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    Von der Leyen mostra fermezza sull’Ucraina: “A Ginevra punto di partenza, ma mantenere alta la pressione”

    Dall’inviato a Strasburgo – L’Eurocamera riflette sull’impulso dato da Donald Trump per mettere fine al conflitto in Ucraina. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, traccia la linea rossa del blocco UE: “Nulla sull’Ucraina senza l’Ucraina. Nulla sull’Europa senza l’Europa. Nulla sulla NATO senza la NATO”. Un principio che sarebbe stato riconosciuto durante il confronto ristretto con Kiev e Washington a Ginevra. “Credo che ci sia l’opportunità di compiere progressi concreti“, conferma la leader UE.Von der Leyen ha aperto questa mattina (26 novembre) il dibattito all’emiclo di Strasburgo sulla posizione e sul ruolo dell’UE nel piano per la pace in Ucraina, aggiunto in extremis all’agenda della sessione plenaria del Parlamento europeo alla luce dell’iniziativa di mediazione della Casa Bianca. Ha esordito citando “la tempesta di droni e missili russi” che si è abbattuta pochi giorni fa su Ternopil – città ucraina “più vicina al confine polacco che a Kiev -, che ha ucciso 34 cittadini ucraini e ne ha feriti un centinaio. “Un atto di brutalità insensato”, ha attaccato von der Leyen. Al di là degli sforzi diplomatici, “è questa la realtà quotidiana”, ha insistito.Di fronte alla ‘morbidezza’ di Trump – che ha messo sul piatto un documento di 28 punti che sembrava redatto direttamente con Mosca -, von der Leyen chiede di tenere la guardia alta. “Dobbiamo mantenere alta la pressione”, perché “la strategia della Russia non è cambiata: ogni volta che si registrano progressi significativi nei negoziati, la violenza si intensifica“. Tuttavia, la presidente dell’esecutivo UE paga comunque il suo dazio al presidente americano, che ha avuto il merito di “avviare il lavoro su un testo”. Un passo che Bruxelles non è riuscita a compiere in tre anni e mezzo di guerra.“Credo che grazie al lavoro svolto negli ultimi giorni a Ginevra ora abbiamo un punto di partenza“, ha affermato von der Leyen agli eurodeputati. Ma senza fare sconti a Putin e alla Russia, la cui mentalità imperialista “non è cambiata dai tempi di Yalta”. Von der Leyen ha indicato le quattro priorità europee che dovranno riflettersi nel piano di pace. A cascata, la prima è che “qualsiasi accordo garantisca una pace giusta e duratura e assicuri una sicurezza reale per l’Ucraina e l’Europa”. E dunque, non ci può essere “alcuna limitazione alle forze armate ucraine” (il piano di Trump indicava un limite di 600 mila effettivi). Non solo, l’Ucraina “ha bisogno di garanzie di sicurezza solide, a lungo termine e credibili, come parte di un pacchetto più ampio per dissuadere qualsiasi futuro attacco da parte della Russia”.Le garanzie passano per l’integrità territoriale e dal coinvolgimento di UE e NATO nella protezione della sovranità del partner aggredito da Mosca. “Se oggi legittimiamo e formalizziamo l’indebolimento dei confini, apriamo le porte a ulteriori guerre domani”, ha insistito von der Leyen. Nessun passo indietro nemmeno sul futuro di Kiev: “Sovranità significa anche poter scegliere il proprio futuro e l’Ucraina ha scelto un destino europeo“. Una scelta che sarà “parte fondamentale ed essenziale di qualsiasi quadro di garanzia della sicurezza”.C’è poi il nodo delle coperture finanziarie da garantire ad uno Stato logorato da tre anni di conflitto. Servono circa 140 miliardi di euro per i prossimi due anni. Nonostante gli ultimi sviluppi sul piano diplomatico, la Commissione “è pronta a presentare il testo giuridico” per utilizzare gli asset russi congelati sul territorio europeo. “Per essere molto chiari, non vedo alcun scenario in cui i contribuenti europei pagheranno da soli il conto”, ha messo in chiaro von der Leyen tra gli applausi scroscianti dell’Aula.L’ultima priorità da includere in un eventuale accordo con Mosca, su cui l’UE sta lavorando da tempo e su cui la presidente si spende dall’inizio del conflitto in prima persona, riguarda le “decine di migliaia di ragazzi e ragazze” ucraini rapiti dalla Russia. “Ci sono migliaia di mamme e papà che non hanno mai smesso di sperare e di lottare per riportare a casa i loro figli. E l’Europa non smetterà mai di aiutare a realizzare questo obiettivo”, ha promesso la leader UE.

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    A due anni dal 7 ottobre l’Europa ricorda le vittime israeliane. Ma non tutti condannano il genocidio dei palestinesi

    Bruxelles – Col resto del mondo, l’Europa ricorda oggi (7 ottobre) il secondo anniversario degli attacchi di Hamas contro Israele. “Non dimenticheremo mai l’orrore” di quel giorno, scrivono in un post congiunto su X la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e quello del Consiglio europeo, António Costa, né “il dolore causato alle vittime innocenti, alle loro famiglie e all’intero popolo israeliano”. “Onoriamo la loro memoria lavorando instancabilmente per la pace“, aggiungono riferendosi ai negoziati in corso in Egitto tra gli emissari dello Stato ebraico e dell’organizzazione palestinese.Al ricordo degli attacchi di Hamas si aggiungono il ricordo delle 1.195 vittime (più 251 ostaggi), condanna degli attentati, e sostegno agli sforzi per pervenire ad una soluzione politica al conflitto che infuria da due anni nella martoriata Striscia di Gaza, mediati dagli Stati Uniti sulla base del piano in 20 punti proposto da Donald Trump.Da Strasburgo, dov’è iniziata ieri la plenaria dell’Eurocamera, la presidente dell’emiciclo Roberta Metsola ha definito il 7 ottobre 2023 “un giorno che rimarrà per sempre impresso nella storia del nostro tempo come un giorno d’infamia“. La popolare maltese deplora il “ciclo di guerra e violenza che ha causato la morte di decine di migliaia di persone” – le stime aggiornate parlano di oltre 67mila vittime tra la popolazione gazawi, in larghissima parte civili – ma non arriva a condannare fermamente la risposta militare sproporzionata di Tel Aviv, che ha avviato nell’exclave costiera, descritta dalle Nazioni Unite e dalle stesse ong israeliane come un genocidio in piena regola.La commissaria Ue al Mediterraneo, Dubravka Šuica (foto: Philippe Stirnweiss/Parlamento europeo)Intervenendo al dibattito in Aula sul tema, la commissaria al Mediterraneo Dubravka Šuica ha concesso che “la situazione a Gaza è diventata intollerabile” e che il massacro condotto da Israele nella Striscia ha “scosso le coscienze del mondo”, come evidenziato plasticamente dal moltiplicarsi delle manifestazioni oceaniche esplose a tutte le latitudini e longitudini nelle ultime settimane, anche e soprattutto in Italia.Bruxelles, continua, considera il piano di Trump “un quadro credibile per la pace” e ne condivide i punti cardine: “Nessun ruolo per Hamas (nel dopoguerra, ndr), nessuno spostamento forzato della popolazione, nessuna annessione, incluso in Cisgiordania, nessuna minaccia da Gaza verso i vicini e nessuna operazione militare” nella Striscia. L’obiettivo, conclude Šuica, è garantire “la sicurezza reale di Israele e un futuro sicuro per tutti i palestinesi“.Di “attacco terroristico brutale” ha parlato anche la capogruppo socialista in Aula, Iratxe García Pérez, che però non si nasconde e condanna anche “la reazione di Israele col genocidio a Gaza“. In merito alle partecipatissime proteste di piazza, l’eurodeputata spagnola osserva che “il nostro compito è ascoltare la voce dei milioni di cittadini” che sono scesi in strada poiché “il nostro silenzio è complice“. “Dobbiamo chiedere alla Commissione di agire per fermare la strage“, conclude.Dai Socialisti e democratici (S&D), il capodelegazione Pd Nicola Zingaretti ricorda che “la sicurezza non si costruisce con la forza ma con la pace” e che “violenza infinita chiama terrorismo infinito“. Il suo compagno di partito Sandro Ruotolo ribadisce che oggi “è il popolo palestinese a pagare il prezzo più alto“, sottolineando che per avvicinarsi alla pace è necessario interrompere le ostilità e “riprendere un processo politico vero, che riconosca finalmente ai palestinesi il diritto a uno Stato libero e sovrano accanto a Israele“. Un ragionamento che, planisfero alla mano, parrebbe condiviso da un numero sempre maggiore di governi nel mondo.La manifestazione nazionale per la Palestina a Roma, il 4 ottobre 2025 (foto: Alessandro Amoruso via Imagoeconomica)Più incisivi gli interventi di due eurodeputate italiane che si erano imbarcate con la Global Sumud Flotilla. La dem Annalisa Corrado rimarca che il “genocidio in corso” nella Striscia è “il frutto di scelte politiche criminali” prese dal gabinetto di Benjamin Netanyahu (sul cui capo, del resto, pende un mandato di cattura per crimini di guerra e contro l’umanità spiccato dalla Corte penale internazionale) e che “le responsabilità del governo israeliano non possono essere coperte da un silenzio complice” come quello che, sempre più assordante, si leva dalle cancellerie dei Ventisette.Ma, ammonisce Corrado, bisogna approcciare anche le trattative in corso con realismo ed evitare i diktat tra le parti belligeranti (e i rispettivi alleati): “La pace non si costruisce imponendo condizioni dall’alto, negando la voce e la dignità del popolo palestinese”, ragiona. E rimarca che “senza il riconoscimento della Palestina, senza un processo politico che ponga fine alle occupazioni illegali, ogni accordo resterà fragile e non si estirperanno le radici dell’odio”. “L’Europa deve smettere di oscillare tra ipocrisie e connivenze“, conclude.Dai banchi dei Verdi, anche Benedetta Scuderi (Avs) si chiede “perché dopo due anni di genocidio palestinese e pulizia etnica ancora non facciamo niente per fermare Israele“, e interroga i colleghi sul loro rifiuto di “parlare della Flotilla“, riferendosi alla bocciatura da parte dell’emiciclo di due mozioni sul tema proposte dal suo gruppo e dalla Sinistra all’inizio dei lavori dell’intera sessione plenaria. “Se non avete a cuore nemmeno i diritti degli europei che rappresentate, delle nostre colleghe, mai quest’Aula potrà supportare il popolo palestinese“, il suo j’accuse.L’eurodeputata di Avs Benedetta Scuderi (foto: Philippe Stirnweiss/Parlamento europeo)Sulle imbarcazioni della missione di solidarietà transnazionale – intercettata con metodi pirateschi da Tel Aviv tra il 2 e il 3 ottobre – c’era anche l’eurodeputata franco-palestinese Rima Hassan, della Sinistra. Gli attivisti hanno raccontato di aver subìto aggressioni e violenze fisiche e psicologiche da parte delle autorità israeliane. Scuderi sostiene che “l’Europa sta morendo nel silenzio e nella complicità delle sue istituzioni” ma nota anche che “c’è un’altra Europa, viva nelle milioni di persone che riempiono le strade gridando ‘non nel nostro nome’, un’Europa che crede nella giustizia, nel diritto e nella pace, che non vuole ripetere gli errori del passato e che si oppone davvero al genocidio”.Gli aggiornamenti che arrivano da Sharm el Sheikh, dove sono in contatto indiretto le due squadre negoziali, sono solo parzialmente incoraggianti. Si tratta senza dubbio dello slancio diplomatico più solido mai messo in campo finora, ma le posizioni rimangono distanti su diversi punti cruciali nonostante la disponibilità dichiarata in linea di principio da entrambi i belligeranti. Soprattutto, Hamas chiede la cessazione completa della campagna israeliana e il ritiro totale dell’esercito di Tel Aviv dalla Striscia, mentre lo Stato ebraico pretende il disarmo del gruppo palestinese. Un’altra questione per il momento irrisolta è quella della ricostruzione post-bellica di Gaza. In mancanza di un accordo, intanto, le operazioni militari continuano.

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    Ucraina, per Commissione e Parlamento è ora di aprire i negoziati di adesione sul ‘cluster 1’

    Bruxelles – Sostegno all’Ucraina, militare, economico e ancor più politico. Di fronte a un conflitto russo-ucraino ancora in corso e dagli scenari di difficile definizione, il Parlamento europeo chiede l’apertura dei negoziati di adesione per mettere ancora più sotto pressione l’aggressore russo e ribadire che il Paese non è zona d’influenza del Cremlino. A mettere sotto assedio il Consiglio e il consesso degli Stati membri, che sul tema devono deliberare all’unanimità, è l’Aula dell’europarlamento e la Commissione europea, unite nel chiedere un cambio di passo.“E’ tempo di aprire i negoziati sul cluster 1“, scandisce l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Kaja Kallas. Il cluster 1 è l’insieme dei capitoli che riguardano i diritti fondamentali (giustizia, magistratura, appalti, controllo finanziario, statistiche) e da cui solitamente si inizia il processo vero e proprio di avvicinamento all’Unione europea. “L’adesione dell’Ucraina all’UE è una questione di sopravvivenza e di sicurezza di lungo periodo“, aggiunge Marta Kos, la commissaria per l’Allargamento che si rivolge all’Aula immediatamente dopo Kallas. “In questo momento un segnale di sostegno non è solo simbolico ma strategico“, insiste Kos.Il dibattito d’Aula sull’Ucraina [Strasburgo, 9 settembre 2025]L’invito ad avviare i negoziati viene sostenuto dalle principali forze politiche all’interno dell’emiciclo. Popolari (PPE), socialisti (S&D) e conservatori (ECR) si esprimono a favore dell’apertura dei primi capitoli negoziali, con Verdi e liberali (RE) che pur non esprimendosi direttamente a favore non hanno nulla da obiettare e anzi insistono sulla necessità di “sostegno” a Kiev. Alla fine a pronunciarsi contro le richieste di Commissione UE e resto dell’Aula sono i sovranisti (PfE) e i nazionalisti euro-scettici (ESN).Dalle fila de laSinistra ‘no’ anche del Movimento 5 Stelle: “Voteremo contro contro il rapporto sull’adesione dell’Ucraina in UE“, anticipa Danilo Della Valle. La relazione, ricorda per spiegare le ragioni della contrarietà dei pentastellati, “ribadisce la richiesta di una maggiore assistenza militare e cooperazione in materia di difesa, compresa l’integrazione dell’industria degli armamenti ucraina nei quadri dell’UE e della NATO. Non prevede nessuna richiesta di cessate il fuoco o di apertura formale dei negoziati”.Il dibattito d’Aula su un tema che comunque mostra posizioni diverse registra anche nuovi, ennesimi, malumori contro l’Ungheria di Viktor Orban. Nella necessaria ricerca di un consenso unanime sul tema dell’allargamento è Budapest che punta i piedi, fin dal primo momento dal via libera per poter procedere ai negoziati con Kiev. Una linea non più accettabile per Pekka Toveri e il suo PPE: “L’Ungheria lavora con la Russia per sabotare il processo di adesione dell’Ucraina“, denuncia. Contrattacca Kinga Gal (PfE), ungherese di Fidesz, partito di governo di Orban: “L’Ucraina è lontana dall’essere pronta. L’adesione è un errore politico“.Metsola: “Per l’Ucraina adesione all’UE e pace, ma non ad ogni costo”Nell’emiciclo tutt’altro che gremito di Strasburgo i toni del dibattito si surriscaldano quando dai banchi dei liberali Petras Austrevivius propone di “estendere il sistema di difesa, ampliare l’esercito comune”, realizzare “cielo sicuro in Ucraina” e lo “schieramento di soldati in Ucraina“. Richieste che trovano la sponda di Sandra Kalniete (PPE): “Continuiamo ad armare l’Ucraina, e integriamola nell’industria della difesa” europea, propone. Parole che producono la levata di scudi dell’ultra-destra: “L’unico motivo di sicurezza per l’Europa è un ritorno dell’Ucraina alla neutralità”, sostiene Hans Neuhoff (ESN). Mentre Kinga Gal avverte: “Così si avvicina la guerra” all’Unione europea.Thijs Reuten, a nome dei socialisti, chiede all’Unione europea tutta un cambio di passo vero. Questo implica accesso di Kiev nel club a dodici stelle, certo, perché “il nostro sostegno alla sua adesione è incrollabile”. Ma “è tempo che l’Europa non si limiti a sostenere, ma assuma un ruolo guida”. Perché fin qui, lamenta, “il ciclo è sempre lo stesso: gli Stati Uniti accennano alla pressione, Putin finge i negoziati, l’Europa esita, e quindi Putin intensifica la sua azione”.

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    Alla fine Kallas critica Netanyahu: “Israele deve difendersi, ma è andato oltre”

    dall’inviato a Strasburgo – “Quando è troppo è troppo. Israele ha il diritto di difendersi, ma quanto vediamo va al di là di questo diritto“. Alla fine Kaja Kallas riconosce pubblicamente le responsabilità dello Stato ebraico nella gestione della risposta agli attacchi di Hamas. L’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue critica l’operato del governo di Benjamin Netanyahu nell’Aula di un Parlamento europeo che su questo l’ha incalzata, costringendola di fatto a esprimersi. All’orizzonte, c’è il Consiglio Ue Affari Esteri del prossimo 23 giugno, in cui Kallas svelerà le conclusioni sulla possibile revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele.Il dibattito tematico sulla situazione a Gaza è stato chiesto e ottenuto dal gruppo de laSinistra, che da Kallas ottiene quelle parole dure poco udite finora. Sì, l’Alta rappresentante ribadisce che “Israele ha il diritto di vivere, ma nessuno deve vivere nel terrore”. Una critica ad Hamas, che l’Ue riconosce come organizzazione terroristica, e dunque, sì, parole a sostegno dello Stato ebraico. “Dobbiamo fare pressione su Hamas, e in tal senso il mondo arabo può giocare un ruolo” importante, continua Kallas, attenta a usare toni comunque concilianti nei confronti del partner israeliano, a cui comunque non risparmia critiche e condanne.Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”“Fermare gli aiuti mina decenni di impegni per il diritto umanitario”, scandisce. E’ questa una censura al governo di Netanyahu per il blocco di ciò che serve per la popolazione civile. “C’è un inaccettabile numero di morti”, continua l’Alta rappresentante. Che critica ancora: “Israele ha dichiarato che vuole il completo controllo della Striscia di Gaza, e questo è violazione del diritto internazionale, e va chiamato con il suo nome“. Vanifica anche gli sforzi diplomatici della stessa Ue per una pace duratura in Medio Oriente. “La soluzione a due Stati è l’unica possibile“.C’è poi la questione del fanatismo ebraico, che a detta di Kallas non viene affrontato da chi di dovere, vale a dire il capo di governo israeliano e il collegio dei ministri. “La violenza dei coloni sta aumentando, e questo è inaccettabile”, affonda ancora, e ricorda che “la distruzione delle case sta portando a sfollati” palestinesi. “Israele deve contrastare i suoi stessi estremisti“.Gli affondi di Kallas contro l’attuale leadership israeliana non impediscono all’Alta rappresentante di uscire dall’emiciclo senza critiche. Al contrario, si abbattono su di lei con forza. Inizia Manon Aubry, la co-presidente de laSinistra, che apre il dibattito in quanto rappresentante del gruppo che ha richiesto la discussione. “Genocidio. Genocidio. Lo ripeto perché in questi mesi non avete mai usato questo termine”, l’esordio della francese, che quindi accusa: “Basta con questa complicità, perché lei è complice di tutto questo, con il suo silenzio“. In realtà, precisa immediatamente dopo la stessa Aubry, “l’Ue e i leader europei sono direttamente complici di genocidio”, e responsabili di ipocrisia: “Contro la Russia sono stati adottati 17 pacchetti di sanzioni, contro Israele, che sta compiendo genocidio, neanche un pacchetto. Questo è il doppio standard dell’Ue”.L’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas [Strasburgo, 18 giugno 2025]Per i socialisti è l’occasione per tornare a chiedere interventi seri. “Netanyahu deve smetterla con questa carneficina. Dobbiamo imporre sanzioni a tutti i membri del governo”, sostiene Evin Incir. Richieste di sanzioni arrivano, con altri toni, dal collega di partito Nacho Amor Sanchez: “Si possono chiudere gli occhi davanti a tutto quello che sta accadendo? Il doppio standard è il cancro di questa Unione”.Anche i liberali europei non risparmiano critiche, che sono per Kallas e la linea morbida dell’esecutivo comunitario di cui l’Alta rappresentante fa parte. “Ogni giorno che passa l’Ue diventa complice di un genocidio“, lamenta Hilde Vautmans (Re). “Si, Israele può usare la forza per liberare gli ostaggi, ma Netanyahu sta punendo tutti i palestinesi, la fame è usata come strategia. Questa non è difesa. E’ tempo per sanzioni mirate sul governo, su chi impedisce agli aiuti di entrare, sospende l’accordo con Israele”. Si unisce Tieneke Strik (Verdi) a ricordare a Kallas che “Netanyahu commette crimini di guerra, e attacca l’Iran”, ed evidenziando che “questa non è difesa, è prevaricazione del diritto internazionale”. Chiede “azioni concrete”, che vuol dire sanzioni, contro Israele. Persino il Ppe chiede un cambio di passo: “Non possiamo essere l’Europa dei valori solo a parole”, incalza Sean Kelly, anch’egli convinto che “ignorare quanto accade a gaza sarebbe tradire tutto ciò per cui l’Ue è stata creata”.Kallas ascolta tutti gli interventi, e attende il momento della replica. Innanzitutto ricorda all’intera Aula che “non rappresento me stessa, ma 27 Stati membri“. Lo ricorda a quanti invocano misure restrittive. “Sulle sanzioni decidono gli Stati all’unanimità”, ricorda, e nel farlo spiega che prima di promettere qualcosa occorre avere la certezza che esistano le condizioni per potersi esporre. “Perché dovrei spingere per qualcosa che poi non avverrà?”, chiede, a proposito di un’unità che non c’è. “Fate pressione sui vostri governi”, l’invito agli europarlamentari. Quindi prova a difendere sé stessa: “Non sono mai stata in silenzio. Ho lavorato per alleviare le sofferenze di quanti vivono in Palestina”.

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    La giravolta dell’Ue: gli euroscettici difendono il progetto originario di pace, gli europeisti si preparano alla guerra

    dall’inviato a Strasburgo – I principali gruppi politici in Parlamento, quelli tradizionalmente più intrisi di europeismi, spingono per un confronto deciso e muscolare con la Russia, mentre le forze più euro-scettiche invitano a restare ancorati al progetto di pace dei padri fondatori: il dibattito d’Aula sul vertice dei leader della Nato produce un testa-coda politico non indifferente, con ruoli che si scambiano e posizioni che si confondono. Il ‘la’ lo offre l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas, quando afferma che “la Russia è una minaccia diretta per l’Europa, pone una minaccia globale a 360 gradi”, e che per effetto delle manovra del Cremlino “siamo in guerra“.L’estone infiamma il dibattito, inevitabilmente. Come sempre, in questi casi, il palcoscenico politico si divide tra chinritiene necessario armarsi e pacifisti: tra i primi figurano popolari (Ppe), socialisti (S&D), liberali (Re), conservatori (Ecr) verdi; tra i secondi la sinistra radicale (laSinistra), sovranisti (Pfe), euro-scettici (Esn).Kubilius: “Dobbiamo essere pronti per la difesa in tutti i campi, mettere da parte i tempi di pace”“Dobbiamo condividere responsabilità e costi, l’Ue deve contribuire di più”, sottolinea Michael Gahler (Ppe), che sposa la linea e la visione di Kallas. Il belga Wouter Beke (Ppe), lo fa anche di più: “Il vertice Nato si terrà a l’Aia, dove nel 1948 Winston Churchill invitò a creare un esercito comune. La maniera migliore per garantire la nostra sicurezza è ascoltare quelle parole”. “Spero che i leader si accordino per aumento delle spese in difesa”, auspica il socialista Sven Mikser (S&D), a cui fa eco il conservatore Adam Bielan: “Sosteniamo il dibattito sull’aumento della spesa del 5 per cento di Pil, perché dobbiamo fare di più per la nostra difesa”. Anche i liberali, attraverso Dan Barna, spingono per un’Europa di guerra: “Dobbiamo spendere di più. E’ ciò che dobbiamo pagare per la nostra libertà”. Per Lucia Yar “non è più una questione di ‘se’, è una questione di ‘quanto rapidamente’ sapremo aumentare la nostra spesa militare: la nostra sicurezza non è gratis”. La presidente di Re, Valery Hayer, aggiunge: ” Il 5 per cento di spesa non è abbastanza per la nostra strategia: serve un mercato unico, risorse per l’ingresso dell’ucraina”. Anche tra i Verdi c’è chi dà ragione all’Alta rappresentante: “La nostra minaccia si chiama Russia, e dobbiamo fare come l’ucraina: avere determinazione”, sottolinea  Martins Stakis. Il verde olandese Reinier Van Lanschot rilancia: “Serve un deterrente nucleare europeo, e un comando militare europeo” all’interno della Nato.Harald Vilimsky, dei Patrioti, non ci sta: “L’Ue è basata sulla pace, non è un’alleanza militare. Dobbiamo riportare l’Ue alla sua versione originale di pace“. E attacca l’intero blocco euro-atlantico: “L’espansione della Nato verso est ha prodotto la guerra russo-ucraina”. L’euro-scettico Milan Uhrik (Esn), invece, attacca direttamente l’Alta rappresentante: “Kallas, lei è conosciuta per il suo fanatismo e il suo spirito anti-russo, e viene qui a chiedere di spendere soli per armi. Chi paga? Non possiamo sostenere questa spesa se riduce lo standard di vita”. Il collega Petar Volgin ragiona a voce alta: “Dopo la fine della guerra fredda la Nato si sarebbe dovuta sciogliere, come il patto di Varsavia. Se l’avessimo fatto, evitando di espanderci a est, oggi non avremmo il rischio di una terza guerra mondiale”.La liberale Lucia Yar durante il suo intervento in Aula [Strasburgo, 18 giugno 2025]Dai banchi de laSinistra giungono le critiche di Ozlem Demirel: “Von der Leyen vuole migliaia di miliardi spesi in difesa nei prossimi anni, quanti ne servono per combattere la povertà. Vogliamo guerra e debito, che poi verrà pagato dalle generazioni future. Non è giusto”. Ancora più duro il collega di gruppo Marc Botenga: “Dobbiamo essere onesti: la spesa in armi non è per la difesa, ma per l’attacco. Iran oggi, Cina domani. Questa non è la nostra guerra!”. Quindi l’avvertimento agli strenui difensori delle ‘ragioni’ della linea dura: “La Nato è guidata da una persona che si atteggia a gangster”, ricorda Botenga, in una chiara critica al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Rincara la dose Irene Montero (laSinistra): “Oggi sono Israele gli Stati Uniti la vera minaccia”.Verdi e socialisti, i tentennamenti interniNel dibattito accesso filtrano comunque le divisioni interne ai partiti. Il primo a mostrare le incertezze politiche e di coscienza è Bas Eickhout, co-presidente del Verdi: “Possiamo spendere quanto vogliamo in armi e carrarmati ma non avremo vera sicurezza finché non avremo il sostegno dei nostri cittadini, finché loro avranno un tetto sulla testa e potranno pagare le bollette”. C’è sempre più una realtà che avanza, fatta di tagli di spesa dove la gente comune toccherà con mano il cambio di passo dell’Europa. Da qui l’dea dei greens: “Dobbiamo imporre tasse sugli extra-profitti dell’industria della difesa“, così da non gravare sulla cittadinanza.Riflessione analoga quella di Irene Tinagli (S&D). La presidente della commissione speciale per la Crisi abitativa spiega a Eunews che “la sicurezza è importante, ma se non risponde alle esigenze delle persone si perde il consenso e investire nel militare diventa inutile”.

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    Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”

    dall’inviato a Strasburgo – “Una versione vergognosa della nostra umanità si sta dispiegando davanti ai nostri occhi in tempo reale, e i nostri valori globali si stanno sgretolando a un ritmo sconvolgente, con conseguenze devastanti. In nessun luogo ciò è più chiaro che a Gaza“. Il re di Giordania, Abdallah II, affonda il colpo contro il governo israeliano di Benjamin Netanyahu. Si rivolge all’Aula del Parlamento europeo per parlare di un alleato ormai considerato come ‘ex’, non più sostenibile perché insostenibile in come sta conducendo sempre più la propria lotta contro Hamas.“Ciò che sta accadendo oggi a Gaza viola il diritto internazionale, gli standard morali e i nostri valori comuni“, accusa il sovrano dello Stato arabo. “E stiamo assistendo a una trasgressione dopo l’altra in Cisgiordania, con una situazione che peggiora di giorno in giorno”. In questo Abdallah II invita il Parlamento europeo e l’Ue che rappresenta a prendere una posizione chiara. “Se la nostra comunità globale non agisce con decisione, diventiamo complici della riscrittura del significato dell’essere umani”, afferma riferendosi ai tentennamenti europei. “Se i bulldozer israeliani continuano a demolire illegalmente case, uliveti e infrastrutture palestinesi, allo stesso modo abbatteranno i guardrail che definiscono la condotta morale”.Il re di Giordania prova a scuotere il Parlamento europeo, animato da parlamentari provenienti da Stati diversi, alcuni dei quali ancora non riconoscono ancora la Palestina come Stato. E’ a loro che si rivolge, quando scandisce che “i  palestinesi, come tutti i popoli, meritano il diritto alla libertà, alla sovranità e, sì, anche allo Stato“.Il re di Giordania, Abdallah II, in Parlamento europeo [Strasburgo, 17 giugno 2025]Abdallah II non entra nel merito delle operazioni militari contro la Repubblica islamica, limitandosi a ricordare le implicazioni in termini di instabilità e incertezza che può avere un allargamento del conflitto nella regione. Insiste sulla situazione a Gaza, per inchiodare il governo israeliano alle proprie responsabilità: “Ripensate al 2023: i primi attacchi e raid israeliani contro un ospedale di Gaza scatenarono shock e indignazione a livello globale. Da allora, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha documentato quasi 700 attacchi contro le strutture sanitarie di Gaza“. Quindi la stoccata per il Parlamento europeo: “Com’è possibile che ciò che solo 20 mesi fa era considerato un’atrocità sia ora così comune da passare inosservato?” Il re di Giordania chiede un cambio di passo da parte dell’Europa. Lascia all’Unione la riflessione e l’onere delle scelte. “Quest’anno sarà probabilmente un momento di decisioni cruciali per il mondo intero”, scandisce. In tal senso “la leadership europea sarà fondamentale per scegliere la strada giusta”.L’intervento deciso del sovrano arabo finisce con l’animare il dibattito in Aula. Da una parte socialisti, verdi e sinistra radicale, decisi a chiedere linea dura contro il governo di Tel Aviv, A loro si contrappongono i popolari, i conservatori e i sovranisti, al fianco dello Stato ebraico. Mentre i liberali esitano. “Chiediamo alla Commissione Ue di verificare se è stato violato l’articolo 2 del trattato di associazione Ue-Israele, perché ci sono elementi che suggerirebbero di no”, scandisce la presidente di Re, Valerie Hayer: “Se effettivamente non fosse stato rispettato allora ci sarà da sospenderlo e anche considerare embargo”.La guerra di Israele contro l’Iran mette in ombra la catastrofe di GazaL’articolo citato specifica che le relazioni tra le Parti, e il valore dell’accordo, si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici. Qualcosa che per i socialisti è stato violato. “Vogliamo sanzioni contro il governo israeliano“, tuona la presidente dei socialisti (S&D), Iratxe Garcia Perez. , convinta che con quanto sta avvenendo a Gaza “si sta violando l’articolo 2 dell’accordo di associazione e dovremmo sospenderlo, imponendo un embargo sulle armi”. Inoltre, gli attacchi in Iran “sono contro il diritto internazionale e pone problemi si stabilità mondiale”.Stessa linea, e ancor più decisa, quella espressa da Manon Aubry (laSinistra): “Il nostro gruppo non vedrà mai il sostegno all’Iran, ma l’Ue giochi il suo ruolo per condannare le violazioni del diritto“. Perché, spiega, “Israele ha attaccato illegalmente l’Iran, in violazione del diritto internazionale”. Una violazione che, denuncia l’europarlamentare francese, “avviene ancora una colta col sostegno dei vertici europei”. Una critica, quest’ultima, diretta alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, incapace di prendere posizione. “L’obiettivo di Netanyahu è la diversione”, continua Aubry. “Il programma nucleare iraniano è un pretesto per far dimenticare che è sotto mandato d’arresto internazionale, che si sta consumando un genocidio a Gaza e creare le condizioni perché non si riconosca più uno stato palestinese”.“Siamo a favore di sanzioni contro il governo israeliano e i suoi membri”, scandisce Bas Eickhut, co-presidente del Verdi. “Siamo supercritici sul ruolo di Israele, e siamo uniti su questo”, e per questo “chiediamo di fermare l’accordo di associazione, perché i diritti umani non sono più rispettati”. Inoltre “vogliamo cessate il fuoco e accesso di aiuti umanitari”.Da sinistra: Iratxe Garcia Perez (presidente dei socialisti), Bas Eickhut (co-presidente dei Verdi), Manon Aubry (co-presidente laSinistra)Decisamente altri i toni usati dal Ppe, con il presidente dei popolari, Manfred Weber, che da una parte ribadisce vicinanza allo Stato ebraico sostenendo che “non vogliamo altra escalation fermo restando il diritto di Israele a difendersi”, e spostando l’attenzione su Teheran: “L’Iran non deve ottenere accesso ad armi nucleari”, dice in conferenza stampa. Solo in seconda battuta arriva la critica per la situazione in corso nei territori palestinesi: “Serve piano accesso degli aiuti umanitari a Gaza, la fame non può essere un’arma“.Nessuna condanna al governo di Netanyahu da parte di Nicola Procaccini, co-presidente dei conservatori europei (Ecr). “Abbiamo visto il ruolo giocato dai droni” nei conflitti in corso, scandisce, puntando il dito contro le attività della Repubblica islamica.

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    La guerra Israele-Iran irrompe nel Parlamento europeo, l’Aula modifica l’agenda dei lavori

    dall’inviato a Strasburgo – Fare il punto su una situazione in Medio Oriente che appare completamente fuori controllo. L’attacco di Israele contro l’Iran non ha lasciato il Parlamento europeo indifferente, con i principali gruppi – popolare (Ppe), socialista (S&D) e liberale (Re) – che chiedono e ottengono una modifica all’agenda dei lavori per un dibattito sul tema. Lo scontro Israele-Iran viene calendarizzato per il pomeriggio di martedi 17 giugno, subito il dibattito previsto sulle nuove regole per i rimborsi dei passeggeri in caso di ritardo aereo.La modifica dell’agenda dei lavori non avviene senza tensioni. Dalle fila de la Sinistra si leva la voce critica di Marc Botenga, che chiede di aggiungere al dibattito una risoluzione con tanto di voto. “Quello di Israele è un atto illegale, criminale e pericoloso“, attacca il belga. “Non si può attaccare un altro Paese” militarmente, “questo è contro la legge”, scandisce in Aula. E poi, spiega, l’attacco condotto dal governo di Benjamin Netanyahu “è criminale perché sono morti bambini” a seguito delle operazioni. In terzo luogo, continua Botenga, “è stata attaccata una centrale nucleare” (quella di Natanz, ndr), il che rende il tutto “pericoloso”.L’europarlamentare solleva un tema, quello dei diritto e dei principi, e l’universalità di questi. Offre un parallelismo di attualità, mettendo a confronto il conflitto in corso in Ucraina con le tensioni crescenti e cresciute in Medio Oriente: “Quando la Russia ha attaccato l’Ucraina abbiamo condannato, mentre ora la presidente della Commissione europea non ha condannato“, scandisce Botenga, che accende i riflettori sulla questione dei due pesi e delle due misure.Von der Leyen mette nel mirino l’Iran: “Principale fonte di instabilità regionale”C’è anche la pericolosità del principio di fondo. Nel dire che non si può attaccare militarmente ponendosi al di sopra delle regole, Botenga avverte che se il principio si impone a quel punto chiunque può attaccare chiunque, visto che ognuno, all’occhio dell’altro, può rappresentare una minaccia. “Non possiamo continuare a sostenere azioni illegali che vano contro il diritto internazionale“, insiste Botenga.Sempre dai banchi de laSinistra, la francese Rima Hassan condanna Netanyahu e il suo governo per aver fermato in acque internazionali la nave Freedom Flotilla e fermato gli aiuti umanitari diretti a Gaza. “L’azione era illegale e non c’è stata condanna”, denuncia l’europarlamentare, che punta il dito contro il Parlamento europeo: “Il silenzio del Parlamento europeo va contro la credibilità dell’istituzione“, scandisce, prendendosi gli applausi scroscianti di tutto il suo gruppo. La presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, deve intervenire per ristabilire ordine e silenzio in Aula, dove Hassan rincara la dose, accusando pubblicamente Israele di “genocidio e carestia” nella Striscia.L’intervento di Hassan trova la pronta risposta di Jordan Bardella (Rn/PfE): “Questo intervento dimostra ciò che è: non un’eurodeputata ma un’ambasciatrice di Hamas”, l’attacco dell’euro-scettico. Israele dunque non solo irrompe nell’agenda della sessione plenaria, ma divide l’Aula e avverte l’Alta rappresentate per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas, attesa a discutere della questione: il clima, anche a Strasburgo, non è dei più distesi.

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    Dazi, clima, diritto internazionale: Trump detta l’agenda del Parlamento europeo

    Bruxelles – Commercio, innovazione e competitività, salute. Praticamente Donald Trump in tutte le sue declinazioni più una, l’ultima: l’attacco del presidente degli Stati Uniti alla Corte penale internazionale. L’inquilino della Casa Bianca irrompe nei lavori di un Parlamento europeo che finisce col disegnare la propria agenda attorno a quella di Trump, oggetto di tre diversi dibattiti d’Aula. La sessione plenaria prevede la questione dazi (martedì 11 febbraio alle 9), restrizione all’export di chip verso l’Ue (martedì 11 febbraio alle 18), ritiro dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dall’accordo sul clima (mercoledì 12 febbraio alle 16): il Parlamento europeo ruota attorno alle dichiarazioni e alle minacce del presidente Usa.C’è chiaramente la questione dazi a tenere banco, con il diffuso timore, tra i diversi gruppi, che si possa innescare una guerra commerciale che non gioverebbe a nessuno. L’approccio generale e condiviso tra le diverse anime dell’Aula, è quello di cercare di evitare quanto più possibile di arrivare ad avere sovra-costi statunitensi ai beni europei, ma di essere pronti a rispondere. I socialisti vorrebbero in particolare che la Commissione europea mettesse a punto già delle contromisure, così da avere una risposta “tempestiva e decisa” in caso di scenario peggiore.Per Popolari (Ppe) e conservatori (Ecr) la priorità resta la cooperazione per quello che si continua a considerare un partner strategico e di lungo corso. “Su Trump attendiamo, sappiamo che è un grande mediatore”, confida Denis Nesci (Fdi/Ecr), che conferma come “siamo in fase di dibattito”, e quindi “dobbiamo essere pronti a quello che può succedere ma attendere”. I Verdi vorrebbero una risposta unita e non procedere in ordine sparso, come spiega Ignazio Marino (Europa Verde/Verdi): “Su Trump purtroppo l’Europa si sta dimostrando debole e divisa”, e quindi “il bullo prevale”.Ma è il dibattito del 12 febbraio – senza risoluzioni – che rischia di infiammarsi ancora di più, perché alle questioni Oms e la seconda uscita dagli accordi di Parigi sul clima si aggiungono le minacce di sanzioni alla Corte penale internazionale. Uscite, queste ultime, che infiammano già il dibattito che verrà. “Trump sta invitando alla pulizia etnica a Gaza, e ora attacca la Corte penale internazionale, con Ursula von der Leyen che non fa niente“, le critiche che piovono da laSinistra nei confronti della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “La Corte penale internazionale è un luogo quasi sacro che deve essere tutelato”, tuona Valentina Palmisano (M5S), convinta delle necessità della “protezione del diritto internazionale anche alla luce delle ultime dichiarazioni di Trump”Mentre la portavoce del gruppo dei socialisti fa notare come nonostante un’agenda dalla forte connotazione di politica estera (si parla anche del terzo anno di guerra russo-ucraina, disordini e proteste in Serbia, deterioramento della situazione in Georgia), critica l’assenza dell’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas. “Sarebbe stato bello averla in Aula”, commemta.Infine le restrizioni degli Stati Uniti alle esportazioni di chip utili alla doppia transizione. Il nuovo regime voluto da Trump avrà ripercussioni per 17 Stati membri su 27 (Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria), e questo rende il dibattito necessario per organizzare una risposta.  Neppure in questo caso sono previste risoluzioni. Si vuole censurare Trump, senza censurare Trump. Che impone la sua agenda nell’agenda del Parlamento europeo