More stories

  • in

    Allargamento UE, Sassoli riceve presidenti dei Parlamenti balcanici: “Istituzioni siano motore di pace e democrazia”

    Bruxelles – Se la politica di allargamento dell’UE rispecchiasse fedelmente le espressioni di intenti, l’Unione sarebbe già da tempo ben avviata sulla strada dei trentatré Paesi membri. I progressi dei sei Stati dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Eerzegovina, Macedonia del nord, Montenegro, Kosovo, Serbia), in materia di riforme e cooperazione regionale sono stati evidenziati a più riprese a Bruxelles ma, per motivazioni che variano da caso a caso, l’orizzonte dell’adesione è ancora lontano. Rimane però una certezza: se le promesse non saranno seguite da fatti concreti, l’entusiasmo cederà il passo alla disillusione e i Balcani guarderanno con sempre più interesse ad altre potenze, come Russia e Cina.
    Di tutto questo si è parlato nel corso del secondo vertice del Parlamento Europeo e dei presidenti dei Parlamenti dei Balcani Occidentali (lunedì 28 giugno), a distanza di un anno e cinque mesi dal primo incontro di questo tipo a Bruxelles. Un’occasione per ribadire il ruolo centrale delle istituzioni democratiche nel processo di allargamento UE nella regione, con l’impegno a rafforzarne la dimensione parlamentare.
    Il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, firma la dichiarazione congiunta durante il secondo vertice con i presidenti dei Parlamenti dei Balcani Occidentali (28 giugno 2021)
    Tutto ciò è emerso non solo dallo scambio di vedute durante la riunione, ma anche da quanto messo nero su bianco nella dichiarazione congiunta del presidente del Parlamento UE, David Sassoli, degli omologhi dei Parlamenti portoghese e sloveno (rispettivamente Igor Zorčič ed Eduardo Ferro Rodrigues), in rappresentanza delle presidenze attuali e future del Consiglio dell’UE, e di quelli balcanici: Gramoz Ruçi (Albania), Bakir Izetbegović (Bosnia ed Erzegovina), Glauk Konjufca (Kosovo), Talat Xhaferi (Macedonia del Nord), Aleksa Bečić (Montenegro) e Ivica Dačić (Serbia).
    Anche in vista del summit UE-Balcani Occidentali che dovrebbe tenersi a Lubiana durante il semestre di presidenza slovena, la prospettiva dei Parlamenti nazionali dovrà essere sempre più quella di uno “spazio inclusivo di dialogo”, con l’obiettivo di “favorire la riconciliazione” e di “fornire un contributo diretto alla pace, alla stabilità, alla prosperità e al rafforzamento della democrazia” in tutta la regione. Il focus su cui lavorare rimane l’attuazione delle riforme richieste da Bruxelles, dallo Stato di diritto all’indipendenza della magistratura, dal pluralismo all’indipendenza del media e della magistratura, fino alla parità di genere e alla lotta contro i cambiamenti climatici.
    Ma se le istituzioni balcaniche dovranno dimostrare un vero impegno su questi punti, altrettanto fondamentale sarà quello che l’Unione Europea dovrà mettere in campo. Non solo attraverso il dialogo interparlamentare con l’Eurocamera e il coinvolgimento della società civile dei Balcani durante la Conferenza sul futuro dell’Europa, ma soprattutto “tenendo fede alle promesse” del Consiglio dell’UE. L’invito è ad accelerare il processo di allagamento, “un interesse politico, economico e di sicurezza della stessa Unione”, conclude la dichiarazione congiunta.

    Very positive 2nd summit with the speakers from the #WesternBalkans!
    Enlargement means hope, for all sides! We call on the Council to keep its promises and speed up the enlargement process.
    This is a geostrategic investment, for a strong, united Europe. https://t.co/znHkqeU1NH pic.twitter.com/ounhDFgGXS
    — David Sassoli (@EP_President) June 28, 2021

    L’esortazione ai governi dei Ventisette nel rispettare le promesse fatte ai Paesi balcanici è stata ribadita con forza anche dal presidente del Parlamento UE, che dopo l’incontro ha parlato di “speranza per tutte le parti” se si procederà sulla strada dell’allargamento dell’Unione. Il processo di adesione dei Balcani occidentali “basato sul merito” rappresenta un “investimento geostrategico, per un’Europa forte e unita“, ha commentato su Twitter.
    Secondo Sassoli, questa consapevolezza scaturisce dalle conseguenze della pandemia COVID-19, che “ha ulteriormente evidenziato quanto dipendiamo gli uni dagli altri per affrontare le sfide attuali e future”. In questo senso, gli atti di solidarietà e cooperazione a livello finanziario e umanitario confermano gli sforzi dell’UE per “contribuire allo sviluppo sostenibile e alla ripresa socio-economica a lungo termine” della regione.
    Ma il vero “motore di pace e democrazia” sono proprio i Parlamenti nazionali, che “possono favorire la comprensione reciproca e la riconciliazione nei Balcani occidentali”. Con questo obiettivo, l’Eurocamera “rimarrà un partner impegnato verso un futuro europeo comune” e offrirà sostegno in diversi modi: sia nell’area della “mediazione e dialogo”, sia nel “rafforzamento delle capacità parlamentari”, ma anche attraverso “l’osservazione elettorale e le azioni per i diritti umani”, è stata la promessa del presidente del Parlamento Europeo al termine del vertice.
    Da sinistra, i presidenti: Igor Zorčič (Assemblea nazionale slovena), Talat Xhaferi (Assemblea della Macedonia del Nord), Aleksa Bečić (Assemblea del Montenegro), Bakir Izetbegović (Camera dei Popoli della Bosnia ed Erzegovina), David Sassoli (Parlamento Europeo), Gramoz Ruçi (Assemblea di Albania), Ivica Dačić (Assemblea nazionale della Serbia) e Glauk Konjufca (Assemblea del Kosovo)

    Nella dichiarazione congiunta firmata durante il secondo vertice interparlamentare è stato ribadito l’impegno a collaborare per “favorire la riconciliazione nella regione”. Dal presidente dell’Eurocamera l’invito al Consiglio dell’UE a “rispettare le promesse” per l’adesione dei sei Paesi

  • in

    Allargamento UE, al via prime conferenze intergovernative con Serbia e Montenegro. Ma è ancora stallo in Consiglio su Albania e Macedonia

    Bruxelles – Prende sempre più slancio la prospettiva europea di Serbia e Montenegro. Dopo l’adozione della nuova metodologia per i negoziati di adesione dei due Paesi dei Balcani occidentali, ieri sera (martedì 22 giugno) sono state avviate le prime conferenze intergovernative con i rappresentanti politici di Belgrado e Podgorica. A presiederle, il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, e la segretaria di Stato portoghese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Ana Paula Zacarias.
    “Sono lieto che il Montenegro e la Serbia abbiano accettato la metodologia rivista, aprendo la porta alle prime conferenze intergovernative politiche”, ha sottolineato il commissario Várhelyi, dopo aver accolto prima il team montenegrino guidato dal primo ministro, Zdravko Krivokapić, e successivamente quello serbo della premier, Ana Brnabić. “Come abbiamo visto stasera, su questa base rilanceremo il processo di adesione rendendolo più prevedibile, più credibile, più dinamico e soggetto a un orientamento politico più forte”.
    Sul fronte di Podgorica, “questo incontro invia un forte segnale politico dell’impegno dell’Unione Europea“, aprendo la porta a un confronto politico “aperto” sulle riforme chiave. Il Montenegro ha già aperto tutti i capitoli negoziali, ma Várhelyi ha precisato che ora sono necessarie “discussioni sullo Stato di diritto, che determineranno il ritmo dei nostri negoziati“. La priorità “assoluta” su cui è stato trovato un accordo è “soddisfare i parametri intermedi stabiliti nei capitoli sullo Stato di diritto”, vale a dire il 23 (potere giudiziario e diritti fondamentali) e il 24 (giustizia e affari interni). “Mi ha fatto piacere sentire l’impegno e il piano molto dettagliato del primo ministro per affrontare le questioni in sospeso”, ha sottolineato il commissario, che ha assicurato anche il sostegno di Bruxelles per la ricostruzione dell’economia montenegrina dopo la crisi COVID-19.

    At 1st political Intergovernmental Conference w #Montenegro under revised methodology tonight: Strong political signal & political dialogue on key reforms. 🇲🇪 already opened all chapters & needs to focus on rule of law to fulfil opening benchmarks in chapters 23&24. pic.twitter.com/dSkPbHMfG0
    — Oliver Varhelyi (@OliverVarhelyi) June 22, 2021

    A stretto giro, si è tenuta anche la prima conferenza intergovernativa con i rappresentanti serbi. “Abbiamo avuto una discussione sostanziale su ciò che dovrà essere fatto e abbiamo anche fatto il punto sui progressi”, è stato il commento del commissario Várhelyi. Per quanto riguarda i progressi, è stato aperto il primo cluster (gruppo tematico di capitoli negoziali) sullo Stato di diritto. Di conseguenza, “possiamo passare a dinamizzare il processo di adesione per la Serbia durante la presidenza slovena”, a partire dal primo luglio e per tutto il prossimo semestre.
    I passi in avanti anche sul terzo cluster (competitività e crescita inclusiva) e il quarto (Agenda verde e connettività sostenibile) danno la speranza che si crei un “nuovo slancio per tutti noi”, ha aggiunto Várhelyi. Ma “serve che la Serbia sia all’altezza“: un messaggio politico che la premier Brnabić “ha sentito da tutti noi”. Anche in relazione alle questioni in sospeso a livello regionale, dialogo Belgrado-Pristina su tutte.

    At 1st political Intergovernmental Conference w #Serbia under revised methodology tonight. We had a substantial discussion on what needs to be done&took stock of progress. 🇷🇸 has done significant work in last months&accelerated reforms, be it on the rule of law or clusters 3&4. pic.twitter.com/YqhAm6sOGC
    — Oliver Varhelyi (@OliverVarhelyi) June 22, 2021

    Ma il commissario europeo si è trovato costretto a commentare anche i (non) risultati del Consiglio Affari Generali di ieri sul tema dell’allargamento dell’UE nei Balcani occidentali. Perché se “la presidenza portoghese ha compiuto enormi sforzi in tutti i fascicoli-chiave” – dall’accordo politico con il Parlamento UE sullo strumento IPA III di finanziamento del Piano economico e degli investimenti, alla nuova metodologia negoziale per Serbia e Montenegro – è anche vero che il quadro negoziale per l’avvio del processo di adesione di Albania e Macedonia del Nord è ancora in stallo.
    “Negli ultimi mesi abbiamo percorso molto terreno”, ma “non siamo stati in grado di concludere questo lavoro durante il semestre portoghese”. Durante la presidenza slovena, “che è pronta a portarlo avanti”, è necessario un “vero impegno per aprire le prime conferenze intergovernative con entrambi i Paesi“, ha concluso Várhelyi. “Nonostante l’impegno profuso, non è stato possibile arrivare a un’intesa tra i ministri”, ha confermato in conferenza stampa la segretaria di Stato portoghese Zacarias. “Abbiamo preso nota degli ultimi sviluppi e sottolineato l’importanza strategica del processo di allargamento dell’Unione”.
    A bloccare l’avvio delle conferenze intergovernative con Tirana e Skopje, come sei mesi fa, è stato il veto della Bulgaria sul quadro negoziale per l’adesione della Macedonia del Nord. La conferma è arrivata dallo stesso viceministro degli Esteri bulgaro, Rumen Alexandrov, a margine del vertice dei ministri UE di ieri: “Il nostro approccio è costruttivo e in buona fede, ma ci aspettiamo che Skopje inizi a mettere in pratica gli impegni assunti ad alto livello“, compresa “l’esplicita rinuncia alle rivendicazioni territoriali, etniche e storiche nei confronti della Bulgaria e all’istigazione all’odio verso i bulgari”. Tutte motivazioni, più o meno di facciata, che da mesi giustificano la posizione assunta dal governo di Sofia in seno al Consiglio.

    Rilanciato il processo di adesione dei due Paesi dei Balcani occidentali con “forti segnali politici da parte dell’Unione”, ha rivendicato il commissario Várhelyi. Il veto della Bulgaria su Skopje blocca ancora l’avvio degli altri due negoziati

  • in

    COVID: l’UE riapre ai viaggi non essenziali dagli Stati Uniti, anche ai turisti non vaccinati

    Bruxelles – Gli Stati Uniti entrano nella lista dei Paesi extra UE per i quali le restrizioni ai viaggi in Unione Europea dovrebbero essere revocate. Oggi (18 giugno) il Consiglio dell’UE ha aggiornato l’elenco – che viene rivisto ogni 14 giorni – sulla base dell’accordo degli ambasciatori dei 27, trovato durante la riunione del Coreper di mercoledì 16 giugno.
    I viaggi non essenziali sono stati vietati nell’UE dopo lo scoppio della pandemia di Coronavirus per evitare ulteriori contagi. Tuttavia, la situazione migliora e i viaggiatori provenienti dagli Stati Uniti possono essere ammessi nell’UE, anche per ragioni non essenziali e se non vaccinati grazie alla migliorata situazione epidemiologica interna. Per essere nella lista un paese deve registrare meno di 75 casi di Covid-19 al giorno ogni 100 mila abitanti registrati negli ultimi 14 giorni.
    Insieme agli USA, nella lista sono stati aggiunti anche Albania, Libano, Nord Macedonia, Serbia, Taiwan, Hong Kong e Macao, che si vanno ad aggiungere a quelli già inclusi (Giappone, Australia, Israele, Nuova Zelanda, Ruanda, Singapore, Corea del sud e Thailandia e Cina, che è l’unico Paesi extra UE con asterisco perché è richiesta una condizione di reciprocità). Gli Stati Ue devono consentire l’accesso dentro i confini europei, ma possono continuare ad applicare e richiedere a chi entra in UE ulteriori restrizioni per entrare come tamponi, quarantene o isolamento.

    Le condizioni epidemiologiche migliorano e il Consiglio aggiorna lista Paesi terzi per i quali togliere gradualmente le restrizioni a viaggi, anche per viaggi non essenziali e per chi non è ancora vaccinato. Insieme agli USA aggiunti anche Albania, Libano, Nord Macedonia, Serbia, Taiwan, Hong Kong e Macao

  • in

    Dialogo Serbia-Kosovo: l’UE prende tempo, ma tra Vucic e Kurti è scontro aperto. Tutto rimandato al vertice di luglio

    Bruxelles – Non sono servite nemmeno sei ore per spegnere ogni entusiasmo europeo sul nuovo round di alto livello del dialogo tra Serbia e Kosovo mediato dall’UE, svoltosi questa mattina (martedì 15 giugno) a Bruxelles. Se erano grandi le speranze dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e del rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák, sui risultati da “iniziare a produrre” nel corso del quarto confronto dal 12 luglio dello scorso anno, ci hanno pensato proprio i leader dei due Paesi balcanici a mettere tutto in soffitta. Se ne riparlerà “entro la fine di luglio, quando il processo proseguirà“, ha dichiarato Lajčák al termine dell’incontro.
    Il rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák
    La Commissione Europea prende tempo: il rappresentante speciale UE parla di un “nuovo capitolo”, uno “scambio molto aperto e franco su ciò che ciascuno desidera” e che “entrambi i leader hanno confermato che non c’è altra via da seguire se non quella di normalizzare le relazioni tra Kosovo e Serbia”. Ma così non basta più, di sicuro non dopo la promessa di Borrell (che risale ormai al 12 ottobre 2020) che “l’accordo è una questione di mesi, non anni”.
    Anche perché tra le due parti – se già non correva buon sangue prima – ora è scontro aperto. Il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, si è detto “deluso” dall’incontro con il premier kosovaro, Albin Kurti, e che “l’unica cosa positiva della riunione è stata l’intesa a proseguire i negoziati entro fine luglio”. Il leader serbo ha parlato di posizioni “irresponsabili e fuori dalla realtà” da parte di Kurti, dal momento in cui “si rifiuta di parlare della creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo”, ma allo stesso tempo “vuole sapere quando riconosceremo l’indipendenza di Pristina”. A questa “provocazione”, Vučić ha precisato ai giornalisti con una punta di orgoglio che non lo farà “mai”.
    Piovono critiche su Belgrado, invece, dal fronte kosovaro: “Da parte nostra l’incontro è stato costruttivo”, ha spiegato il premier Kurti alla stampa, ma “dall’altra parte si riproponevano vecchie idee”. Parlando dei quattro punti proposti durante l’incontro, Kurti ha accusato Vučić di averne respinti tre e di non aver dato “nemmeno una risposta sul quarto”, ovvero la revisione dell’Accordo centro-europeo di libero scambio (CEFTA). Stando a quanto riportato dal governo di Pristina, Belgrado ha rispedito al mittente i progetti di firma di un accordo di pace tra le due parti, di istituzione in Kosovo di un Consiglio nazionale per la minoranza serba (sul modello di quello già esistente in Serbia per le minoranze albanesi e bosniache) e la rimozione del capo della Commissione serba per le persone scomparse durante il conflitto, Veljko Odalović.
    Non proprio la descrizione di un incontro soddisfacente – o “non facile”, come lo ha definito Lajčák. Ma se c’è una sola cosa incoraggiante da portare a casa in vista del nuovo vertice a Bruxelles del prossimo luglio è che entrambi i leader sembrano ormai guardare alle istituzioni europee e statunitensi come un solo attore geopolitico, una duplice garanzia sul presente e sul futuro per la stabilizzazione della regione. Il presidente serbo ha confessato di essere “fiducioso” sul fatto che l’alto rappresentante UE Borrell riferirà “in modo preciso e minuzioso” l’esito dell’incontro di oggi al presidente USA, Joe Biden. Il premier kosovaro ha invece affermato che “l’accordo con Belgrado andrà raggiunto entro la fine dei mandati di Borrell e Biden“.
    Considerando la fine naturale dei rispettivi mandati, si parla della fine del 2024 (per l’alto rappresentante UE) e dell’inizio del 2025 (per il presidente statunitense). Per allora, la dichiarazione di indipendenza del Kosovo avrà compiuto quasi 17 anni e l’inizio del dialogo Pristina-Belgrado mediato dall’UE quasi 14 anni. Ma intanto c’è da pensare al breve termine, al quinto vertice dalla ripresa del 12 luglio dello scorso anno (il confronto si era precedentemente fermato nel novembre 2018). Se arriverà davvero entro fine luglio, cadrà allo scadere del primo anniversario. E già si inizia a parlare di anni, non mesi.

    Tradisce le aspettative delle istituzioni europee il vertice a Bruxelles tra il presidente serbo Vucic e il premier kosovaro Kurti. Entrambi i leader guardano a UE e Stati Uniti come unico attore geopolitico nella regione

  • in

    Dialogo Serbia-Kosovo, dopo 9 mesi di stallo riprende a Bruxelles il confronto politico. Grandi speranze dall’UE

    Bruxelles – Si riparte, là da dove si era fermato tutto. A Bruxelles è ricominciato oggi (martedì 15 giugno) il dialogo tra Serbia e Kosovo mediato dall’Unione Europea, a nove mesi dall’ultimo confronto politico tra i rappresentanti di Belgrado e Pristina. Era il 7 settembre 2020: l’amministrazione statunitense di Donald Trump stava mettendo seriamente a rischio il processo decennale dell’UE, il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, aveva appena comunicato che avrebbe trasferito l’ambasciata in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme come segno di intesa con The Donald e l’ex-premier del Kosovo, Avdullah Hoti, ancora non era stato travolto dallo scandalo politico che ha fatto crollare il suo governo a gennaio 2021.
    Da sinistra, il premier del Kosovo, Albin Kurti, e l’alto rappresentante UE, Josep Borrell (15 giugno 2021)
    Un vero e proprio parto politico – sia per le tempistiche, sia per le complicazioni lungo il cammino – è quello che ha portato al quarto incontro dei leader dei due Paesi dei Balcani occidentali, dopo la ripresa del 12 luglio dello scorso anno (il confronto si era precedentemente fermato nel novembre 2018). Nel frattempo, se tutto sembra rimasto immutato in Serbia, il Kosovo ha vissuto uno dei periodi di più grande fermento sociale e istituzionale: il neo-premier, Albin Kurti, e la nuova presidente della Repubblica, Vjosa Osmani, hanno promesso una svolta radicale nel Paese, ma anche nelle relazioni con il vicino che non vuole riconoscere l’indipendenza di Pristina, dichiarata il 17 febbraio 2008.
    Con tutte queste premesse, l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina e le altre questioni regionali dei Balcani occidentali, Miroslav Lajčák, hanno dato questa mattina il benvenuto al presidente serbo Vučić e al premier kosovaro Kurti. In un’atmosfera che, per descriverla in modo incisivo, “non è facile“. Parola dell’alto rappresentante UE.
    Da sinistra, l’alto rappresentante UE, Josep Borrell, e il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić (15 giugno 2021)
    “Questo processo e questo sincero impegno da entrambe le parti è necessario per il bene del popolo del Kosovo e della Serbia”, ha esortato Borrell prima dell’inizio del nuovo incontro con i due leader balcanici. Un invito che ricalca le parole utilizzate nel corso delle rispettive visite bilaterali del presidente serbo e del primo ministro kosovaro a Bruxelles alla fine di aprile: “Allora ho incoraggiato a proseguire senza indugio il dialogo, con l’obiettivo di produrre risultati, nonostante tutte le difficoltà esistenti”.
    Ma l’alto rappresentante Borrell ha voluto mettere in luce che “c’è un nuovo slancio e dobbiamo usarlo“. Prima di tutto il cambio di atteggiamento della nuova amministrazione statunitense di Joe Biden (non a caso Borrell ha sottolineato che l’appuntamento coincide con il vertice UE-Stati Uniti di oggi), che ha portato a un maggiore allineamento tra Bruxelles e Washington sulle modalità e le prospettive di stabilizzazione della penisola balcanica. Ma soprattutto per la nuova ondata di confronti dentro e fuori le istituzioni europee sul presente e il futuro dei Balcani occidentali nell’UE: “È un’importante opportunità per il progresso dell’intera regione“, ma “senza un accordo tra Kosovo e Serbia, sarà a rischio”, ha avvertito l’alto rappresentante.
    Ecco perché l’Unione Europea si aspetta un incontro “importante e proficuo”, che porti a “rapidi progressi per lasciarci finalmente alle spalle il passato” e “raggiungere un accordo completo e giuridicamente vincolante sulla normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia”. Sono molti oggi i fattori di novità rispetto a quel 7 settembre 2020: la speranza a Bruxelles è che nel frattempo non sia cambiato tutto, perché tutto rimanesse come prima.

    I am hosting a new meeting of the High Level Belgrade-Pristina Dialogue today with President @predsednikrs and Prime Minister @albinkurti.
    The Dialogue and its outcome is the path to the European future of both sides. Meanwhile, it brought important results for their citizens. pic.twitter.com/oZ3lOgxZTl
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) June 15, 2021

    Il presidente serbo, Aleksandar Vucic, e il premier kosovaro, Albin Kurti, accolti dall’alto rappresentante Borrell per la nuova sessione di colloqui ad alto livello: “Sarà difficile, ma dobbiamo iniziare a produrre risultati”

  • in

    Allargamento UE, intesa tra Parlamento e Consiglio su fondi a sostegno dell’adesione di Balcani occidentali e Turchia

    Bruxelles – Era stato chiesto con urgenza durante la sessione plenaria del Parlamento Europeo di maggio dallo stesso commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, e dopo due settimane l’accordo sullo strumento di assistenza pre-adesione IPA III è stato raggiunto dai negoziatori di Consiglio e Parlamento UE.
    Un’intesa politica sulle priorità, gli obiettivi e la governance di questo strumento modernizzato, che andrà a disciplinare i finanziamenti 2021-2027 e metterà in campo 14,2 miliardi di euro a sostegno dell’attuazione delle riforme nei sette Paesi candidati all’adesione all’UE: i sei dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia) e la Turchia.
    Attraverso l’accordo raggiunto ieri sera (mercoledì 2 giugno) – che dovrà essere ora convertito in Regolamento e approvato da Parlamento e Consiglio, verosimilmente entro l’inizio del prossimo autunno – i co-legislatori hanno deciso di rafforzare le condizionalità relative alla democrazia, ai diritti umani e allo Stato di diritto. L’assistenza prevista dallo strumento IPA III sarà sospesa in caso di “regresso democratico”, vale a dire di passi indietro dei rispettivi governi su questi settori-chiave nell’ambito delle riforme strutturali per l’accesso all’Unione.
    Il nuovo aggiornamento dello strumento di assistenza pre-adesione (istituito per la prima volta nel 2007 e seguito poi da IPA II nel 2014) si pone anche gli obiettivi di intensificare la lotta alla disinformazione e contribuire alla protezione dell’ambiente, dei diritti umani e della parità di genere, con un maggiore coordinamento con le organizzazioni della società civile e le autorità locali. Rafforzato anche il ruolo del Parlamento Europeo, che attraverso un dialogo geopolitico con la Commissione, sarà in grado di definire i principali orientamenti strategici e di controllare le decisioni prese nell’ambito dello strumento.
    È stato proprio il commissario Várhelyi ad accogliere con ottimismo l’intesa tra Consiglio e Parlamento: “È un segnale benvenuto, positivo e forte per i Balcani occidentali e la Turchia“. Il commissario ha definito l’aggiornamento dello strumento come “un solido investimento nel futuro della regione e dell’allargamento dell’Unione”, il cui punto di forza è proprio sostenere “l’attuazione delle principali riforme politiche, istituzionali, sociali ed economiche” per conformarsi agli standard comunitari. Non solo: “La sua programmazione si basa su priorità tematiche piuttosto che su dotazioni nazionali“, caratteristica fondamentale per “premiare le prestazioni e i progressi” e “dare maggiore flessibilità” alle esigenze in evoluzione.
    In ultima battuta, il commissario per l’Allargamento ha anche sottolineato che lo strumento IPA III “fornirà finanziamenti per il Piano economico e di investimenti per i Balcani occidentali“, presentato il 6 ottobre dello scorso anno dalla Commissione per sostenere la ripresa economica di questa “regione prioritaria” nell’ottica geo-strategica dell’Unione Europea.

    Il nuovo strumento di assistenza pre-adesione IPA III che regola i finanziamenti 2021-2027 avrà un valore di 14,2 miliardi di euro. Agevolerà l’attuazione delle riforme nei sette Paesi candidati, ma sarà sospeso in caso di “regresso democratico”

  • in

    Balcani occidentali, Borrell vuole far rivivere la tradizione delle “cene informali” con i leader della regione

    Bruxelles – Cena con dialogo. Sta sfoderando tutto l’arsenale diplomatico a sua disposizione l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, per ravvivare la fiamma dell’europeismo nei Balcani occidentali e promuovere la stabilità nella regione. Rimproveri agli Stati membri UE di poco impegno, accelerazione sul fronte dei vaccini anti-COVID e ora il tentativo di far rivivere la tradizione delle “cene informali” con i leader dei Paesi balcanici (sulle orme della predecessora, Federica Mogherini). L’obiettivo rimane sempre lo stesso: far sentire la presenza geopolitica dell’Unione nella penisola e accelerare il processo di allargamento dell’UE nei Balcani.
    Ieri sera (martedì 18 maggio) i capi di Stato e di governo di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia si sono incontrati a Bruxelles per un incontro non ufficiale, insieme all’alto rappresentante Borrell e al commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. “L’impegno dell’Unione nei confronti dei Balcani occidentali è indiscutibile e deve essere molto visibile”, ha twittato Borrell per spiegare i motivi della cena: “Tenere discussioni strategiche e politiche aperte sul nostro futuro comune” e “valutare la situazione e le sfide in una regione strategica per l’Europa”. Oltre all’allargamento dell’UE nella regione, c’è l’idea di condividere “un approccio più ampio e geopolitico” con i partner balcanici.

    The EU’s commitment to the Western Balkans is unquestionable and needs to be very visible. This is why I revived the tradition of regular informal dinners with the six leaders tonight, to have open strategic and political discussions on our common future. pic.twitter.com/Cn9T1ApE33
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) May 18, 2021

    Come reso noto dal Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), l’incontro si è tenuto “in un’atmosfera aperta e schietta”, che ha permesso di presentare “una riflessione strategica” su come “accelerare le riforme e soddisfare le aspettative dei cittadini sull’integrazione nell’Unione”, ma anche “rafforzare le narrazioni positive e costruttive nella regione”. Per tutti i commensali, l’integrazione europea dei Balcani occidentali rimane “un obiettivo strategico fondamentale”, mentre è stato confermato il “forte impegno per la cooperazione regionale” nelle sfide globali, come la pandemia COVID-19.
    Un resoconto confermato anche dalle parole della prima ministra della Serbia, Ana Brnabić, che in una dichiarazione alla stampa in tarda serata ha offerto un retroscena sull’incontro: “Inizialmente l’atmosfera era tesa, ma poi la cena è proseguita molto meglio ed è durata più del previsto“. Secondo la premier, “è sempre positivo quando dialoghiamo, abbiamo affrontato importanti questioni politiche ed economiche, concentrandoci sul futuro migliore per i nostri cittadini”.
    È presumibile che parte della tensione iniziale sia stata causata dalla richiesta avanzata dal nuovo primo ministro kosovaro, Albin Kurti, di spingere i cinque Paesi UE che ancora non riconoscono l’indipendenza del Kosovo (Spagna, Grecia, Cipro, Romania e Slovacchia) ad allinearsi alla posizione degli altri ventidue Stati membri e a quella del Parlamento UE. Parlando con i giornalisti, il premier ha dichiarato di aver discusso con “amici e colleghi a Bruxelles su come possono aiutarci a fare riforme nei nostri Paesi”, ma soprattutto “a convincere i cinque Stati membri che non riconoscono l’indipendenza del Kosovo a farlo“. Kurti ha poi ribadito la necessità di liberalizzare i visti per i cittadini kosovari, “gli unici in Europa soggetti a un regime di visti”. Qualche pagina del menù per la prossima cena informale è già pronto.
    Da sinistra: Albin Kurti (primo ministro del Kosovo), Zoran Tegeltija (presidente del Consiglio dei ministri della Bosnia ed Erzegovina), Edi Rama (primo ministro dell’Albania), Josep Borrell (alto rappresentante UE), Milo Đukanović (presidente del Montenegro), Ana Brnabić (prima ministra della Serbia), Zoran Zaev (primo ministro della Macedonia del Nord) e Olivér Várhelyi (commissario UE per la Politica di vicinato e l’allargamento)

    L’alto rappresentate ha ospitato a Bruxelles i capi di Stato e di governo dei sei Paesi per discussioni geopolitiche in un’atmosfera “aperta e schietta”. L’obiettivo: favorire la stabilità della penisola e accelerare il processo di allargamento UE

  • in

    COVID, a maggio il rilancio dell’UE nella consegna dei vaccini ai Balcani occidentali, tra COVAX e finanziamenti diretti

    Bruxelles – Sono settimane decisive per il rilancio dell’Unione Europea a livello di credibilità nei Balcani occidentali, sia per il processo di allargamento sia per il sostegno alla lotta contro la pandemia COVID-19, e Bruxelles sta cercando di rendere tangibile la sua presenza nella regione. Dopo il forte messaggio dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ai ministri degli Esteri europei e l’adozione della nuova metodologia per i negoziati di accesso di Serbia e Montenegro, è caldo il fronte dell’invio dei vaccini anti-COVID ai Paesi balcanici, per recuperare il terreno perso nella sfida diplomatica con Cina e Russia.
    Nonostante i Balcani occidentali siano considerati il primo partner strategico e zona di influenza dell’Unione Europea, Bruxelles ha registrato gravi ritardi nell’attivarsi per aiutarli a pianificare la campagna di vaccinazione. Le consegne di dosi tramite il meccanismo COVAX (la struttura globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per garantire un accesso equo e universale ai vaccini, sostenuta anche dall’UE con un miliardo di euro) sono rimaste ferme alla fine di marzo – il 2 aprile nel caso della Serbia, con le prime 57.600 dosi arrivate – e per tutto il mese di aprile ha regnato l’immobilismo.
    Il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, e il ministro degli Esteri austriaco, Alexander Schallenberg, a Sarajevo (4 maggio 2021)
    Questo fino all’annuncio dell’invio di 651 mila dosi di vaccino Pfizer-BioNTech nella regione a partire da inizio maggio e fino ad agosto, attraverso un contratto finanziato direttamente da Bruxelles e concluso grazie all’impegno del governo austriaco. Stando alle cifre fornite dal Servizio europeo per l’Azione esterna, entro il 31 agosto dovrebbero arrivare 36 mila dosi in Serbia, 42 mila in Montenegro, 95 mila in Kosovo, 119.200 in Macedonia del Nord, 145 mila in Albania e 213.800 in Bosnia ed Erzegovina.
    Con l’arrivo di maggio la situazione è tornata a sbloccarsi, complice anche il viaggio del commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, nei Paesi balcanici tra il 3 e il 5 maggio, per ribadire l’impegno dell’Unione a sostegno della lotta comune alla pandemia. L’occasione è stata sfruttata anche per consegnare il primo carico simbolico in ciascuna capitale: 1.170 dosi a Belgrado, 2.430 a Podgorica, 4.680 sia a Pristina sia a Tirana, 4.850 a Skopje e 10.530 a Sarajevo.
    L’arrivo del secondo carico di vaccini tramite il meccanismo COVAX in Serbia (12 maggio 2021)
    Contemporaneamente, ha ricevuto un impulso anche la situazione sul fronte COVAX, nonostante alcune riserve. Tra l’11 e il 14 maggio sono ripresi con più costanza i voli per portare i vaccini promessi ai Balcani occidentali, cercando di colmare il ritardo sulla tabella di marcia del primo semestre 2021. A oggi, il Kosovo ha ricevuto 62.300 dosi su 100.800 previste, l’Albania 79.200 su 141.600, la Bosnia ed Erzegovina 121.300 su 177 mila, la Serbia 177.600 su 345.600. Fanno eccezione Montenegro e Macedonia del Nord, ancora fermi alle consegne del 28 marzo: al primo mancano ancora 60 mila dosi (24 mila su 84 mila), alla seconda 79.200 (24 mila su 103.200). Ma c’è ancora un mese e mezzo di tempo per recuperare il tempo perduto a inizio anno: con un massimo di due spedizioni per ogni Paese si potrebbero raggiungere tutti gli obiettivi, spazzando via almeno una parte dell’euro-scetticismo che sta serpeggiando nella regione.

    Dopo un mese di immobilismo dai primi carichi di fine marzo, Bruxelles ha sbloccato la situazione con il piano da 651 mila dosi Pfizer-BioNTech entro fine agosto e la ripresa del meccanismo dell’OMS: ancora un mese e mezzo per rispettare la tabella di marcia