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    “Russia sponsor del terrorismo”. L’Aula del Parlamento Europeo all’attacco di Mosca

    Bruxelles – La Russia Stato sponsor del terrorismo. L’Aula del Parlamento europeo approva la risoluzione che intende isolare ancora di più  Vladimir Putin a livello internazionale. Un voto praticamente unanime, che riceve 494 voti favorevoli, 58 contrari e 44 astensioni. Tra gli astenuti la pattuglia del Movimento 5 Stelle, mentre tra le fila dei socialisti gli italiani del Pd si spaccano, con Bartolo, Cozzolono e Smeriglio che non seguono né la delegazione italiana né il gruppo parlamentare, votando contro.
    “In Ucraina è il momento di alzare i toni della pace. La risoluzione che verrà messa ai voti oggi al Parlamento europeo porta invece all’opposta direzione“, sostiene la delegazione pentastellata in Parlamento europeo, convinta che “bisogna mettere a tacere le armi e far prevalere le diplomazie”. Dello stesso avviso anche Francesca Donato, europarlamentare eletta con la Lega adesso indipendente. E’ tra i 58 ‘no’ finali, per una risoluzione che ritiene “assurda e controproducente”. Il Parlamento europeo, spiega, “ha perso un’occasione per favorire il clima di dialogo e una iniziativa di pace”.
    La censura politica dell’Aula di Strasburgo è per gli attacchi e “le atrocità intenzionali” sulla popolazione civile, la distruzione delle infrastrutture civili, e “altre gravi violazioni del diritto internazionale e umanitario”. Sono tutti “atti di terrore e crimini di guerra”, che per questo induce i due terzi dell’Aula a dichiarare la federazione russa di Putin “sponsor del terrorismo”. E’ questa la formula che elimina il nodo giuridico della questione, visto che a livello Ue non esiste un quadro che definisca uno Stato terrorista, come invece avviene negli Stati Uniti. Per questo una delle richieste a Commissione e Stati membri che arriva dal Parlamento è creare quella legislazione mancante per poter aggiungere il Paese euro-asiatica nella nell’elenco dei soggetti terroristici dell’Ue. Così facendo sarebbe possibile far scattare la tagliola di nuove sanzioni e nuove restrizioni.
    A proposito di ‘listing’, si invita il Consiglio dell’Ue ad aggiungere anche l’organizzazione paramilitare “Gruppo Wagner”, il 141esimo reggimento speciale motorizzato noto anche come “Kadyroviti”, insieme ad “altri gruppi armati, milizie e delegazioni finanziate dalla Russia”.
    La stessa risoluzione chiede anche di operare un ulteriore isolamento della Russia, chiedendo di fatto di lavorare per arrivare alla sospensione da organizzazioni e organismi internazionali come il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, una proposta peraltro già avanzata dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.
    Il testo che dichiara la Russia Stato sponsor del terrorismo arriva dopo “l’escalation di atti di terrore del Cremlino contro il popolo ucraino”, ragion per cui, secondo gli europarlamentari, i Ventisette vengono esortati a “ultimare rapidamente il lavoro del Consiglio sul nono pacchetto di sanzioni contro Mosca”.
    Ma il nodo di fondo di questa iniziativa parlamentare è continuare con la guerra, e lo spiega molto bene Anna Fotyga, coordinatore dei Conservatori europei (Ecr) in commissione Affari esteri. “Non possiamo negoziare con i terroristi“, scandisce. L’azione di oggi manda un messaggio tanto forte quanto pericoloso.

    Di questo e di tanti altri temi di attualità nelle politiche europee si discuterà nel nono appuntamento annuale di Eunews How Can We Govern Europe?, in programma a Roma il 29 e 30 novembre negli spazi delle rappresentanze di Commissione e Parlamento europei, in piazza Venezia.

    Approvata la risoluzione che chiede anche di escludere il Paese dal consiglio di sicurezza dell’Onu. I 5 Stelle si astengono, il Pd si divide. Fotyga: “Non possiamo negoziare con Mosca”

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    UE pronta alla prova di forza con Mosca, ma il dibattito sull’Ucraina mostra i limiti in politica estera

    dall’inviato Strasburgo – Dalla parte dell’Ucraina, pronti allo scontro con la Russia, nel bel mezzo di una crisi che vede l’Europa riscoprirsi più piccola di quanto immaginato. Il dibattito sulle tensioni lungo la frontiera ucraina vede nell’Aula del Parlamento europeo un misto di preoccupazione, irritazione e frustrazione. In una sessione plenaria che contro ogni previsione vede la presenza della presidente dell’esecutivo comunitario emerge soprattutto l’immagine di un’Europa marginale nell’arena internazionale agli occhi degli stessi europei. Il primo a spiegare i limiti di un blocco dei 27 che fa fatica a trovare una quadra in politica estera è Josep Borrell, l’Alto rappresentante dai poteri limitati in materia.
    “La Russia per settimane ha scritto solo agli Stati Uniti e alla NATO. In un secondo momento ha scritto ventisette lettere per ogni Stato membro, con l’obiettivo di avere ventisette risposte diverse”. L’Alto rappresentante mostra soddisfazione per un’Unione “che non si è mostrata divisa”, ma la condotta russa mostra i limiti di un’UE che fa fatica sulla scena internazionale. I malumori diffusi tra i banchi dell’Aula li esterna Martin Schirdewan, de la Sinistra. “La pace dell’Europa deve essere decisa qui, in Europa, non a Washington né al quartier generale della NATO”.
    La crisi ucraina ripropone una questione annosa, quella della dimensione internazionale dell’Unione europea. Per questo il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, propone di “andare oltre il pacchetto di aiuti” da 1,2 miliardi di euro per l’Ucraina, e di “organizzare una conferenza dei donatori”, facendosi quindi promotore di iniziative internazionali. Senza dimenticare l’azione decisa.
    L’UE auspica il meglio, ma si prepara al peggio. Lo dicono sia Michel sia Ursula von der Leyen. Quest’ultima assicura che in caso di aggressione militare “l’UE saprà rispondere tempestivamente”, e che  “le nostre sanzioni possono colpire duramente la Russia, e il Cremlino lo sa”.  Un’affermazione che offre modo ai Verdi di scagliarsi su Nordstream2. “Dobbiamo essere pronti a sanzioni, che non sono solo sanzioni individuale. Il gasdotto deve rientrare nel pacchetto”, scandisce la co-presidente Ska Keller, che trova una sponda politica nellaa conservatrice Anna Fotyga. “Questo progetto va fermato subito, non solo in caso” in cui la situazione dovesse richiederlo.
    I popolari europei preferiscono parlare d’altro. Manfred Weber rilancia l’idea, sostenuta dal PPE, di “escludere le banche russe dal sistema internazionale”. I socialisti europei insistono sulla diplomazia come via prioritaria da seguire, ma condividono la necessità di un piano B in caso di ulteriore deterioramento. La capogruppo Iratxe Garcia Perez chiama l’Ucraina, l’invita a non cedere a Putin. “Putin ha paura del nostro modello e della nostra democrazia. Il presidente Zelensky deve continuare a impegnarsi per la via della democrazia”, quella europea.
    Di fronte alle preoccupazione per un’Europa che appare bypassata, von der Leyen assicura che il ruolo di coordinamento è stato comunque degno di nota. “I russi hanno inviato un totale di 36 lettere con richieste, le risposte che hanno avuto sono state due”. Rassicurazioni insufficienti a fugare i dubbi di un ruolo non da protagonista. “La Russia non vuole parlare con l’Europa. Putin – lamenta la liberale Hilde Vautmans – ha incontrato Macron, ma a quel lungo tavolo avrebbe dovuto sedersi l’Alto rappresentante Borrell”. Un’altra constatazione dei limiti dell’Europa in politica estera.

    Von der Leyen: “Auspichiamo il meglio, ma ci prepariamo al peggio”. Verdi, Conservatori e Sinistra chiedono lo stop a Nordstream 2, e si lamenta il ruolo secondario dell’UE nei negoziati internazionali

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    Il Parlamento UE diviso tra chi vuole rafforzare le frontiere con la Bielorussia e chi condanna le violazioni dei diritti umani

    Bruxelles – Nel giorno dell’annuncio della nuova proposta di sanzioni contro il regime di Alexander Lukashenko, con l’inclusione di una lista nera di operatori di trasporto che facilitano la tratta di persone verso l’Unione Europea, gli eurodeputati si sono confrontati con la Commissione e il Consiglio UE sulla gestione della frontiera orientale, scontrandosi e dividendosi sull’analisi della crisi migratoria in atto tra Polonia e Bielorussia.
    Nel suo intervento in Aula il vicepresidente della Commissione UE, Margaritis Schinas, ha definito le azioni del presidente della Bielorussia “una minaccia alla sicurezza dell’UE”, dal momento in cui “non sono solo le frontiere polacche, lituane e lettoni in pericolo, ma anche quelle di tutta l’Unione”. Di contro, “la nostra risposta non ha conosciuto pause, ma ora è tempo di azioni, non di diagnosi“, ha esortato il vicepresidente dell’esecutivo comunitario. Di qui le varie direttrici di intervento di Bruxelles per cercare di limitare i danni e provare a coordinare un approccio che fin a oggi sembra tutto fuorché armonizzato.
    Il vicepresidente della Commissione UE, Margaritis Schinas (23 novembre 2021)
    Prima di tutto c’è stato il sostegno per affrontare la crisi umanitaria “drammatica”, attraverso la mobilitazione di 700 mila euro del bilancio dell’Unione per le organizzazioni internazionali partner. “Dobbiamo dare una protezione adeguata alle persone bloccate alla frontiera”, ha ricordato Schinas. Altri 3,5 milioni di euro saranno stanziati dall’UE per sostenere i rimpatri volontari dalla Bielorussia ai Paesi di origine, “una priorità fondamentale, come mi è stato chiesto nel mio viaggio nei Paesi partner in Medio Oriente“, ha aggiunto il vicepresidente della Commissione UE. E poi oltre 200 milioni di fondi “ai Paesi più colpiti”, ovvero Polonia, Lituania e Lettonia, e il quinto pacchetto di sanzioni contro il regime bielorusso: “Ma siamo pronti a fare di più se e quando necessario“.
    Come già rivelato nel corso della sessione plenaria di due settimane fa, il Parlamento UE è diviso tra gruppi politici che sostengono il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne dell’Unione e altri che definiscono “inaccettabile per i valori europei” ciò che sta accadendo sul confine tra Polonia e Bielorussia.
    Il primo approccio è quello delle destre, compresi i popolari. “Qualcuno ancora si chiede se ci troviamo in una guerra ibrida sulle frontiere orientali”, ha attaccato Esteban González Pons (PPE). “Non possiamo permetterci tentennamenti mentre la Russia continua la sua politica di invasioni e usa Lukashenko per provare a destabilizzare l’Unione Europea”. Sulla stessa linea d’onda Ryszard Antoni Legutko (ECR), che ha definito quella in corso una “minaccia diretta alla frontiera della Polonia” attraverso l’invio in massa di civili per “far scricchiolare l’UE”. Riportando le parole del primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, l’eurodeputato conservatore ha definito “la nostra passività, la sua forza”. Ancora più duro Nicolas Bay (ID), che ha accusato le istituzioni UE di “incitare i migranti a venire in Europa, promettendo anche loro di accoglierli con 700 mila euro”.
    Dall’altra parte dell’emiciclo, Birgit Sippel (S&D) ha parlato di “catastrofe umanitaria, in cui le persone vengono maltrattate e respinte con la violenza“. L’indice è puntato proprio contro il governo di Varsavia, che “non rispetta i vincoli internazionali e i diritti umani che valgono anche alle frontiere esterne dell’Unione”. L’eurodeputata socialdemocratica ha inoltre esortato la Polonia a “dare accesso alle ONG e ai giornalisti nella zona rossa”. Più radicale l’accusa di Miguel Urbán Crespo (La Sinistra): “Alla frontiera dell’UE con la Bielorussia si stanno usando donne, uomini e bambini come rifiuti, noi ci opponiamo alla visione di una guerra ibrida che giustifica il sostegno a queste politiche violente”.
    Liberali e Verdi hanno invece insistito sul fatto che l’UE non stia parlando con una sola voce contro la Bielorussia di Lukashenko, con la conseguenza di non saper coordinare una risposta “efficace e dignitosa” alle frontiere esterne. “Le telefonate della cancelliera tedesca, Angela Merkel, a Lukashenko hanno come unico risultato quello di far alzare il tiro delle sue pretese nei confronti dell’Unione”, ha attaccato Petras Auštrevičius (Renew Europe). “Dobbiamo continuare con misure dure contro il regime e contro la compagnia aerea Belavia, perché ancora dopo quattro pacchetti di sanzioni le violazioni dei diritti umani in Bielorussia non si fermano”, ha aggiunto l’eurodeputato lituano.
    Viola Von Cramon-Taubadel (Verdi/ALE) ha sottolineato che “il fatto che Belavia chieda un sacco di soldi per dare alle persone migranti una speranza vana è l’esempio di cosa sia una tratta di esseri umani”. Anche se “alcuni pensano che si possa telefonare e mediare”, il presidente bielorusso Lukashenko e la sua cerchia “possono essere fermati solo con misure dure e sostenendo l’opposizione democratica bielorussa”, ha aggiunto l’europarlamentare tedesca, anticipando l’intervento di domani (mercoledì 24 novembre) della leader Sviatlana Tsikhanouskaya.

    La frattura tra i gruppi delle destre e del fronte sinistre-Verdi-liberali si è aperta durante la discussione sulla gestione della crisi migratoria al confine tra Polonia e Bielorussia