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    La revisione dei fondi Ue alla Palestina non ha riscontrato nessuna violazione. Ma 7 progetti non sono più realizzabili

    Bruxelles – Nessuna violazione dei criteri per l’esborso dei fondi Ue finora erogati alla Palestina. Si riassume così la revisione dell’assistenza finanziaria voluta dalla Commissione Europea lo scorso 9 ottobre, resasi necessaria per controllare che il budget comunitario previsto a sostegno del popolo palestinese dal 2021 non sia finito nelle mani di Hamas – organizzazione terrorista secondo la lista di Bruxelles – dopo l’attacco armato a Israele. Dopo 43 giorni dall’annuncio da parte dell’esecutivo comunitario, il gabinetto von der Leyen tira un sospiro di sollievo per la tenuta dei controlli e delle salvaguardie esistenti – “che sono state significativamente rafforzate negli ultimi anni” – come emerso da una valutazione che non ha rilevato prove “che il denaro sia stato deviato per scopi non voluti”.(credits: Said Khatib / Afp)Come spiegato da alti funzionari Ue, il budget comunitario era già prima sottoposto a “stretto controllo”, ma in ogni caso è stata condotta una revisione sui fondi stanziati nei primi due anni della Strategia comune europea 2021-2024 di fonte a uno scenario “estremamente polarizzato” e con “serie accuse” sullo stanziamento da parte di Bruxelles. La revisione pubblicata oggi (21 novembre) aveva due obiettivi: il primo legato proprio al fatto che nessun finanziamento sia finito a organizzazione terroristiche o che sia stato violato il principio di abuso dei fondi “in particolare sull’antisemitismo”, e il secondo per assicurarsi che i finanziamenti alla Palestina “non si blocchino”. È così che è stato scandagliato tutto il portafoglio non solo della Direzione generale Vicinato e negoziati di allargamento (Dg Near), ma anche di tutti i fondi “che abbiano partner palestinesi”.Gaza City, Palestina (credits: Yahya Hassouna / Afp)Un totale di 119 contratti per un totale di circa 331 milioni di euro, che non hanno evidenziato alcuna violazione degli impegni presi nel 2021 e nel 2022 in Palestina. L’88 per cento dei fondi scrutinati (292 milioni) risulta completamente in linea, mentre per il restante 12 per cento (38,9 milioni) si attendono “ulteriori informazioni” dalle organizzazioni della società civile e dalle organizzazioni non governative destinatarie. Per queste ultime – precisano le stesse fonti Ue – sono state chieste delucidazioni “senza pregiudizi” sull’applicazione dei controlli: solo in due casi (per un totale di otto milioni di euro) ci sono “accuse specifiche” di incitamento all’odio e alla violenza dopo gli eventi del 7 ottobre, ma in questo caso i servizi della Commissione Ue stanno seguendo le “procedure regolari” per l’investigazione e la valutazione. C’è però da segnalare che tra i 292 milioni di euro totalmente in linea con le disposizioni, 75,6 milioni non sono più attuabili (il 23 per cento del totale), come per esempio i grandi progetti infrastrutturali a Gaza – sistema energetico, impianto di desalinizzazione e accesso ai servizi idrici – che dopo i bombardamenti israeliani dell’ultimo messe non sono più costruibili. Questi fondi “saranno riprogrammati a sostegno dei palestinesi secondo le nuove priorità da individuare sul campo”, specifica il gabinetto von der Leyen.La stessa Commissione Ue rende noto che la revisione ha seguito un approccio in due fasi. All’inizio è stato effettuato “uno screening operativo” per valutare la fattibilità dei progetti alla luce della “nuova situazione sul campo” (è qui che si inserisce la lista dei 7 progetti da 75,6 milioni di euro non più attuabili). Successivamente è stata condotta una valutazione del rischio con la richiesta a tutti i partner esecutivi di informazioni sui meccanismi di controllo in vigore: a partire da questi report il Berlaymont ha individuato misure aggiuntive applicabili, “come l’inserimento di clausole contrattuali anti-incitamento in tutti i nuovi contratti e il monitoraggio della loro rigorosa applicazione in ogni momento”. Tutto questo riguarda i primi due anni della Strategia per la Palestina 2021-2024 – “senza nessun ritardo sui pagamenti“, sottolineano i funzionari – mentre per quanto riguarda il budget 2023 gli impegni arriveranno entro fine anno. “Niente di strano”, come si evince anche osservando le date in cui sono arrivate le decisioni di implementazione per gli anni scorsi (nel mese di dicembre dell’anno corrente). Sul budget 2024 le fonti non si sbilanciano ancora.I fondi Ue alla Palestina tra il 2021 e il 2024Come emerge dalle tabelle della Strategia comune europea per la Palestina, nel periodo 2021-2024 sono previsti 1,17 miliardi di euro direttamente dal bilancio Ue (nel Quadro finanziario pluriennale che terminerà nel 2027, mentre devono ancora essere stabilite le assegnazioni per il secondo periodo 2025-2027) che dovrebbero servire come “ombrello strategico per i piani di programmazione e attuazione bilaterali” dei Paesi partecipanti. Vale a dire Italia, Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lituania, Malta, Repubblica Ceca, Norvegia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Svizzera, oltre alla stessa Commissione Europea.I fondi servono a finanziare programmi in 13 aree operative, divise in 5 pilastri: democrazia, Stato di diritto e diritti umani, riforma della governance, consolidamento fiscale e politica, fornitura di servizi sostenibili, cambiamento climatico, accesso a servizi idrici ed energetici autosufficienti, e sviluppo economico sostenibile. Più nello specifico sono stati previsti da Bruxelles 25 milioni di euro per il primo pilastro (Stato di diritto), 222,5 per il secondo (governance), 248 per il terzo (servizi), 147 per il quarto (cambiamento climatico) e 133,5 per il quinto (sviluppo sostenibile), oltre a 353 milioni per i rifugiati e l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (Unrwa) e 48 milioni a Gerusalemme Est.I fondi del budget non sono aiuti umanitariIn questo quadro va tenuto però presente che fondi Ue per l’assistenza alla Palestina sono diversi dagli aiuti umanitari che l’Unione fornisce al popolo palestinese da decenni di crisi non risolta. È netta la distinzione tra sostegno umanitario e altre forme di supporto dal budget, dal momento in cui il primo non è mai veicolato da governi, ma solo da partner umanitari, agenzie Onu e Ong “sulla base dei principi di imparzialità, neutralità, indipendenza e umanità”, precisa la Commissione Ue. Ecco perché gli aiuti umanitari – cibo, alloggi, acqua, assistenza medica – continueranno “fino a quando sarà necessario”, in altre parole fino a quando ci saranno partner sul campo che possono veicolarli alla popolazione palestinese.Per quanto riguarda l’importo in questo ambito, a sostegno di oltre 2,1 milioni di palestinesi in necessità nel 2023 erano inizialmente previsti 26,9 milioni di euro, ma dopo la crisi la cifra è salita a 103 milioni, riassume la pagina dedicata agli aiuti umanitari per la Palestina. A partire dal 7 ottobre sono stati immediatamente stanziati 28 milioni di euro in finanziamenti umanitari, seguiti da una nuova tranche da 50 milioni il 13 ottobre e altri 25 milioni il 6 novembre. Oltre l’80 per cento della popolazione della Striscia di Gaza dipende dagli aiuti “a causa delle restrizioni di accesso e delle ostilità, che ne hanno minato l’economia”. Complessivamente dal 2000 l’Ue ha fornito oltre 955 milioni di euro in assistenza umanitaria, di cui circa 26,5 milioni lo scorso anno (2,1 milioni come contributi esterni di Italia, Spagna, Finlandia e Francia).
    I servizi della Commissione Ue hanno ultimato l’analisi dei finanziamenti (già erogati) dalla Strategia comune europea per il periodo 2021-2024. Nessun ritardo sui pagamenti dovuti nei primi due anni, si prevede entro fine anno il via libera agli impegni per il budget 2023

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    “Un orrore non giustifica un altro orrore”. La visita in Israele e Palestina di Borrell per portare solidarietà e spingere la pace

    Bruxelles – Un viaggio in Israele e Palestina nel pieno della guerra tra Gerusalemme e Hamas nella Striscia di Gaza, per mettere in chiaro “le stesse cose” in entrambi i posti: “Un orrore non giustifica un altro orrore, l’attacco terroristico di Hamas ha cambiato il paradigma di una situazione fragile, ma ogni perdita di vita civile è deplorevole”. Si è presentato così l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, nella sua doppia visita tra ieri e oggi (16-17 novembre) a Gerusalemme e Ramallah per spingere il messaggio dell’Ue di ricerca della pace quanto prima e di ricostruire la regione su basi nuove.Da sinistra: l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, a Ramallah il 17 novembre 2023 (credits: Nasser Nasser / Pool / Afp)“Stiamo assistendo a una tragedia, mi riferisco a ciò che sta succedendo a Gaza e in Israele”, ha messo in chiaro Borrell, aprendo oggi la conferenza stampa congiunta con il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh. Con oltre 11 mila vittime nella Striscia di Gaza per i bombardamenti israeliani e gli ospedali “al collasso”, secondo il capo della diplomazia Ue “Hamas ha attaccato anche la causa palestinese” il 7 ottobre. Se l’organizzazione definita terroristica dall’Unione “deve liberare immediatamente gli ostaggi” israeliani, allo stesso tempo “abbiamo anche sottolineato che il modo in cui Israele si difende è importante, perché deve rispettare le leggi umanitarie e il principio di proporzionalità“. Come spiegato ieri senza troppi giri di parole a Gerusalemme nel punto stampa con il presidente israeliano, Isaac Herzog, “gli amici di Israele sono quelli che vi chiedono di non commettere una tragedia”.Portando nella regione il messaggio condiviso dai Ventisette al Consiglio Affari Esteri di lunedì (13 novembre) di mettere in campo “pause umanitarie immediate, perché l’assistenza raggiunga i civili” della Striscia di Gaza, l’alto rappresentante Borrell a Gerusalemme si è detto “sconvolto dalla sofferenza umana del popolo israeliano, ma anche preoccupato per la sofferenza della popolazione di Gaza”. Nel “non farsi accecare dall’odio” per quanto accaduto il 7 ottobre nei kibbutz, la richiesta è quella di “fare il possibile per diminuire il livello di sofferenza dei civili”. Ma senza nascondere il mea culpa che coinvolge tutta la comunità internazionale: “È stato un fallimento politico e morale, e includo anche l’Unione Europea, perché non abbiamo preso abbastanza in considerazione la pace tra Palestina e Israele”. Ma come ricordato a Ramallah, “ora questi tragici eventi hanno portato la questione palestinese fuori dal limbo” ed è necessario uno sforzo da tutte le parti per raggiungere la pace e la stabilità futura.Da sinistra: l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il presidente di Israele, Isaac Herzog, a Gerusalemme il 16 novembre 2023 (credits: Nasser Nasser / Pool / Afp)“Solo una soluzione politica può mettere fine a questo interminabile ciclo di violenza” che, nonostante stia passando sotto silenzio di fronte alla tragedia di Gaza, riguarda anche la Cisgiordania sotto il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). L’alto rappresentante Borrell non ha taciuto “l’aumento del terrorismo dei coloni” israeliani post-attacco di Hamas: “Da inizio anno 421 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania, ma dal 7 ottobre sono stati 202, cioè in un mese lo stesso numero dei dieci mesi precedenti”. Di fronte a una situazione di “occupazione illegale” del territorio palestinese, il capo della diplomazia Ue ha chiesto “a livello più alto possibile a Israele di affrontare la questione, per evitare il rischio di scoppio delle ostilità anche in Cisgiordania”.Il piano Ue per la Palestina post-guerraLo scopo della visita in Israele e Palestina – che continuerà nei prossimi giorni in Bahrein, Arabia Saudita, Qatar e Giordania – è stata però anche l’occasione per iniziare a far sentire la presenza diplomatica europea, dopo un mese di polemiche e divisioni sul messaggio veicolato dai leader delle rispettive istituzioni (e anche all’interno delle stesse istituzioni). “La questione palestinese non può rimanere irrisolta“, ha messo in chiaro oggi Borrell di fronte al premier Shtayyeh, parlando della soluzione a due Stati “che è rimasta dimenticata per troppo tempo, è arrivato il momento per definire i passi concreti per implementarla”.La proposta di piano dell’Unione Europea – ancora in fase di definizione – portata nella regione è quella concordata a inizio settimana dai 27 ministri Ue degli Esteri. Si tratta di quello “schema mentale” presentato dall’alto rappresentante Borrell che passa da sei condizioni, “tre sì e tre no”. Per quanto riguarda i tre ‘no’, si parte dal fatto che “non ci potrà essere un’espulsione forzata dei palestinesi“, che “il territorio di Gaza non si può ridurre, non può esserci rioccupazione da parte di Israele a livello permanente” e che la questione dei bombardamenti in atto a Gaza “non può essere dissociata dalla questione palestinese“. E le stesse condizioni sono state ribadite anche a Gerusalemme.I tre ‘sì’ fanno invece parte dell’impostazione per una pace strutturale e stabile. “A Gaza deve tornare un’autorità palestinese, la cui legittimità deve essere definita e riconosciuta”, ma questa volta a Ramallah – a differenza di lunedì – Borrell ha fatto esplicitamente riferimento all’Autorità Nazionale Palestinese: “Avete la capacità di continuare questo lavoro, vi supporteremo”. La soluzione deve essere “appoggiata con un forte coinvolgimento degli Stati arabi” a livello finanziario e politico. E infine servirà “più coinvolgimento dell’Ue nella regione, in particolare nella costruzione dello Stato palestinese“. Dopo la definizione delle sei condizioni del piano per il post-guerra, l’alto rappresentante Borrell ha incassato un primo successo, il “pieno sostegno” del governo palestinese. Tutto tace invece sul fronte israeliano.
    L’alto rappresentante Ue ha esortato Gerusalemme a “fare il possibile per diminuire il livello di sofferenza dei civili” a Gaza e a garantire “pause umanitarie immediate”. Presentato a Ramallah il piano dell’Unione per il post-guerra con “pieno supporto” dall’Autorità Nazionale Palestinese

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    L’Ue sceglie il silenzio sugli “attacchi sproporzionati” di Israele a Jabalia. È iniziata l’evacuazione di 7.500 persone da Gaza

    Bruxelles – C’è il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, che in un tweet si dice “sconvolto dall’alto numero di vittime civili a causa delle bombe israeliane sul campo profughi di Jabalia”. Intorno a lui, dall’Unione Europea un silenzio sconcertante. Mentre dal quartier generale dell’Onu e dalle agenzie delle Nazioni Unite che lavorano nella Striscia di Gaza arrivano parole durissime sull’operazione militare delle Forze di Difesa israeliane.Il bilancio dei raid di martedì e mercoledì (31 ottobre e primo novembre) sulla città situata pochi chilometri a nord di Gaza City è di almeno 195 morti e 120 dispersi, secondo i dati diffusi dal ministero della Sanità controllato da Hamas. “L’ultima atrocità che ha colpito gli abitanti di Gaza”, l’ha descritta il sottosegretario per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite, Martin Griffiths. Da Ginevra, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha denunciato i bombardamenti su Jabalia come “attacchi sproporzionati che potrebbero equivalere a crimini di guerra“, mentre il suo direttore della sede di New York, Craig Mokhiber, ha addirittura deciso di lasciare il suo incarico accusando il Palazzo di Vetro di essere incapace di agire per “prevenire il genocidio” della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza. “Stiamo assistendo a un genocidio che si sta svolgendo sotto i nostri occhi e l’organizzazione che serviamo sembra impotente a fermarlo”, ha scritto Mokhiber nella lettera di dimissioni.Il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, a Rafah il primo novembre 2023 (credits: Said Khatib / Afp)Dall’inferno dell’enclave palestinese, l’Unicef condanna gli “attacchi su larga scala in un’area residenziale densamente popolata”, che “possono avere effetti indiscriminati”. E il commissario generale dell’Unrwa – l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi – ha definito la situazione umanitaria come “una tragedia senza precedenti“. Il commissario generale Philippe Lazzarini, dopo aver ottenuto il permesso di entrare a Gaza per la prima volta dal 7 ottobre, ha confermato che “l’attuale risposta umanitaria non è di gran lunga sufficiente, né corrisponde agli enormi bisogni della popolazione di Gaza”. In particolare c’è bisogno di “consegne urgenti di carburante”, che “non è arrivato per quasi un mese impattando in modo devastante su ospedali, panifici, impianti idrici” e sulle attività stessa dell’Unrwa. Ma gli appelli per un cessate il fuoco umanitario lanciati dall’Agenzia – che tra le proprie fila conta già più di 70 vittime dei raid israeliani – “cadono nel vuoto”. Senza di esso, avverte Lazzarini, “più persone verranno uccise, coloro che sono vivi subiranno ulteriori perdite e la società, un tempo vivace, sarà in lutto per sempre”.L’Ue ringrazia l’Egitto per l’apertura del varco di RafahDai leader delle istituzioni europee nessuna parola sul bombardamento di Jabalia. In comunicato pubblicato ieri sera, la Commissione Europea ha “accolto con favore l’evacuazione di numerosi cittadini dell’Ue e di altri cittadini stranieri, nonché persone ferite attraverso il valico di frontiera di Rafah tra Gaza e l’Egitto”. La presidente dell’esecutivo Ue, Ursula von der Leyen, ha “ringraziato calorosamente le autorità egiziane per i loro ammirevoli sforzi volti ad aiutare i cittadini stranieri, il personale delle organizzazioni internazionali e le loro famiglie, compresi i cittadini europei, ad entrare in sicurezza nel loro Paese”. Tralasciando completamente ciò che stava accadendo alla popolazione palestinese nel nord della Striscia.Cittadini stranieri e con doppio passaporto al varco di Rafah, tra Gaza e l’Egitto (credits: Mahmud Hams / Afp))Dal varco al confine tra Egitto e la Striscia di Gaza sono uscite ieri più di 400 persone, 335 cittadini stranieri e palestinesi con doppio passaporto e 76 feriti gravi che non potevano essere assistiti negli ospedali locali ormai allo stremo. Oggi è prevista l’evacuazione di altri 400 cittadini stranieri e di una sessantina di feriti, in totale nei prossimi giorni i cancelli di Rafah dovrebbero restare aperti per circa 7.500 persone, secondo una lista stilata da diversi Paesi e avallata dalle autorità egiziane e israeliane. L’accordo tra Il Cairo e Tel Aviv è stato reso possibile grazie alla mediazione di Stati Uniti e Qatar.Nella dichiarazione la Commissione Ue ha voluto sottolineare di aver già triplicato la sua assistenza umanitaria a Gaza, portandola a 78 milioni di euro, con l’obiettivo di “consentire ai partner di continuare il loro prezioso lavoro umanitario”, e di aver già effettuato 6 voli con oltre 263 tonnellate di aiuti umanitari, preposizionati in Egitto in attesa di una “rapida consegna di assistenza alle persone bisognose a Gaza”.
    Per l’Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani i raid sul campo profughi potrebbero essere un crimine di guerra, l’Unicef parla di “scene di carneficina”. Da Bruxelles solo l’Alto rappresentante Josep Borrell si dice “sconvolto dal numero di vittime civili”

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    I fondi UE per la Palestina saranno erogati “rapidamente”. L’annuncio di von der Leyen sblocca lo stallo di oltre 6 mesi

    Bruxelles – Si sbloccano i fondi 2021 dell’UE per la Palestina, circa 215 milioni di euro che saranno erogati “rapidamente” dopo il via libera della Commissione. Ad annunciarlo nel corso della sua visita di ieri (martedì 14 giugno) a Ramallah è stata la stessa numero uno dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, felicitandosi che dopo oltre sei mesi sono state superate “tutte le difficoltà” all’interno del suo gabinetto. “Abbiamo chiarito che l’erogazione avverrà”, ha dichiarato durante una conferenza stampa congiunta con il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, la prima del viaggio di due giorni di von der Leyen, che l’ha portata anche in Egitto e Israele per stringere i rapporti in materia di sicurezza energetica e alimentare.
    “È importante avere questi finanziamenti per sostenere la popolazione, soprattutto quella più vulnerabile, perché contribuiscono a creare le condizioni per opportunità economiche“, ha sottolineato la presidente della Commissione UE, a poche ore dalla luce verde arrivata da Bruxelles. Le ha fatto eco l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, che ha ribadito l’importanza di questo passo compiuto a sostegno del popolo palestinese, “dopo l’enorme approvazione della nuova proposta da parte degli Stati membri”. L’alto rappresentante Borrell ha posto l’accento sul “trattamento equo” da parte dell’Unione e sul fatto che “il finanziamento non include la condizionalità per l’istruzione, che andrebbe contro i principi” dei Ventisette.

    Good to be in Ramallah to meet PM @DrStayyeh.#TeamEurope is the largest donor of support to the Palestinian people.
    We’ll discuss how to boost economic, social development, including access to clean water, reliable energy supply and food security. https://t.co/NkKJstvMra
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) June 14, 2022

    Il riferimento dell’alto rappresentante UE – e delle “difficoltà” lasciate tra le righe da von der Leyen – riguarda la posizione del commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Oliver Várhelyi, che aveva portato allo stallo nell’autunno dello scorso anno. Da giugno del 2021 il commissario ungherese ha portato avanti la linea dura del governo di Budapest, secondo cui sarebbe necessario vincolare i finanziamenti UE alla modifica del contenuto dei libri di testo nelle scuole della Palestina. Secondo l’Ungheria – unico Paese membro tra tutti i Ventisette che sposa la visione di alcuni gruppi integralisti della società israeliana – diversi libri promuoverebbero l’antisemitismo tra i bambini palestinesi, che non godrebbero del “diritto sancito dall’UNESCO a un’istruzione di pace, tolleranza, coesistenza e non-violenza”, aveva attaccato in un tweet lo stesso commissario Várhelyi, motivando il bisogno di condizionare i 215 milioni di euro che Bruxelles avrebbe dovuto erogare a Ramallah nel 2021.
    L’UE è il principale donatore della Palestina e per la Commissione – escluso il commissario ungherese – era considerato cruciale dare un segno del proprio sostegno, proprio nel giorno in cui la presidente von der Leyen aveva in programma la visita a Gerusalemme per negoziare più forniture di gas in risposta alle necessità di approvvigionamento alternativo dalla Russia di Putin. Il via libera è arrivato dopo il parere positivo di 26 Paesi membri UE su 27 alla proposta di eliminare qualsiasi condizione per i finanziamenti comunitari alla Palestina che riguardino l’ambito dell’istruzione. Senza sorprese, l’Ungheria è stata l’unico Stato membro a non allinearsi.

    L’annuncio della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, durante la visita a Ramallah. Si tratta di circa 215 milioni di euro bloccati dal commissario ungherese per la Politica di vicinato, Oliver Várhelyi, nel tentativo di condizionarli al contenuto di alcuni libri di testo