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    L’Ucraina nuovo membro del Meccanismo di protezione civile dell’Ue. Altri 55 milioni di euro in fondi umanitari

    Bruxelles – Dopo oltre un anno di assistenza convogliata attraverso il Meccanismo di protezione civile dell’Ue, l’Ucraina è diventata oggi (20 aprile) ufficialmente uno Stato partecipante del quadro di solidarietà europeo che aiuta i Paesi colpiti da una catastrofe. A sancire l’ingresso di Kiev come 36esimo membro del Meccanismo è stato il commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, in visita nella capitale ucraina proprio per firmare l’accordo che concede all’Ucraina la piena adesione. “Lavoriamo per un obiettivo comune, aiutare le persone in difficoltà ovunque si trovino, perché insieme siamo più forti”, è stato il messaggio indirizzato dal membro del gabinetto von der Leyen al governo ucraino al momento della firma.
    Dall’inizio dell’invasione russa del Paese il 24 febbraio dello scorso anno, l’Unione ha convogliato attraverso il Meccanismo di protezione civile dell’Ue oltre 88 mila tonnellate di attrezzature salvavita, cibo e medicinali, mentre sono saliti a oltre mille i generatori di energia mobilitati dalle riserve energetiche strategiche di RescEu. In qualità di membro a pieno titolo, da oggi anche l’Ucraina potrà inviare aiuti nel momento in cui un altro Paese si trova in crisi. Parallelamente alla firma per l’adesione al Meccanismo di protezione civile dell’Ue, l’Ucraina ha ricevuto da Bruxelles altri 55 milioni di euro in fondi umanitari – facendo salire il totale a 200 milioni dall’inizio del 2023 – con l’obiettivo di iniziare la preparazione del prossimo inverno, con o senza guerra in corso nel Paese.

    Cos’è il Meccanismo di Protezione Civile dell’Ue
    Istituito nel 2001 dalla Commissione, il Meccanismo di protezione civile dell’Ue è il mezzo attraverso cui i 27 Paesi membri e altri 9 Stati partecipanti (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Islanda, Macedonia del Nord, Montenegro, Norvegia, Serbia, Turchia e Ucraina) possono rafforzare la cooperazione per la prevenzione, la preparazione e la risposta ai disastri, in particolare quelli naturali. Una o più autorità nazionali possono richiedere l’attivazione del Meccanismo quando un’emergenza supera le capacità di risposta dei singoli Paesi colpiti: la Commissione coordina la risposta di solidarietà degli altri partecipanti con un unico punto di contatto, contribuendo almeno a tre quarti dei costi operativi degli interventi di ricerca e soccorso e di lotta agli incendi. In questo modo vengono messe in comune le migliori competenze delle squadre di soccorritori e si evita la duplicazione degli sforzi. In 21 anni di attività, il Meccanismo di protezione civile dell’Ue ha risposto a oltre 600 richieste di assistenza all’interno e all’esterno del territorio dell’Unione.
    Il Meccanismo comprende un pool europeo di protezione civile, formato da risorse pre-impegnate dagli Stati aderenti, che possono essere dispiegate immediatamente all’occorrenza. Il centro di coordinamento della risposta alle emergenze è il cuore operativo ed è attivo tutti i giorni 24 ore su 24. A questo si aggiunge la riserva rescEu, una flotta di aerei ed elicotteri antincendio (oltre a ospedali da campo e stock di articoli medici per le emergenze sanitarie) per potenziare le componenti della gestione del rischio di catastrofi: nel corso di quest’estate la Commissione ha finanziato anche il mantenimento di una flotta antincendio rescEu aggiuntiva in stand-by, messa a disposizione da Italia, Croazia, Francia, Grecia, Spagna e Svezia. A Bruxelles si sta sviluppando anche una riserva per rispondere a incidenti chimici, biologici, radiologici e nucleari.

    Con la firma del documento a Kiev alla presenza del commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, il Paese invaso dalla Russia diventa il 36esimo Stato partecipante del sistema di gestione del rischio di catastrofi dei 27 membri dell’Unione (più altri 9 partner)

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    Altri 169 generatori di energia elettrica per l’Ucraina. Gli invii coordinati dall’Ue in Polonia (e non) arrivano a 3 mila

    Bruxelles – Un ritmo di consegne costante, che negli ultimi quattro mesi è diventato esponenziale. Dall’inizio della guerra russa in Ucraina l’Unione Europea ha coordinato la raccolta e l’invio di 3 mila generatori di energia elettrica per l’Ucraina, per sostenere il Paese invaso da più di un anno dall’esercito russo anche sul piano energetico. Beni fondamentali che permettono a Kiev di fronteggiare le conseguenze dei costanti attacchi alle infrastrutture di base e vitali per la popolazione da parte dell’esercito russo, per cui Bruxelles ha deciso di intervenire, coordinando anche l’aiuto che arriva dall’altra parte del mondo.
    Il commissario europeo per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, all’inaugurazione dell’hub rescEu in Polonia (26 gennaio 2023)
    Lo rende noto la Commissione Europea, dando notizia dell’arrivo di una consegna di aiuti energetici di emergenza dall’Australia: 169 nuovi generatori donati dalla Fondazione Minderoo, dal valore di 1,95 milioni di euro. Una donazione che si aggiunge ad altri mille generatori distribuiti dalla riserva rescEU all’Ucraina, come annunciato all’apertura dell’hub energetico in Polonia lo scorso 26 gennaio.
    Un impulso alle donazioni degli Stati membri, del settore privato, di Paesi terzi e della riserva RescEu è arrivato dopo l’annuncio nel dicembre dello scorso anno da parte della presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, della volontà di spingere sulla consegna di beni essenziali sul piano energetico per famiglie, scuole, ospedali nel Paese invaso dal 24 febbraio 2022. Fino ad allora (era il 13 dicembre) erano stati consegnati “oltre 800 generatori”, aveva fatto sapere la stessa presidente von der Leyen. Quattro mesi più tardi il numero è più quasi quadruplicato.
    L’hub Ue in Polonia per i generatori all’Ucraina
    Una grande spinta è arrivata negli ultimi due mesi e mezzo dall’hub energetico rescEu in Polonia, adibito appositamente a convogliare generatori di emergenza all’Ucraina. A Varsavia è stato anche assegnato uno stanziamento pari a 114,9 milioni di euro per l’acquisti di altri generatori, destinati “non solo a sostenere il settore energetico ucraino, ma anche a rispondere alle eventuali esigenze di altri Paesi colpiti dalla guerra russa”, specifica la Commissione Ue. “In breve tempo la riserva rescEu ospitata dalla Polonia sta diventando l’ancora di salvezza energetica di emergenza per l’Ucraina“, ha dichiarato il commissario europeo per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, ringraziando Varsavia “per aver svolto un ruolo fondamentale nel fornire assistenza all’Ucraina fin dai primi giorni di questa guerra” e la Fondazione Minderoo “per aver dimostrato che il sostegno arriva da ben oltre i confini europei”.
    La bandiera dell’Ucraina proiettata sul Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea
    Le donazioni riguardano sia i generatori di dimensioni più piccole, in grado di alimentare singole abitazioni, sia quelli più grandi, adatti a mantenere in funzione edifici pubblici e servizi vitali per le comunità ucraine, come ospedali e punti di riscaldamento centralizzati. Oltre all’hub energetico Varsavia sta anche realizzando un progetto di donazione di energia, raccogliendo attrezzature e generatori di corrente che saranno trasferiti in Ucraina. Un’iniziativa “particolarmente importante quando l’invasore russo prende di mira le infrastrutture critiche del Paese e le interruzioni di corrente sono regolari”, aveva spiegato nel giorno dell’inaugurazione dell’hub rescEu il portavoce del governo polacco, Piotr Müller.

    È quanto annuncia la Commissione Europea in occasione di una nuova tranche di aiuti energetici d’emergenza al Paese invaso dall’esercito russo. A Varsavia assegnati 114,9 milioni di euro per rispondere alle esigenze di Kiev e di “altri Paesi colpiti dalla guerra”

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    L’Ucraina guarda all’ingresso della Finlandia nella Nato come esempio per il proprio futuro: “È nel nostro piano strategico”

    Bruxelles – Nel giorno storico della Finlandia per l’ingresso nella Nato, c’è un altro amico dell’Alleanza che guarda da vicino l’esempio di Helsinki. Non la Svezia, a un passo dall’adesione ma ancora bloccata dalla mancata ratifica da parte di Turchia e Ungheria, ma l’Ucraina, il Paese invaso da più di un anno dalla Russia di Vladimir Putin. “Sono qui anche per discutere i piani strategici del futuro, uno su tutti il futuro ingresso dell’Ucraina nella Nato“, ha messo in chiaro il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, nel punto con la stampa prima del vertice ministeriale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord di oggi (4 aprile) a Bruxelles.
    Da sinistra: il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg (4 aprile 2023)
    Un’intenzione non nuova, ma che nel giorno dell’anniversario della firma del Trattato del Nord Atlantico a Washington nel 1949 e dell’allargamento dell’Alleanza Atlantica al 31esimo membro assume un significato ancora più simbolico. “Le mie sincere congratulazioni alla Finlandia, nel mezzo dell’aggressione russa l’Alleanza è diventata l’unica effettiva garanzia di sicurezza nella regione”, ha commentato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, mettendo in chiaro di aspettarsi che “il Summit di Vilnius [in programma l’11 e 12 luglio, ndr] avvicini l’Ucraina al nostro obiettivo euro-atlantico” Già il 30 settembre dello scorso anno il presidente ucraino ha annunciato di aver presentato formalmente la domanda di adesione alla Nato, chiedendo per il proprio Paese di diventarne membro “de jure, in modo accelerato”. In quell’occasione il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha confermato che ogni democrazia ha il diritto di presentare domanda, come dimostrato al Summit di Madrid del giugno dello scorso anno, quando gli allora 30 leader (la Finlandia ancora non partecipava ancora a pieno titolo) hanno ribadito la libertà dell’Ucraina – in quanto Paese sovrano e indipendente – di fare liberamente le proprie scelte di sicurezza nazionale.
    La riunione della commissione Nato-Ucraina a Bruxelles (4 aprile 2023)
    Nell’immediato però la questione più urgente è quella dell’invio delle armi a Kiev. “Sono qui per chiedere la velocizzazione nelle consegne di quanto già stabilito, dalle munizioni ai veicoli di fanteria blindati, tutto quello che serve per la controffensiva“, ha precisato il ministro Kuleba prima della riunione della commissione Nato-Ucraina a Bruxelles. Mentre l’aggressione russa continua, l’obiettivo degli alleati rimane l’aumento del supporto per i “bisogni urgenti e lo sviluppo dell’interoperabilità e degli standard Nato”, ha confermato Stoltenberg, attraverso un “programma di lungo termine” sul piano militare ed economico. Lo stesso segretario generale dell’Alleanza Atlantica si è detto “colpito dalla forza della leadership ucraina, delle forze armate e del popolo in generale, capaci di respingere l’offensiva russa” e di iniziare a preparare un contrattacco nei territori occupati. Sul piano geopolitico “la Russia e la Cina si stanno avvicinando sempre di più, lavorano insieme e rendono le cose difficili”, ha avvertito Stoltenberg, sottolineando come “la sicurezza non è una questione regionale, ma globale“. Ecco perché “anche noi dobbiamo essere più vicini ai nostri partner nell’Indo-Pacifico”, dalla Nuova Zelenada al Giappone, dall’Australia alla Corea del Sud: “Quello che succede in Europa ha riflesso in Asia, e viceversa”.
    Il processo di adesione (eventuale) dell’Ucraina alla Nato
    Per diventare membro della Nato, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso nella Nato di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.
    La procedura di adesione inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri. A questo punto si aprono nel quartier generale della Nato a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale dell’Alleanza.
    Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.

    Il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, ha ribadito la scelta di Kiev prima del vertice ministeriale dell’Alleanza Atlantica, a cui da un anno è invitato. Nell’immediato però il focus rimane sempre sulla consegna rapida “di quanto già stabilito, dalle munizioni ai veicoli di fanteria blindati”

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    La Commissione Ue organizzerà una conferenza per favorire il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia

    Bruxelles – Procede spedito l’impegno dell’Unione Europea per rispondere a quello che la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha definito “un orribile promemoria del periodo più buio della nostra storia“. La deportazione dei bambini ucraini in Russia. Nel corso della conferenza stampa di chiusura del Consiglio Europeo del 23 marzo, la leader dell’esecutivo comunitario ha menzionato questo argomento, “che per me è particolarmente importante”, come punto saliente delle discussioni tra i leader Ue sul capitolo Ucraina, annunciando la decisione di organizzare una Conferenza in collaborazione con il premier della Polonia, Mateusz Morawiecki, e le autorità ucraine: “Siamo all’inizio di un duro lavoro”.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen (23 marzo 2023)
    Sottolineando con sdegno l’indicibilità di quanto sta accadendo nei territori occupati dall’esercito russo – “una deportazione di bambini” – la presidente von der Leyen ha fornito i dati raccolti da organizzazioni internazionali e servizi della Commissione: “A oggi 16.200 bambini ucraini sono stati deportati, solo 300 hanno fatto ritorno“. Un vero e proprio “crimine di guerra”, di cui l’autocrate russo, Vladimir Putin, e la commissaria per i Diritti dei bambini della presidenza, Maria Lvova-Belova, sono i primi responsabili: “Queste azioni criminali giustificano completamente il mandato di arresto della Corte Penale Internazionale”, emesso venerdì scorso (17 marzo) e appoggiato esplicitamente anche nelle conclusioni del Consiglio Europeo.
    Da parte delle istituzioni comunitarie c’è la spinta per dare un contributo nella risposta alla “tragedia” dei bambini ucraini rapiti e deportati in Russia, per quanto possibile. Dopo il lancio dell’iniziativa della Commissione Ue e del governo polacco, che si pone l’obiettivo di “portare indietro questi bambini”, sarà organizzata una conferenza di cui ancora non si conoscono i dettagli su luogo e data. Ciò che invece ha messo in chiaro la presidente von der Leyen è che “dovremo mettere insieme la pressione internazionale per prendere tutte le misure possibili per avere dettagli su questi bambini“. Da Bruxelles questo lavoro andrà a sostegno delle organizzazioni internazionali “rilevanti” che hanno necessità di “più e migliori informazioni sui bambini ucraini deportati in Russia, anche quelli che sono stati anche adottati da famiglie russe”. A sua volta la numero uno della Commissione Ue ha voluto ringraziare il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres – intervenuto in apertura del vertice dei leader Ue – “per aver offerto il supporto delle agenzie Onu, perché hanno un significativa esperienza su questa materia complessa”.

    “We know that 16,200 children have been abducted by Russia.
    This is a war crime. A horrible reminder of the darkest times in our history.
    Together with 🇵🇱 PM @MorawieckiM, we will launch an initiative aimed at bringing them back.”
    — President @vonderleyen#StandWithUkraine pic.twitter.com/aTt9cNXjBO
    — European Commission (@EU_Commission) March 24, 2023

    Le deportazioni di bambini ucraini in Russia
    Bambine a Irpin, Ucraina (credits: Sergei Supinsky / Afp)
    Dopo le stime fornite dalla presidente von der Leyen, si inizia ad avere un quadro più preciso sulla situazione dei bambini ucraini rapiti e deportati in Russia. Va considerato anche il report pubblicato in collaborazione tra l’Università di Yale e il programma ‘Conflict Observatory’ del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti (istituito nel maggio dello scorso anno per documentare i crimini di guerra commessi o favoriti dall’esercito russo in Ucraina), che indica almeno seimila bambini ucraini – di età compresa tra i quattro mesi e i 17 anni – trattenuti in 43 campi di rieducazione in Russia e in Crimea, dove si terrebbero ‘programmi di integrazione’ prima dell’adozione di famiglie russe.
    Non solo indottrinamento alla “visione del governo russo della cultura nazionale, della storia e della società”, ma anche addestramento militare. Tutte violazioni della Convenzione dei diritti dell’infanzia del 1989: dal rapimento di bambini durante un conflitto armato fino al trasferimento oltre i confini nazionali e la custodia prolungata senza il consenso esplicito dei tutori. Questi ‘programmi di integrazione’ risponderebbero al tentativo su larga scala di Mosca di russificare le regioni occupate in Ucraina, mentre il conflitto si trascina da un anno e un mese.

    Lo ha annunciato la presidente Ursula von der Leyen, come seguito dell’iniziativa lanciata con il premier polacco, Mateusz Morawiecki: “A oggi ne sono stati rapiti 16.200 e solo 300 hanno fatto ritorno”. L’obiettivo è raccogliere informazioni e supportare le organizzazioni internazionali

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    L’Ue fornirà un milione di munizioni all’Ucraina, tra scorte e acquisti comuni. Il piano da 2 miliardi di euro sul tavolo del Vertice Ue

    Bruxelles – Una decisione storica. Tre parole con cui l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, annuncia che i 27 governi dell’Ue hanno raggiunto un accordo politico per consegnare all’Ucraina nei prossimi dodici mesi un milione di munizioni di armi per difendersi dall’aggressione della Russia cominciata il 24 febbraio di un anno fa.
    Mentre il Consiglio Affari Esteri è ancora in corso a Bruxelles, il capo della diplomazia europea ha spiegato che sulla base di una sua proposta, gli Stati membri “hanno accettato di consegnare un milione di munizioni di artiglieria entro i prossimi 12 mesi” a Kiev. Gli ambasciatori dei 27 Stati membri Ue riuniti al Coreper, comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue, hanno raggiunto ieri un’intesa sul piano da due miliardi euro per consegnare almeno un milione di proiettili da 155 mm all’Ucraina entro l’anno, attingendo alle proprie riserve e sbloccando l’iniziativa di appalti congiunti. Un’intesa formalizzata oggi dai ministri e che finirà sul tavolo dei capi di stato e governo al Vertice Ue di giovedì e venerdì.

    A historic decision.
    Following my proposal, Member States agreed to deliver 1 mio rounds of artillery ammunition within the next 12 months.
    We have a 3 track approach:1) €1 bn for immediate delivery 2) €1 bn for joint procurement3) commission to ramp up production capacity pic.twitter.com/CCNOaxE4bk
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) March 20, 2023

    L’approccio stabilito dai ministri dell’Ue sarà in tre fasi, ha riferito Borrell: “un miliardo di euro sarà mobilitato per la consegna immediata di munizioni attraverso le scorte degli Stati membri; un altro miliardo di euro sarà mobilitato per gli acquisti congiunti di armi; in terzo luogo, i ministri hanno acconsentito ad aumentare la capacità di produzione a livello europeo”, si legge nel tweet. La prima fase del piano prevede di fornire munizioni di emergenza all’Ucraina, che sta affrontando carenze, attingendo alle scorte esistenti degli eserciti europei. Per compensare le risorse militari mobilitate per Kiev, i ministri hanno deciso di mobilitare il miliardo di euro citato da Borrell mobilitando i fondi dello strumento europeo per la pace (European Peace Facility) , un fondo fuori dal bilancio europeo e utilizzato dall’inizio della guerra per rifornire di armi l’Ucraina.
    La svolta storica riguarda però la seconda componente del piano, che prevede di far acquistare agli Stati congiuntamente le munizioni, sul modello degli acquisti di vaccini e ora di riserve di gas. Sono 17 Stati membri Ue e la Norvegia ad aver firmato l’accordo di progetto dell’Agenzia europea per la difesa (AED) per l’approvvigionamento comune di munizioni, aprendo la strada agli Stati membri dell’Ue e alla Norvegia per procedere lungo due percorsi: una procedura accelerata di due anni per i proiettili di artiglieria da 155 mm e un progetto di sette anni per l’acquisizione di più tipi di munizioni. L’Italia per ora non ha firmato, ma lo hanno fatto Austria, Belgio, Croazia, Cipro, Cechia, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovacchia, Svezia e Norvegia. Borrell ha chiarito ch gli Stati membri hanno già espresso l’intenzione di aderire all’iniziativa presto seguendo le procedure nazionali.
    “I soldati ucraini stanno dimostrando grande coraggio e tenacia. Ma hanno bisogno di munizioni. Accolgo con favore l’accordo odierno che prevede la consegna di 1 milione di munizioni nei prossimi 12 mesi. Lavoreremo con gli Stati membri per aumentare la produzione industriale nel settore della difesa Ue, in modo da garantire la fornitura”, ha commentato su twitter la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.

    Ukrainian soldiers are showing great courage and tenacity.
    But they need ammunition.
    I welcome today’s agreement aiming to deliver 1 million rounds of ammunition over the next 12 months.
    We will work with Member States to ramp up defence industrial production in 🇪🇺 to deliver.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 20, 2023

    L’accordo tra i ministri degli Esteri a Bruxelles per inviare a Kiev un milione di proiettili da 155 mm all’Ucraina entro l’anno, attingendo alle proprie riserve o spingendo sugli acquisti comuni

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    Dal Belgio 240 veicoli militari per l’Ucraina

    Bruxelles – Il Belgio fornirà 240 nuovi veicoli militari  all’Ucraina di cui 150 carri Volvo, seguiti da mezzi corazzati e automobili da fuoristrada.
    Il governo l’ha deciso lo scorso 27 gennaio, questi carri Volvo già in servizio dal 1990 sono stati ora rimessi a nuovo e sono dunque in ottime condizioni, assicurano le autorità.
    Ieri e stato deciso dal parlamento Olandese di mandare due navi cacciamine entro il 2025. Le marine belga e olandese collaborano strettamente, quindi il Belgio contribuirà all’addestramento di base dei militari ucraini e alla manutenzione dei due cacciamine. Il ministero della difesa Belga sta ancora studiando se il Belgio possa inviare propri cacciamine.

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    L’Ue potrebbe mobilitare 2 miliardi di euro per munizioni a Ucraina. Cautela sulle notizie del sabotaggio di Nord Stream

    Bruxelles – Un piano in tre passi, per uno stanziamento complessivo da due miliardi di euro per la fornitura di munizioni. L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha anticipato oggi (8 marzo) alla stampa le intenzioni della Commissione Europea per un ulteriore sostegno all’Ucraina sul piano del sostegno militare, proprio mentre “la situazione militare sul campo rimane molto difficile, in particolare a Bakhmut, dove continuano le battaglie strada per strada, e le prossime settimane saranno critiche”.
    L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Dal momento in cui Kiev “ha bisogno di continuo supporto, soprattutto di munizioni per l’artiglieria”, la soluzione a inizio 2023 da Bruxelles è un piano di “tre fasi complementari, che vanno insieme e non in modo isolato”, ha precisato con forza l’alto rappresentante Borrell. In primis una donazione di munizioni di artiglieria da 152/155 millimetri “dagli stock già esistenti”, il cui “rimborso arriverà attraverso un miliardo di euro dall’European Peace Facility”, lo strumento fuori bilancio per la prevenzione dei conflitti, la costruzione della pace e il rafforzamento della sicurezza internazionale. In secondo luogo, un altro miliardo per il “coordinamento della domanda per gli ordini di altre munizioni attraverso l’Agenzia Europea della Difesa”, per cui è necessaria “una procedura veloce, per abbattere il prezzo e i tempi di consegna”. E infine un “aumento della capacità manifatturiera europea e la diminuzione dei tempi di produzione”.
    Nel corso del Consiglio Difesa informale a Stoccolma è stata raggiunta “un’intesa in linea generale” a proposito della fornitura di munizioni all’Ucraina, ma “ci sono ancora questioni da discutere“, ha confessato Borrell: “Spero che al prossimo Consiglio [al momento calendarizzato per il 23 maggio, ndr] si raggiunga un accordo formale”. Le parole dell’alto rappresentante sono dure: “Serve una mentalità da guerra, perché siamo in guerra, sfortunatamente dobbiamo parlare così perché il conflitto continua”, anche se “dobbiamo tenere aperta la porta per ogni negoziato di pace“. Intanto gli ambasciatori dell’Ue hanno approvato l’ulteriore stanziamento da 2 miliardi di euro per il Fondo europeo per la pace, dando seguito all’intesa politica di dicembre tra i ministri Ue della Difesa.

    #COREPERII Today, EU Ambassadors approved an additional €2 billion to the European Peace Facility. This decision sends a clear signal of the EU’s enduring commitment to military support for Ukraine and other partners. pic.twitter.com/T4U44gak4Q
    — Swedish Presidency of the Council of the EU (@sweden2023eu) March 8, 2023

    Oltre le munizioni, le notizie su Nord Stream
    Fuoriuscita di gas metano nel Mar Baltico dal gasdotto Nord Stream 1 (27 settembre 2022)
    “È una cosa molto seria, ma non bisogna mai avere paura della verità, di nessuna verità”, è la cauta presa di posizione dell’alto rappresentante Borrell a proposito dell’altro tema che ha agitato i 27 ministri Ue a Stoccolma. Secondo quanto riportano il quotidiano tedesco Die Zeit e lo statunitense New York Times, dietro al sabotaggio dei due gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 con la fuoriuscita di metano nel Mar Baltico di fine settembre dello scorso anno ci sarebbe un gruppo filo-ucraino. “Stiamo parlando di speculazioni, le indagini stanno ancora andando avanti in Svezia, Germania e Danimarca”, ha cercato di gettare acqua sul fuoco Borrell. Fino a quando non si arriverà alla fine delle investigazioni, “non possiamo giungere a conclusioni affrettate“.
    Secondo le rivelazioni dei due quotidiani, l’operazione potrebbe essere stata condotta in modo non ufficiale da un gruppo con legami con il governo o con i servizi di sicurezza ucraini. Anche se ci sono ancora molti buchi nella versione trapelata sulla stampa, gli investigatori tedeschi avrebbero identificato un’imbarcazione utilizzata per piazzare gli esplosivi, appartenente a una società registrata in Polonia e di proprietà di due cittadini ucraini. La squadra che avrebbe condotto l’operazione di sabotaggio ai danni dei due gasdotti sarebbe stata composta da sei individui di nazionalità sconosciuta. “Non c’entriamo nulla con l’operazione di sabotaggio ai danni dei gasdotti Nord Stream, sarebbe un bel complimento per i nostri servizi speciali ma quando si concluderanno le indagini si vedrà che l’Ucraina non ha nulla a che fare con tutto ciò“, si è smarcato da ogni tentativo di accusa il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, arrivando a Stoccolma, dove ha partecipato al vertice informale.
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    L’alto rappresentante Ue, Josep Borrell, ha anticipato il piano in tre step, che prevede donazioni immediate e coordinazione della domanda futura. Sulle speculazioni di gruppo pro-Kiev dietro al sabotaggio “non bisogna avere paura della verità, ma aspettare la fine delle indagini”

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    Laptop per l’Ucraina, raccolti altri 13mila dispositivi da inviare a Kiev. Bruxelles valuta l’estensione della protezione temporanea al 2025

    Bruxelles – Computer portatili, smartphone e tablet. Sono almeno 13mila i dispositivi elettronici che saranno consegnati all’Ucraina attraverso l’iniziativa ‘Laptop per l’Ucraina’, sostenuta dalla Commissione europea, per essere consegnati a studenti, infermieri e dipendenti governativi colpiti dalla guerra in Russia. Secondo le stime di Bruxelles, da quando la guerra della Russia in Ucraina è iniziata il 24 febbraio di un anno fa, sono stati spediti a Kiev almeno 12mila dispositivi donati attraverso il meccanismo di protezione civile dell’UE. Gli altri 13mila – fa sapere l’esecutivo comunitario in una nota – saranno trasportati nelle prossime settimane.
    L’iniziativa ‘Laptop per l’Ucraina’ è stata lanciata a dicembre scorso, insieme al ministero ucraino per la trasformazione digitale e a DIGITALEUROPE, l’organizzazione europea che rappresenta la tecnologia digitale. L’obiettivo è quello di raccogliere oltre 50mila tra laptop, tablet e smartphone per aiutare scuole, ospedali e amministrazioni governative a mantenere i servizi essenziali e garantire che i cittadini ucraini rimangano connessi a Internet.
    L’iniziativa si è rapidamente diffusa e conta oggi oltre 17 poli di raccolta dei dispositivi in tutta Europa, in Belgio, Repubblica ceca, Germania, Estonia, Spagna, Francia, Lituania, Ungheria, Romania e Slovenia. Questa spedizione sarà la prima di molte, poiché le donazioni dagli altri centri di raccolta europei verranno raccolte su base continuativa. Aziende e privati ​​possono ancora donare dispositivi di ricambio funzionanti in uno dei 17 centri di raccolta Inoltre, sono in fase di lancio nuovi poli di raccolta. I cittadini sono invitati a donare attraverso uno degli hub e le aziende private possono mettersi in contatto con la Commissione per organizzare il trasferimento di donazioni più consistenti.
    Nel frattempo la Commissione europea ha presentato oggi il primo rapporto sulla direttiva sulla protezione temporanea concessa agli ucraini in fuga dalla guerra, attivata per la prima volta il 4 marzo di un anno fa in risposta all’aggressione della Russia contro l’Ucraina. Bruxelles stima che sono circa 4 milioni le persone ad aver ottenuto da allora protezione immediata nell’Ue, di cui oltre 3 milioni nella prima metà del 2022. La protezione è già stata prorogato fino a marzo 2024 e può essere ulteriormente prorogato fino al 2025 e Bruxelles non lo esclude. “L’Unione europea è pronta a sostenere l’Ucraina per tutto il tempo necessario. La protezione è già stata prorogata fino al marzo 2024 e può essere ulteriormente prorogata fino al 2025. La Commissione è pronta ad adottare le misure necessarie per un’ulteriore proroga, se necessario”, annuncia pubblicando il rapporto annuale. “Allo stesso tempo l’Ue perseguirà un solido approccio coordinato a livello europeo per garantire una transizione agevole verso status giuridici alternativi che consentano l’accesso ai diritti oltre la durata massima della protezione temporanea, nonché un sostegno mirato per le persone che, fuggite dall’Ucraina, desiderano ritornare a casa”, spiega l’esecutivo europeo.

    Computer portatili, smartphone e tablet: sono almeno 13mila i dispositivi elettronici che saranno consegnati all’Ucraina attraverso l’iniziativa ‘Laptop per l’Ucraina’, sostenuta dalla Commissione europea,