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    Von der Leyen e Borrell in missione a Kiev “questa settimana” per incontrare Zelensky

    Strasburgo, dall’inviato – La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si recheranno a Kiev “questa settimana”, per incontrare il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Lo ha annunciato il portavoce dell’esecutivo comunitario, Eric Mamer, in un tweet pubblicato questa mattina (martedì 5 aprile).
    La missione è prevista “prima dell’evento #StandUpForUkraine di sabato a Varsavia” – una chiamata a raccolta dei donatori a supporto dell’Ucraina alla presenza anche del premier del Canada, Justin Trudeau – che come ha precisato la portavoce della Commissione, Dana Spinant, si svolgerà a partire dalle ore 15. Incrociando gli impegni di von der Leyen e Borrell a Strasburgo per la sessione plenaria del Parlamento Europeo e in Svezia e Bulgaria per la presentazione dei rispettivi piani nazionali di ripresa e resilienza, è probabile che il viaggio a Kiev inizi tra giovedì notte e venerdì mattina, per concludersi sabato nella capitale polacca.

    President @vonderleyen and HRVP @JosepBorrellF will travel this week to Kyiv to meet President @ZelenskyyUa prior to the pledging event #StandUpForUkraine on Saturday in Warsaw.
    — Eric Mamer (@MamerEric) April 5, 2022

    La missione diplomatica a Kiev della presidente della Commissione e dell’alto rappresentante UE ricalca la decisione e l’azione intrapresa dalla numero uno del Parlamento UE, Roberta Metsola, che tra giovedì e venerdì scorso (31 marzo-2 aprile) si era recata nella capitale ucraina per incontrare il presidente dell’Assemblea nazionale, Ruslan Stefančuk, il premier Denys Šmihal’ e il presidente Zelensky, dopo aver rivolto un messaggio incisivo ai deputati ucraini nella sessione straordinaria della Verchovna Rada. Anche nel caso di Metsola, che è stata la prima leader di un’istituzione comunitaria a recarsi nel territorio invaso dall’esercito russo, il viaggio si era concluso in Polonia, per un incontro con il premier, Mateusz Morawiecki, e le organizzazioni di solidarietà ai profughi ucraini. Proprio la presidente Metsola, aprendo ieri la sessione plenaria dell’Eurocamera, ha sottolineato che la sua presenza a Kiev è servita per “portare il nostro messaggio e mostrare che siamo al loro fianco in questi tempi bui”.
    L’annuncio del viaggio a Kiev di von der Leyen e Borrell è arrivato a poco meno di un’ora dall’anticipazione del premier sloveno, Janez Janša, che sempre su Twitter si era rallegrato del fatto che i due leader dell’Unione raggiungeranno i diplomatici sloveni e lituani nella capitale dell’Ucraina sotto assedio russo dal 24 febbraio scorso: “Questa volta la Slovenia ha mostrato la strada”, ha commentato Janša. Il tweet del premier sloveno è apparso fuori luogo per una questione di sicurezza e di incolumità personale per la missione dei due leader dell’Unione, dal momento in cui rappresentano un obiettivo sensibile in un territorio dove si stanno svolgendo combattimenti armati. La stessa presidente Metsola la scorsa settimana aveva annunciato di essere diretta a Kiev solo giovedì sera, quando era effettivamente in viaggio per l’Ucraina, senza nessuna informazione filtrata alla vigilia della partenza.
    È probabile che la decisione del premier sloveno sia dipesa dalla volontà di mettere pressione sull’esecutivo comunitario, in modo da costringerlo a non poter fare nessun passo indietro. Prima dell’annuncio da parte del gabinetto von der Leyen – che ha evitato alla presidente e all’alto rappresentante Borrell di trovarsi in una posizione scomoda di fronte a probabili domande degli eurodeputati a Strasburgo – da Bruxelles è arrivato un commento secco all’indirizzo di Janša: “Non è compito dei capi di Stato e di governo anticipare comunicazioni a nome della Commissione Europea”, hanno precisato fonti europee.

    President @vonderleyen will travel to Kyiv this week with High Representative @JosepBorrellF
    She will meet President @ZelenskyyUa before the pledging event #StandUpForUkraine which she convenes jointly with Prime Minister @JustinTrudeau on 9 April, 15:00 CET.
    More details soon
    — Dana Spinant (@DanaSpinant) April 5, 2022

    I portavoce dell’esecutivo comunitario hanno confermato che la presidente della Commissione e l’alto rappresentante UE incontreranno il leader ucraino prima di sabato 8 aprile, quando si terrà a Varsavia l’evento #StandUpForUkraine

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    Di Maio: Abbiamo espulso 30 diplomatici russi per tutelare “la nostra sicurezza nazionale”

    Bruxelles – L’Italia ha espulso 30 diplomatici russi. Lo comunica il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, precisando che la decisione è stata presa “per ragioni legate alla nostra sicurezza nazionale”.
    Di Maio parlando a Berlino a margine della Conferenza sulla Moldavia ha spiegato che “il Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri,  Ettore Sequi, ha convocato questa mattina alla Farnesina, su mia istruzione, l’ambasciatore della Federazione Russa in Italia, Sergey Razov, per notificargli la decisione del Governo di espellere 30 diplomatici russi in servizio presso l’Ambasciata in quanto ‘personae non gratae’”.
    “Tale misura – ha aggiunto il ministro -, assunta in accordo con altri partner europei e atlantici (che stanno anche loro espellendo decine di diplomatici russi, ndr), si è resa necessaria per ragioni legate alla nostra sicurezza nazionale, nel contesto della situazione attuale di crisi conseguente all’ingiustificata aggressione all’Ucraina da parte della Federazione Russa”.
    “L’Italia è disponibile a fare da garante della sicurezza e della pace in Ucraina e faremo tutto quello che serve per portare avanti questo lavoro” ha sottolineato Di Maio.

    Decisione assunta “nel contesto della situazione attuale di crisi conseguente all’ingiustificata aggressione all’Ucraina da parte della Federazione Russa”

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    Ucraina-Cina, colloquio tra i ministri Kuleba e Wang: “Non siamo indifferenti”

    Bruxelles – “La Cina non ha un approccio indifferente rispetto alla questione ucraina”. La posizione di Pechino sulla guerra è stata ribadita il 4 aprile nella telefonata tra il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e l’omologo ucraino Dmytro Kuleba, la seconda dallo scoppio della guerra. La parola “pace” ricorre per ben sette volte nel comunicato stampa riportato dal ministero degli Esteri cinese, insieme all’invito, continuo, a procedere con i negoziati, “per quanto grandi le difficoltà e numerose le divergenze”.
    “Il mantenimento della pace e l’essere contrari ai conflitti sono parte della tradizione culturale della storia cinese”, ha sottolineato Wang, “e appartengono da sempre alla nostra politica estera”. Nessuna parola di condanna però verso la Russia, come già durante il vertice di venerdì scorso tra Unione Europea e Cina. “La guerra finirà a un certo punto”, ha incalzato il ministro degli Esteri, quasi in un monito, aggiungendo che sarà “cruciale” imparare da questo momento di crisi “per difendere la sicurezza duratura dell’Europa”. “La Cina ritiene che si debba, in conformità con il principio di sicurezza indivisibile e attraverso un dialogo equo, stabilire realmente un meccanismo di sicurezza europea equilibrato, valido e sostenibile”, continua il comunicato. Lo stesso principio era stato invocato anche dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov già lo scorso febbraio.
    Il termine “principio di sicurezza indivisibile” compare per la prima volta nell’Atto finale di Helsinki (1975), lo storico documento che ha messo nero su bianco una serie di principi fondamentali riconosciuti dal blocco della Nato e da quello sovietico. È da qui che in ambito di quella che diventerà l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) nasce la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE, dal 1994 OSCE). Un’idea che torna nella Carta di Parigi per una Nuova Europa (OSCE, 1990), secondo cui “la sicurezza è indivisibile e la sicurezza di ogni Stato partecipante è inseparabilmente connessa a quella di tutti gli altri”. Mentre nel Documento di Istanbul (1999), viene ulteriormente articolata in “uno spazio di sicurezza comune e indivisibile, promuovendo un’area OSCE priva di linee divisorie e zone con diversi livelli di sicurezza”. Nello stesso Documento di Istanbul, si stabilisce che “gli Stati non rafforzeranno la propria sicurezza a scapito della sicurezza di altri Stati”: cosa che, secondo l’interpretazione unilaterale di Mosca, un ulteriore allargamento a est della Nato comporterebbe per la Russia.
    Kuleba in un Tweet nel quale non mostra particolare soddisfazione per il colloquio, ha spiegato che nella telefonata è stato ribadito che la fine della guerra “soddisfa i comuni interessi di pace, della sicurezza alimentare e del commercio internazionale.”

    Had a call with State Councilor and Foreign Minister Wang Yi. Grateful to my Chinese counterpart for solidarity with civilian victims. We both share the conviction that ending the war against Ukraine serves common interests of peace, global food security, and international trade.
    — Dmytro Kuleba (@DmytroKuleba) April 4, 2022

    Wang Yi ha espresso solidarietà verso i civili ucraini e ringraziato il governo di Kiev e tutti coloro che hanno contribuito finora all’evacuazione dei cittadini dal Paese, chiedendo anche che si continui a garantire la sicurezza dei cinesi ancora presenti sul territorio.

    Pechino però continua a non sbilanciarsi sull’attacco russo

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    Metsola vuole una risposta dura dall’UE ai crimini di guerra russi in Ucraina: “Embargo energetico e sanzioni forti”

    Strasburgo, dall’inviato – Di tolleranza verso il Cremlino ne era rimasta poca, ma i fatti di Bucha e Irpin’ l’hanno spezzata via completamente. “Le atrocità commesse dall’esercito della Russia sono orribili, disonorevoli e vergognose, ma la realtà è che queste immagini sono le stesse di altre città dell’Ucraina”, ha denunciato con forza la presidente del Parlamento UE, Roberta Metsola, aprendo la sessione plenaria dell’Eurocamera di ritorno dal viaggio a Kiev. “Questi sono crimini di guerra perpetrati da criminali di guerra e non possono rimanere senza risposta”, ha aggiunto Metsola, invitando i Ventisette ad “accelerare una politica di dipendenza zero dal Cremlino“.
    La presidente del Parlamento UE, Roberta Metsola, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (primo aprile 2022)
    In sostanza, la presidente Metsola ha chiesto di “sganciare l’Europa dalle forniture energetiche russe” e nello specifico di “attuare embarghi vincolanti” al gas e al petrolio che arriva dal territorio della Russia, smettendo così di finanziare “indirettamente” le bombe sull’Ucraina. Si spiega così l’invito agli eurodeputati di tutti gli schieramenti politici di stimolare i rispettivi governi nazionali ad allinearsi a una politica di sanzioni che coinvolga anche il settore energetico: “Dobbiamo intensificare la nostra strategia per rendere questa invasione illegale l’errore più costoso che il Cremlino abbia mai fatto”, ha incalzato Metsola, mettendo in chiaro che “il colpo all’economia della Russia deve essere proporzionato alle atrocità senza precedenti a cui stiamo assistendo”. Con un messaggio rivolto a tutte le imprese UE: “Devono cercare altrove la crescita, e noi le sosterremo nel farlo“.
    Spiegando la sua decisione di recarsi in visita di persona a Kiev lo scorso fine settimana, la presidente del Parlamento UE ha riconosciuto la “difficoltà” del viaggio, ma ha anche sottolineato che “portare il nostro messaggio e mostrare che siamo al loro fianco in questi tempi bui” è stato “significativo per coloro che combattono”. Metsola ha ricordato che “gli ucraini stanno combattendo per i nostri valori, nelle condizioni più impossibili” e il dovere dell’Unione è “sostenerli concretamente”. Questo significa, in primis, l’adozione “immediata” di un nuovo pacchetto di sanzioni forti, che chiudano “tutte le scappatoie ancora esistenti”. In secondo luogo, “offrire più sostegno all’Ucraina a livello logistico, umanitario e di attrezzature militari di cui hanno disperatamente bisogno”, ha aggiunto la presidente Metsola, prima di chiedere a tutta la plenaria un minuto di silenzio in memoria dei civili uccisi a Bucha e Irpin’ e per “tutte le vittime della guerra, del terrore e della violenza” causata dall’esercito russo nei territori occupati.

    Di ritorno dal suo viaggio a Kiev, la numero uno del Parlamento Europeo ha aperto la sessione plenaria con l’invito a rispondere alle atrocità compiute dal Cremlino a Bucha e nei territori occupati: “Serve una politica di zero dipendenza da Mosca, per non finanziare le bombe russe”

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    I crimini di Bucha aumentano le pressioni sull’Europa per l’embargo di petrolio e gas dalla Russia

    Bruxelles – Nuove sanzioni alla Russia per la guerra in Ucraina, senza escludere la fine delle importazioni di idrocarburi in arrivo da Mosca. Sono le immagini delle violenze subite dalla popolazione civile di Bucha, cittadina ucraina a qualche decina di chilometri di Kiev, dalle truppe di Putin in ritirata nel fine settimana a far crescere le pressioni sui governi europei per sanzionare le importazioni energetiche in arrivo dalla Russia.
    “L’Unione Europea continuerà a sostenere l’Ucraina fermamente e farà avanzare, con urgenza, i lavori su ulteriori sanzioni contro la Russia”, ha annunciato durante il consueto briefing di mezzogiorno della Commissione il portavoce per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Peter Stano. L’intento è di “incrementare l’isolamento della Russia a livello internazionale”, ha continuato il portavoce, pur non specificando la natura delle prossime sanzioni. L’Alto rappresentante Joseph Borrell ha anche condannato le violenze riportate dalle forze di occupazione russe: “I colpevoli di crimini di guerra e altre violazioni, così come gli ufficiali governativi e leader militari coinvolti, verranno ritenuti responsabili”. 
    Una decisione che l’Unione Europea ha cercato di rimandare fino a quanto ha potuto, vista la dipendenza del continente per il 40 per cento dal gas, per circa il 27 per cento dal petrolio e dal 46 per cento di carbone importati da Mosca. La strategia adottata da Bruxelles è quella di diversificare le proprie forniture di idrocarburi (di gas) e spingere sull’energia pulita e rinnovabile, ma entrambe sono soluzioni che non consentono di ridurre la dipendenza dalla Russia dall’oggi al domani. La condanna unanime e l’indignazione internazionale per quelli che molti leader europei hanno denunciato come “crimini di guerra” perpetrati dalle truppe di Putin, dovrebbero infine portarli a invertire la rotta.
    Per settimane, da quando l’invasione dell’Ucraina è iniziata lo scorso 24 febbraio, sull’embargo all’energia è pesato il veto di Paesi come la Germania in primis ma anche dell’Ungheria e la Slovacchia, che hanno portato l’UE a colpire fino a questo momento solo le tecnologie di raffinazione del petrolio che Mosca importa da Bruxelles e a lasciare la banca statale Gazprombank, controllata dell’omonoma compagnia energetica di bandiera, attaccata al sistema delle banche internazionali Swift. L’ipotesi di un quinto pacchetto di sanzioni è sul tavolo di Bruxelles da settimane, anche se mai è stato tanto vicino lo sblocco dell’impasse sulla questione energia. Almeno per quanto riguarda il petrolio.
    Ad aprire in questi termini è stata nel fine settimana la stessa Germania, il cui ministro della difesa Christine Lambrecht ha dichiarato domenica che l’Unione europea deve necessariamente discutere di vietare l’importazione di gas russo, per non lasciare impuniti i crimini dell’esercito di Putin. La Germania è tra i Paesi in Europa più dipendenti dal gas russo, fino a questo momento anche quello più restio alle richieste di imporre un embargo sulle importazioni di energia dalla Russia. Berlino ha avviato un piano di emergenza per ridurre progressivamente le forniture in arrivo, ma chiudere del tutto i rubinetti del gas russo è un’altra questione. All’interno della stessa coalizione di governo si continua a rimanere su posizioni distanti, il ministro dell’Economia Robert Habeck ha ripetuto che la Germania sta progressivamente riducendo la sua dipendenza dall’energia russa ma è da escludere una interruzione nell’immediato. Il presidente francese Emmanuel Macron nel condannare le atrocità commesse ai danni di civili ha impegnato Parigi e l’Unione Europea a discutere “nei prossimi giorni” di nuove sanzioni, e trovare una posizione comune almeno sul carbone e sul petrolio.
    Anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non ha escluso “che nelle prossime ore possa esserci un dibattito sulla questione delle importazioni di idrocarburi dalla Russia “. Il collega dell’Agricoltura Stefano Patuanelli in un’intervista a La Stampa afferma che un embargo totale del gas russo “è percorribile, perché entriamo in una stagione in cui viene usato meno gas e perché stiamo affrontando bene la diversificazione dei nostri approvvigionamenti”. L’Italia si dice pronta a sostenere un quinto pacchetto di sanzioni concordato a livello europeo, mentre il presidente della Lituania Gitanas Nausėda già venerdì ha fatto sapere che dal primo aprile ha smesso di importare gas naturale russo: la Lituania nel 2015 ha ricevuto il 100% del suo gas naturale dalla Russia e oltre il 60% proveniva ancora dai produttori di energia russi nel 2020. “Se possiamo farlo noi, possono farlo anche gli altri”, ha incalzato Nauseda in un tweet. Il premier di Polonia Mateusz Morawiecki ha esortato gli altri capi di Stato e governo a tenere un nuovo Vertice straordinario, invitandoli “ad agire con decisione e ad attuare azioni che alla fine spezzeranno la macchina da guerra di Putin, confischeranno i beni della Federazione Russa e gli oligarchi depositati nelle banche d’Europa e di rompere questa politica aggressiva di Putin”. Il riferimento, sebbene non esplicito, è a porre fine alle importazioni energetiche, con cui indirettamente l’UE finanzia la guerra di Russia. È probabile che il tema arrivi in discussione lunedì e martedì alla riunione dei ministri europei dell’Eurogruppo e dell’Economia e finanza (ECOFIN) riuniti a Lussemburgo per discutere anche dell’impatto della guerra sull’economia europea.

    Berlino apre a nuove sanzioni contro i crimini di guerra di Putin in Ucraina e a lavorare in modo coordinato con gli altri leader UE per lo stop all’import di gas e petrolio russi. Un quinto pacchetto di misure restrittive sul tavolo di Bruxelles

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    Ucraina, Papa vede Duda in Vaticano: profughi al centro. Il presidente lo invita in Polonia

    Città del Vaticano – Non si placano le violenze in Ucraina e, con gli orrori, l’emorragia di profughi costretti ad abbandonare le loro case. Secondo l’Unhcr sono già due milioni le persone che hanno lasciato l’Ucraina, la maggior parte trova rifugio nella vicina Polonia. Mentre Varsavia è alle prese con l’emergenza, il presidente Andrzej Duda vola a Roma per incontrare Papa Francesco. Più volte la Santa Sede si è proposta di mediare nella crisi.
    Al colloquio a porte chiuse, durato 35 minuti,  è seguito un faccia a faccia tra il presidente polacco e il cardinale Segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin, e il ‘ministro degli Esteri’ del Vaticano, monsignor Paul Gallagher. Conflitto, sicurezza e pace in Europa il focus, con un riferimento particolare alla situazione dei rifugiati, filtra dalle mura Leonine.  Delle sue preoccupazioni Bergoglio ha parlato anche con il presidente della Conferenza episcopale polacca, monsignor Stanislaw Gadecki, ricevuto il 29 marzo. Al centro, hanno fatto sapere i vescovi, “l’impegno della Chiesa a fronte della crisi umanitaria”.
    Tra i doni del Papa per Duda oggi ce ne è uno che torna frequentemente: il medaglione di San Martino. Secondo la tradizione, durante un temporale il santo donò una metà del suo mantello a un mendicante seminudo e l’altra metà a un secondo indigente incontrato poco dopo. ‘Icona dell’impegno verso i bisognosi’, recita la nota di accompagnamento.  Con il medaglione, Francesco regala anche i documenti del suo Pontificato (le encicliche, le esortazioni apostoliche, l’ultimo messaggio per la Pace, la dichiarazione sulla fratellanza umana, il libro sulla Statio Orbis del 27 marzo 2020).  Il presidente polacco ricambia con un dipinto raffigurante il cardinale Stefan Wyszynski, un album fotografico degli eventi del primo anno dell’attuale mandato della Presidenza e una collana di cd con opere del musicista polacco Fryederyk Chopin.
    La Polonia, che ha aperto le porte ai rifugiati, è tornata più volte nei ringraziamenti del Papa, dall’inizio del conflitto. Duda lo ringrazia, invita Bergoglio a visitare di nuovo il Paese, in queste settimane, gli racconta dei colloqui avuti con il presidente ucraino, Volodomyr Zelensky. “Abbiamo quasi due milioni di cittadini ucraini, questa sarebbe una occasione di incontro con due nazioni, quella polacca e quella ucraina”, spiega poi in un briefing, senza spingersi a fornire altri dettagli.  Ma a chi gli chiede conto della richiesta di tanti attori di trovare una soluzione onorevole per il presidente russo Vladimir Putin,  Duda risponde senza indugi: “Non c’è onore per la gente senza onore”.

    Francesco riceve in Vaticano il presidente polacco: confronto sul dramma del conflitto in Ucraina

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    La presidente del Parlamento UE Roberta Metsola è in viaggio per Kiev

    Bruxelles – Cinque parole e una fotografia, che hanno un valore pesantissimo sul piano diplomatico. On my way to Kiev, “sulla strada per Kiev“. La presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, ha annunciato così – con un tweet in inglese e ucraino alle ore 22.33 di giovedì 31 marzo – la sua partenza per la capitale dell’Ucraina, sotto bombardamento russo dal 24 febbraio.
    Nessun dettaglio né indiscrezione sul viaggio di Metsola in Ucraina era trapelato prima del tweet, per questioni di sicurezza. La numero uno dell’Eurocamera era presente mercoledì (30 marzo) a Bruxelles per la cerimonia d’inaugurazione del ritratto di David Sassoli nella galleria degli ex-presisdenti del Parlamento Europeo, mentre lunedì prossimo (4 aprile) è prevista la sua presenza a Strasburgo per presiedere la sessione plenaria in programma fino a giovedì (7 aprile), come confermano a Eunews fonti del Parlamento UE.

    On my way to Kyiv 🇺🇦
    На шляху до Києва 🇺🇦 #StandWithUkraine pic.twitter.com/8fz43BkapJ
    — Roberta Metsola (@EP_President) March 31, 2022

    Metsola è la prima alta carica UE a fare visita nell’Ucraina invasa e bombardata dall’esercito di occupazione russo, mentre i presidenti di Commissione, Ursula von der Leyen, e Consiglio Europeo, Charles Michel, non si sono ancora esposti sulla possibilità di incontrare il presidente Volodymyr Zelensky ‘in trasferta’ a Kiev per portare un messaggio di sostegno e solidarietà diplomaticamente incisivo nei confronti del Cremlino. A intraprendere lo stesso viaggio erano stati lo scorso 15 marzo i primi ministri di Slovenia, Janez Janša, Polonia, Mateusz Morawiecki, e Repubblica Ceca, Petr Fiala, che si erano presentati a Kiev come “rappresentanti del Consiglio Europeo” (ma senza “alcun mandato” da parte dei leader UE, avevano smentito fonti europee).
    Il viaggio in territorio ucraino e la presenza a Kiev della leader del Parlamento Europeo comporta senza dubbio dei rischi sul piano della sicurezza personale, nonostante sia anche nell’interesse di Mosca assicurarsi che non sia violata la sua incolumità. La decisione di Metsola si inserisce in linea con la richiesta avanzata da diversi eurodeputati (in particolare socialdemocratici) di una delegazione europea a Kiev per mediare un negoziato tra Russia e Ucraina attraverso il dialogo, la diplomazia e la presenza fisica dei leader UE nel territorio assediato, per tentare di far tacere le armi. La speranza è che l’esempio della presidente Metsola venga raccolto anche da altre altre cariche dell’Unione e dei Ventisette.

    I capi dei governi e delle istituzioni europee in #Ucraina per sostenere un popolo aggredito e per chiedere l’apertura di un vero negoziato.Continuo a dirlo, continuo a scriverlo. Un gesto straordinario in un momento terribile.
    — Pierfrancesco Majorino (@pfmajorino) March 16, 2022

    La numero uno dell’Eurocamera è la prima alta carica UE a recarsi in Ucraina da quando è iniziata l’invasione russa (dopo il viaggio dei premier polacco, sloveno e ceco). Lo ha annunciato con un breve tweet in inglese e ucraino: “Sulla strada per Kiev”

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    L’ufficio della missione UE a Mariupol è stato bombardato dall’esercito di occupazione russo in Ucraina

    Bruxelles – Anche l’UE inizia a fare la conta dei primi danni causati dai bombardamenti dell’esercito russo a Mariupol, la città portuale nel sud-est dell’Ucraina sotto assedio da fine febbraio. L’ufficio della missione consultiva dell’UE in Ucraina (EUAM) a Mariupol è stato “recentemente colpito da uno bombardamento russo e ha subito gravi danni”, ha fatto sapere l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. “Nessun membro della missione è rimasto ferito”, ha precisato.
    L’attacco all’ufficio della missione dell’UE a Mariupol si inserisce nella strategia di distruzione sistematica degli edifici della città, anche quelli civili, come dimostrato dagli attacchi all’ospedale pediatrico e al teatro cittadino, dove sono morte sotto le macerie circa 300 persone che avevano cercato riparo dai bombardamenti dell’esercito russo. Proprio l’alto rappresentante UE la settimana scorsa aveva accusato il Cremlino di “crimini di guerra” per quanto messo in atto in Ucraina in generale e a Mariupol in particolare. Una città grande come Genova – come ha ricordato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, durante il suo intervento al Parlamento italiano – “completamente bombardata e rasa al suolo”.
    Non ha fatto eccezione l’edificio che ospita i locali dell’UEAM a Mariupol. “Condanniamo fermamente questi attacchi, così come qualsiasi attacco contro la popolazione e le infrastrutture civili“, ha attaccato Borrell, ribadendo la ferma richiesta di Bruxelles al Cremlino di “cessare immediatamente la sua offensiva militare e di ritirare incondizionatamente tutte le forze e le attrezzature militari dall’intero territorio dell’Ucraina”. La stessa richiesta è arrivata dalla risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e soprattutto dalla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, lo scorso 16 marzo. La Russia però non riconosce la giurisdizione della Corte sulla controversia con l’Ucraina: per Mosca il tribunale internazionale con sede all’Aia non ha alcun potere indipendente per far rispettare le sue decisioni.

    .@EUAM_Ukraine #Mariupol Field Office were recently hit by Russian shelling, sustaining major damage. No Mission members or contractors were injured.
    Strongly condemn these attacks, as well as any attack targeting civilians and civilian infrastructure. https://t.co/fEt5TLhAEZ
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) March 29, 2022

    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, ha fatto sapere che l’edificio dove ha sede l’UEAM nella città ucraina “ha subito gravi danni” dopo il recente attacco, anche se “nessun membro della missione è rimasto ferito”