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    Non solo migranti, in Afghanistan c’è in gioco molto di più. E l’UE s’inquieta

    Bruxelles – “La situazione è molto complessa, ma non impossibile”. A Bruxelles ci si rende conto che l’Afghanistan è ormai fuori controllo. Lo indica l’avanzata dei talebani, che hanno ripreso il controllo della maggior parte del Paese, e la spigolosità di un interlocutore poco incline a dialogo e trattative. di fronte a un nuovo scenario di instabilità e incertezze c’è un parte dell’Unione europea che si preoccupa dei migranti, eredità di una missione NATO a cui 22 Stati membri dell’UE hanno partecipato dal 2003 a oggi, momento di smobilitazione.
    In Commissione come in Consiglio numeri, dati e cartine politiche si susseguono e si aggiornano continuamente. Attualmente i talebani controllano il 65% del territorio, 230 distretti rispetto ai 65 amministrati del governo. Il resto è oggetto di contese coi signori delle guerra. I talebani già controllano otto punti di attraversamento di frontiera, tutto ciò che entra ed esce lungo le frontiere con Iran, Tagikistan e Turkmenistan. A sud, gestiscono anche un punto di passaggio verso il Pakistan. Così, coloro contro i quali venne lanciata l’operazione in Afghanistan, si garantiscono il controllo delle merci e introiti annui stimati attorno ai due e i due miliardi e mezzo l’anno.
    L’avanzata dei talebani e il loro controllo del territorio al 10 agosto 2021
    “L’obiettivo è la pace”, ripetono a Bruxelles, consapevoli che è difficile da ottenere. “Si può ottenere solo se tutte le parti lavorano per questo. Ma sulle trattative i nuovi padroni del Paese frenano.  “I talebani non hanno mai detto di non volere un accordo, ma vogliono delle precondizioni: liberazione di 700 prigionieri e cancellazione delle liste di sanzioni”. Questa è la situazione per un’Unione europea che in Afghanistan vede ridimensionata la sua vocazione geopolitica.
    La Cina ha già riconosciuto i talebani, mentre l’UE e i suoi Stati membri hanno sempre puntato su altri attori e interlocutori. Il ritorno degli ‘esclusi’ e il loro riconoscimento sullo scacchiere internazionale è una sconfitta. Ora le domande che si pongono “hanno bisogno di una risposta nazionale degli Stati”. Spetta a loro decidere se riconoscere la nuova autorità, e se richiamare i loro connazionali in patria. Ci sono ancora 9 Stati membri con personale diplomatico nel Paese.
    A Bruxelles si cerca di utilizzare a proprio vantaggio una situazione anche se vantaggiosa non è. “In questi ultimi anni solo tre Paesi – Arabia Saudita, Emirati arabi e Pakistan – riconoscevano i talebani. Adesso questi ultimi hanno bisogno di noi, per il commercio, per gli aiuti umanitari…” Questo il ragionamento con cui ci si cerca di convincere che gli stranieri in Afghanistan si trovino in una situazione di forza.
    La Commissione lavora per una soluzione che porti la sicurezza, dialogando con il governo di Kabul che perde forza. Dall’altra parte “nessuna mediazione è stata accettata”, riconoscono gli addetti ai lavori. “La situazione si risolve da sola, tra afghani” Il rischio è che si risolva nel sangue e in un modo che non giovi all’occidente e all’Europa.
    Ci sono 3,5 milioni di rifugiati e sfollati in Pakistan, altri 3 milioni sono ammassati in Iran, circa 500mila sono in Turchia. L’UE si trova costretta a fare in modo che queste persone non si mettano in marcia. “Bisogna lavorare con questi Paesi per prevenire nuove rotte illegali”. In questo il ruolo della Turchia, e l’UE rischia di diventare ancor più dipendente da Recep Tayipp Erdogan e di esporsi ancora di più ai capricci del sultano.
    Alcuni Stati guardano con preoccupazione all’aspetto migratorio della questione, ma a Bruxelles si guarda ad altro. Si considera una crisi di richiedenti asilo non imminente, perché i numeri non forniscono indicazioni in tal senso. L’aumento degli afghani che bussano alle porte dell’Europa si teme, ma non c’è. L’UE lavorerà con gli Stati confinanti dell’Afghanistan per fare in modo che la situazione resti così. Vuol dire pagare per non avere richiedenti asilo e fare in modo che resti dove sono.
    In Commissione come in Consiglio si guarda ad altri aspetti. “Ci preoccupa che i talebani possano riprendere in mano il commercio della droga e fare del Paese una base per il terrorismo islamico”. Questo è interesse della Cina

    Controllo delle merci, ripristino del business della droga, terrorismo islamico, peso geopolitico: il ritorno dei talebani apre nuovi scenari difficili da gestire

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    Salute, blue economy e materie prime: UE e Canada danno nuove impulso alle loro relazioni

    Bruxelles – Salute, materie prime e commercio, sicurezza, clima. Unione europea e Canada rinsaldano il loro legame con un nuovo processo di cooperazione che le vede inaugurare nuove fasi su più fronti. Il summit bilaterale di Bruxelles vede la decisione di creare un nuovo dialogo per la salute, l’attivazione di un forum per sull’economia marittima per la protezione degli oceani e la promozione della blue economy, l’avvio di un partenariato strategico UE-Canada sulle materie prime al fine di diversificare le fonti di importanti input dell’economia verde e digitale lontano.
    “Dobbiamo essere uniti”, dice l’ospite d’onore, il primo ministro canadese Justin Trudeau, che lascia la capitale dell’UE tenendo fede a premesse e promesse. Prima di lasciare Bruxelles il leader canadese riafferma l’importanza dei “valori” che legano le due sponde dell’Atlantico, che si traduce nell’impegno a “lavorare stretto contatto per affrontare le preoccupazioni e le sfide comuni che affrontiamo nelle relazioni con Cina e Russia“, come messo nero su bianco nelle conclusioni di fine lavori.
    E’ un summit UE-Canada ricco di sostanza quello andato in scena a Bruxelles. C’è la voglia di “coordinare sforzi” di riforma dell’OMS, e non è poco. “Dobbiamo migliorare il sistema di allerta, perché abbiamo perso del tempo prezioso all’inizio” della pandemia, rileva la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Un lavoro necessario ma non scontato, poiché si intreccia col più delicato capitolo di riforma del WTO, l’Organizzazione mondiale per il commercio. Ma le due cose, quando si parla di salute, vanno di pari passo. UE e Canada intendono “lavorare insieme per facilitare il commercio di beni medici essenziali”, nell’ottica dell’alleanza per la salute.
    Trudeau propone un trattato internazionale sulle pandemie, nell’ambito di una nuova OMS. L’Unione europea trova il sostegno a lavorare per la creazione di un’Agenzia africana del farmaco e investimenti nel continente: è questa la strategia per superare le crisi. “La liberalizzazione dei brevetti dei vaccini non sono una bacchetta magica”, scandisce il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. “Preferiamo progetti concreti per l’aumento della capacità produttiva”. Avanti così, dunque.
    Si difende il CETA, il trattato di libero scambio UE-Canada. Da quando è stato introdotto in via provvisoria il commercio di beni è cresciuto del 25%, quello di servizi del 39%. Si intende lavorare per arrivare alla piena ratifica e applicazione dell’accordo, a cui si aggiunge l’alleanza sulle materia prime e non solo quella. “Condividiamo gli stessi valori, siamo per il multilateralismo”, ripetono i tre leader, e nel complesso, tiene a sottolineare Trudeau, “la partnership UE-Canada è più forte che mai”.
    Lo dimostra anche il nuovo impulso dato alla sicurezza cibernetica. UE e Canada approfondiranno la cooperazione digitale attraverso il dialogo digitale Canada-UE e il partenariato globale sull’intelligenza artificiale. Un esercizio che implica la collaborazione in materia di ricerca e sviluppo. Qui, sottolinea Michel, “continueremo a rafforzare la nostra cooperazione attraverso il programma Orizzonte Europa”, il programma quadro UE per la ricerca.
    Capitolo difesa. Per cortesia istituzionale Trudeau non risponde a chi chiede pareri su una maggiore integrazione europea in materia, ma il Canada è stato invitato a partecipare al progetto Mobilità Militare della PESCO, ed è von der Leyen a ricordare che la Cooperazione strutturata permanente in materia di sicurezza e difesa (PESCO) “è stata creata per garantire maggiore interoperabilità, e che la PESCO permette una maggiore complementarità con la Nato” e quindi è un bene anche per il Canada.

    Il summit bilaterale ospitato a Bruxelles rilancia un rapporto “più forte che mai”. Impegni per riformare l’Oms, proteggere gli oceani e rispondere alle minacce russo-cinesi

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    Irini, nata per il controllo dell’embargo di armi in Libia, non funziona. Mancano le risorse necessarie

    Ma quelle che si vedono sugli spalti di Juve-Napoli sono sopracciglia o lauree? Il Presidente di _ al _mediaset: “L’🇮🇹 ha un’occasione storica: l’🇪🇺 potrebbe metter… RT : Breaking News: John Bolton says in his new book that the House should have investigated President Trump for potentially im… RT : The new MFF lacks boldness […]

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    Sicurezza: da Monaco, luci livide sul rapporto Ue/Usa

    Nathalie Tocci durante il suo intervento a Monaco – Nathalie Tocci “[Noi europei] non possiamo più esitare sulla necessità di uscire dal guscio, assumendoci maggiori responsabilità e instaurando rapporti di collaborazione più creativi per garantire che multilateralismo, regole condivise e diritto internazionale rimangano il fulcro della società internazionale” CORRELATI