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    Via libera dai 27 ambasciatori Ue alla liberalizzazione dei visti Schengen del Kosovo “non oltre il primo gennaio 2024”

    Bruxelles – Un passo avanti significativo nell’ormai infinita vicenda della liberalizzazione dei visti per i cittadini del Kosovo – unico Paese europeo (fatta eccezione per Russia e Bielorussia) a cui non è riconosciuta – anche se Pristina dovrà aspettare ancora un poco più di un anno al massimo prima di poter finalmente celebrare l’esenzione del regime dei visti in ingresso nello spazio Schengen. I 27 ambasciatori dei Paesi membri dell’Ue hanno dato il via libera in Coreper (il Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio) al mandato negoziale del Consiglio dell’Ue, in vista degli imminenti negoziati con l’Eurocamera.
    La presidente del Kosovo, Vjosa Osmani, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel
    “Oggi [mercoledì 30 novembre, ndr] abbiamo compiuto un passo importante verso l’esenzione dei visti per il Kosovo e speriamo ora di raggiungere rapidamente un accordo con il Parlamento Europeo per trasformare questa promessa in realtà”, ha commentato il ministro degli Esteri ceco e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Jan Lipavský, che ha sottolineato come questo risultato sia stato reso possibile “dagli sforzi del Kosovo per rafforzare i controlli alle frontiere, la gestione dell’immigrazione e la sicurezza”. L’esenzione implica la possibilità di viaggiare senza visto per un soggiorno di massimo 90 giorni (su un periodo di 180) nell’area che ha abolito le frontiere interne, utilizzando il proprio passaporto senza ulteriori requisiti: è in vigore per 63 Paesi di tutto il mondo, compresi quelli dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia, ma non il Kosovo), Regno Unito, Moldova, Georgia e Ucraina.
    Secondo la posizione approvata oggi dai 27 ambasciatori, l’esenzione dall’obbligo di visto si applicherebbe a partire dalla data di inizio del funzionamento del Sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (Etias), secondo la proposta francese emersa all’ultima riunione del gruppo di lavoro sui visti del Consiglio a metà ottobre. Si tratta di un sistema digitale per tenere traccia dei visitatori extra-comunitari nella zona Schengen, che riguarderà tutti i viaggiatori provenienti dai 63 Paesi ‘visa free’ per l’Ue e che prevederà la compilazione di un modulo d’ingresso (come per l’Electronic System for Travel Authorization negli Stati Uniti).
    Il vero problema riguarda il fatto che non è ancora stato stabilito quando l’Etias sarà operativo: inizialmente era previsto entro il 2022, poi la data di entrata in vigore è stata posticipata alla primavera 2023 e ancora alla fine del prossimo anno. È per questo motivo che assume particolare rilevanza la specifica degli ambasciatori “e comunque non oltre il primo gennaio 2024” per la liberalizzazione dei visti per i cittadini del Kosovo. “Accolgo con favore l’importante e a lungo attesa decisione odierna del Coreper sull’abolizione dei visti”, ha commentato il primo ministro kosovaro, Albin Kurti. Per Pristina è “un riconoscimento del nostro impegno per lo Stato di diritto, la lotta alla corruzione, il rafforzamento dei controlli alle frontiere e la gestione dell’immigrazione”. Ringraziando la presidenza di turno ceca del Consiglio dell’Ue, Kurti ha sottolineato che ora attende “con impazienza” la finalizzazione del processo.

    I welcome today’s important & overdue decision by COREPER on visa lib. for Kosova, an acknowledgement of our commitment to rule of law, fighting corruption, strengthening border controls & managing migration. Thankful to @EU2022_CZ & look fwd to the finalization of this process.
    — Albin Kurti (@albinkurti) November 30, 2022

    La lunga attesa del Kosovo
    Il dialogo dl Kosovo con la Commissione Europea sulla liberalizzazione dei visti è iniziato il 19 febbraio 2012, a quattro anni dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza dalla Serbia. Nel maggio 2016 la Commissione aveva proposto al Parlamento e al Consiglio dell’Ue (che devono entrambi dare il via libera definitivo) di concedere l’esenzione per i cittadini kosovari, mentre procedevano i lavori per il rispetto degli ultimi due requisiti da parte di Pristina: la demarcazione dei confini (con il Montenegro) e il bilancio della lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione. Due anni più tardi, il 18 luglio 2018, lo stesso esecutivo comunitario aveva confermato che il Kosovo ha soddisfatto tutti i requisiti previsti dalla tabella di marcia per la liberalizzazione dei visti, incoraggiando i co-legislatori ad adottare la proposta di abolirne l’obbligo in ingresso sul territorio dell’Unione. La stessa esortazione è arrivata il 12 ottobre con la presentazione del Pacchetto Allargamento 2022.
    Da sinistra: il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, e l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Ma dal 2018 a oggi niente si era mosso in Consiglio. Il Parlamento Ue ha più volte accusato i 27 Paesi membri per il “fallimento di non aver mantenuto la promessa” ai cittadini del Kosovo. L’intesa di oggi tra i 27 ambasciatori è considerata cruciale perché supera uno stallo che ha una doppia natura: cinque membri Ue non riconoscono l’indipendenza di Pristina (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia) e, allo stesso tempo, Francia e Paesi Bassi hanno frenato fino all’ultimo l’iniziativa della Commissione, almeno prima dell’inedito impegno congiunto sull’asse Parigi-Berlino per risolvere le controversie più urgenti che riguardano il Kosovo.
    Come hanno sottolineato i 27 ambasciatori Ue, Pristina in questi anni “ha compiuto progressi significativi in tutti i blocchi della tabella di marcia per la liberalizzazione dei visti“, inclusi i settori della sicurezza dei documenti, della gestione delle frontiere e della migrazione, dell’ordine pubblico e dei diritti fondamentali relativi alla libertà di circolazione. Una volta che entrerà in vigore l’esenzione dall’obbligo di visto anche per i cittadini kosovari – al massimo fra un anno e un mese – l’intera regione dei Balcani Occidentali sarà soggetta allo stesso regime (con la Commissione Ue che continuerà a monitorare “attivamente” l’attuazione dei requisiti, attraverso il meccanismo di liberalizzazione post-visto). Tutti i cittadini europei potranno così viaggiare liberamente con il proprio passaporto sull’intero continente, senza discriminazioni di nazionalità.

    Approvato il mandato del Consiglio dell’Ue per i negoziati con l’Eurocamera. Prima della data-limite, il regolamento sull’esenzione dei visti per i cittadini kosovari potrebbe applicarsi a partire dall’entrata in funzione del Sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (Etias)

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    Il Parlamento Ue rinnova l’appoggio all’ingresso di Bulgaria e Romania nello spazio Schengen

    dall’inviato a Strasburgo – L’emiciclo di Strasburgo ha votato nuovamente oggi (18 ottobre) la proposta di risoluzione sull’adesione di Bucarest e Sofia a Schengen: con 547 si, 49 no e 43 astenuti, gli eurodeputati hanno ribadito in modo chiaro la volontà di mettere pressione al Consiglio affinché la pratica si concluda finalmente con esito positivo entro la fine del 2022.
    Sono passati 11 anni da quando il Parlamento europeo diede per la prima volta il via libera all’ingresso di Romania e Bulgaria nell’area Schengen. Era il 2011, a capo dell’emiciclo sedeva il polacco Jerzy Buzek e il presidente del Consiglio Europeo era il belga Herman Van Rompuy. Non se n’è poi fatto più nulla: ancora nel 2018, il Parlamento aveva avanzato nuovamente la richiesta di dare piena applicazione all’acquis di Schengen per i due Paesi, ma il Consiglio Europeo non diede alcun seguito alla questione.
    Con l’insediamento della presidenza ceca dell’Ue, il dibattito in aula è tornato in auge: il ministro per gli Affari Europei di Praga Mikulas Bek aveva auspicato, nel corso della prima plenaria di ottobre a Strasburgo, di “ottenere l’unanimità al vertice del Consiglio europeo di dicembre”. Pochi giorni dopo, dal 9 al 15 ottobre, Bulgaria e Romania hanno volontariamente organizzato e ospitato una delegazione Ue per una missione di verifica, per dimostrare a quei Paesi che ancora esprimono riserve (Paesi Bassi e Finlandia su tutti) che non c’è alcun motivo per ritardare ancora l’abolizione dei controlli alle frontiere terrestri, aeree e marittime.
    La palla torna in mano al Consiglio Europeo e al suo presidente Charles Michel che, visto anche il recente sostegno del cancelliere tedesco Olaf Scholz, potrebbe riuscire a chiudere la decennale questione alla riunione dei capi di Stato Ue del prossimo dicembre.

    Gli eurodeputati hanno così ribadito il sostegno a una questione aperta già nel 2011. Ora il Consiglio Europeo dovrà vincere le resistenze di Finlandia e Paesi Bassi per ottenere l’unanimità dei Paesi membri

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    L’Ue vicina allo stop ai visti agevolati per il russi. E non riconoscerà i passaporti rilasciati nei territori occupati

    Bruxelles – È scattata la nuova offensiva diplomatica dell’Unione Europea contro la Russia e, dopo l’intesa informale tra i Ventisette, in meno di una settimana è stata formalizzata la proposta della Commissione Ue. L’accordo di facilitazione dei visti Ue-Russia dovrà essere sospeso per tutti i cittadini russi che richiedono un visto per soggiorni di breve durata nell’area Schengen, tornando alle procedure pre-2007 “più lente, più difficili e più costose”, come ha sintetizzato la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, in conferenza stampa.
    La misura risponde alle pressanti richieste di Paesi di confine come Estonia e Finlandia, per impedire alla propaganda del Cremlino di penetrare nell’Unione attraverso i turisti russi e per far pagare le conseguenze della guerra di aggressione in Ucraina non solo alla cerchia stretta di Putin, ma a tutto il Paese. Rispetto all’intransigenza iniziale, la proposta è stata ammorbidita dalle perplessità di Josep Borrell, alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza: “Ci sono tanti cittadini russi che vogliono fuggire dal regime di Putin e per loro le nostre porte non possono essere chiuse“, aveva fatto notare prima di portare il tema sul tavolo del vertice informale dei ministri degli Esteri dello scorso 31 agosto. Proprio a Praga è stata trovata rapidamente un’intesa di compromesso, per cui è stato deciso di ostacolare il processo di concessione dei visti russi, garantendo allo stesso tempo “priorità per chi viaggia per motivi umanitari“.
    La commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson (6 settembre 2022)
    Nella pratica, i cittadini russi dovranno pagare 80 euro come tassa per il rilascio dei visti (non più 35), saranno sottoposti a tempistiche più lunghe per l’elaborazione della domanda da parte dei consolati (da 10 a 15 giorni, fino a un’estensione massima di 45), ma soprattutto a regole più restrittive per ingressi multipli nell’area Schengen e all’obbligo di presentare l’elenco completo di tutti i documenti giustificativi per soggiorni fino a un massimo di 90 giorni. “Viaggiare in Europa non è un diritto fondamentale”, ha messo in chiaro la commissaria Johansson, riferendosi ai circa 1,3 milioni di ingressi di cittadini russi alle frontiere esterne dell’Unione tra gennaio e luglio di quest’anno. La Commissione si aspetta che il Consiglio adotti la proposta “già questa settimana”, facendo scattare il nuovo regime sui visti con la Russia “da lunedì”. Gli Stati membri potranno anche “riesaminare” il milione di visti Schengen al momento emessi a cittadini russi.
    Come spiegato dalla stessa commissaria per gli Affari interni, non appena arriverà il via libera del Consiglio, saranno adottate anche le linee-guida per l’approccio coordinato. Le precisazioni contenute nelle linee-guida saranno fondamentali per mettere nero su bianco le eccezioni che dovranno rispettare gli Stati membri, per non chiudere completamente il canale di dialogo tra l’Unione e i cittadini russi che in futuro potrebbero voler fuggire dal Paese. “Dobbiamo essere sicuri di rimanere aperti e proteggere giornalisti, dissidenti, attivisti per i diritti umani, studenti e chi viaggia per motivi familiari“, ha avvertito Johansson: “Gli Stati membri devono poter rifiutare alcune categorie che potrebbero essere potenziali minacce per la sicurezza, con più discrezione nella gestione delle procedure, ma non possiamo permetterci di penalizzare tutti”.
    A questo si aggiunge poi una seconda proposta, a suo modo storica. La Commissione ha presentato un approccio comune a livello Ue sul non-riconoscimento dei passaporti russi rilasciati nei territori occupati in Ucraina. La misura punta a contrastare la politica del Cremlino di emettere passaporti russi ordinari nelle aree sottratte a Kiev, non solo in Crimea ma anche nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia. “È la prima volta che presentiamo una proposta legislativa per il non-riconoscimento dei passaporti di un Paese terzo vincolante per tutti gli Stati membri Ue, sono fiduciosa che sarà adottata rapidamente” dai co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Ue. In questo modo saranno sostituite le azioni volontarie adottate dai singoli governi europei dopo l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014 con un’azione più coerente a livello comunitario, senza danneggiare gli ucraini che vivono nei territori occupati (che potranno invece continuare a beneficiare della protezione temporanea per motivi umanitari).

    La proposta della Commissione prevede la sospensione dell’accordo di facilitazione dei visti Ue-Russia per i soggiorni di breve durata nell’area Schengen. Ma saranno tutelati giornalisti, dissidenti, attivisti per i diritti umani, studenti e chi viaggia per motivi familiari