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    Bruxelles avverte la Georgia sull’allineamento alle sanzioni internazionali sul transito aereo dalla Russia

    Bruxelles – Un richiamo a rispettare i principi e doveri della Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue per i Paesi che aspirano ad aderire all’Unione, un’esortazione a chiudere le porte a qualsiasi forma di elusione delle sanzioni internazionali e a mezzi “ormai non a norma di sicurezza”. Da Bruxelles arrivano pressanti richieste alla Georgia, Paese aspirante candidato all’adesione Ue dal 4 marzo 2022, ad allinearsi al regime di misure restrittive contro la Russia anche sul livello dell’aviazione civile, in risposta alla decisione di Mosca di eliminare il divieto di volo verso la Georgia.
    Scritte contro la Russia durante le proteste a Tbilisi del 7 marzo 2023
    L’appello è arrivato oggi (11 maggio) dal portavoce del Servizio Europeo per l’Azione Esterna (Seae), Peter Stano, rispondendo alle domande della stampa a proposito della notizia sulla decisione delle autorità russe di togliere il divieto tra i due Paesi. “Ne prendiamo atto”, ha commentato seccamente il portavoce, approfittando però dell’occasione per richiamare all’ordine i partner georgiani sullo stesso tema, ma da un’angolatura differente: “Dobbiamo ricordare che a causa delle guerra illegale di aggressione della Russia in Ucraina, l’Ue e i partner internazionali hanno introdotto sanzioni contro il settore dell’aviazione russa e non permettiamo voli da, per e sulla Russia“. La questione non riguarda solo i Ventisette, ma anche e soprattutto i Paesi candidati all’adesione Ue (come la Serbia, unico Paese europeo che autorizza la sua compagnia di bandiera Air Serbia a volare sulle città russe) e aspiranti tali: “L’Ue incoraggia la Georgia ad allinearsi alle sanzioni esistenti contro la Russia, bisogna rimanere vigili rispetto a qualsiasi possibile tentativo di aggirarle“, ha incalzato Stano.
    C’è poi anche una questione di sicurezza che si solleva sul sorvolo di velivoli russi nei cieli dei Paesi partner dell’Unione. Come evidenziato anche dall’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (Icao) esistono “significativi rischi” che un Paese come la Georgia potrebbe correre se autorizzasse “mezzi ormai non a norma di sicurezza”. È qui che si inserisce la questione più volte rimarcata dalla Commissione Europea sull’impatto delle sanzioni internazionali sull’economia e l’industria di Mosca: “La Russia non è in grado di aggiornare il 95 per cento dei mezzi della propria flotta aerea“. O, in altre parole, il Paese non riesce a “mantere il livello sufficiente di standard di sicurezza” nel settore dell’aviazione civile.
    La situazione politica in Georgia
    Le proteste dei manifestanti georgiani a Tbilisi contro il progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, 7 marzo 2023 (credits: Afp)
    Per l’Unione Europea la Georgia rimane uno dei Paesi partner più complessi da gestire, a causa dello scollamento tra una popolazione a stragrande maggioranza filo-Ue e un governo quantomeno controverso sulle tendenze filo-russe (anche se poi ha fatto richiesta di aderire all’Unione per i timori sollevati dall’espansionismo del Cremlino concretizzatosi il 24 febbraio 2022 in Ucraina). L’ultima notizia è il ritiro del partito al potere a Tbilisi, Sogno Georgiano, come membro osservatore del Partito del Socialismo Europeo (Pes), a causa delle frizioni sempre più evidenti per le politiche contestate da tutta l’Unione e per l’avvicinamento all’Ungheria di Viktor Orbán (il premier Irakli Garibashvili ha recentemente partecipato alla convention dei conservatori europei e statunitensi a Budapest).
    Due mesi fa sono scoppiate dure proteste popolari contro un controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ di filo-russa memoria, voluta proprio dal premier Garibashvili per registrare tutte le organizzazioni che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero come ‘agente straniero’ (in modo simile a quanto in vigore in Russia dal primo dicembre dello scorso anno). Dopo l’approvazione in prima lettura da parte del Parlamento decine di migliaia di cittadini georgiani sono scesi in piazza con le bandiere della Georgia e dell’Unione Europea, gridando slogan come Fuck Russian law, sostenuti sia dalle istituzioni comunitarie sia dalla presidente del Paese, Salomé Zourabichvili. Dopo due giorni di proteste ininterrotte il partito Sogno Georgiano ha ritirato il progetto di legge, ma senza sconfessare la propria iniziativa. Il leader del partito al potere è l’oligarca Bidzina Ivanishvili, che compare nella risoluzione non vincolante del Parlamento Europeo, in cui è richiesto alla Commissione di imporre nei suoi confronti sanzioni personali.
    In questo scenario non va dimenticato il rapporto particolarmente delicato della Georgia con la Russia, Paese con cui confina a nord. La candidatura all’adesione Ue e Nato – sancita dalla Costituzione nazionale – da tempo è causa di tensioni con il Cremlino. Nell’agosto del 2008 l’esercito russo aveva invaso (per cinque giorni) la Georgia e da allora Mosca riconosce i territori separatisi dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia come Stati indipendenti. Nell’area sono ancora dislocati migliaia di soldati russi, per aumentare la sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia. Ecco perché anche la questione dell’allineamento alle sanzioni internazionali contro la Russia nel settore dell’aviazione civile da parte di Tbilisi viene considerato essenziale da Bruxelles per tagliare ogni rapporto equivoco con il Cremlino e per proseguire con decisione sulla strada della candidatura per l’adesione all’Unione Europea.

    In qualità di Paese che aspira a diventare candidato all’adesione all’Unione, Tbilisi è chiamata a impedire “qualunque tentativo di elusione” anche nel settore dell’aeronautica civile. A causa delle misure restrittive Mosca non è in grado di aggiornare “il 95% della propria flotta”

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    Tre pilastri per un unico obiettivo nell’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia: evitarne l’elusione da Paesi terzi

    Bruxelles – Se i portavoce della Commissione Europea solo ieri (8 maggio) preferivano non sbilanciarsi troppo sul contenuto dell’undicesimo pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia, oggi si capisce il perché. A fornire i primi dettagli della proposta dell’esecutivo comunitario che sono ora sul tavolo del Consiglio dell’Ue è stata la stessa presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, nel corso della sua visita al numero uno ucraino, Volodymyr Zelensky, a Kiev nella Giornata dell’Europa. “Permettetemi di approfondire brevemente tre elementi di questo pacchetto”, ha annunciato in conferenza stampa von der Leyen, parlando per la prima volta apertamente della nuova tornata di misure restrittive contro Mosca a oltre due mesi dall’ultimo pacchetto.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (9 maggio 2023)
    Dopo un mese di lavori “venerdì scorso [5 maggio, ndr] la Commissione ha adottato la sua proposta per l’undicesimo pacchetto di sanzioni”, ha ricordato von der Leyen. Come accennato dai portavoce durante il punto quotidiano con la stampa di 24 ore fa, “questo pacchetto si concentra ora sulla repressione dell’elusione” delle misure restrittive già in vigore, con uno “stretto coordinamento con i nostri partner internazionali, in particolare con il G7”, è quanto puntualizzato dalla leader dell’esecutivo Ue. Sanzioni che, sempre secondo le parole di von der Leyen, “stanno funzionando”, come dimostrato dalle stime che ciclicamente la Commissione tende a ricordare: “Abbiamo ridotto le nostre importazioni dalla Russia di quasi due terzi, privandola così di flussi di reddito cruciali”, ha precisato al fianco del presidente ucraino Zelensky. Dopo dieci tornate “abbiamo già imposto un prezzo pesante al Cremlino” per la sua invasione dell’Ucraina e Bruxelles continuerà a “fare tutto ciò che è in nostro potere per erodere la macchina da guerra di Putin e le sue entrate”.
    È per questo motivo che, prima di andare a colpire nuovi settori dell’economia russa, secondo il gabinetto von der Leyen è necessario azzerare le entrate che ancora sono possibili grazie all’aggiramento delle misure restrittive attraverso Paesi terzi. Per farlo la Commissione ha deciso di fondare la propria strategia su tre fondamenta. “In primo luogo stiamo affinando i nostri strumenti esistenti, con altri prodotti al nostro divieto di transito“, ha spiegato von der Leyen: “Prodotti tecnologici avanzati o parti di aeromobili destinati a Paesi terzi attraverso la Russia non finiranno più nelle mani del Cremlino”. Sarà poi messo in campo un lavoro di contrasto alle “entità ‘ombra’ della Russia e dei Paesi terzi che aggirano intenzionalmente le nostre sanzioni”.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (9 maggio 2023)
    Ma è soprattutto la terza parte della strategia a interessare l’opinione pubblica e la diplomazia di tutto il mondo, con reazioni minacciose che arrivano anche dalla Cina. “Di recente abbiamo assistito a una crescita di flussi commerciali molto insoliti tra l’Unione Europea e alcuni Paesi terzi, queste merci finiscono poi in Russia“, è il duro avvertimento di von der Leyen. Per Bruxelles è arrivato il tempo di mettere fine a un commercio quasi di contrabbando e con questa intenzione “stiamo proponendo un nuovo strumento per combattere l’elusione delle sanzioni”. Cosa significa, lo spiega la stessa presidente della Commissione Ue: “Se ci accorgiamo che le merci passano dall’Unione Europea a Paesi terzi e poi finiscono in Russia, potremmo proporre agli Stati membri di sanzionare l’esportazione di queste merci“. Si tratterà comunque di una “risorsa ultima, da usare con cautela”, a seguito di una “analisi dei rischi molto accurata e dopo l’approvazione degli Stati membri dell’Ue”.

    We are proposing an 11th package of sanctions:
    The focus is now on cracking down on circumvention, together with our international partners.
    We are:
    1 – Sharpening our existing tools, adding more products to our transit ban.
    2 – Proposing a new tool to combat sanctions… pic.twitter.com/kWIiQnTBfb
    — European Commission (@EU_Commission) May 9, 2023

    Cosa non c’è nell’undicesimo pacchetto di sanzioni
    Nel discorso di von der Leyen c’è però un grande assente: il nucleare russo. “È un lavoro duro, ma alcuni Paesi membri stanno facendo progressi e potete contare che continueremo a spingere in questo senso“, ha voluto specificare la presidente dell’esecutivo comunitario, rispondendo a una domanda specifica sulla presenza o meno del settore nucleare del Cremlino nel nuovo pacchetto di misure restrittive. Gli umori dei 27 governi sono stati testati dalla Commissione attraverso i cosiddetti ‘confessionali’, colloqui riservati tra l’esecutivo comunitario e ciascun ambasciatore presso l’Ue dei 27 Stati membri per raccogliere considerazioni senza filtri da parte dei governi prima di presentare la proposta di sanzioni. Quanto emerge dalle parole di von der Leyen a Kiev è che l’unità ancora non c’è su questo punto e difficilmente si assisterà a un colpo di scena dell’ultimo momento. Secondo quanto confermano fonti europee, la prima discussione tra gli ambasciatori è in programma domani (10 maggio) al Comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue (Coreper), a cui ne seguirà una seconda venerdì.
    È proprio il presidente ucraino Zelensky a chiedere insistentemente da tempo a Bruxelles di inserire l’industria nucleare russa nelle misure restrittive internazionali, come evidenziato anche nella prima storica visita di persona a Bruxelles lo scorso 9 febbraio. Nel mirino in particolare c’è Rosatom, il colosso di Stato fondato nel 2007 che controlla l’energia nucleare civile e l’arsenale di armi nucleari del Cremlino e che nell’ultimo anno di invasione dell’Ucraina è diventato anche gestore della centrale nucleare occupata di Zaporizhzhia. Le resistenze di parte dei Ventisette alle intenzioni di Bruxelles e Berlino derivano soprattutto dal fatto che l’Unione dipende dalla Russia per le importazioni di uranio, componente essenziale per la produzione di energia nucleare. Secondo le ultime stime dell’agenzia di approvvigionamento di Euratom (la Comunità europea dell’energia atomica), nel 2020 il 20 per cento dell’uranio naturale importato nell’Ue arrivava proprio da Mosca, seconda solo al Niger. “Stiamo lavorando molto intensamente con i nostri Stati membri per diversificare ed essere indipendenti”, è l’ultima promessa di von der Leyen al presidente Zelensky. Con vista già a un possibile dodicesimo pacchetto di sanzioni.

    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha fornito qualche dettaglio sulle nuove misure restrittive. Divieto di transito di prodotti tecnologici avanzati, contrasto alle entità ‘ombra’ e nuovo strumento per sanzionare l’esportazione di merci che finiscono a Mosca

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    Dopo l’intesa politica tra i leader Ue l’economia russa viene colpita con il nono pacchetto di sanzioni

    Bruxelles – A due settimane dalla fine dell’anno più turbolento per i rapporti tra Unione Europea e Russia, a causa dell’aggressione armata dell’Ucraina da parte di Mosca, i Ventisette hanno dato un altro colpo all’economia russa, imponendo un nuovo pacchetto di sanzioni contro il regime di Vladimir Putin. La nona tornata di misure restrittive è una risposta all’escalation della guerra sul fronte orientale e prende di mira il settore energetico, minerario e tecnologico russo, ma cercando di non mettere a repentaglio la sicurezza alimentare globale.
    Il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel
    “Dopo il cibo e la fame, Putin sta ora utilizzando l’inverno come arma, privando deliberatamente milioni di ucraini di acqua, elettricità e riscaldamento“, è il duro commento dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Il via libera dal Consiglio dell’Ue alle nuove sanzioni è arrivato dopo l’intesa politica tra i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri durante il vertice di ieri (giovedì 15 dicembre): “Il Consiglio Europeo accoglie con favore il rafforzamento delle misure restrittive dell’Ue nei confronti della Russia, anche attraverso il nono pacchetto di misure restrittive e il tetto internazionale dei prezzi del petrolio“, si legge nelle conclusioni, con un richiamo alle misure contenute nell’ottavo pacchetto di sanzioni.
    Il nodo principale su cui “ci eravamo bloccati nella procedura scritta” – come confessato in conferenza stampa post-vertice dal presidente del Consiglio Ue, Charles Michel – ha riguardato la deroga delle sanzioni per gli oligarchi russi attivi nel campo alimentare e dei fertilizzanti e del cibo. Come spiegato da fonti Ue a margine del Consiglio, l’esenzione si applicherà solo per questo tipo di transazioni, dal momento in cui le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazioni sul fatto che le consegne di cibo e fertilizzanti sono ritardate dai controlli nei porti degli Stati membri Ue e dei partner internazionali. In ogni caso Bruxelles sottolinea con forza che “nessuna delle misure adottate riguarda in alcun modo il commercio di prodotti agricoli e alimentari tra Paesi terzi e Russia”. Tuttavia, considerata la “ferma volontà” dell’Unione di combattere l’insicurezza alimentare globale, “è stato deciso di introdurre una nuova deroga che consenta di scongelare i beni e mettere a disposizione fondi e risorse economiche a determinate persone” che ricoprono un “ruolo significativo” nel commercio di prodotti come “grano e fertilizzanti“.

    Sciolto questo nodo e trovato “il giusto bilanciamento tra la fermezza contro il Cremlino e la sicurezza alimentare”, come ha precisato il presidente Michel, la strada è stata in discesa per l’imposizione del nuovo ciclo di sanzioni. Sul piano energetico e minerario sono stati vietati nuovi investimenti in Russia, “fatta eccezione per attività di estrazione e di cava che coinvolgono materie prime critiche“. Per quanto riguarda il fronte tecnologico, sono vietate le esportazioni di beni e tecnologie che possono contribuire al potenziamento tecnologico del settore della difesa e della sicurezza (all’elenco dei sanzionati sono state aggiunte altre 168 entità del complesso militare e industriale russo): stop al commercio con Mosca di sostanze chimiche, agenti nervini, attrezzature per la visione notturna e la radio-navigazione, elettronica e componenti informatici.
    Ma nel capitolo delle esportazioni assume particolare rilevanza un’altra gamma di tecnologie-chiave per la guerra in Ucraina: nel campo dell’aviazione e dell’industria spaziale sono stati inclusi i motori degli aerei “sia di velivoli con equipaggio sia senza equipaggio”. In altre parole, da oggi sarà vietata l’esportazione di motori per droni in Russia “e in qualsiasi Paese terzo che potrebbe fornirli” a Mosca. Un riferimento nemmeno troppo velato all’Iran, già sanzionato per il supporto al Cremlino con droni e addestratori in Crimea. Sul fronte delle consulenze europee viene invece introdotto il divieto di servizi di collaudo di prodotti e di ispezione tecnica.
    Il nono pacchetto di sanzioni prevede anche il congelamento dei beni nei confronti di altre due banche russe, mentre la Banca russa di sviluppo regionale è stata aggiunta all’elenco di entità soggette al divieto totale di transazioni attraverso il sistema dei pagamenti Swift. La propaganda di regime viene poi colpita con il divieto di sospensione delle licenze di trasmissione di altri quattro media (oltre a Sputnik, Russia Today, Rossiya RTR / RTR Planeta, Rossiya 24 / Russia 24 e TV Centre International): si tratta di NTV / NTV Mir, Rossiya 1, REN TV e Pervyi Kanal. “Queste emittenti sono sotto il controllo permanente, diretto o indiretto, della leadership della Federazione Russa”, specifica il Consiglio dell’Ue, sottolineando che “sono state utilizzate per le continue e concertate azioni di disinformazione e propaganda di guerra”.

    I welcome the agreement on the 9th sanctions package against Russia.
    It focuses on tech, finance and media to push the Russian economy and war machine further off the rails.
    It sanctions almost 200 individuals and entities involved in attacks on civilians & kidnapping children https://t.co/3vx73DMZyz
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) December 16, 2022

    Dal divieto d’investimenti nel settore energetico e minerario a quello dell’esportazione di motori per droni anche a “qualsiasi Paese terzo che possa fornirli” a Mosca. Per sbloccare le misure restrittive è stata garantita la deroga agli oligarchi attivi nel campo alimentare e dei fertilizzanti

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    La Commissione Ue propone una nuova stretta sugli oligarchi che violano le sanzioni contro la Russia

    Bruxelles – “La violazione delle sanzioni Ue contro la Russia non darà i suoi frutti”. In un tweet pubblicato questa mattina (2 dicembre), la Commissione Ue ha ribadito la volontà di dare battaglia a chiunque cerchi di aggirare le misure restrittive stabilite da Bruxelles dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.
    Per farlo, l’esecutivo comunitario ha presentato una proposta per criminalizzare l’evasione delle sanzioni e per armonizzare la risposta in tutti i Paesi membri. Le norme comuni stabilite dalla Commissione renderanno più facile indagare e perseguire le violazioni in tutto il territorio Ue. “L’Unione Europea deve mostrare i denti per garantire la piena applicazione delle sanzioni”, ha dichiarato il commissario per la Giustizia, Didier Reynders: “Non basta presentare pacchetti sanzionatori di ampio respiro se tutti gli Stati membri non sono dotati degli strumenti necessari per garantire l’effettività delle misure restrittive”.

    The violation of EU sanctions against Russia won’t pay off.
    Today, we put forward a proposal to criminalise the evasion of EU restrictive measures.
    It will make easier to investigate, prosecute and punish violations of sanctions in all EU countries.#StandWithUkraine
    — European Commission 🇪🇺 (@EU_Commission) December 2, 2022

    Le difficoltà incontrate dall’Ue nell’attuazione delle sanzioni dimostrano, secondo la Commissione, “la complessità dell’identificazione dei beni di proprietà degli oligarchi, che li nascondono in diverse giurisdizioni attraverso elaborate strutture legali e finanziarie”. La Commissione propone di usare il pugno duro: a seconda del reato, la singola persona potrebbe essere soggetta a una pena di almeno cinque anni di carcere e le società potrebbero ricevere sanzioni non inferiori al 5 per cento del fatturato totale delle stesse.
    Ma non solo. La proposta di direttiva permetterebbe ai 27 Paesi membri di avviare procedure giudiziarie per la confisca di beni, nel caso in cui venisse accertata una violazione delle misure restrittive Ue. L’elenco di reati include “mettere a disposizione fondi a beneficio di una persona o un’entità toccati da sanzioni, il mancato congelamento di tali fondi, consentire l’ingresso e il transito di persone sanzionate nel territorio di uno Stato membro, commerciare in beni e servizi vietati o limitati”.
    Prevedere la confisca dei beni, anziché il loro congelamento come accaduto fino a oggi, permetterebbe la loro messa all’asta o l’eventuale assegnazione a enti terzi, sgravando gli Stati membri dagli oneri della manutenzione. I proventi, come ha annunciato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, potrebbero costituire un fondo “per il risarcimento dei danni causati all’Ucraina”.

    L’esecutivo Ue propone di criminalizzare l’evasione delle sanzioni e armonizzare le procedure penali negli Stati membri. Almeno cinque anni di carcere a chi aggira le misure restrittive e confisca dei beni, che potrebbero costituire un fondo per l’Ucraina

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    A Bruxelles si lavora per stabilire un tribunale su crimini di guerra russi e per riutilizzare i beni congelati degli oligarchi

    Bruxelles – “La Russia deve pagare per i suoi crimini orribili”. Un attacco sentito innumerevoli volte in questi nove mesi di invasione dell’Ucraina, ma che oggi (mercoledì 30 novembre) appare basato su almeno due proposte su cui la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il suo gabinetto hanno portato avanti i lavori. Un tribunale specializzato contro i crimini di guerra russi e una direttiva per facilitare la confisca dei beni e degli asset degli oligarchi, con l’obiettivo di riutilizzarli per la ricostruzione dell’Ucraina.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, a Bucha (8 aprile 2022)
    L’attacco armato del Cremlino “ha portato morte, devastazione e sofferenze indicibili”, come quelle di Bucha: “Si stima che finora siano stati uccisi o feriti più di 20 mila civili e più di 100 mila militari ucraini”, ha ricordato la numero uno della Commissione. Mentre continua il lavoro congiunto con la Corte Penale Internazionale, “proponiamo di istituire un tribunale specializzato sostenuto dalle Nazioni Unite per indagare e perseguire i crimini di aggressione della Russia“, sfruttando la collaborazione con la comunità internazionale “per ottenere il più ampio sostegno possibile”.
    Secondo quanto si apprende da funzionari Ue, per evitare la sovrapposizione tra il nuovo meccanismo processuale e la Corte Penale Internazionale (con un conflitto di giurisdizione), sarebbe necessario stabilire la supremazia di quest’ultima nel quadro dell’intera procedura, che verosimilmente prevederebbe l’arresto o la consegna di sospetti responsabili di crimini di guerra. A determinate condizioni un tribunale internazionale ad hoc potrebbe però consentire di perseguire i massimi dirigenti russi, sulla base di un trattato tra gli Stati sostenitori e un mandato delle Nazioni Unite. A Bruxelles si parla di un tribunale ibrido, anche a livello di composizione dei membri – ucraini e internazionali – la cui legittimità deve basarsi su una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (improbabile, dal momento in cui la Russia è membro permanente) o su una risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu.

    Russia must pay for its horrific crimes.
    We will work with the ICC and help set up a specialised court to try Russia’s crimes.
    With our partners, we will make sure that Russia pays for the devastation it caused, with the frozen funds of oligarchs and assets of its central bank pic.twitter.com/RL4Z0dfVE9
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 30, 2022

    Crimini di guerra e beni congelati
    La questione dei crimini di guerra russi in Ucraina si lega anche a ciò che gli Stati membri potrebbero fare già da ora sul proprio territorio. “La Russia deve pagare finanziariamente per la devastazione che è costata, i danni subiti dall’Ucraina sono stimati attorno ai 600 miliardi di euro”, ha attaccato nel suo discorso la presidente von der Leyen, parlando della copertura dei costi per la ricostruzione del Paese invaso dal 24 febbraio: “E noi abbiamo i mezzi per far pagare la Russia”. Secondo le stime fornite dalla leader dell’esecutivo Ue, a oggi sono stati bloccati 300 miliardi di euro di riserve della Banca centrale russa e congelati 19 miliardi di euro agli oligarchi russi: “A breve termine, potremmo creare insieme ai nostri partner una struttura per gestire questi fondi e investirli per l’Ucraina”.
    Lo scorso 25 maggio la Commissione ha proposto un rafforzamento e un’estensione dei crimini sul territorio dell’Unione Europea, includendo la violazione delle sanzioni tra i reati penali in tutti i 27 Paesi membri – approvata sia dal Parlamento sia dal Consiglio dell’Ue. Gli stessi funzionari Ue hanno confermato che venerdì (2 dicembre) sarà presentata la proposta di direttiva che permetterà ai 27 Paesi membri di avviare procedure giudiziarie per la confisca se c’è stata una violazione delle misure restrittive dell’Ue. La revisione della direttiva risolverebbe il problema della gestione dei beni congelati per i Ventisette, a causa delle spese per il loro mantenimento: lo strumento di tipo economico applicato fino a oggi non prevede che i beni congelati possano essere messi all’asta o assegnati ad associazioni, rimanendo proprietà degli oligarchi sanzionati. Non possono essere utilizzati, ma rappresentano un costo per le finanze dello Stato.
    A quanto si apprende a Bruxelles, nel caso in cui una persona sanzionata commetta o partecipi a reati di elusione, i proventi da confiscare potrebbero comprendere fondi e risorse economiche soggetti alle stesse misure restrittive. Da notare, però, che le nuove misure non sarebbero applicabili retroattivamente e riguarderebbero solo attività criminali commesse dopo l’entrata in vigore della direttiva: in altre parole, non si potrebbero toccare i 19 miliardi già congelati, ma solo procedere all’eventuale confisca di ulteriori beni sequestrati. In ogni caso, “lavoreremo a un accordo internazionale con i nostri partner perché questi proventi siano utilizzati per il risarcimento dei danni causati all’Ucraina”, ha ribadito von der Leyen. Si parla di un fondo specifico o di un capitolo apposito nello strumento per la ricostruzione dell’Ucraina, e dovrà essere valutato se operare con trasferimenti obbligatori o volontari da parte degli Stati membri Ue, anche attraverso un accordo intergovernativo.

    La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, propone un tribunale specializzato sostenuto dalle Nazioni Unite. Nel frattempo, ai Ventisette sono state fornite opzioni per confiscare beni e asset della Banca Centrale Russa e metterli a disposizione per la ricostruzione dell’Ucraina

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    Lukashenko schiera l’esercito al confine con l’Ucraina. L’Ue: “La Bielorussia si astenga da escalation del conflitto”

    Bruxelles – L’escalation del conflitto tra Russia e Ucraina sfonda il fronte settentrionale e rischia di coinvolgere direttamente un nuovo attore: la Bielorussia dell’autoproclamato presidente Alexander Lukashenko. Dopo i sette mesi e mezzo di supporto indiretto e logistico all’esercito russo nell’aggressione armata dell’Ucraina, Minsk è a un passo dall’entrare nella guerra anche sul piano militare, dopo l’annuncio dello stesso Lukashenko della volontà di schierare l’esercito lungo il confine con il Paese invaso dalle forze del Cremlino.
    Da sinistra: gli autocrati bielorusso, Alexander Lukashenko, e russo, Vladimir Putin
    Le giustificazioni per un possibile cambio di rotta sono del tutto pretestuose, con accuse infondate a Kiev e alla Nato di essere pronti a preparare un attacco su larga scala al territorio bielorusso: “Gli attacchi sono già pianificati dall’Ucraina”, riporta l’agenzia di stampa russa Tass, citando le parole dell’autocrate bielorusso, che addirittura ventila l’uso di “armi nucleari” da parte dell’Alleanza Atlantica. “Ci stiamo preparando da decenni, se necessario risponderemo”, ha minacciato Lukashenko, specificando di averne discusso con Putin a San Pietroburgo e di aver accordato il dispiegamento congiunto delle truppe “nella regione”.
    L’esercito della Bielorussia conta approssimativamente 60 mila soldati (oltre a 300 mila riservisti), di cui circa 4.500 sono schierati da fine febbraio in battaglioni-tattici nelle zone di confine, soprattutto con l’Ucraina. Dall’inizio dell’invasione russa, Minsk ha fornito punti di appoggio all’esercito del Cremlino sul fronte ucraino nord-orientale e ha concesso il dispiegamento di armamenti russi sul territorio nazionale. Dopo l’abbattimento parziale del ponte tra Russia e Crimea nella notte tra venerdì 7 e sabato 8 ottobre, il teatro di guerra in Ucraina si è infiammato, con un nuovo coinvolgimento della Bielorussia di Lukashenko. Secondo le accuse dell’esercito ucraino e del presidente Volodymyr Zelensky, la Russia avrebbe lanciato l’attacco di ieri mattina (lunedì 10 ottobre) su Kiev e altri grandi centri urbani utilizzando non solo missili dalla Crimea ma anche droni iraniani dal territorio bielorusso. Una dimostrazione che Lukashenko, con le sue dichiarazioni contro Kiev e la Nato, sta cercando di ribaltare di 360 gradi causa ed effetto dell’aggressione.
    “Abbiamo preso nota delle false accuse del regime di Lukashenko, sono accuse infondate, ridicole, inaccettabili”, ha messo in chiaro il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano: “L’Ucraina è la vittima, il regime bielorusso deve astenersi da qualsiasi coinvolgimento dall’escalation” nel conflitto tra Mosca e Kiev. Anche la presidente ad interim riconosciuta dall’Ue, Sviatlana Tsikhanouskaya, ha denunciato che “l’Ucraina non rappresenta una minaccia per la Bielorussia, è una bugia di Lukashenko per giustificare la sua complicità nel terrore” contro Kiev. In un appello sui canali social Tsikhanouskaya ha invitato i militari bielorussi a “non eseguiee gli ordini criminali, rifiutatevi di partecipare alla guerra di Putin contro i nostri vicini”, perché Lukashenko sta anche violando “la nostra sicurezza nazionale”.

    Lukashenka & Putin are dragging Belarus into a full-scale war against Ukraine. Let Lukashenka know that he will face the strongest sanctions & complete political isolation. Both dictators are war criminals & must appear before the tribunal. pic.twitter.com/7xrcxTWh0P
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) October 10, 2022

    È di oggi la notizia che Tsikhanouskaya avrà a sua disposizione un ufficio offertole dal governo fiammingo (la Regione federale del Nord del Belgio), vicino alle istituzioni europee e al quartier generale della Nato, come annunciato dal ministro-presidente delle Fiandre, Jan Jambon. La presidente ad interim della Bielorussia e il suo team si trasferiranno nell’ufficio domani (mercoledì 12 ottobre), quando Jambon (esponente di N-VA, partito autonomista delle Fiandre) le consegnerà ufficialmente la chiave. In questo modo, il governo locale vuole dimostrare che “le Fiandre sostengono il movimento di opposizione pacifica contro il regime dittatoriale in Bielorussia“.

    L’autoproclamato presidente bielorusso ha annunciato di aver ordinato a parte delle forze armate di schierarsi lungo la frontiera meridionale con le forze russe, in riposta alla “minaccia nucleare della Nato”. Il governo delle Fiandre offre un ufficio alla presidente riconosciuta dall’Ue Sviatlana Tsikhanouskaya

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    Dopo gli attacchi ai gasdotti Nord Stream, allarme per la sicurezza infrastrutture europee (compresi cavi sottomarini)

    Bruxelles – Le infrastrutture critiche europee sotto attacco, con il sabotaggio ai gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 che potrebbe costituire solo il primo episodio di un conflitto ibrido sul piano energetico e tecnologico. “Dobbiamo valutare tutte le caratteristiche fisiche delle infrastrutture critiche per l’Ue, per capire quanto sono resistenti“, confessano i portavoce della Commissione Europea. Perché ora è la sicurezza europea sotto minaccia russa, anche se – in assenza di prove inconfutabili – le accuse al Cremlino non possono essere ancora esplicite. Dai gasdotti ai cavi sottomarini, i Ventisette non possono permettersi però esitazioni e alzano l’allerta sulla protezione dei punti più vulnerabili per gli approvvigionamenti energetici e le connessioni digitali.
    I Paesi membri Ue dovranno condurre quanto prima “stress test” in coordinazione con Bruxelles, “con una metodologia comune e un calendario specifico” coordinato dalla commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson. La portavoce dell’esecutivo comunitario responsabile per la Sicurezza interna, Anitta Hipper, precisa che questi stress test “devono coinvolgere anche operazioni umane, come sabotaggi e attacchi terroristici o ibridi“, in particolare alla luce di una “situazione eccezionale e senza precedenti” rappresentata dal sabotaggio ai gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 di martedì (27 settembre): “Dobbiamo essere consapevoli dei rischi che affrontiamo, non facciamo stress test ogni giorno”.
    L’esplosione dei gasdotti russi in quattro punti distinti nel Baltico ha senz’ombra di dubbio un colpevole e l’Unione guarda a est, verso Mosca. “È altamente probabile che sia stato un attacco deliberato, e non un incidente, ed è molto improbabile che non sia responsabilità di uno Stato“, ha alluso a una responsabilità del Cremlino il ministro svedese dell’Energia e dello sviluppo digitale, Khashayar Farmanbar, facendo ingresso oggi (venerdì 30 settembre) al Consiglio Energia straordinario. Lo stesso ministro svedese al momento non vuole speculare “su chi e quale è stata la ragione dell’esplosione dei gasdotti”, confermando comunque che “diverse autorità governative stanno investigando sulla sicurezza” delle infrastrutture critiche. Come evidenziano diversi analisti militari, la Russia tutti gli interessi nel sabotare i gasdotti, dal momento in cui – dopo l’interruzione totale dei flussi sul Nord Stream 1 con la scusa di un guasto – i contratti con l’Ue prevederebbero forti penali per la mancata fornitura del servizio: ma con le infrastrutture sono danneggiate, il colosso energetico russo Gazprom può rivendicare la non-colpevolezza per la mancata erogazione del gas.
    Si attende la conferenza stampa del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, per capire quale livello di tensione è stato raggiunto a proposito di un possibile salto di livello della guerra del Cremlino. Ma non sono solo i gasdotti al centro delle preoccupazioni europee. I cavi sottomarini potrebbero diventare il prossimo bersaglio di una guerra ibrida da parte della Russia, per tagliare connessioni vitali dal punto di vista digitale ed economico ai Paesi europei (dalle ‘autostrade sottomarine’ passano anche le transazioni sui mercati finanziari). I cavi sottomarini sono i vettori del traffico Internet globale, oltre 400 tubi in fibra ottica che si estendono per 1,3 milioni di chilometri e che sono gestiti quasi esclusivamente da aziende private come Google, Microsoft, Alcatel Submarine Networks e Huawei Marine Networks. La vulnerabilità di questi obiettivi non-militari è determinata dal posizionamento in acque internazionali, dove per aziende e governi è più complessa la protezione, e in aree facilmente accessibili a sottomarini senza equipaggio, che possono piazzare esplosivi nei punti critici della rete.
    A oggi non ci sono casi confermati di governi che hanno danneggiato deliberatamente queste infrastrutture critiche per motivi geopolitici, ma il rischio non è nuovo e il segretario generale della Nato Stoltenberg già due anni fa avvertiva che i cavi sottomarini sono un elemento di “cruciale importanza” sia per scopi civili sia militari, anche se in caso di danneggiamento le forze armate occidentali possono passare rapidamente alle comunicazioni satellitari. Gli hub cruciali in Europa si trovano nel Mar Mediterraneo, dove si snodano i collegamenti con l’Asia oltre il Canale di Suez, e le coste occidentali del Regno Unito e della penisola iberica, dove arrivano le reti translatlantiche. Se il Cremlino volesse portare avanti questo tipo di attacco, è probabile possa concentrarsi sulla rete regionale nel Baltico, dal momento in cui un’offensiva ibrida su una rete trans-continentale potrebbe essere più facilmente individuabile dalle agenzie di sicurezza dei governi europei.

    Le esplosioni che hanno colpito le infrastrutture di traporto del gas potrebbero indicare che la Russia è pronta a portare il conflitto a un nuovo livello, coinvolgendo l’Europa in un confronto ibrido e tecnologico. Anche se al momento non ci sono prove inconfutabili contro il Cremlino

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    L’Ue reagisce all’escalation in Ucraina con l’ottavo pacchetto di sanzioni: price cap a petrolio e stop a europei nei Cda russi

    Bruxelles – Dal sesto all’ottavo pacchetto di sanzioni, passando dal maintenance and alignement (aggiornamento e allineamento, un sorta di ‘sesto e mezzo’), per colpire il Cremlino immediatamente dopo la nuova escalation in Ucraina, caratterizzata dai referendum farsa di annessione dei territori occupati dalla Russia, l’arruolamento di 300 mila riservisti, le minacce di uso dell’arma nucleare e il sabotaggio ai gasdotti Nord Stream. “La Russia ha portato l’invasione dell’Ucraina a un nuovo livello, siamo determinati a far pagare al Cremlino questa ulteriore escalation“, ha attaccato senza troppi giri di parole la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.
    Il cuore del nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia è un’ulteriore limitazione degli scambi commerciali, che “costerà al Cremlino altri 7 miliardi di euro in entrate“. Le proposte dettagliate ancora non sono state rese note, ma dal discorso della numero uno della Commissione e dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si iniziano a intravedere le direttrici dell’intervento. Prima di tutto un isolamento ulteriore dell’economia russa, per privare il complesso militare del Cremlino di tecnologie-chiave: “Si tratta di ulteriori prodotti per l’aviazione, componenti elettronici e sostanze chimiche specifiche”, ha anticipato von der Leyen. Ma soprattutto, nel pacchetto sarà introdotto un “tetto massimo di prezzo del petrolio russo per i Paesi terzi”, per annullare i profitti del Cremlino derivanti dalla vendita di combustibili fossili. “Abbiamo già deciso di vietare il trasporto di greggio russo via mare nell’Unione Europea a partire dal 5 dicembre”, ha ricordato von der Leyen – fornendo per la prima volta una data precisa alla decisione sul sesto pacchetto approvato a giugno. “Stiamo gettando le basi legali per questo tetto al prezzo del petrolio”, è l’annuncio che però ancora rimane molto vago.
    Sarà poi vietato ai cittadini europei di fornire servizi e sedere negli organi direttivi delle imprese statali russe, perché Mosca “non dovrebbe beneficiare delle conoscenze e delle competenze europee”, e saranno anche intensificati gli sforzi per reprimere l’elusione delle misure restrittive: “Stiamo aggiungendo una nuova categoria, con cui saremo in grado di schedare le persone che aggirano le nostre sanzioni“, per esempio chi acquista beni nell’Ue e li porta in Russia passando da Paesi terzi. “Credo che avrà un grande effetto deterrente, rendendo a Putin ancora più difficile sostenere la guerra”, ha concluso la presidente della Commissione.
    “Il Cremlino sta seguendo lo stesso schema che abbiamo già visto in Georgia nel 2008 e in Crimea nel 2014“, ha messo in chiaro l’alto rappresentante Borrell: “Sono sicuro di poter parlare a nome degli Stati membri dell’Unione Europea, che nessuno di loro riconoscerà il risultato falsificato dei referendum farsa” nelle province ucraine occupate di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. Ribadendo che “le nostre sanzioni stanno funzionando”, Borrell ha illustrato l’aggiornamento dell’elenco dei sanzionati, che “già ora conta più di 1.300 tra individui ed entità“. Saranno colpiti dalle sanzioni “tutti coloro che sono coinvolti nell’occupazione e nell’annessione illegale di aree dell’Ucraina da parte della Russia”, vale a dire le autorità russe per procura a Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia e i responsabili dell’organizzazione dei referendum farsa. Saranno poi inclusi i funzionari di alto livello del ministero della Difesa russo e “coloro che sostengono le forze armate russe fornendo attrezzature e armi dell’esercito, compresi missili e aerei da combattimento”, o che “partecipano al reclutamento” dei riservisti. Infine sarà prevista una nuova stretta sulla propaganda e la disinformazione di regime e ai donatori nelle aree occupate.
    A completare il quadro sulle sanzioni contro la Russia, il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, ha elencato i dati del crollo dell’economia del Cremlino: “Le importazioni dall’Ue sono diminuite di circa il 50 per cento nel periodo marzo-giugno, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, la nostra quota di importazioni di gas dalla Russia è diminuita dal 45 per cento prima della guerra al 14 di oggi“. Ancora più impressionante è quanto riporta il commissario italiano sull’industria civile di Mosca: “Le poche auto oggi prodotte sono prive di airbag, Abs e marmitte catalitiche, mentre i dati dell’estate indicavano un calo delle vendite di oltre il 70 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso a causa del crollo della produzione”. Un chiaro segno che “la nostra risposta comune sta funzionando”, come dimostrano anche le recenti mosse di Putin, “dall’interruzione delle consegne di gas attraverso Nord Stream 1, fino alla mobilitazione dei riservisti e ai falsi referendum nei territori occupati”, ha ribadito Gentiloni.

    La Commissione ha annunciato nuove misure restrittive contro “tutti coloro che sono coinvolti nell’aggressione armata e nell’annessione illegale di territori ucraini”. La presidente von der Leyen ha annunciato che la nuova stretta alle importazioni “costerà al Cremlino altri 7 miliardi di euro”