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    Tajani frena su possibili sanzioni Ue contro i coloni estremisti israeliani: “Non sono terroristi”

    Bruxelles – Le violenze sistematiche dei coloni israeliani nei territori palestinesi occupati non sono atti terroristici. Non ha alcun dubbio il vicepremier Antonio Tajani, che dalla capitale Ue dice la sua sulla possibilità di vietare l’ingresso nell’area Schengen ai coloni estremisti che si macchiano di violenze contro la popolazione civile palestinese.“Condanno le violenze, ma i coloni non sono un’organizzazione terroristica”, ha dichiarato il ministro degli Esteri a margine del vertice con gli omologhi dei 27 Paesi Ue. La questione è stata portata sul tavolo dei ministri europei – e dell’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell – dal governo belga, pronto a vietare l’ingresso sul territorio nazionale ai coloni che commettono crimini nella West Bank. “Perché questa misura sia efficace, ho chiesto di vietarlo in tutto lo spazio Schengen”, ha spiegato la ministra belga, Hadja Lahbib, citando gli ultimi dati raccolti dall’ufficio di coordinamento per gli affari umanitari dell’Onu (Ocha): “Sette atti violenza al giorno commessi da coloni violenti, una situazione estremamente inquietante”.Dal 7 ottobre, Ocha-Opt ha registrato 331 attacchi di coloni israeliani contro le comunità palestinesi. Con un bilancio di 8 vittime, 35 episodi di violenza con almeno un ferito e 251 episodi in cui sono state danneggiate proprietà della comunità locale. La media settimanale degli attacchi è aumentata da 21 episodi, registrata tra gennaio e settembre 2023, a 36 episodi dopo il 7 ottobre.Ampliamento dell’insediamento israeliano di Har Homa nella Cisgiordania Occupata, 7/12/23 (Photo by AHMAD GHARABLI / AFP)Tajani ha tuttavia rispedito immediatamente al mittente la proposta: “Quella di usare violenza o di aggredire la popolazione palestinese in Cisgiordania è una scelta che non condivido, ma non possiamo equiparare Hamas ai coloni ebrei“, ha chiosato il ministro. Perché l’organizzazione terroristica palestinese “si è macchiata di crimini immondi” che “gridano vendetta”. Hamas ha “cercato la gente casa per casa, ucciso bambini di tre mesi, violentato donne per poi ucciderle e giocare a calcio con i loro seni”.Italia, Francia e Germania hanno indirizzato una lettera a Borrell per esprimere “il loro forte sostegno” all’istituzione di un regime di sanzioni ad hoc per i militanti di Hamas, i gruppi affiliati e i suoi sostenitori, “al fine di stigmatizzare politicamente gli attacchi del 7 ottobre scorso, isolare Hamas a livello internazionale e privarlo del sostegno finanziario e logistico da parte di terzi”. I tre maggiori Paesi del blocco guidano l’azione Ue contro i terroristi palestinesi, ma reagiscono in modo diverso alla proposta belga di sanzionare i coloni israeliani. Idea che oltretutto ha messo sul piatto a Washington anche il segretario di stato americano, Anthony Blinken. “La situazione in Cisgiordiania ci preoccupa, a causa dei troppi casi di violenze commesse da coloni estremisti. La Francia sta riflettendo sull’adozione di misure nazionali“, ha ammesso la ministra degli Esteri Catherine Colonna.

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    L’accordo con la Tunisia sulla gestione dei migranti è a un passo. Tajani: “Martedì 27 la firma”

    Bruxelles – La firma del memorandum d’intesa tra l’Ue e Tunisi potrebbe arrivare già domani. L’accordo sarebbe stato trovato oggi (26 giugno) al Consiglio Affari Esteri a Lussemburgo, con il testo inviato dalle autorità tunisine e approvato dal commissario Ue per l’allargamento e la politica di vicinato, Olivér Várhelyi. A riverlarlo, un soddisfattissimo Antonio Tajani: “Domani Várhelyi sarà a Tunisi per la firma”, ha dichiarato il vicepremier e ministro degli Esteri a margine del vertice.
    L’azzurro rivendica i propri meriti – “ho parlato questa mattina con il ministro degli Esteri tunisino e poco dopo è arrivato il testo dell’accordo”- e quelli del governo Meloni, che per primo ha posto con urgenza la questione della stabilità politica tunisina in chiave sicuritaria e di gestione dei flussi migratori, e che sta interpretando il ruolo di mediatore tra Bruxelles e l’autoritario presidente Kais Saied. Le premier italiana aveva tra l’altro manifestato il desiderio di vedere firmato il memorandum d’intesa prima del Consiglio europeo del 29-30 giugno dal momento che, come sottolineato dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, il pacchetto di partenariato globale dovrà in ogni caso essere approvato dagli Stati membri.
    Mark Rutte, Ursula von der Leyen, Kais Saied, Giorgia Meloni
    La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in una lettera indirizzata ai 27 capi di stato e di governo in vista del vertice, ha confermato che il commissario Várhelyi “finalizzerà a breve un memorandum d’intesa con la Tunisia“, che dovrà fare da “modello” per “partenariati simili in futuro”. La partnership disegnata durante la missione a Tunisi di von der Leyen, Meloni e il suo omologo olandese, Mark Rutte, prevede una maggiore cooperazione su sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. Dei cinque pilastri dell’accordo, sembra giocarsi tutto sull’equazione tra sviluppo economico – in sostanza assistenza finanziaria a Tunisi – e gestione dei flussi migratori. C’è anche un terzo termine, con tutti dubbi e le perplessità del caso. Borrell ha ricordato a margine del Consiglio Affari Esteri che “il quadro giusto è supporto economico, ma anche garanzie per il rispetto dei diritti umani e trattamento dignitoso di tutti i migranti”.
    L’Ue è infatti pronta a mobilitare immediatamente 150 milioni come supporto al budget e 105 per la gestione dei flussi migratori – di cui 60 per il controllo dei confini-, restituendo di fatto un po’ di ossigeno alle casse di un Paese sull’orlo del collasso economico-sociale. I restanti 900 milioni di assistenza microfinanziaria rimarrebbero invece vincolati alla firma dell’accordo da 1,9 miliardi di dollari tra Tunisi e il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), congelato ormai da mesi a causa del rifiuto di Saied di avviare una serie di riforme impopolari previste per sbloccare il finanziamento. In cambio, Bruxelles chiede in sostanza a Saied di continuare a fermare le partenze dei barconi e di trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire i migranti irregolari, che verrebbero sottoposti alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. I migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia. Borrell ha aggiunto un termine importante all’equazione: “Il quadro giusto è supporto economico, ma anche garanzie per il rispetto dei diritti umani e il trattamento dignitoso di tutti i migranti”, ha avvertito a margine del Consiglio Affari Esteri.
    Proteste a Sfax contro la presenza di migranti subsahariani. A destra una donna con uno striscione che recita: “Non siamo razzisti ma la sicurezza è la nostra priorità” (Photo by HOUSSEM ZOUARI / AFP)
    Il gioco al rialzo di Saied, che nonostante gli incontri degli ultimi mesi con diversi leader Ue continua a dichiarare pubblicamente che la Tunisia “non accetterà mai di essere il guardiano dei confini di nessun Paese” sembra funzionare, e il presidente tunisino ha trovato nell’Italia un ottimo compagno di squadra per fare cassa il più possibile. Anche oggi Tajani si è detto speranzoso che i 105 milioni dall’Ue per la gestione dei confini siano seguiti da una seconda tranche, e ha espresso fiducia sulla “flessibilità del Fondo monetario internazionale”, che sarebbe emersa durante gli ultimi colloqui tra l’Italia e la direttrice generale del Fmi, Kristalina Georgieva.
    Intanto però, dopo mesi in cui proprio Saied ha soffiato sul fuoco dell’intolleranza verso i migranti subsahariani, in Tunisia sono scoppiate le polemiche per il possibile accordo con l’Unione europea. A Sfax, città portuale da dove partono la maggior parte dei barconi diretti verso le coste italiane, da qualche giorno infuriano le proteste per la presenza di migranti irregolari, sfociate anche in episodi di violenza tra la popolazione locale e gli stranieri.

    Secondo il vicepremier italiano domani il commissario Ue Várhelyi sarà a Tunisi per la firma. In una lettera ai 27 capi di stato e di governo, von der Leyen conferma “l’accordo a breve”. Assistenza finanziaria, scambi e investimenti, energie rinnovabili e gestione dei flussi migratori i cinque pilastri. Pronti 105 milioni per il controllo delle coste

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    La Tunisia rischia il collasso, l’Ue manda in missione il commissario Gentiloni

    Bruxelles – L’Italia chiama l’Europa in soccorso alla Tunisia. Per Tunisi, ma anche per se stessa e per Bruxelles. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva chiesto con forza che si affrontasse il tema con gli omologhi europei, e così è stato: al Consiglio Affari esteri, i 27 hanno risposto allo stimolo pervenuto da Roma e discusso sulle azioni da intraprendere per scongiurare una “nuova Libia”. La più immediata, un’imminente visita a Tunisi del commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni.
    Il Paese della rivoluzione dei gelsomini, che nel 2011 rovesciò il regime di Ben Ali, è una pentola a pressione sull’orlo di esplodere: all’instabilità politica, con il presidente Kais Saied che cerca di imprimere una svolta autoritaria e le opposizioni che lo contestano ferocemente, si sommano una crisi economica cronica e le sue conseguenze sociali. In Tunisia scarseggiano i beni di prima necessità come burro, latte e zucchero, l’inflazione è galoppante, così come il tasso di disoccupazione. A preoccupare Roma e Bruxelles, sono soprattutto le ricadute che questa situazione rischia di avere sulle partenze di persone migranti verso le coste italiane.
    Ricadute già presenti: secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex), tra gennaio e febbraio la rotta del Mediterraneo centrale è stata la “più attiva”, con quasi 12 mila attraversamenti irregolari delle frontiere europee. Complessivamente il doppio rispetto a un anno fa. Dai dati del Viminale, risulta che almeno 12 083 persone sono partite dalle coste tunisine da inizio anno fino a metà marzo, con un’impennata del 788 per cento rispetto ai 1360 arrivi nello stesso periodo dell’anno precedente.
    Come se non bastasse, lo scorso 21 febbraio il presidente Saied ha puntato il dito contro contro le “orde di migranti irregolari provenienti dall’Africa subsahariana”, che starebbero portando in Tunisia “la violenza, i crimini e i comportamenti inaccettabili che ne sono derivati”. Il capro espiatorio utilizzato da Saied, che ha parlato di un disegno criminale per “cambiare la composizione demografica” del Paese, ha generato un’ondata di violenze contro i migranti subsahariani, che verosimilmente innescherà nuove e immediate partenze verso l’Europa.
    Per evitare il collasso economico e sociale, già in ottobre il governo di Tunisi aveva raggiunto un accordo con il Fondo Monetario Internazionale per un prestito da 1,9 miliardi in 48 mesi attraverso l’Extended Fund Facility. In cambio, Saied si era impegnato ad attuare una serie di riforme: un vero piano “lacrime e sangue”, il cui annuncio ha causato manifestazioni di piazza, forti repressioni governative e, in definitiva, il congelamento delle riforme. All’immobilismo del presidente tunisino, l’Fmi ha risposto con il blocco dell’erogazione del prestito, fino quando non riceverà segnali incoraggianti da Tunisi.
    Tajani chiede tempi rapidi per finanziare la Tunisia
    Antonio Tajani, Consiglio Affari esteri (20/03/23)
    La temporanea chiusura dei rubinetti da parte dell’Fmi ha preoccupato ulteriormente Bruxelles, con Tajani che ha chiesto “tempi rapidi per finanziare un Paese che vive un momento economico molto difficile”. Oltre al rischio di una “nuova pressione migratoria, perché la frontiera tra Libia e Tunisia è sempre più fragile”, il ministro degli Esteri italiano ha evocato lo spauracchio dell’estremismo islamico, che in caso di collasso dello Stato potrebbe “riapparire in Nord Africa”. Per Tajani il supporto a Tunisi deve arrivare su diversi livelli: se l’Italia “fornirà circa 110 milioni di euro al bilancio e alle piccole e medie imprese della Tunisia attraverso l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics)”, anche l’Europa e il Fondo Monetario Internazionale “devono fare la loro parte“. Il ministro ha proposto che il finanziamento internazionale sia sbloccato in diverse tranche, “man mano che vengono fatte le riforme”.
    Per poter negoziare un supporto finanziario anche da Bruxelles (oltre a quello che la Tunisia già riceve per la gestione dei flussi migratori), sarà per primo Paolo Gentiloni a recarsi “nei prossimi giorni” a Tunisi, seguito dai ministri degli Esteri di Belgio e Portogallo, che rappresenteranno i 27 Paesi membri. Anche l’Alto commissario Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, ha paventato una visita a Saied: “Forse dovrò viaggiare in Tunisia”, aveva dichiarato già questa mattina, prima del vertice. D’accordo con Tajani sull’urgenza della questione, “perché se la Tunisia collassa dovremo affrontare nuovi flussi massicci di migranti in Europa”, Borrell ha tuttavia evidenziato le responsabilità del presidente Saied nel peggioramento della crisi: “Non possiamo aiutare un Paese che non è in grado di rispettare un accordo con il Fmi, Saied deve finalizzare il programma”, ha avvisato il capo della diplomazia europea. Che si è smarcato dalla linea del Viminale, affermando che “il supporto non può che venire dal Fondo Monetario Internazionale“.

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    Allarme Ue sui migranti: Tajani preoccupato per la situazione tunisina, Grecia al lavoro per barriera con la Turchia

    Bruxelles – Se in Tunisia la situazione interna si fa di giorno in giorno più tesa, l’Italia non può stare a guardare. Perché il rischio, evocato oggi (20 febbraio) dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, al vertice a Bruxelles con gli omologhi dei 27 Paesi membri, è di avere “flussi migratori sempre crescenti”. Ma l’allarme per un rinnovato “panico flussi” non arriva solo da Roma: anche il governo di Atene avrebbe sollevato le proprie preoccupazioni a causa del drammatico terremoto che ha colpito Turchia e Siria, che potrebbe intensificare nei prossimi mesi la pressione al confine greco-turco.
    L’Europa si sente braccata sulle due rotte che già nel 2022 hanno registrato ingressi da record: l’anno scorso, secondo i dati dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex), dai Balcani occidentali sono entrate, in modo irregolare, più di 145 mila persone migranti, mentre gli sbarchi dal Mediterraneo centrale sono stati oltre 102 mila. E già nel 2022, la maggior parte di questi erano da una parte cittadini turchi e siriani, dall’altra egiziani e tunisini.
    A Tunisi la situazione non fa che aggravarsi, con un Paese che da 11 anni vive una profonda crisi economica e politico-istituzionale: prima la pandemia e poi le conseguenze della guerra in Ucraina stanno portando lo Stato nordafricano sull’orlo della bancarotta. “Sappiamo che c’è una situazione molto complicata, stanno arrivando flussi migratori preoccupanti”, ha esordito a proposito Tajani dal Consiglio Affari esteri Ue. Per questo il ministro ha chiesto che la questione tunisina venga inserita come punto principale nell’agenda del prossimo vertice di Bruxelles, previsto il 20 marzo. Il mantra è sempre lo stesso: “Stiamo facendo in modo di avere un coinvolgimento dell’Europa sulla situazione tunisina, perché non può essere un problema solo italiano”, ha dichiarato Tajani, che in mattinata ha avuto un colloquio di una decina di minuti con l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Josep Borrell, che “si è mostrato disponibile a confrontarsi e trovare delle soluzioni”. Tajani e Borrell avrebbero ipotizzato anche di recarsi di persona a Tunisi per discutere con il presidente Kaïs Saïed.
    Nelle zone devastate dal più forte terremoto degli ultimi cento anni, che ha colpito il sud est della Turchia e il nord della Siria lo scorso 6 febbraio, secondo l’Unhcr potrebbero esserci già oltre 5 milioni di sfollati. “Siamo pronti ad ogni evenienza e il lavoro sulla recinzione di Evros sta già accelerando”, avrebbe dichiarato il ministro greco per la Protezione civile, Takis Theodorikakos, a un’emittente locale. Atene sta infatti innalzando una recinzione lungo il fiume Evros, confine naturale con la Turchia, che mette ancora una volta sotto i riflettori il dibattito che da qualche settimana sta divampando a Bruxelles, sulla necessità che sia l’Ue a finanziare le infrastrutture per proteggere i confini esterni. L’Unione europea “deve capire che i confini dell’Evros non sono solo confini della Grecia, ma anche dell’Europa”, ha ricordato Theodorikakos, che ha espresso ottimismo sul fatto che almeno alcuni Paesi Ue contribuiranno a coprire i costi.

    Il ministro degli Esteri ha chiesto a Josep Borrell di affrontare la questione dei “flussi migratori sempre crescenti” dalla Tunisia al prossimo Consiglio Affari Esteri. Da Atene l’allarme per i profughi del terremoto in Turchia e Siria: “Stiamo accelerando sulla recinzione a Evros”