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    Rafforzamento del fianco orientale, supporto all’Ucraina e appello alla Cina. Di cosa discuteranno i leader NATO

    Bruxelles – Le conseguenze della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina si fanno sentire anche sull’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO) e con effetti molto pesanti. Così come anticipato oggi (mercoledì 23 marzo) dal segretario generale, Jens Stoltenberg, nel corso della conferenza stampa pre-vertice, i leader NATO riuniti domani a Bruxelles dovranno decidere se e come rafforzare il fianco orientale dell’Alleanza. “Si tratta di un nuovo dispiegamento di battaglioni in Ungheria, Bulgaria, Romania e Slovacchia, che porterà a otto il loro numero, compresi quelli già presenti nei Paesi baltici e in Polonia”, ha specificato Stoltenberg.
    Il rafforzamento del fianco orientale “per terra, aria e mare” della NATO in realtà è già iniziato informalmente con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, considerato il fatto che “abbiamo risposto in modo unitario e rapido per difendere tutti gli alleati” e questo, in termini pratici, si è tradotto nella preparazione di “più di un centinaio di migliaia di militari in Europa“. Nello specifico, “sono in stato di allerta cinque carrier strike group [gruppi di attacco di portaerei, ndr] nel Mare del Nord e nel Mediterraneo”. Stoltenberg ha voluto precisare che “dobbiamo affrontare una nuova era di sicurezza globale” e questo comporta una “riorganizzazione della difesa sul lungo termine, con nuovi investimenti” per la sicurezza dell’Europa: “La pace non può più essere data per scontata”, ha sottolineato con forza.
    Sul tavolo delle discussioni dei leader NATO domani ci sarà anche il tema del sostegno all’Ucraina nella resistenza contro la Russia. “Abbiamo fornito sistemi di difesa, armi, munizioni e sostegno finanziario, ora bisogna considerare se si può fare di più”, ha spiegato Stoltenberg ai giornalisti, mettendo in chiaro che “potrebbe servire un supporto addizionale per la protezione da minacce nucleari, batteriologiche e chimiche“, che potrebbero essere messe in atto dall’esercito di occupazione. “L’uso di questo tipo di armi cambierebbe la natura del conflitto e avrebbe enormi conseguenze”, ha avvertito il segretario generale dell’Alleanza. Nonostante il supporto (quasi) incondizionato all’Ucraina – che “sta mettendo in pratica con forza e coraggio l’addestramento ricevuto dal 2014 a oggi” – Stoltenberg ha voluto sgombrare il campo da ogni dubbio: “L’ingresso dell’Ucraina nella NATO non è in agenda“.
    Un ultimo punto riguarderà invece gli appelli internazionali dei leader NATO per la ricerca di una via diplomatica alla risoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina. Il primo interlocutore è Pechino: “Siamo preoccupati che la Cina possa sostenere Mosca militarmente, dopo aver dato supporto politico, con la disinformazione e mettendo in discussione la possibilità dell’Ucraina di prendere decisioni sovrane sulla sua sicurezza”. Dall’Alleanza potrebbe arrivare un appello alla “responsabilità della Cina in quanto membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e a supporto degli sforzi per raggiungere il dialogo e la pace”. In ultima battuta, un duro monito alla Bielorussia di Alexander Lukasehenko, su cui iniziano a intensificarsi i timori che possa intervenire direttamente con l’esercito nella guerra in Ucraina: “Chiederemo a Minsk di mettere fine alla sua complicità, che dal primo giorno ha messo a disposizione il suo territorio per mobilitare le truppe russe d’occupazione verso Kiev”, ha puntato il dito Stoltenberg.

    Nell’incontro dei capi di Stato e di governo dell’Alleanza dovrà essere presa la decisione su un nuovo dispiegamento di battaglioni in Ungheria, Bulgaria, Romania e Slovacchia. Ma gli alleati sono “preoccupati che Pechino possa supportare Mosca militarmente”

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    Educazione, lavoro, sanità e alloggi: le linee-guida della Commissione UE per l’accoglienza dei rifugiati dall’Ucraina

    Bruxelles – Tre milioni e mezzo di rifugiati dall’Ucraina nell’UE, sei e mezzo internamente nel Paese invaso dalla Russia quasi un mese fa (domani la prima ricorrenza della guerra). Per affrontare la crisi migratoria più velocemente in crescita sul suolo europeo dalla Seconda Guerra Mondiale, Bruxelles ha messo in campo uno sforzo inedito sul piano dell’accoglienza, con il pacchetto di misure a sostegno degli aiuti umanitari presentato dalla Commissione Europea due settimane fa e l’applicazione della Direttiva europea sulla protezione temporanea per la prima volta da quando è entrata in vigore nel 2001 (qui tutti i dettagli). Mentre il numero di rifugiati è in costante aumento, l’esecutivo comunitario ha presentato oggi (mercoledì 23 marzo) le linee-guida per l’assistenza delle persone in fuga dall’Ucraina da parte degli Stati membri UE.
    Il sostegno si incentra su cinque pilastri: protezione per i minori, accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria, al lavoro e all’alloggio. “Ai bambini deve essere garantito un rapido accesso ai loro diritti senza discriminazioni“, si legge nella comunicazione della Commissione Europea, in particolare per quanto riguarda la registrazione al momento dell’ingresso nell’UE: il rischio da combattere è quello di rapimenti e di traffico di esseri umani. Sempre ai bambini e ai ragazzi ucraini dovrà essere garantito “come priorità” l’accesso all’istruzione, “perché possano sentire un minimo di normalità nelle loro vite stravolte”, ha sottolineato in conferenza stampa il vicepresidente esecutivo della Commissione, Margaritis Schinas. Questa integrazione nei sistemi scolastici dei Paesi membri potrà essere agevolata dal fatto che “il sistema ucraino è già stato digitalizzato durante la pandemia COVID-19” e il portale di Kiev potrà funzionare come “sportello unico per collegarsi al materiale didattico in lingua ucraina”.
    Grazie a un meccanismo di solidarietà istituito dall’esecutivo UE che ha garantito 10 mila posti letti in tutta l’Unione, sul piano dell’assistenza sanitaria i rifugiati in arrivo dall’Ucraina che hanno “urgente bisogno di cure ospedaliere specializzate” potranno essere trasferiti tra Stati membri. L’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA) andrà anche a sostenere la fornitura di vaccini COVID-19, considerato il basso livello di vaccinazione della popolazione ucraina (circa il 35 per cento). Allo stesso tempo, non verrà trascurato il sostegno – in lingua ucraina – alla salute mentale di queste persone, per affrontare i traumi della guerra.
    Per quanto riguarda l’occupazione, gli Stati membri sono stati invitati a prendere misure per aiutare le persone a esercitare il loro diritto al lavoro e alla formazione professionale. Infine, la Commissione Europea ha deciso di sostenere i cittadini dei 27 Stati membri UE che vogliono mettere a disposizione le proprie case per ospitare i rifugiati in arrivo dall’Ucraina, attraverso la nuova iniziativa “case sicure” e la mobilitazione di finanziamenti mirati, oltre al dispiegamento del Fondo per l’asilo, la migrazione e l’integrazione e i fondi della politica di coesione per rafforzare i sistemi pubblici di accoglienza. Complessivamente, sono stati resi disponibili 3,4 miliardi di euro aggiuntivi di prefinanziamento nell’ambito di REACT-EU per accelerare l’accesso ai fondi, di cui “molti andranno alla Polonia, che avrà la parte che merita per sostenere l’enorme sforzo richiesto”, ha precisato il vicepresidente Schinas.
    La solidarietà tra Paesi membri UE
    La presentazione delle linee-guida della Commissione Europea sull’accoglienza dei rifugiati ucraini (23 marzo 2022)
    Per l’UE è anche fondamentale la cooperazione e la solidarietà tra gli Stati membri per coordinare il sostegno sul campo e l’accoglienza dei rifugiati che fuggono dalla guerra in Ucraina. A questo proposito, è stata istituita una piattaforma di solidarietà che riunisce Stati membri e agenzie UE e adibita all’organizzazione dei trasferimenti sicuri di persone verso Paesi che hanno maggiori capacità di accoglienza, compresi quelli extra-UE (Canada e Regno Unito). La commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha reso noto che “per facilitare il dibattito su una condivisione equa dell’onere”, i servizi della Commissione stanno comparando il numero di rifugiati ucraini in ciascuno Stato membro e quello dei richiedenti asilo dello scorso anno, facendo poi un confronto con le dimensioni del Paese: “Questo crea un indice che può indicare in qualche modo quali sono gli Stati che oggi sono di fronte alla pressione maggiore”, ha specificato la commissaria, anticipando che “la Polonia è il primo, poi vengono Austria, Cipro, Repubblica Ceca ed Estonia“.
    Il meccanismo di solidarietà è già in atto, con i primi trasferimenti di 14.500 persone dalla Repubblica di Moldova verso sette Paesi membri e la Norvegia iniziati sabato corso (19 marzo). In questo quadro è contemplato anche il rimpatrio di cittadini non-ucraini che non hanno diritto alla protezione temporanea (ma che comunque devono essere accolti alle frontiere dell’UE). Con il sostegno dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) sono stati organizzati i primi voli umanitari di ritorno volontario dalla Polonia al Tagikistan e al Kyrgyzstan. Infine, nel corso della conferenza stampa, la commissaria Johansson ha ricordato ai rifugiati in arrivo dall’Ucraina tutti i consigli per viaggiare in sicurezza sul territorio UE, in particolare per prevenire i rischi di sfruttamento per donne e bambini.

    Messa in campo anche la piattaforma di solidarietà per coordinare il sostegno sul campo e l’accoglienza. L’esecutivo UE lavora a un indice dei Paesi membri che devono affrontare la situazione più drammatica: Polonia al primo posto

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    Navalny condannato ad altri 9 anni di carcere in Russia. L’UE: “Repressione interna parallela ad aggressione militare”

    Bruxelles – Sono altri nove anni di carcere per l’oppositore politico russo, Alexei Navalny, secondo quanto stabilito dalla sentenza del tribunale distrettuale di Lefortovo di Mosca. Si tratta di un prolungamento della pena rispetto ai tre anni e mezzo già comminati nel febbraio dello scorso anno, stabilito dopo una serie di udienze a porte chiuse e “inaccessibili agli osservatori internazionali”, è il duro commento dell’UE alla condanna di Navalny. “È la prova più evidente che il sistema giuridico russo continua a essere strumentalizzato contro Navalny”, ha accusato in una nota l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, sottolineando come sia stato dato spazio alla “fabbricazione di accuse e al mancato esercizio dei diritti di difesa da parte dell’imputato”.
    La cerimonia del Premio Sakharov 2021 assegnato ad Alexei Navalny
    Navalny, che ha ricevuto lo scorso anno il Premio Sakharov per la libertà di pensiero dell’UE (ritirato a dicembre dalla figlia, Daria Navalnaya) è detenuto in Russia dal gennaio 2021, arrestato appena dopo essere atterrato nel Paese dalla Germania. A Berlino era rimasto per mesi per ricevere le cure necessarie dopo aver subito un avvelenamento attribuibile, secondo varie inchieste, ai servizi di sicurezza russi. Un mese dopo il ritorno in Russia, l’oppositore di Vladimir Putin era stato condannato per aver violato – proprio perché si trovava in ospedale in Germania – la libertà vigilata decisa a seguito di una precedente condanna. Nella sentenza di ieri (martedì 22 marzo) è stato invece riconosciuto colpevole di frode e appropriazione indebita, per aver rubato 4,1 milioni di euro dalle casse della FBK, la sua fondazione contro la corruzione politica (illegale in Russia dal giugno dello scorso anno). Secondo l’opinione pubblica e gli osservatori internazionali, sono entrambe due sentenze politiche contro un diretto sfidante del potere assoluto dell’autocrate russo.
    “L’Unione Europea deplora la repressione sistematica della società civile, dei media indipendenti, dei singoli giornalisti e dei difensori dei diritti umani in Russia”, ha rincarato la dose Borrell, facendo un collegamento con quanto sta accadendo in Ucraina: “Questa repressione interna sta accelerando in mezzo alla continua aggressione militare contro un Paese sovrano“. In questo modo il governo russo “continua a ignorare palesemente” tutti gli obblighi e gli impegni internazionali per il rispetto sia dei diritti umani e delle libertà fondamentali in patria, sia della sovranità e dell’indipendenza dei suoi vicini. Nel caso di Navalny esiste un “rischio per la sua vita” e per questo motivo l’UE continua a chiedere il “rilascio immediato e incondizionato”, così come richiesto anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
    Schierati contro la sentenza anche i presidenti della commissione per gli Affari esteri (AFET) del Parlamento UE, David McAllister, della sottocommissione per i Diritti umani (DROI), Maria Arena, della delegazione per i rapporti UE-Russia, Ryszard Czarnecki, e il relatore per la Russia, Andrius Kubilius. “La sentenza viola chiaramente il diritto internazionale e la Costituzione russa, è illegale, arbitraria e politicamente motivata” e “dimostra ancora una volta che il regime russo sta diffondendo la paura tra i leader dell’opposizione, gli attivisti e la società civile”. Per il Parlamento UE Navalny rappresenta “centinaia di altri cittadini russi detenuti senza motivo solo per aver avuto il coraggio di dimostrare a favore della pace o per essersi fatti avanti per i loro diritti”, hanno sottolineato gli eurodeputati. Dal momento in cui “il miglior sostegno per lui e per gli altri prigionieri politici non è la simpatia e le parole gentili, ma le azioni contro il regime di Putin”, come affermato dallo stesso oppositore russo, l’UE deve “adottare sanzioni immediate contro tutti i funzionari russi coinvolti in questo nuovo caso di ingiustizia“.

    L’oppositore di Putin e vincitore del Premio Sakharov per la libertà di pensiero 2021 è stato condannato per frode e appropriazione indebita, dopo i 3 anni e mezzo già comminati per violazione della libertà vigilata

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    Draghi: “Superare rapidamente la dipendenza energetica dalla Russia”. Gentiloni: “Non sarà facile”

    Bruxelles – L’obiettivo è quello di tutti, comune: liberarsi dal fornitore energetico russo. I ventisette Stati membri dell’UE vanno nella stessa direzione, e l’Italia è decisa a correre, con Bruxelles che però frena. Perché bisogna fare i conti con la realtà. Così mentre l’esecutivo tricolore si mostra possibilista, quello comunitario è più realista. “Siamo impegnati per diversificare le nostre fonti di approvvigionamento energetico, così da superare in tempi molto rapidi la nostra dipendenza dalla Russia“, scandisce il presidente del Consiglio, Mario Draghi, in occasione dell’intervento del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, alla Camera dei deputati.
    L’intervento di Draghi mostra la volontà di scrollarsi di dosso un partner divenuto improvvisamente troppo scomodo e inaffidabile, e l’intenzione concreta di lavorare con l’Ucraina ad un futuro a minore trazione russa. Ma all’inquilino di palazzo Chigi sembra rispondere il commissario per l’Economia. A Oxford, dove negli stessi momenti tiene un discorso sulle implicazioni della guerra voluta da Putin, Paolo Gentiloni non fa mistero della portata del cambiamento di rotta. “La nuova strategia dell’UE per ridurre la nostra dipendenza dall’energia russa è chiaramente ambiziosa. Raggiungere i nostri obiettivi non sarà facile, ma la nostra analisi mostra che si può fare”.
    Si sente di aggiungere qualcosa, Gentiloni, che occorre tenere a mente. Un’ipotesi. “Se avremo successo, avremo affrontato una fonte chiave di vulnerabilità”. Se. Segno che la volontà di smarcarsi da Mosca deve fare i conti con l’effettiva riuscita del compito. “L’UE non sarà ricattata”, assicura il commissario italiano del team von der Leyen, che ricorda gli impegni profusi e rilanciati con forza con tutti i soggetti internazionali destinati a diventare un’alternativa a Gazprom. Uniti, Norvegia, Algeria, Qatar, Egitto, Corea, Giappone, Nigeria, Turchia, Israele: le alternative non mancano, quello che manca adesso sono accordi commerciali veri per forniture reali. Servirà tempo. Perché del 90 per cento di importazioni di gas di cui l’UE ha bisogno, “circa la metà è russa”.
    In maniera diversa la sensazione è che l’UE ce la possa fare. Anche perché, e questo Draghi lo rivendica con orgoglio, “davanti alla Russia che ci voleva divisi, ci siamo mostrati uniti, come Unione Europea e come Alleanza Atlantica”. Ma sul fronte energetico l’unità, da sola, non basta. Serviranno anche le riforme, e anche in questo senso Gentiloni, premier dei giorni andati, sembra rispondere a quello dei giorni presenti. “Data l’attuale situazione dobbiamo fare di più e più velocemente” su fronte di convenienza, sicurezza dell’approvvigionamento ed energia pulita, che sono “i nostri tre obiettivi” come Unione. Vuol dire accelerare riforme e investimenti per le fonti alternative e rinnovabili. Un compito che spetta ai Paesi, e che non è scontato. E’ qui che servono tempi molto rapidi, e Gentiloni lo mette in chiaro una volta di più.

    Il presidente del Consiglio assicura il partner ucraino circa le intenzioni di cambi di rotta, il commissario per l’Economia smorza gli entusiasmi, e invita a fare riforme e investimenti che servono

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    Ucraina, Di Maio: “Al lavoro a stretto contatto col Parlamento UE”

    Bruxelles – Rinsaldare il rapporto tra governo italiano e Parlamento europeo su tutti i principali dossier di stretta attualità, a cominciare da quello ucraino e dal suo aspetto umanitario. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, coglie l’occasione della riunione dei 27 capi diplomatici a Bruxelles per incontrare la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, e intavolare un dialogo di lavoro per l’immediato futuro. “Continueremo a lavorare insieme e a stretto contatto“, assicura il titolare della Farnesina, che vede “grande impegno” ma soprattutto “una grande sensibilità del Parlamento europeo e della presidenza del Parlamento europeo” sulla questione ucraina. Di Maio riconosce “l’importanza delle posizioni espresse anche sull’ingresso del Paese nell’UE“, e ha voluto “ringraziare a nome del governo” di Roma gli sforzi profusi in tal senso sin qui.
    Ne chiede anche qualcuno in più, consapevole della natura di Metsola, proveniente da un Paese da sempre in prima linea nella questione migratoria. Con la maltese Di Maio rilancia la necessità di un vero patto europeo sull’immigrazione, che sappia superare le regole che scaricano tutto il fardello dei richiedenti asilo agli Stati membri di primo ingresso. Chiede garanzie sul lavoro del Parlamento in tal senso, così da mettere pressione all’Europa degli Stati sempre divisi su punto. Occorre modificare e superare le logiche del regolamento di Dublino: è questo uno dei principali messaggi del titolare della Farnesina.
    Nella giornata di lavori e incontri istituzionali l’Italia si prodiga a tutto campo per gestire la questione della guerra e dei suoi sfollati. Ai ministri degli Esteri ha espresso l’invito a “prendere l’iniziativa per tregue umanitarie localizzate in Ucraina“, da avviare in attesa di un accordo di pace vero e proprio. Serve “un tavolo permanente” con Croce Rossa e Alto commissariato per i rifugiati (UNHCR) per evacuare la popolazione civile e darle sostegno.
    Serve dunque un’UE che agisca come attore di sostegno umanitario, ma non solo. C’è anche la questione energetica sul tavolo. Non a caso l’Unione dell’energia è un altro tema discusso con Metsola. Aumentare gli accordi con altri partner, e spingere sulla transizione sostenibile: tutti temi che già vedono Roma e Bruxelles vicine. Un’intesa che rende dunque possibile e auspicabile quel lavoro a stretto contatto che si intende portare avanti.

    Il ministro degli Esteri vede la presidente dell’Eurocamera. Conflitto e sua gestione il motivo di confronto e alleanza, con l’energia sul tavolo. Priorità all’aspetto umanitario. L’idea di “tregue umanitarie localizzate” nel Paese

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    Le sanzioni alla prova del nove. Task force UE e G7 al lavoro per sequestrare i beni degli oligarchi russi e bielorussi

    Bruxelles – Proseguono senza sosta i lavori delle due nuove task force per individuare, congelare e sequestrare i beni e le proprietà degli oligarchi russi e bielorussi colpiti dalle sanzioni in tutti i Paesi membri dell’UE e del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America) e in Australia. L’unità operativa Freeze and Seize della Commissione Europea ha iniziato a lavorare al fianco della Russian Elites, Proxies, and Oligarchs (REPO), per garantire l’efficacia dei quattro pacchetti di sanzioni adottati nelle ultime settimane e per coordinare a livello globale l’attuazione dei sequestri di yacht, ville, aziende e ogni tipo di bene posseduto all’estero dalla cerchia stretta di Vladimir Putin e di Alexander Lukashenko.
    “Questo coordinamento renderà il perseguimento degli oligarchi russi e bielorussi nell’UE una possibilità concreta”, ha spiegato il commissario per la giustizia, Didier Reynders. Questo tipo di iniziative è “vitale per ottenere il congelamento e la confisca rapida” di tutto ciò che può rientrare nella ricchezza dei soggetti che stanno finanziando la guerra russa in Ucraina: “La nostra azione congiunta può fare la differenza a livello globale, mostra veramente la solidarietà e l’unità di fronte alla guerra“. Lo ha confermato anche la commissaria per i Servizi finanziari, Mairead McGuinness: “Le nostre misure combinate stanno avendo un impatto significativo, l’economia russa è in caduta libera” e a questo punto è necessario intensificare il contrasto a “tutti i tentativi di fornire servizi finanziari e legali per facilitare l’evasione delle sanzioni”. L’UE “non offrirà alcun rifugio sicuro agli oligarchi che sostengono la macchina da guerra russa”, ha attaccato con forza la commissaria.

    A oggi sono 877 gli individui e 62 le entità a essere stati colpiti dal congelamento dei beni sotto le sanzioni dell’UE, come conseguenza dell’aggressione russa all’Ucraina. Tra questi anche Andrey Melnichenko, re del settore dei fertilizzanti e del carbone, a cui la polizia italiana ha sequestrato nel porto di Trieste uno yacht di 143 metri e dal valore di 530 milioni di euro: la settimana scorsa Melnichenko ha fatto un appello alla pace per scongiurare il rischio di una “crisi alimentare globale” (e per mettere in salvo i suoi affari d’oro in Europa e nel mondo). Oltre al congelamento e sequestro dei beni, agli oligarchi russi e bielorussi saranno vietati viaggi e transiti sul territorio UE e non sarà nemmeno possibile mettere a loro disposizione fondi o servizi.
    La task force Freeze and Seize è composta dalla Commissione Europea, da rappresentanti dei 27 governi nazionali, da Eurojust ed Europol e si riunirà ogni settimana. Nella prima riunione dell’11 marzo, presieduta dal commissario Reynders, è stato fatto il punto sulle misure già adottate, la situazione dei procedimenti giudiziari in corso e le possibilità di confisca dei beni secondo le basi giuridiche dell’Unione e dei Paesi membri. Da allora è in corso il lavoro di coordinamento operativo, per la condivisione delle informazioni all’interno dell’Unione e la messa in pratica dei sequestri dei beni degli oligarchi russi e bielorussi.

    Stabilito il coordinamento tra i Paesi membri con due unità operative per garantire l’efficacia delle sanzioni adottate contro Mosca e Minsk dopo l’aggressione dell’Ucraina e per continuare il lavoro di ricerca delle proprietà da congelare

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    A Bruxelles Borrell accusa la Russia di “crimini di guerra” in Ucraina: “Mariupol sarà completamente distrutta”

    Bruxelles – Crimini di guerra, una violazione delle regole anche nel contesto della guerra. L’invasione russa dell’Ucraina sta diventando un’azione di conquista senza più nessun freno e la denuncia non arriva solo da Kiev ma anche dall’Unione Europa: “La Russia sta commettendo enormi crimini, questa non è più una guerra ma la distruzione in atto di un Paese“, ha attaccato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, facendo ingresso al Consiglio Affari Esteri in programma oggi (lunedì 21 marzo). È anche per questo motivo che oggi i ministri degli Esteri dell’Unione discuteranno “anche di sanzioni ai danni del settore energetico della Russia“, dopo il quarto pacchetto di misure restrittive approvato la settimana scorsa.
    Il riferimento dell’alto rappresentante Borrell è in particolare alla situazione di Mariupol, sempre più drammatica: i bombardamenti hanno raso al suolo diversi quartieri ed edifici che ospitavano centinaia di civili, mentre i combattimenti si stanno concentrando nelle zone centrali della città. “Quello che sta accadendo a Mariupol è un immenso crimine di guerra, qualcosa di orrendo“, per cui “la Russia ha moralmente perso ogni legittimità e Putin merita la più netta condanna di tutto il mondo civilizzato”, ha sottolineato con forza Borrell. L’alto rappresentante ha avvertito che “la città sarà completamente distrutta, mentre i cittadini stanno morendo”. L’Ucraina ha rifiutato la resa chiesta ieri (domenica 20 marzo) dal colonnello generale russo Mikhail Mizintsev e The Guardian, citando la vice-premier ucraina, Iryna Vereshchuk, riporta di un accordo per otto corridoi umanitari: ma non ne è contemplato nessuno dalla città portuale nel sud-est dell’Ucraina.
    A proposito dei crimini di guerra, in una nota il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) ha condannato “con la massima fermezza” le pratiche della Russia di “rapire o sequestrare giornalisti ucraini, attivisti della società civile, funzionari locali e altri civili” nelle zone al momento sotto il controllo “illegale e illegittimo” dell’esercito di occupazione. Sviluppi “preoccupanti” che spesso riguardano “volontari che cercano di aiutare le loro comunità con cibo, medicine e acqua”, ma anche giornalisti “che espongono la verità sugli sviluppi sul terreno”. I casi più eclatanti sono quelli del redattore di Novy Den Oleg Baturin (rilasciato ieri dopo otto giorni di sequestro), la giornalista di Hromadske Victoria Roshchyna (di cui non si hanno notizie da otto giorni) e gli attivisti Olha Haisumova e Serhiy Tsyhipa, scomparsi nelle ultime settimane. “Gli occupanti russi continuano con la loro deplorevole tattica di rapire i rappresentanti delle amministrazioni comunali e regionali”, è la denuncia del SEAE: tra questi, il sindaco di Dniprorudny, Yevgen Matveyev, il presidente del consiglio distrettuale di Melitopol, Sergiy Pryima, la sindaca di Ivankiv, Tetiana Svyrydenko, il vice-capo dell’amministrazione militare-civile di Shchastia, Volodymyr Tiurin, il segretario del consiglio comunale di Skadovsk, Yuriy Paliukh, e il membro del personale di emergenza, Oleksiy Danchenko.
    Mentre “la lista dei cittadini ucraini detenuti illegalmente cresce ogni giorno”, Bruxelles chiede il rispetto della sentenza della Corte internazionale di giustizia di mercoledì scorso (16 marzo), che ha ordinato alla Russia di “sospendere immediatamente l’operazione militare avviata il 24 febbraio sul territorio dell’Ucraina”. Mosca però non riconosce la giurisdizione della Corte sulla controversia e per questo motivo aveva disertato le udienze del 7 e 8 marzo: secondo la Russia, il tribunale internazionale con sede all’Aia non ha alcun potere indipendente per far rispettare le sue decisioni. Questo motiva ancora di più l’UE a esigere il “ritiro immediato e senza condizioni di tutte le forze e le attrezzature militari dall’intero territorio dell’Ucraina“, si legge nella nota del SEAE, così come di “stabilire immediatamente un accesso umanitario senza ostacoli in Ucraina”.

    L’accusa è arrivata dall’alto rappresentante UE: “Questa non è più una guerra, ma la distruzione in atto di un Paese”. I ministri degli Esteri dell’Unione discuteranno di nuove sanzioni contro il settore energetico di Mosca

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    Zelensky: “Ursula von der Leyen mi ha promesso che in pochi mesi la Commissione darà il parere sulla nostra adesione”

    Bruxelles – La Commissione Europea darà la sua opinione formale sull’adesione dell’Ucraina all’UE in pochi mesi, così come prevede la procedura. Lo ha annunciato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in un tweet diffuso dopo un colloquio con la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen. “Abbiamo avuto una conversazione approfondita”, in cui il tema centrale questa volta è stato l’allargamento dell’Unione all’Ucraina: “L’opinione della Commissione sulla nostra domanda di adesione all’UE sarà preparata in pochi mesi“. Zelensky ha confermato che “il governo ucraino e la Commissione hanno ricevuto le indicazioni necessarie” e che “ci muoviamo insieme verso l’obiettivo strategico”.

    Had substantial conversation with EC President @vonderleyen. EC opinion on UA application for #EU membership will be prepared within few months. UA Government and EC are instructed. Moving to our strategic goal together.
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) March 18, 2022

    Sempre su Twitter la numero uno della Commissione ha ribadito che il sostegno dell’UE all’Ucraina “è assoluto”, anche sul fronte della possibile adesione: “Il percorso verso l’Unione è iniziato“. La presidente von der Leyen ha poi ammonito che “tempi come questi richiedono visione, fermezza e resistenza per poter fare un difficile passo dopo l’altro”, assicurando che “la Commissione camminerà in questa direzione”.
    Lo scorso 7 marzo gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) avevano concordato di invitare la Commissione Europea a presentare un parere su sulla domanda di adesione dell’Ucraina (e anche della Georgia e della Repubblica di Moldova), che sarà poi trasmesso al Consiglio dell’UE. La domanda formale di Kiev era stata inoltrata a Bruxelles il 28 febbraio, a soli quattro giorni dall’inizio dell’invasione russa del Paese, con la richiesta di una “procedura speciale accelerata” che sa più di ricerca di un appoggio anche politico contro i progetti espansionistici del Cremlino. La prospettiva europea dell’Ucraina ha ricevuto l’endorsement prima del Parlamento Europeo riunito nella sessione plenaria straordinaria del primo marzo e poi del vertice dei leader UE della settimana scorsa a Versailles.

    I assured President @ZelenskyyUa of the EU’s unabated support. Ukraine’s European path has now begun. Times like these require the vision, steadfastness and stamina to take one difficult step after the next. The @EU_Commission will move ahead on this path. pic.twitter.com/Yn4JVXzSAG
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 18, 2022

    Ricevuta la proposta formale di candidatura all’adesione e richiesto il parere della Commissione dal Coreper, per diventare un Paese membro dell’UE è necessario superare l’esame dei criteri di Copenaghen, ovvero le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche (istituzioni stabili, Stato di diritto, rispetto dei diritti umani, economia di mercato, capacità di mantenere l’impegno). Dopodiché si arriva alla firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, un accordo bilaterale tra UE e Paese richiedente, e a questo punto si può presentare la vera e propria domanda di adesione all’Unione: se accettata, viene conferito lo status di Paese candidato. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio UE di avviare i negoziati: solo quando viene dato il via libera all’unanimità dai Paesi membri si possono aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile). Alla fine di questo processo si arriva alla firma del Trattato di adesione.

    Il presidente ucraino ha sottolineato che Kiev e Bruxelles si muovono “insieme verso l’obiettivo strategico”. La presidente della Commissione Europea ribadisce che il sostegno all’Ucraina “è assoluto”