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    I referendum farsa nelle regioni occupate dell’Ucraina sono state un plebiscito (forzato) per l’annessione alla Russia

    Bruxelles – Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. Si sono concluse ieri sera (martedì 27 settembre) le operazioni di voto nelle quattro province occupate dall’esercito russo in Ucraina e l’esito del referendum è stato un plebiscito: il 99 per cento dei votanti si è espressa a favore dell’annessione alla Russia. Questa è la versione di Mosca, ma il filtro è quello degli occupanti, in un Paese invaso da ormai più di cinque mesi. La realtà dei fatti è che quanto messo in piedi dal Cremlino nelle quattro regioni orientali e meridionali dell’Ucraina sono dei referendum farsa, organizzati in maniera illegale e a cui, dati alla mano, ha partecipato una quota quasi irrisoria di cittadini ucraini, senza contare le minacce armate dei soldati russi sulla popolazione al momento del voto.
    L’esito non era minimamente in discussione, ma ora si apre una fase nuova per la guerra in Ucraina. Perché l’autocrate russo, Vladimir Putin, utilizzerà il risultato di questi referendum illegali per dichiarare l’annessione delle quattro regioni dell’Ucraina occupata alla Russia: in altre parole – nella visione propagandistica del Cremlino – il conflitto si trasformerà da una “operazione speciale” offensiva a una guerra di difesa dei nuovi territori inglobati e, allo stesso tempo, la controffensiva dell’esercito ucraino sarà considerata un attacco alla sovranità russa. Non è la prima volta che Mosca ribalta a 360 gradi causa ed effetto degli eventi (basti ricordare le motivazioni dell’attacco armato a un Paese sovrano, ‘giustificate’ dalla legittima richiesta dell’Ucraina di aderire all’Unione Europea e alla Nato), ma questo momento rappresenta senza dubbio un punto di svolta per lo scenario bellico sul continente europeo. Anche perché nel frattempo sono iniziate le operazioni di arruolamento dei 300 mila riservisti russi, nonostante l’ondata di proteste e la fuga di decine di migliaia di persone dal Paese.
    Per la conferma basterà aspettare venerdì (30 settembre) quando, secondo quanto riportano le fonti d’intelligence britanniche, Putin terrà un discorso in entrambe le Camere del Parlamento (l’Assemblea Federale e la Duma di Stato), con la “realistica possibilità” che annunci formalmente l’annessione delle regioni occupate come “rivendicazione” dei successi della “operazione militare speciale”. In questo scenario, l’annessione dovrebbe avvenire già il giorno seguente, consentendo a Mosca la coscrizione forzata di civili ucraini per combattere contro il loro stesso Paese. Putin si sente forte del plebiscito dei risultati del referendum-farsa nelle quattro regioni che rappresentano circa il 15 per cento del territorio dell’Ucraina, ma sono impietosi i dati sul numero di cittadini che – in modo forzato e pilotato – hanno partecipato al voto. Nella regione di Zaporizhzhia hanno votato in totale in 39.367 su una popolazione complessiva di 1.666.515 persone, ovvero il 2,3 per cento. Nell’Oblast di Donetsk – solo parzialmente controllato dall’esercito russo – avrebbe votato il 97 per cento degli aventi diritto al voto, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa statale Ria Novosti, ma non coincidono dati sulla popolazione: per il Cremlino sarebbero poco più di due milioni, ma al gennaio 2022 Kiev ne contava oltre quattro milioni. Tutto ciò accompagnato dai soldati russi che tra il 23 e il 27 settembre si recavano casa per casa per costringere i cittadini ucraini a votare e lo scrutinio effettuato con modalità del tutto illecite.
    Rimane alta l’attenzione anche a Bruxelles sulla situazione nell’est dell’Ucraina, con le condanne a pioggia per i “referendum illegali” di annessione alla Russia, sulla falsariga di quello in Crimea nel 2014. “L’Ue denuncia lo svolgimento di referendum illegali e il loro esito falsificato, si tratta di un’altra violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, in mezzo a sistematici abusi dei diritti umani”, è l’attacco dell’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica sicurezza, Josep Borrell: “Lodiamo il coraggio degli ucraini, che continuano a opporsi e a resistere all’invasione russa”. Senza troppi giri di parole la condanna del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel: “Referendum fasulli, risultati fasulli. Non riconosciamo nessuno dei due”. Le istituzioni comunitarie si preparano a varare un nuovo pacchetto di misure restrittive contro i responsabili dei referendum farsa nelle regioni occupate dell’Ucraina e il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano, avverte che la Commissione ritiene “certamente un’opzione” imporre sanzioni individuali anche ai cittadini europei che sostengono quest’azione illegale di Mosca: “Tutto dipenderà dal livello di partecipazione, la responsabilità di capire se vanno adottate misure caso per caso è degli Stati membri”.

    Sham referenda.
    Sham results.
    We recognize neither.
    — Charles Michel (@CharlesMichel) September 27, 2022

    Nelle operazioni di voto “illegali” e truccate dal Cremlino negli Oblast di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia, il “sì” avrebbe vinto con il 99 per cento: Putin potrebbe dichiarare il 30 settembre l’ampliamento del territorio nazionale. Dura condanna Ue: “Altra violazione della sovranità di Kiev”

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    Le previsioni dell’Ue sull’impatto delle sanzioni sulla Russia: “Il Pil crollerà dell’11 per cento, peggio della caduta dell’Urss”

    Bruxelles – Peggio della caduta dell’Unione Sovietica. Le sanzioni internazionali stanno colpendo la Russia con una violenza mai vista prima nella storia, dopo anni in cui Mosca affronta una recessione economica. La conferma arriva dal vicedirettore generale per l’Europa orientale e l’Asia centrale del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Luc Pierre Devigne, nel corso di un’audizione alla sessione congiunta della commissione Affari esteri (Afet) e della sottocommissione per la Sicurezza e la difesa (Sede) del Parlamento Ue. “Le nostre sanzioni funzionano, la Russia affronta una recessione dagli anni Novanta e ora ci aspettiamo un crollo del Pil nazionale dell’11 per cento, ancora maggiore rispetto a quello della caduta dell’Urss“.
    Nel corso dell’audizione parlamentare Devigne si è soffermato sulle motivazioni per cui è necessario un nuovo round di misure restrittive internazionali contro il Cremlino, ormai in difficoltà evidente sia sul fronte economico, sia su quello militare: “La Russia è sempre più isolata, partner importanti come Cina e India hanno dichiarato che questi non possono essere tempi di guerra e il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha annunciato che i territori strappati all’Ucraina non saranno riconosciuti”. Come già ha spiegato recentemente anche il premier italiano dimissionario, Mario Draghi, e ancor prima il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, “dobbiamo essere ancora più risoluti e continuare sulla strada delle sanzioni contro la Russia, che si stanno dimostrando efficaci”, ha ribadito con forza Devigne, precisando agli eurodeputati che “non posso rivelarne il contenuto per non mettere a repentaglio la loro efficacia e per non impattare sul costo di ciò che potrebbe essere sanzionato”.
    A determinare decisione di un nuovo round di misure restrittive (arrivate a sei pacchetti e un ultimo a luglio definito maintenance and alignement, aggiornamento e allineamento) è l’ulteriore escalation militare in Ucraina, con i referendum-farsa nelle autoproclamate Repubbliche filo-russe e la mobilitazione parziale dei riservisti dichiarata da Vladimir Putin, con annesse minacce nucleari all’Occidente. “Qualsiasi riferimento all’uso di armi nucleari o di azioni contro gli impianti nucleari in Ucraina pone la Russia ai margini della civiltà”, ha attaccato il vicedirettore generale del Seae. Minacce che in ogni caso “non indeboliranno la nostra decisione di continuare sulla strada delle sanzioni” e che, al contrario, stanno portando l’esecutivo comunitario a valutare la proposta di una nuova tranche di aiuti militari a Kiev attraverso lo strumento dell’European Peace Facility, rende noto Devigne.
    Il momento è cruciale per la guerra in Ucraina perché, “senza successi militari, Putin continua sulla strada dell’escalation, cercando di intimidire l’Ucraina e i Paesi che la supportano”. Le contraddizioni sono evidenti, considerato il fatto che si parla di circa 300 mila coscritti, “anche se il Cremlino riporta di aver perso solo seimila soldati e parte del decreto di mobilitazione è secretata”. La stessa mobilitazione “parziale” potrebbe essere un modo per “non far capire al popolo russo quanto la situazione sia grave”, ma nonostante questo è già iniziata l’ondata di proteste: “Più di duemila persone sono state arrestate, ma molte di più se ne vanno dal Paese”, ha ricordato Devigne, facendo riferimento alle “file chilometriche di auto ai confini e i voli aerei andati esauriti”. Mentre l’esercito ucraino continua nella propria avanzata nella controffensiva a est, “l’escalation di Putin dimostra che la Russia sta attraversando una crisi, o quantomeno un momento critico, visto che sono state anche rafforzate le sanzioni per chi si arrende o rifiuta di arruolarsi”, ha concluso il proprio intervento il vicepresidente del Seae.

    Il vicedirettore generale per l’Europa orientale e l’Asia centrale del Servizio europeo per l’azione esterna, Luc Pierre Devigne, ribadisce che “le misure restrittive funzionano”, perché colpiscono un Paese che “affronta una recessione dagli anni Novanta e ora viene abbandonato da Cina e India”

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    Il Partito Popolare Europeo sotto attacco a Bruxelles dopo le parole di Berlusconi su Putin e l’invasione dell’Ucraina

    Bruxelles – Dagli studi di Porta a Porta su Rai1 ai corridoi del Parlamento Europeo, le dichiarazioni del presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, sulla guerra di Vladimir Putin in Ucraina stanno mettendo sotto scacco l’intera famiglia politica del Ppe (Partito Popolare Europeo). E dopo gli attacchi della scorsa settimana a Strasburgo sul rischio di favorire l’avanzata dell’estrema destra a livello nazionale e comunitario, il risveglio di questa mattina del presidente del Ppe, Manfred Weber, non è stato dei più tranquilli. “È scioccante sentire queste parole. Manfred Weber, niente da dire su questo?”, è l’attacco della presidente del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici (S&D) al Parlamento Ue, Iratxe García Pérez.
    Probabilmente il leader dei popolari europei avrebbe qualcosa da dire al presidente di Forza Italia – dopo essersi fatto scudo in plenaria dietro ad Adenauer e Schumann “fondatori dell’Unione” – ma per il momento non trapela nessun commento pubblico. La posizione è impossibile da difendere e non è nemmeno pensabile andare allo scontro a soli due giorni dalle elezioni decisive per il futuro dell’Italia. Eppure quanto dichiarato da Berlusconi mette l’intera famiglia dei popolari europei sotto una luce ancora più tetra per il futuro dei rapporti con Kiev: “Putin è caduto in una situazione veramente difficile e drammatica“, in cui “una missione delle due Repubbliche filorusse del Donbass è andata a Mosca da lui in delegazione, dicendogli che Zelensky ha aumentato gli attacchi contro le loro forze sui confini”. E, secondo il numero uno forzista, l’autocrate russo “è stato spinto dalla popolazione russa, dal suo partito, dai suoi ministri a inventarsi questa operazione speciale“, con riferimento proprio al modo in cui la propaganda russa impone di definire l’invasione dell’Ucraina in patria.
    Ma non è finita qui. “Le truppe russe dovevano raggiungere Kiev in una settimana, sostituire con un governo di persone per bene il governo di Zelensky e in un’altra settimana ritornare indietro”, ricorda Berlusconi, in uno dei passaggi più controversi del suo intervento. “Invece hanno trovato una resistenza imprevista e imprevedibile da parte delle truppe ucraine, che poi sono state anche foraggiate con armi di tutti i tipi da parte dell’Occidente“, con la conclusione che è quasi un’analisi ex-post del fallimento della guerra di Putin: “La situazione in Ucraina è diventata molto difficile da tenere sotto controllo, non ho capito nemmeno perché le truppe russe si sono sparse in giro per l’Ucraina, mentre secondo me dovevano soltanto fermarsi intorno a Kiev“. No comment per ora dalle fila del Partito Popolare Europeo.

    It’s shocking to hear these words. @ManfredWeber , anything to say about this ? pic.twitter.com/SdBmvxZ2zY
    — Iratxe Garcia Perez/♥️ (@IratxeGarper) September 23, 2022

    “Con l’amichevole appoggio del Partito Popolare Europeo e di Manfred Weber”, commenta con sarcasmo l’eurodeputata tedesca dei Verdi (che correrà per la co-presidenza del gruppo all’Eurocamera), Terry Reintke: “Non ho più parole, come possono i conservatori non capire che stanno commettendo un errore storico. Di nuovo”. Anche dalle fila dei liberali di Renew Europe si alzano voci scandalizzate all’indirizzo di Berlusconi: “Si comporta come un apologeta di Putin e un cattivo consigliere militare, impeditegli di mettere le mani sulle redini del potere a Roma”, attacca l’ex-capogruppo dell’Alde al Parlamento Ue ed ex-premier del Belgio, Guy Verhofstadt. Mentre il collega italiano Nicola Danti (Italia Viva) si rivolge al gruppo del Ppe – “Come può una posizione politica del genere trovare casa fra le vostre fila?” – con un affondo diretto al presidente Weber: “Con quale coraggio potete sostenere un personaggio che rilascia simili dichiarazioni? Tradisce la vostra storia e il vostro presente!”

    Cari amici del @EPP, sine ira et studio, come può una posizione politica del genere trovare casa fra le vostre fila? @ManfredWeber con quale coraggio potete sostenere un personaggio che rilascia simili dichiarazioni? Tradisce la vostra storia e il vostro presente! pic.twitter.com/4RrSuR676m
    — Nicola Danti 🇪🇺🇮🇹 (@DantiNicola) September 23, 2022

    Pioggia di critiche al presidente del Ppe, Manfred Weber, per l’intervento “scioccante” del presidente di Forza Italia (della famiglia politica europea dei popolari) sulle motivazioni che hanno spinto l’autocrate russo ad attaccare il Paese e sullo sviluppo dell’offensiva militare

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    Le Maire: “Le sanzioni contro la Russia funzionano”

    Bruxelles – “Le sanzioni contro la Russia funzionano“. Bruno Le Maire vuole essere chiaro. “La Russia è in recessione, e questo dimostra che le nostre misure stanno dando i loro frutti”. Il ministro delle Finanze francese lo dice in modo chiaro e inequivocabili. Difende con forza i sei pacchetti di misure restrittive contro Mosca per l’aggressione dell’Ucraina, e invita a tenere il punto, a non avere ripensamenti. Perché la strategia a dodici stelle per fiaccare la macchina bellica russa può funzionare solo se si marcia compatti e determinati. Nel parlare alla stampa, al suo arrivo a Praga per i lavori dell’Eurogruppo, in realtà si rivolge a forze politiche scettiche e opinione pubblica. “Non ascoltate le bugie di quanti dicono che le nostre sanzioni non hanno effetti“, insiste il ministro francese.
    La sottolineatura vale in particolare per l’Ungheria, Paese partner meno convinto tra i Ventisette di come si stia gestendo la situazione, soprattutto sul piano energetico. Budapest di fatto ha rotto le righe, e ha iniziato a muoversi in modo tutto proprio, siglando nuovi accordi Gazprom e parlando di “fallimento” dell’Ue di fronte ad una guerra in Ucraina che, nonostante una risposta senza precedenti, va avanti. Un Orban-pensiero affidato come da prassi ormai consolidata al suo portavoce, Zoltan Kovacs.

    PM Orbán: Due to sanctions and war, Europe might run out of energy. There are 11,000 sanctions in force against RUS, but the war is still ongoing, the attempts to weaken Russia have failed. 1/2
    — Zoltan Kovacs (@zoltanspox) September 8, 2022

    Nel rivendicare con convinzione che le sanzioni contro la Russia funzionano, e nell’invito a non dare credito a chi sostiene il contrario, le parole di Le Maire irrompono anche nella campagna elettorale italiana. La Lega sta sostenendo la necessità di rivedere l’impianto sanzionatorio dell’Ue nei confronti di Mosca. Matteo Salvini sta costruendo buona parte del programma sulla natura penalizzante e controproducente dei sei pacchetti fin qui approvati, portata avanti nei comizi e rilanciata sui social.

    Gabriele Miccini, titolare del mobilificio Giessegi di Appignano (Macerata): “Le sanzioni ci uccidono, così i miei operai rischiano il posto di lavoro. L’unico che la pensa come me è Salvini”. pic.twitter.com/KX0CFSdI9m
    — Matteo Salvini (@matteosalvinimi) September 8, 2022

    La Francia tiene il punto. Se anche l’Italia saprà farlo anche dopo il voto del 25 settembre è tutto da scoprire. Nel frattempo i partner europei insistono con quanto fatto finora.

    Il ministro delle Finanze francese: “Mosca in recessione, non credete alle bugie di quanti dicono che le nostre sanzioni non hanno effetti”

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    L’Ue cancella i visti agevolati per i russi, dal 12 settembre condizioni più severe

    Bruxelles – Via libera del Consiglio dell’Ue alla sospensione del regime facilitato dei visti per i cittadini russi. I ministri dei Ventisette hanno approvato la proposta della Commissione europea presentata a inizio settimana. Con il benestare degli Stati, da adesso in poi i cittadini russi torneranno a essere trattati alla stregua di tutti i nazionali dei Paesi terzi. Vuol dire un aumento della tassa per la domanda di visto da 35 a 80 euro, la necessità di presentare prove documentali aggiuntive, tempi di elaborazione dei visti più lunghi e regole più restrittive per il rilascio di visti per ingressi multipli. Tutti requisiti che diventeranno obbligatori a partire dal 12 settembre.
    “Un accordo di facilitazione del visto consente un accesso privilegiato all’UE per i cittadini di partner fidati con i quali condividiamo valori comuni”, premette Vít Rakušan, ministro dell’Interno della Repubblica ceca, Paese con la presidenza di turno dell’Ue. ” Con la sua guerra di aggressione non provocata e ingiustificata, compresi i suoi attacchi indiscriminati contro i civili, la Russia ha infranto questa fiducia e calpestato i valori fondamentali della nostra comunità internazionale”. Per cui, continua, “la decisione odierna è una diretta conseguenza delle azioni della Russia e un’ulteriore prova del nostro incrollabile impegno nei confronti dell’Ucraina e del suo popolo”.

    VIa libera del Consiglio alla proposta della Commissione. La presidenza ceca: “La Russia ha infranto la fiducia con l’aggressione all’Ucraina”

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    L’Ue vicina allo stop ai visti agevolati per il russi. E non riconoscerà i passaporti rilasciati nei territori occupati

    Bruxelles – È scattata la nuova offensiva diplomatica dell’Unione Europea contro la Russia e, dopo l’intesa informale tra i Ventisette, in meno di una settimana è stata formalizzata la proposta della Commissione Ue. L’accordo di facilitazione dei visti Ue-Russia dovrà essere sospeso per tutti i cittadini russi che richiedono un visto per soggiorni di breve durata nell’area Schengen, tornando alle procedure pre-2007 “più lente, più difficili e più costose”, come ha sintetizzato la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, in conferenza stampa.
    La misura risponde alle pressanti richieste di Paesi di confine come Estonia e Finlandia, per impedire alla propaganda del Cremlino di penetrare nell’Unione attraverso i turisti russi e per far pagare le conseguenze della guerra di aggressione in Ucraina non solo alla cerchia stretta di Putin, ma a tutto il Paese. Rispetto all’intransigenza iniziale, la proposta è stata ammorbidita dalle perplessità di Josep Borrell, alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza: “Ci sono tanti cittadini russi che vogliono fuggire dal regime di Putin e per loro le nostre porte non possono essere chiuse“, aveva fatto notare prima di portare il tema sul tavolo del vertice informale dei ministri degli Esteri dello scorso 31 agosto. Proprio a Praga è stata trovata rapidamente un’intesa di compromesso, per cui è stato deciso di ostacolare il processo di concessione dei visti russi, garantendo allo stesso tempo “priorità per chi viaggia per motivi umanitari“.
    La commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson (6 settembre 2022)
    Nella pratica, i cittadini russi dovranno pagare 80 euro come tassa per il rilascio dei visti (non più 35), saranno sottoposti a tempistiche più lunghe per l’elaborazione della domanda da parte dei consolati (da 10 a 15 giorni, fino a un’estensione massima di 45), ma soprattutto a regole più restrittive per ingressi multipli nell’area Schengen e all’obbligo di presentare l’elenco completo di tutti i documenti giustificativi per soggiorni fino a un massimo di 90 giorni. “Viaggiare in Europa non è un diritto fondamentale”, ha messo in chiaro la commissaria Johansson, riferendosi ai circa 1,3 milioni di ingressi di cittadini russi alle frontiere esterne dell’Unione tra gennaio e luglio di quest’anno. La Commissione si aspetta che il Consiglio adotti la proposta “già questa settimana”, facendo scattare il nuovo regime sui visti con la Russia “da lunedì”. Gli Stati membri potranno anche “riesaminare” il milione di visti Schengen al momento emessi a cittadini russi.
    Come spiegato dalla stessa commissaria per gli Affari interni, non appena arriverà il via libera del Consiglio, saranno adottate anche le linee-guida per l’approccio coordinato. Le precisazioni contenute nelle linee-guida saranno fondamentali per mettere nero su bianco le eccezioni che dovranno rispettare gli Stati membri, per non chiudere completamente il canale di dialogo tra l’Unione e i cittadini russi che in futuro potrebbero voler fuggire dal Paese. “Dobbiamo essere sicuri di rimanere aperti e proteggere giornalisti, dissidenti, attivisti per i diritti umani, studenti e chi viaggia per motivi familiari“, ha avvertito Johansson: “Gli Stati membri devono poter rifiutare alcune categorie che potrebbero essere potenziali minacce per la sicurezza, con più discrezione nella gestione delle procedure, ma non possiamo permetterci di penalizzare tutti”.
    A questo si aggiunge poi una seconda proposta, a suo modo storica. La Commissione ha presentato un approccio comune a livello Ue sul non-riconoscimento dei passaporti russi rilasciati nei territori occupati in Ucraina. La misura punta a contrastare la politica del Cremlino di emettere passaporti russi ordinari nelle aree sottratte a Kiev, non solo in Crimea ma anche nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia. “È la prima volta che presentiamo una proposta legislativa per il non-riconoscimento dei passaporti di un Paese terzo vincolante per tutti gli Stati membri Ue, sono fiduciosa che sarà adottata rapidamente” dai co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Ue. In questo modo saranno sostituite le azioni volontarie adottate dai singoli governi europei dopo l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014 con un’azione più coerente a livello comunitario, senza danneggiare gli ucraini che vivono nei territori occupati (che potranno invece continuare a beneficiare della protezione temporanea per motivi umanitari).

    La proposta della Commissione prevede la sospensione dell’accordo di facilitazione dei visti Ue-Russia per i soggiorni di breve durata nell’area Schengen. Ma saranno tutelati giornalisti, dissidenti, attivisti per i diritti umani, studenti e chi viaggia per motivi familiari

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    Gazprom taglia il gas all’Europa via Nord Stream fino a data da destinarsi. L’Ue: “Pretesti fallaci, prova di inaffidabilità”

    Bruxelles – Alla fine i timori si sono rivelati fondati. Nel tardo pomeriggio di oggi (venerdì 2 settembre), a poche ore dall’annunciata fine dei lavori di manutenzione nella stazione di compressione di Portovaya (Russia), con una nota sul suo canale Telegram il colosso energetico russo Gazprom ha annunciato che il flusso di gas verso l’Europa via Nord Stream non riprenderà e sarà posticipato a data da destinarsi: “Durante i lavori di manutenzione ordinaria dell’unità di compressione del gas Trent 60 di Portovaya CS, eseguiti congiuntamente con i rappresentanti di Siemens, è stata rilevata una perdita d’olio con una miscela di sigillante in corrispondenza delle connessioni terminali dei cavi dei sensori di velocità del rotore a bassa e media pressione”.
    È per questa ragione che il trasporto di gas è stato “completamente interrotto”, almeno fino a quando i guasti “non saranno eliminati”, ha precisato Gazprom, senza forniture ulteriori informazioni su previsioni di riapertura. I dettagli sono stati forniti piuttosto sui tecnicismi del problema: “È stato rilevato olio sul connettore del cavo della piastra di connessione Bpe2, che fa parte del motore”, ma anche “nell’area della linea dei cavi nella morsettiera esterna del sistema di controllo automatico della Gcu, al di fuori dell’involucro di isolamento acustico e termico”. Il rapporto di rilevamento delle perdite di olio “è stato firmato anche dai rappresentanti di Siemens”, sottolinea il comunicato.
    Tutto ciò considerato, “è stato ricevuto un avviso dalla Rostechnadzor della Russia in cui si afferma che i guasti e i danni rilevati non consentono di garantire un funzionamento sicuro e privo di incidenti del motore della turbina a gas” e si rende “necessario adottare misure appropriate e sospendere l’ulteriore funzionamento dell’unità Trent 60 a turbina a gas a causa delle gravi violazioni riscontrate”, continua Gazprom. Secondo le informazioni di Siemens, le riparazioni possono essere effettuate solo in un centro di riparazione specializzato e la lettera inviata al presidente e amministratore delegato di Siemens Energy AG, Christian Bruch, sarà analizzata dal costruttore della turbina.
    “L’annuncio di Gazprom di oggi pomeriggio di voler chiudere ancora una volta NorthStream 1 con pretesti fallaci è un’altra conferma della sua inaffidabilità come fornitore“, ha commentato il portavoce-capo della Commissione Ue, Eric Mamer: “È anche la prova del cinismo della Russia, che preferisce bruciare il gas invece di onorare i contratti”.

    Gazprom’s announcement this afternoon that it is once again shutting down NorthStream1 under fallacious pretenses is another confirmation of its unreliability as a supplier.
    It’s also proof of Russia’s cynicism, as it prefers to flare gas instead of honoring contracts.
    — Eric Mamer (@MamerEric) September 2, 2022

    L’ultima interruzione totale del flusso, annunciata lo scorso 22 agosto, era scattata alle 5 di mattina (ora italiana) di mercoledì 31 agosto e sarebbe dovuta durare fino alle 4 di mattina del 3 settembre (non il 2 come precedentemente comunicato). Nord Stream è la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo verso il continente, che collega i giacimenti di gas siberiani direttamente alla Germania settentrionale attraverso il Mar Baltico: a capacità massima può trasportare 55 miliardi di metri cubi di gas. A Bruxelles già si temeva che prima o poi i flussi potessero interrompersi definitivamente, come aveva avvisato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: “L’Ue si deve preparare a una completa interruzione delle forniture dalla Russia”, aveva sottolineato al Bled Strategic Forum con preoccupazione, parlando della necessità di “mettere fine alla nostra sporca dipendenza dalle fonti fossili russe”. Prima del 31 agosto Nord Stream lavorava già al 20 per cento della propria capacità e, se i problemi tecnici non saranno risolti facendo ripartire il flusso, c’è il rischio concreto di un aumento della pressione sui governi europei che stanno cercando di aumentare il livello di riempimento degli stoccaggi nazionali di gas prima dell’inverno.
    Non è la prima volta che si verifica un taglio delle forniture di gas all’Europa da parte di Gazprom. L’infrastruttura Nord Stream era già rimasta ferma per manutenzione programmata a una turbina dall’11 al 21 luglio ed è ripartita a capacità ridotta a circa il 40 per cento rispetto alla norma. A fine luglio il flusso era stato ulteriormente ridotto al 20 per cento, a circa 38 milioni di metri cubi al giorno, rispetto ai 66 delle settimane precedenti alla manutenzione. Ancora prima, a metà giugno, il colosso energetico aveva comunicato che le forniture di gas potevano essere garantite solo fino a un volume di 100 milioni di metri cubi al giorno, invece dei 167 milioni di metri cubi previsti. Tra fine aprile e metà maggio invece erano stati chiusi i rubinetti a Bulgaria, Polonia, Paesi Bassi, Danimarca e Finlandia, per mancati pagamenti in rubli come richiesto dalle autorità russe.

    Il colosso energetico russo Gazprom annuncia che il gasdotto rimarrà fermo per alcune perdita di olio alla stazione di compressione di Portovaya (Russia). Le forniture sarebbero dovute ripartire nella mattina di sabato 3 settembre dopo tre giorni di lavori di manutenzione

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    L’UE sospende il regime agevolato dei visti per tutti i cittadini russi

    Bruxelles – Fine del regime agevolato dei visti per tutti i cittadini russi, senza nessuna distinzione. L’ultima misura dell’Unione europea per rispondere all’aggressione russa dell’Ucraina è un ritorno al passato, il ripristino del vecchio sistema di concessione di documenti di viaggio, ingresso e soggiorno nel territorio dell’UE. Nel 2007 le due parti decisero di concedere il documento a condizioni migliori, con procedure più snelle, più rapide. Adesso “c’è l’accordo politico per la piena sospensione dell’accordo di facilitazione dei visti UE-Russia”, annuncia l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, al termine della riunione informale dei ministri degli Esteri dei Ventisette.

    European Union has agreed on full suspension of visa facilitation agreement with Russia, @JosepBorrellF has just announced during the press conference after informal #Gymnich meeting in Prague.
    — EU2022_CZ (@EU2022_CZ) August 31, 2022

    Non è una messa al bando dei russi, e Borrell tiene a sottolinearlo nel corso della breve conferenza stampa. “Non vogliamo tagliarci da quei russi che sono contrari alla guerra in Ucraina. Non vogliamo isolarci dalla società civile russa”. L’accordo politico “non vuol dire che non si potranno più ottenere visti“. Quello che succede è che i cittadini russi saranno da adesso in poi trattati alla stregua di gli altri cittadini di Paesi terzi. “Agevolazione vuol dire facilitare. Non ci saranno più agevolazioni, e quindi sarà più complicato ottenere visti”. Inoltre, la decisione maturata a Praga di sospendere il regime agevolato “significa che si ridurrà significativamente il numero di nuovi visti rilasciati dagli Stati membri dell’UE“.
    I ministri degli Esteri sono però intransigenti per quanto riguarda i passaporti russi emessi nei territori occupati. I documenti rilasciati in Crimea e Donbass “non saranno riconosciuti”, tiene a sottolineare Borrell. L’UE qui dunque tiene il punto. L’Unione europea non ha mai riconosciuto l’annessione della Crimea del 2014, e da questo punto di vista non cambia avviso. E lo stesso fa con i territori oggi campo di battaglia e sotto il controllo delle forze russe.
    La situazione in Ucraina vede i ministri degli Esteri trovare una quadra anche su un altro aspetto, quello dell’assistenza militare. “Abbiamo anche convenuto di accelerare il lavoro sulla sostenibilità dello Strumento europeo per la pace (EPF), per poter rispondere meglio alle esigenze in evoluzione dell’esercito ucraino“.

    L’annuncio dell’Alto rappresentante Borrell. “C’è l’accordo politico”. I Ventisette d’accordo anche a lavorare “per rispondere meglio alle esigenze in evoluzione dell’esercito ucraino”