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    Stato dell’Unione, von der Leyen ripropone l’UE della Difesa: “Dobbiamo poter fare di più autonomamente”

    Bruxelles – Era uno dei punti all’ordine del giorno più attesi. Dal discorso sullo Stato dell’Unione, pronunciato oggi (mercoledì 15 settembre) davanti all’Eurocamera dalla presidente dalla Commissione UE, Ursula von der Leyen, ci si attendeva un intervento significativo sul fronte della prospettive europee in politica estera, anche e soprattutto alla luce delle vicende afghane. Come tutto il discorso in generale, le parole della presidente dell’esecutivo UE non sono state all’altezza delle aspettative. Ma se si vuole individuare quale sarà il futuro (almeno a livello teorico) dell’Unione, lo si può riassumere in due concetti: difesa e sicurezza.
    “Dopo i recenti eventi in Afghanistan, non possiamo non aumentare la cooperazione globale, con una nuova dichiarazione UE-NATO da firmare entro la fine anno”, ha spiegato von der Leyen. Tuttavia, “l’Unione Europea deve essere in grado di poter fare di più autonomamente“, in modo da “offrire stabilità nelle diverse regioni a cui siamo legati geograficamente”. La presidente della Commissione UE ha ricordato che “se le crisi non vengono gestite per tempo in loco, saranno le crisi a venire da noi”.
    La presidente dalla Commissione UE, Ursula von der Leyen (15 settembre 2021)
    Ecco perché si torna a parlare di un’Unione Europea della Difesa, su cui “abbiamo già iniziato a sviluppare un ecosistema” e che dovrebbe essere implementata sotto la presidenza francese del Consiglio dell’UE: “All’inizio del prossimo anno organizzeremo con il presidente Emmanuel Macron un vertice europeo sulla difesa“, ha annunciato von der Leyen. Per la presidente dell’esecutivo comunitario la questione non è solo di natura operativa (con l’idea delle forze a impiego rapido già presentata dall’alto rappresentante UE, Josep Borrell), ma soprattutto politica: “In passato è mancata una volontà condivisa, ma se la riuscissimo a mettere in campo potremmo ottenere grandi risultati”.
    Si parla di un “processo decisionale collettivo e condivisione di informazioni di intelligence tra Paesi membri”, con Bruxelles che sta prendendo in considerazione la “creazione di un proprio Centro di conoscenza situazionale“. Ma servirà anche un “miglioramento dell’interoperabilità con piattaforme europee comuni, jet e droni” e una politica europea incentrata sulla sicurezza informatica: “Se tutto è collegato, tutto può essere piratato”. In un mondo in cui “la natura delle minacce e degli attacchi si evolve e diventa sempre più ibrida”, i Ventisette dovranno “unire le forze per diventare leader negli strumenti di cyberdifesa“, è stato l’ultimo avvertimento della presidente von der Leyen.

    Durante il discorso in plenaria, la presidente della Commissione UE ha annunciato che a inizio 2022 si terrà in Francia un vertice europeo sulla difesa. Focus sul processo decisionale collettivo e sulla risposta agli attacchi informatici

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    Borrell: “Politica estera comune? Gli Stati UE non sono pronti a rinunciare al loro diritto di veto”

    Bruxelles – Una politica estera comune a livello europeo? Non ci sono le premesse, gli Stati europei non sono ancora pronti ad abbandonare il loro potere di veto. Una riflessione non nuova che arriva ancora una volta dall’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, intervenuto oggi (7 maggio) all’evento annuale sullo Stato dell’Unione organizzato dall’Istituto universitario europeo di Firenze. È noto che a frenare in qualche modo una definizione comune della politica estera dell’Unione è anche la necessità di raggiungere ogni volta l’unanimità in Consiglio per le decisioni in materia di politica estera e di diritti umani, uno scoglio che secondo l’alto rappresentante andrebbe superato e sostituito con un voto a maggioranza qualificata ma per ora non ci sono le premesse. “Il mio lavoro sarebbe molto più semplice”, ha scherzato il capo della diplomazia europea, “ma gli Stati non sono disposti a rinunciare al loro diritto di veto”, perché il principio dell’unanimità da raggiungere in seno al Consiglio non è altro che questo: la possibilità per tutti e Ventisette di esercitare il proprio diritto di dire ‘no’.
    Tante lacune in quella che si chiama “Azione esterna” dell’Unione europea, che non si definisce una politica estera perché agli Stati membri manca una visione comune di quello che c’è fuori dall’UE e alle sue minacce. A quasi due anni dall’insediamento della Commissione geopolitica di Ursula von der Leyen, l’atto più significativo che rimarrà legato all’eredità di Borrell è probabilmente l’introduzione di una ‘legge Magnitsky europea’, ovvero un nuovo regime di sanzioni dedicato a colpire i responsabili di violazioni dei diritti umani, introdotto dall’UE alla fine dell’anno scorso. “Sanzioni limitate”, riconosce Borrell ma solo perché l’idea di questo nuovo regime di sanzioni è quello di colpire individui o entità, non sanzioni o restrizioni economiche che possano andare a mettere in difficoltà la popolazione dei Paesi che ne sono colpiti. Una scelta di campo, apprezzabile, diversa ad esempio da quella degli Stati Uniti che nei casi di Iran e Venezuela non ha preso lo stesso tipo di impegno. Individui o enti e istituzioni: è chiaro che l’effetto è meno d’impatto rispetto a sanzioni più imponenti di tipo economico nei confronti della popolazione. “Non vogliamo aggravare una situazione umanitaria”.
    Borrell fissa poi come priorità per l’Unione europea il lavoro per ristabilire un ordine multilaterale a livello globale “profondamente danneggiato, al momento non c’è accordo su praticamente nulla”, avverte il capo della diplomazia europea. Fondamentale prima ristabilire un ordine mondiale “per avere un quadro di riferimento in cui agire” e affrontare tutte le altre questioni che per l’UE sono priorità, a partire dal cambiamento climatico. Come Unione europea “dobbiamo renderci conto della velocità e della portata dei cambiamenti che avvengono intorno a noi”, anche se l’UE non riceve abbastanza credito per ciò che ha fatto come Istituzione “sia internamente che esternamente”, conclude.

    L’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza all’evento annuale sullo Stato dell’Unione organizzato dall’Istituto universitario europeo di Firenze