twitter.com/aeb1OF4y6T
    — Charles Michel (@eucopresident) June 6, 2022

    L’episodio si è verificato mentre il leader del Consiglio Europeo spiegava l’approccio dei Ventisette alla questione della sicurezza alimentare e delle criticità del blocco delle esportazioni di grano e cereali dall’Ucraina: “Signor ambasciatore, siamo seri, il Cremlino sta usando le forniture alimentari come missili invisibili contro i Paesi in via di sviluppo, le drammatiche conseguenze della guerra russa si stanno riversando in tutto il mondo”. Tenendo fisso lo sguardo sull’ambasciatore Nebenzya, Michel ha ricordato che “la guerra sta facendo aumentare i prezzi dei prodotti alimentari, spingendo le persone nella povertà e destabilizzando intere regioni” e che “la Russia, solo la Russia, è l’unica responsabile di questa crisi alimentare”, nonostante la “campagna di menzogne e disinformazione”. Al contrario, da Bruxelles non sono mai arrivate sanzioni sul settore agricolo in Russia, “zero”, così come le misure restrittive sul settore dei trasporti “non vanno oltre i confini dell’UE”.
    Il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, alla sede delle Nazioni Unite a New York (6 giugno 2022)
    È a questo punto che l’ambasciatore russo presso l’ONU si è alzato per andarsene, anticipato dal presidente Michel: “Forse è più facile non ascoltare la verità“. I fatti, “come ho visto con i miei occhi qualche settimana fa a Odessa“, sono “milioni di tonnellate di grano e cereali rimasti bloccati a causa delle navi da guerra russe nel Mar Nero e dell’attacco alle infrastrutture di trasporto”, sono “i carri armati, le bombe e le mine russe che impediscono all’Ucraina di piantare e raccogliere”, sono “i furti nei depositi di grano nei territori occupati”. Cioè che l’ambasciatore Nebenzya non ha voluto sentire è anche che le sanzioni internazionali “non impediscono alle navi battenti bandiera russa di trasportare grano, cibo o fertilizzanti nei Paesi in via di sviluppo”, così come il fatto che i Ventisette stanno facendo “tutto il possibile per aiutare le esportazioni agricole dell’Ucraina” – con i corridoi di solidarietà e con la ricerca di soluzioni per riaprire rotte marittime nel Mar Nero – in collaborazione con l’Unione Africana, il G7 e il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres.
    Ma è tutto il contesto dell’invasione russa in Ucraina a essere nel mirino del presidente del Consiglio UE: “Il Cremlino può vietare e perseguire l’uso della parola ‘guerra’, ma questo non cambia la straziante realtà” di “migliaia di donne, bambini e uomini ucraini morti, atrocità, stupri, innumerevoli città bombardate fino a ridurle in macerie”. Questa è una “guerra barbara” condotta da un membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha sottolineato con forza Michel. È centrale la questione del conflitto che esce dal campo di battaglia ed entra nelle case dei civili, considerato in particolare l’uso della violenza sessuale come arma di guerra: “È un crimine di guerra, contro l’umanità, una tattica di tortura, terrore e repressione che deve essere perseguita senza impunità”, non ha usato mezzi termini il presidente del Consiglio UE. Anche per questo motivo, in collaborazione con UN Women, giovedì (9 giugno) sarà ospitata a Bruxelles la seconda conferenza Women in conflicts: “Daremo slancio e intensificheremo i nostri sforzi collettivi per affrontare seriamente questo problema critico”, ha concluso Michel il suo intervento. Con la sedia dell’ambasciatore russo ancora vuota.

    A metà dell’intervento del presidente del Consiglio Europeo, l’ambasciatore Vasily Nebenzya se n’è andato in polemica dalla riunione. “Può lasciare la stanza, forse è più facile non ascoltare la verità” a proposito di sicurezza alimentare e crimini di guerra del Cremlino in Ucraina

  • in

    L’urgenza di superare il blocco della Russia ai porti del Mar Nero approda al Consiglio Europeo straordinario

    Bruxelles – Al prossimo vertice straordinario, per i Ventisette c’è un imperativo: superare il blocco della Russia nei porti del Mar Nero che impedisce l’esportazione di generi alimentari dall’Ucraina. Come emerge dalla bozza delle conclusioni del Consiglio Europeo del prossimo 30-31 maggio, i leader UE dovranno affrontare con particolare urgenza l’impatto del conflitto sulla sicurezza alimentare globale e sull’accessibilità dei prezzi. Tra le prime righe del capitolo dedicato alle catene di approvvigionamento internazionali, compare non solo la “ferma” condanna del Consiglio alla “distruzione e appropriazione illegale da parte della Russia della produzione agricola in Ucraina”, ma anche l’invito urgente a Mosca a mettere fine agli ostacoli all’export di materie prime e beni alimentari, “in particolare dal porto di Odessa”.
    Come spiegano fonti diplomatiche a Bruxelles, l’Italia è tra i Paesi membri maggiormente preoccupati per le potenziali ricadute di una crisi di sicurezza alimentare globale sui Paesi del Maghreb e del Medio Oriente che già sono toccati “sensibilmente” dall’aumento dei prezzi delle materie agricole. È per questo motivo che, riferiscono le stesse fonti, l’UE si impegnerà “in tutti i modi disponibili” per adottare misure alternative per facilitare le esportazioni dall’Ucraina, non volendo e non potendo intervenire contro il blocco dei porti nel Mar Nero senza provocare un’escalation militare con la Russia. Anche per sostenere il settore agricolo ucraino in vista della stagione 2022, la bozza di conclusioni invita gli Stati membri ad accelerare i lavori sui “corridoi di solidarietà” proposti dalla Commissione, agevolando il traporto via terra e offrendo almeno un punto di riferimento a livello nazionale. Allo stesso modo sarà vagliata la possibilità di coinvolgere anche il settore privato e costituire una piattaforma per il coordinamento.
    Sul piano del coordinamento, i leader UE chiederanno una risposta internazionale “efficace”, per garantire una risposta globale alla sicurezza alimentare. Questo passerà dalla Missione di resilienza agroalimentare (FARM), che punta a contenere i livelli dei prezzi e ridurre le conseguenze sulla produzione e sull’accesso e la fornitura di cereali, ma anche attraverso il sostegno al Gruppo di risposta alle crisi globali delle Nazioni Unite, l’imminente iniziativa del G7 che istituisce un’Alleanza globale per la sicurezza alimentare (GAFS). Andrà tenuta sotto controllo anche la carenza di fertilizzanti sul mercato mondiale, su cui il Consiglio inviterà a “compiere sforzi più concertati” con i partner internazionali, per promuovere un uso più efficiente anche delle alternative.

    Al vertice dei leader UE si cercheranno soluzioni per contrastare le conseguenze della guerra in Ucraina (in particolare a Odessa) sulla sicurezza alimentare. L’Italia è preoccupata soprattutto per i Paesi del Maghreb e del Medio Oriente, già toccati “sensibilmente” dall’aumento dei prezzi

  • in

    Al vertice dei leader UE si discuterà della “prospettiva di pace” in Ucraina. Ma rimane incrollabile il sostegno a Kiev

    Bruxelles – Dopo tre mesi di guerra russa in Ucraina l’imperativo per l’UE deve essere la pace. A pochi giorni dal Consiglio Europeo straordinario (30-31 maggio) – con ancora un Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio) sicuro e uno in forse prima di lunedì – si intensificano i lavori sulla bozza delle conclusioni del vertice dei leader dell’Unione. Per diversi Paesi membri UE, Italia in primissima fila, la priorità è non solo supportare Kiev, ma mettere nero su bianco che la pace è l’obiettivo da perseguire in Ucraina.
    Per precisazione, fino a oggi Bruxelles non è stata impegnata in qualcosa di diverso se non garantire una via d’uscita pacifica al conflitto in corso. Né tantomeno il Consiglio metterà in discussione il “fermo impegno ad aiutare l’Ucraina a esercitare il suo diritto intrinseco all’autodifesa contro l’aggressione russa e a costruire un futuro pacifico, democratico e prospero”, come si legge nella bozza delle conclusioni. Questo sono tutte pre-condizioni perché il presidente, Volodymyr Zelensky, possa sedersi al tavolo dei negoziati con Mosca. Ciò che riferiscono fonti diplomatiche a Bruxelles è che nel documento finale che verrà firmato dai 27 leader UE “ci deve essere almeno peace perspective“, un riferimento alla prospettiva di pace in Ucraina. E la forza con cui è stato pronunciato quel “ci deve essere” ha chiarito la necessità che tutti gli strumenti messi in campo dall’Unione a supporto di Kiev abbiano “come unico obiettivo” una via d’uscita pacifica della guerra. Almeno questo è quello su cui spingerà l’Italia di Mario Draghi, dopo una settimana di lavori sul piano tecnico. Nella prima stesura delle conclusioni il riferimento non c’è, ma la parte italiana l’ha “evocato più volte”, fanno sapere le stesse fonti.
    Se l’obiettivo in Ucraina è la pace, gli strumenti messi in campo dall’UE per raggiungerla non cambiano. Non solo l’aiuto a livello umanitario e per la raccolta di prove per “sostenere l’intenso lavoro del Procuratore della Corte penale internazionale per indagare sui crimini di guerra” dell’esercito russo, ma anche il “rafforzamento del sostegno militare attraverso l’European Peace Facility“, si legge nella bozza. Inoltre, rimane cruciale il supporto finanziario per far fronte a un”immediato bisogno di liquidità” di Kiev per il prossimo trimestre: il pacchetto complessivo accordato in sede G7 è di 15 miliardi di euro complessivi, di cui l’UE si caricherà dell’onere maggiore (9 miliardi in prestiti e sovvenzioni). E poi c’è il supporto politico, sia per quanto riguarda la domanda di adesione UE dell’Ucraina (così come di Georgia e Repubblica di Moldova) – anche se il Consiglio “tornerà sull’argomento nella riunione di giugno”, in attesa dei pareri formali della Commissione UE – sia sul fronte del contrasto della disinformazione, della destabilizzazione informatica e dell’elusione delle sanzioni.
    A proposito di pace e difesa, la guerra in Ucraina ha causato un “cambiamento importante” nell’ambiente strategico dell’UE in materia di sicurezza, mette in evidenza la bozza di conclusioni. I 27 leader dell’Unione vogliono attuare “con determinazione” la Bussola strategica 2030, rafforzando i partenariati strategici e aumentando la capacità di sicurezza e di difesa attraverso “maggiori e migliori investimenti, concentrandosi sulle carenze strategiche individuate”. Si fa riferimento al joint procurement (gli appalti comuni) proposto dalla Commissione, anche se su questo punto specifico l’Italia è sì favorevole, ma con il freno a mano tirato. Le fonti diplomatiche specificano che il governo auspica una razionalizzazione della spesa militare, ma non un’imposizione alla chiusura della collaborazione con partner terzi. In altre parole, spesa comune europea, ma dove possibile, e soprattutto vanno definiti meglio i parametri degli appalti comuni. La posizione non è fredda, ma “tiepida”, anche considerata la portata storica di una proposta che potrebbe condurre l’Unione verso una maggiore integrazione su una delle maggiori prerogative degli Stati membri: difesa ed esercito.

    Fonti diplomatiche a Bruxelles riportano che nelle conclusioni del Consiglio UE del 30-31 maggio “ci deve essere” il riferimento a chiare lettere alla risoluzione pacifica del conflitto in corso, su cui spinge l’Italia. Ma al momento non compare nella bozza del testo

  • in

    La Commissione Europea apre alla confisca dei beni degli oligarchi russi implicati in attività criminali

    Bruxelles – Non solo il congelamento, si apre anche la strada della confisca dei beni degli oligarchi russi vicini al regime di Vladimir Putin. “Se vengono accertate attività criminali legate a quella persona colpita dalle nostre sanzioni, è possibile non solo operare con un congelamento degli asset, ma mettere in atto una confisca“, ha messo in chiaro il commissario europeo per la Giustizia, Didier Reynders, nel corso dell’evento EU IDEA organizzato in collaborazione con Eunews. “Se le autorità nazionali vanno in questa direzione, chiediamo agli Stati membri di mettere i soldi ricavati in un fondo fiduciario per l’Ucraina, in modo da restituire il denaro alle vittime”.
    La strada della confisca dei beni degli oligarchi russi colpiti dai cinque pacchetti di sanzioni UE e implicati in attività criminali potrebbe risolvere uno dei problemi indiretti per i 27 Paesi membri dell’Unione Europea: le spese per il mantenimento degli stessi beni sequestrati, che attualmente sono solo congelati. Tecnicamente non si può parlare né di sequestro (misura cautelare attuata nelle fasi di indagine su un reato) né di confisca (pena definitiva comminata con una sentenza di condanna) dei beni, perché per il momento non esistono azioni penali nei confronti degli oligarchi russi.

    Quello che viene utilizzato è invece uno strumento di tipo economico: i beni congelati non possono essere messi all’asta o assegnati ad associazioni, ma rimangono proprietà degli oligarchi sanzionati. In altre parole, non possono essere utilizzati, ma rappresentano un costo per le finanze dello Stato. In Italia, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 109, la custodia, amministrazione e gestione delle risorse economiche “oggetto di congelamento” spettano all’Agenzia del demanio, che deve pagare tutte le spese legate a un bene sottoposto a questo strumento economico. Per esempio, i costi di mantenimento di una villa o di uno yacht, con tutti gli annessi: l’Agenzia del demanio può utilizzare eventuali utili prodotti dal bene, ma in caso contrario attinge a un fondo apposito del bilancio statale. Quando il bene viene ‘scongelato’ e restituito, il proprietario deve risarcire lo Stato italiano per tutte le spese sostenute.
    La confisca dei beni degli oligarchi russi implicati in attività criminali potrebbe risolvere da una parte la questione delle ingenti spese sostenute dai Ventisette per il mantenimento dei congelamenti, mentre dall’altra potrebbe avere un impatto significativo sul sostegno dell’UE all’Ucraina con un fondo fiduciario apposito. A sostenere l’azione di indagine delle autorità nazionali per “esplorare i legami tra i beni appartenenti a persone elencate nel regime di sanzioni e possibili attività criminali” – come affermato dal commissario Reynders – interverrà la task force Freeze and Seize istituita a marzo dalla Commissione Europea: “L’unità operativa sta sostenendo gli Stati membri sulla necessità di garantire l’applicazione delle sanzioni dell’Unione contro gli individui e le società russe”, ha ricordato il commissario europeo per la Giustizia. Ora per Bruxelles è arrivato il momento di fare di più.

    Lo ha affermato il responsabile per la Giustizia, Didier Reynders, durante un evento organizzato in collaborazione con Eunews: “Dopo il congelamento, se si arriva alla confisca chiediamo ai Paesi membri di destinare i soldi ricavati a un fondo fiduciario per le vittime ucraine”

  • in

    L’Unione Europea ha chiuso i programmi di cooperazione su ricerca e istruzione con la Russia (ma non con tutti i russi)

    Bruxelles – Porte sbarrate a qualsiasi accordo di cooperazione UE con enti pubblici della Russia nel campo della ricerca e dell’istruzione. Lo ha annunciato la commissaria europea per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Mariya Gabriel, pubblicando la dichiarazione che mette fine agli accordi in essere e ai futuri pagamenti da parte dell’Unione.
    La decisione è arrivata in seguito all’escalation della guerra russa in Ucraina, che oggi (venerdì 8 aprile) ha portato alla morte di oltre 30 civili e più di 300 feriti nell’attacco missilistico alla stazione ferroviaria di Kramatorsk, città di 150mila abitanti nella parte di regione di Donetsk, controllata dalle forze ucraine e da cui si stanno organizzando le evacuazioni di profughi dalla regione del Donbass. Dopo l’approvazione del quinto pacchetto di sanzioni contro Mosca, l’UE ha deciso di mettere fine alla partecipazione di enti ed autorità pubbliche della Russia nei programmi-quadro di ricerca e innovazione e della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). “Ho chiesto ai miei servizi di interrompere gli accordi di sovvenzione in corso e i successivi pagamenti”, si legge nella dichiarazione della commissaria Gabriel, compresi quelli nell’ambito delle borse Marie Sklodowska-Curie Actions.
    Nello stop rientra anche la partecipazione di enti o organismi pubblici russi al programma Erasmus+, che però resta aperta – così come le borse Marie Sklodowska-Curie, le sovvenzioni per i ricercatori del Consiglio europeo della ricerca (ERC) e il coinvolgimento nel Corpo europeo di solidarietà – “in linea di principio” ai singoli cittadini russi. “Personale accademico e studenti russi rimarranno ammissibili per gli scambi di breve durata e per la mobilità di laurea”, specifica l’esecutivo comunitario, a condizione che superino lo “screening approfondito” delle autorità pubbliche nazionali dei Paesi membri. Lo scopo è quello di assicurarsi che nessuno dei richiedenti sia un soggetto colpito dalle misure restrittive messe in campo dall’Unione contro la cerchia stretta di Vladimir Putin.

    🔵 Following the adoption of the 5️⃣th package of restrictive measures against Russia, find out my statement on the termination of cooperation with Russian public entities in #research and in #education ⤵️#StandWithUkraine🇺🇦 pic.twitter.com/NfZk9MXv40
    — Mariya Gabriel (@GabrielMariya) April 8, 2022

    Lo ha annunciato la commissaria per l’Istruzione, Mariya Gabriel. Interrotti gli accordi in corso e i futuri pagamenti da Erasmus+, Corpo europeo di solidarietà, borse Marie Curie e del Consiglio Europeo della Ricerca. “Screening approfondito” sui cittadini che fanno richiesta

  • in

    Stop a carbone e vodka, tagliato di 15 miliardi di euro l’import-export: ecco il quinto pacchetto di sanzioni UE alla Russia

    Bruxelles – Non solo carbone, ma pure trasporti e materiali. Il quinto e ulteriore pacchetto di sanzioni approvato dal Consiglio dell’UE opera una stretta commerciale volta a ridurre le capacità di business del Cremlino così da togliere fonti di finanziamento alla guerra sferrata in Ucraina. Divieto alle esportazioni per complessivi 10 miliardi di euro, cui si aggiunge un divieto alle importazione per un valore di 5 miliardi di euro, per un totale di 15 miliardi di euro in restrizioni. Non ci sono ancora strette su gas e petrolio, come richiede il Parlamento europeo, ma il nuovo set di misure restrittive vede certamente delle novità senza precedenti.
    Carbone, stop a contratti vecchi e nuoviIl principale elemento di questo pacchetto riguarda certamente l’azione dell’UE sul carbone comprato sul mercato dell’est. Si stabilisce il divieto di stipulare nuovi contratti. Così facendo Mosca dovrebbe perdere circa otto miliardi di euro l’anno, secondo le stime della Commissione europea. Mentre per quelli in essere è stata introdotta una moratoria di quattro mesi. Da Bruxelles comunque precisano che la stretta su questa fonte fossile è di fatto iniziata ancora prima dell’adozione del nuovo pacchetto di sanzioni. “Nelle ultime quattro settimane gli acquisti di carbone russo si sono ridotti del 9 per cento in valore e del 20 per cento in volume“, fanno sapere fonti comunitarie, che non si sbilanciano su eventuali passi avanti in materia energetica. In generale, ricordando, “con tutte queste misure dobbiamo stare attenti a non avere conseguenze indesiderate per noi“.
    Restrizione per il settore trasportiPer la prima volta dall’inizio dell’invasione in Ucraina si interviene nel settore trasporti. Si introduce un divieto sul trasporto merci su strada. Riguarda le imprese stabilite in Russia, a cui viene impedito di viaggiare verso il mercato unico europeo. E soprattutto si colpisce “gran parte del trasporto dall’UE alla Russia”. Previste alcune esenzioni per “elementi essenziali”, come i prodotti agricoli e alimentari, e gli aiuti umanitari. Decretato inoltre il divieto di approdo nei porti dell’EU a tutte le imbarcazioni battenti bandiera russa.
    Export, cosa l’Europa non può più vendere Il capitolo più sostanzioso delle misure commerciali che valgono in totale 15 miliardi di euro. Il lavoro tecnico delle 27 delegazioni ha prodotto divieti all’esportazione mirati nelle aree in cui la Russia è vulnerabile a causa della sua elevata dipendenza dalle forniture dell’UE. Ciò include, ad esempio, l’informatica quantistica, semiconduttori avanzati, macchinari sensibili, trasporti e prodotti chimici. Include anche catalizzatori specializzati per l’uso nell’industria delle raffinerie. “Ciò continuerà a degradare la base tecnologica e la capacità industriale della Russia“, assicurano a Bruxelles. Ai divieti di vendite già esistenti vengono aggiunti carburante e additivi per carburante per aerei. Una misura, da sola, che vale 10 miliardi di euro, e che “rappresenta l’intero commercio degli Stati Uniti con la Russia in un anno”. Gradi di paragone non casuali. Quanto deciso, precisano fonti Ue, “è molto più significativo in termini di impatto diretto, perché ovviamente siamo molto più esposti rispetto, ad esempio, agli Stati Uniti o al Regno Unito”.
    Import, cosa l’Europa non può più comprareUlteriori divieti di importazione, per un valore di 5,5 miliardi di euro, riguardano cemento, prodotti in gomma, legno, alcolici (compresa la vodka), liquori, frutti di mare di fascia alta (compreso il caviale). Solo dalla Vodka l’economia russa conoscerà una perdita stimata in 50 milioni di euro l’anno. Oltretutto il superalcolico rappresenta il 98 per cento dell’import totale dell’UE nel settore delle bevande spiritose, e dunque questa singola componente del pacchetto restrittivo da 15 miliardi di euro sull’import-export rappresenta un duro colpo per il mercato russo.

    Per la prima volta toccato anche il settore trasporti. Fermate le merci su strada da e per la Federazione russa. Tutte misure per togliere soldi a Putin da usare per la guerra contro l’Ucraina

  • in

    Navalny condannato ad altri 9 anni di carcere in Russia. L’UE: “Repressione interna parallela ad aggressione militare”

    Bruxelles – Sono altri nove anni di carcere per l’oppositore politico russo, Alexei Navalny, secondo quanto stabilito dalla sentenza del tribunale distrettuale di Lefortovo di Mosca. Si tratta di un prolungamento della pena rispetto ai tre anni e mezzo già comminati nel febbraio dello scorso anno, stabilito dopo una serie di udienze a porte chiuse e “inaccessibili agli osservatori internazionali”, è il duro commento dell’UE alla condanna di Navalny. “È la prova più evidente che il sistema giuridico russo continua a essere strumentalizzato contro Navalny”, ha accusato in una nota l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, sottolineando come sia stato dato spazio alla “fabbricazione di accuse e al mancato esercizio dei diritti di difesa da parte dell’imputato”.
    La cerimonia del Premio Sakharov 2021 assegnato ad Alexei Navalny
    Navalny, che ha ricevuto lo scorso anno il Premio Sakharov per la libertà di pensiero dell’UE (ritirato a dicembre dalla figlia, Daria Navalnaya) è detenuto in Russia dal gennaio 2021, arrestato appena dopo essere atterrato nel Paese dalla Germania. A Berlino era rimasto per mesi per ricevere le cure necessarie dopo aver subito un avvelenamento attribuibile, secondo varie inchieste, ai servizi di sicurezza russi. Un mese dopo il ritorno in Russia, l’oppositore di Vladimir Putin era stato condannato per aver violato – proprio perché si trovava in ospedale in Germania – la libertà vigilata decisa a seguito di una precedente condanna. Nella sentenza di ieri (martedì 22 marzo) è stato invece riconosciuto colpevole di frode e appropriazione indebita, per aver rubato 4,1 milioni di euro dalle casse della FBK, la sua fondazione contro la corruzione politica (illegale in Russia dal giugno dello scorso anno). Secondo l’opinione pubblica e gli osservatori internazionali, sono entrambe due sentenze politiche contro un diretto sfidante del potere assoluto dell’autocrate russo.
    “L’Unione Europea deplora la repressione sistematica della società civile, dei media indipendenti, dei singoli giornalisti e dei difensori dei diritti umani in Russia”, ha rincarato la dose Borrell, facendo un collegamento con quanto sta accadendo in Ucraina: “Questa repressione interna sta accelerando in mezzo alla continua aggressione militare contro un Paese sovrano“. In questo modo il governo russo “continua a ignorare palesemente” tutti gli obblighi e gli impegni internazionali per il rispetto sia dei diritti umani e delle libertà fondamentali in patria, sia della sovranità e dell’indipendenza dei suoi vicini. Nel caso di Navalny esiste un “rischio per la sua vita” e per questo motivo l’UE continua a chiedere il “rilascio immediato e incondizionato”, così come richiesto anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
    Schierati contro la sentenza anche i presidenti della commissione per gli Affari esteri (AFET) del Parlamento UE, David McAllister, della sottocommissione per i Diritti umani (DROI), Maria Arena, della delegazione per i rapporti UE-Russia, Ryszard Czarnecki, e il relatore per la Russia, Andrius Kubilius. “La sentenza viola chiaramente il diritto internazionale e la Costituzione russa, è illegale, arbitraria e politicamente motivata” e “dimostra ancora una volta che il regime russo sta diffondendo la paura tra i leader dell’opposizione, gli attivisti e la società civile”. Per il Parlamento UE Navalny rappresenta “centinaia di altri cittadini russi detenuti senza motivo solo per aver avuto il coraggio di dimostrare a favore della pace o per essersi fatti avanti per i loro diritti”, hanno sottolineato gli eurodeputati. Dal momento in cui “il miglior sostegno per lui e per gli altri prigionieri politici non è la simpatia e le parole gentili, ma le azioni contro il regime di Putin”, come affermato dallo stesso oppositore russo, l’UE deve “adottare sanzioni immediate contro tutti i funzionari russi coinvolti in questo nuovo caso di ingiustizia“.

    L’oppositore di Putin e vincitore del Premio Sakharov per la libertà di pensiero 2021 è stato condannato per frode e appropriazione indebita, dopo i 3 anni e mezzo già comminati per violazione della libertà vigilata