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    È pronto il quarto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia: vietati investimenti nel settore energetico e importazioni siderurgiche

    Bruxelles – I leader dell’Unione Europea l’avevano promesso questa notte, al termine della prima discussione del Consiglio informale a Versailles, e in meno di una giornata il quarto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia è arrivato. O meglio, è arrivato l’annuncio delle misure restrittive in linea con i partner del G7 che saranno adottate domani (sabato 12 marzo), dopo “le tre ampie ondate di sanzioni che hanno colpito duramente l’economia della Russia”, ha sottolineato nella sua comunicazione la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen.
    Finalmente si inizia a intravedere qualche misura restrittiva sul piano dell’energia: “Proporremo un grande divieto di nuovi investimenti europei nel settore energetico russo“. La motivazione è semplice (la realizzazione meno) ed è legata al fatto che “non dobbiamo alimentare la dipendenza energetica che vogliamo lasciarci alle spalle”, ha sottolineato con forza la leader dell’esecutivo comunitario. Il divieto coprirà tutti gli investimenti, i trasferimenti di tecnologia e i servizi finanziari per l’esplorazione e la produzione di energia. Per colpire ancora di più le fonti di liquidità del regime, sarà anche vietata l’importazione di beni-chiave nel settore siderurgico, privando il settore centrale dell’economia russa di “miliardi di entrate dalle esportazioni e assicurando che i nostri cittadini non sovvenzionino la guerra di Putin”.
    Si continua anche sulla strada della mano pesante contro l’economia e la finanza: “Il rublo è crollato, molte banche russe sono tagliate fuori dal sistema bancario internazionale, le aziende stanno lasciando la Russia” e con il quarto pacchetto di sanzioni UE si vuole “drenare le risorse che usa per finanziare questa guerra barbara“. Tutto questo fino a quando Mosca non mostrerà la “volontà di impegnarsi seriamente nei negoziati per una soluzione diplomatica”. Durissima la misura che nega alla Russia lo status di nazione favorita sui più importanti mercati globali, il che significa che non godrà più dei benefici derivanti dall’appartenenza all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC): le aziende russe non riceveranno più trattamenti privilegiati e saranno sospesi finanziamenti e prestiti dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. “La Russia non può violare grossolanamente il diritto internazionale e, allo stesso tempo, aspettarsi di beneficiare dei privilegi di far parte dell’ordine economico internazionale”, mette in chiaro la nota dei leader del G7.
    I ministri delle Finanze, della Giustizia e degli Affari interni del Gruppo dei 7 si incontreranno la settimana prossima per coordinare la task force per individuare nuovi membri dell’oligarchia russa vicina al regime Putin da colpire con le sanzioni e da escludere dal circuito delle criptovalute. Sempre in quest’ottica, il quarto pacchetto di sanzioni vieterà l’esportazione di qualsiasi bene di lusso dai Paesi UE e del G7 verso la Russia, “come un colpo diretto” all’élite russa: “Chi sostiene la macchina da guerra di Putin non sarà più in grado di godere del suo sontuoso stile di vita mentre le bombe cadono su persone innocenti in Ucraina”, ha attaccato von der Leyen.

    The three sweeping waves of sanctions and the extension of their scope this week have hit Russia’s economy very hard.
    The 4th package will be an additional blow to Putin’s regime.
    The invasion of Ukraine has to stop. pic.twitter.com/GFUisNpLWk
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 11, 2022

    Sarà presentato domani (12 marzo) il nuovo pacchetto di misure restrittive in coordinamento con il G7. “Non dobbiamo alimentare la dipendenza energetica che vogliamo lasciarci alle spalle”, ha attaccato Ursula von der Leyen

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    “Le sanzioni sono efficaci”, i leader UE lavorano a nuove misure anti-Russia

    Bruxelles – La strategia anti-russa sembra funzionare, tanto che i leader dell’UE lavorano a nuove sanzioni. Il vertice informale del Consiglio europeo in programma domani e venerdì (10 e 11 marzo) servirà a confermare quello che a Bruxelles come nelle altri capitali si continua a ripetere: “Non siamo in guerra contro la Russia”, e non si intende impegnarsi in un conflitto aperto. Anche perché, confidano addetti ai lavori, “fin qui le sanzioni sono efficaci“. Il rublo ha perso valore, le compagnie private in Russia stanno comportandosi di conseguenza.
    Per questo motivo gli ambasciatori hanno messo a punto un nuovo set sanzionatorio che prevede l’aggiunta di nuove 160 persone nella lista nera dell’UE, una moratoria a livello di Organizzazione mondiale del commercio (WTO), e pure una stretta su criptovalute, a cui si guarda con crescente attenzione. Ma c’è anche la questione della banche. Si ragiona alla possibilità di escludere dal circuito internazionale di pagamenti SWIFT gli istituti fin qui risparmiati. Inoltre i leader sono chiamati a dare il beneplacito al divieto di vendita e scambio di materiali sensibili per il settore marittimo.
    Non a caso “parte della discussione dei leader si concentrerà sulle sanzioni”, anticipano fonti qualificate. La strategia non cambia, si vuole indebolire Mosca senza sparare un colpo. “Continuiamo a credere che le nostre sanzioni siano efficaci”.
    Sul fronte energetico non sono attesi grandi passi, almeno non per il momento. I leader, confidano, “credono  che si possano rivedere i criteri esistenti per finanziare le fonti energetiche critiche”. Tradotto: nonostante le voci su creazione di titoli di debito comune, “non avverrà per il momento”. Anche perché la questione prettamente energetica sarà oggetto del vertice formale dei Ventisette in programma il 24 e 25 marzo, quando si entrerà più nel merito delle misure per calmierare i listini energetici per famiglie e imprese sulla scia di quanto già proposto dal team von der Leyen.

    Al vertice informale di Versailles si continuerà con la linea adottata finora per rispondere all’invasione dell’Ucraina. Su energia si torna a parlare a fine mese

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    UE si dice pronta a reagire a Mosca in Ucraina, nuove sanzioni contro Lukashenko

    Bruxelles – Disponibili alla diplomazia, pronti allo scontro. La prima è la via da privilegiare, il secondo la strada da percorrere se fosse necessario. Nei confronti della Russia e nei riguardi delle tensioni che si registrano a est dell’Europa i capi di Stato e di governo confermano di essere pronti a tutto, e quindi ad ogni possibilità. Le conclusioni dell’ultimo vertice del consiglio europeo dell’anno mostrano un’Europa determinata e pronta a reagire nelle intenzioni. Nel documenti si riflettono le diverse anime di un’Europa che in politica estera continua a fare fatica, e che comunque spera di non dover fare davvero sul serio.
    Di fronte alle pressioni di Mosca, che ammassa truppe sul confine con l’Ucraina, una parte dei Ventisette – baltici e blocco dell’est – esorta ad una linea ferma e risoluta, mentre altri, i principali – Italia, Germania, Francia e Spagna – spinge da sempre per mantenere aperto il canale del dialogo. Al termine della discussione i leader confermano la linea che mette tutti d’accordo. La linea dura è pronta, e prevede “serie conseguenze e gravi costi in risposta a ulteriori aggressioni militari” ai danni di Kiev e del suo territorio. Nel pacchetto di azioni anche “misure restrittive coordinate con i partner“.
    L’UE è dunque pronta a reagire con sanzioni, sulla cui natura ed entità nessun leader si sbilancia. La discussione su Ucraina, Bielorussia e attività della Russia in questa zona è stata condotta a porte chiuse nel senso più vero dell’espressione. Sono stati spenti i telefoni cellulari per non far trapelare alcun dettaglio. L’UE non vuole mostrare le carte, perché sa che la posta in gioco è enorme.
    La linea rossa resta l’integrità territoriale dell’Ucraina. “E’ un importante fondamento della pace in Europa e faremo di tutto per mantenere questa inviolabilità”, afferma il cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Gli europei hanno già dovuto assistere alla conquista della Crimea da parte dei russi, senza poter muovere un dito. Il fatto che si chiarisca che ogni reazione a dodici stelle sarà comunque preso di concerto coi partner implica la partecipazione della NATO, come conferma anche la stessa alleanza atlantica al termine delle discussioni dei Ventisette. “Qualsiasi ulteriore aggressione contro l’Ucraina avrebbe enormi conseguenze e avrebbe un prezzo elevato. La NATO continuerà a coordinarsi strettamente con le parti interessate e altre organizzazioni internazionali, compresa l’UE”. 
    Soffiano venti di guerra, e a non nasconderlo è il presidente lituano Gitanas Nauseda, tra quelli che non vorrebbe perdere tempo e agire. “Lo scenario peggiore, quello di un conflitto militare, purtroppo non possiamo escluderlo“. Ma l’UE continua a sondare la via non certo più agevole ma sicuramente più percorribile. Il Consiglio europeo “incoraggia gli sforzi diplomatici” innanzitutto. La seconda via, quella del confronto muscolare, dipenderà dalle mosse di Mosca a cui si chiede di “ridurre le tensioni”. Europa pronta a reagire, ma solo se lo richiederà il caso.
    Una linea analoga si adotta per la Bielorussia. Qui si torna a chiedere il rilascio “immediato e incondizionato” degli oppositori del regime di Alexander Lukashenko, per cui chiede “attuazione rapida” delle sanzioni già decretate e di “essere pronti a comminarne delle altre, se necessario”.
    Come per l’Ucraina, anche in Bielorussia sulle risposte l’UE si prepara ad ogni evenienza e studia le mosse degli avversari. Con la differenza che mentre nel primo caso si vuole salvaguardare le frontiere altrui, qui si intende blindare le proprie. I leader insistono sulla necessità di “proteggere efficacemente” i confini esterni dell’UE, e chiedono in tal senso ai propri ministri competenti di “esaminare le misure d’emergenza della Commissione europea“. Sono quelle che intendono, tra le altre cose, permettere agli Stati di chiudere le porte in faccia ai richiedenti asilo usati come ariete, nel caso della Bielorussia.

    I Ventisette mostrano i muscoli e minacciano la linea dura in caso di aggressioni militari nei confronti di Kiev. La diplomazia resta la via maestra, nuovo invito a Minsk per il rilascio degli oppositori

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    L’UE approva quinto pacchetto di sanzioni contro Bielorussia in concerto con Stati Uniti: colpita anche la compagnia aerea Belavia

    Bruxelles – È arrivato il via libera del Consiglio dell’UE al quinto pacchetto di sanzioni contro la Bielorussia e da oggi (giovedì 2 dicembre) altre 17 persone e 11 entità vicine al regime di Alexander Lukashenko saranno colpite dalle misure restrittive dell’Unione Europea. La decisione è stata presa in concerto con i partner degli Stati Uniti, come annunciato dalla portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki.
    Membri della Corte Suprema della Bielorussia, canali di propaganda del regime, funzionari politici, compagnie aeree, tour operator e hotel sono stati inseriti nel nuovo pacchetto di sanzioni, che ha messo al centro la strumentalizzazione delle persone migranti alla frontiera con l’UE. L’intesa politica a Bruxelles era stata raggiunta lo scorso 15 novembre e dopo due settimane e mezzo di lavori sono stati individuati i soggetti da sottoporre al regime restrittivo. Tra questi anche la compagnia aerea di bandiera Belavia, finita nella lista nera dell’UE per essersi resa complice della tratta di esseri umani dai Paesi di origine delle persone migranti verso Minsk (poi trasportate dalle autorità bielorusse ai confini con Polonia e Lituania).
    La decisione di oggi porta a 183 gli individui e 26 le entità colpite dalle sanzione UE, tutti ritenuti responsabili della repressione della società civile, dell’opposizione democratica, dei media indipendenti e dei giornalisti e del contributo all’organizzazione di attraversamenti illegali delle frontiere UE. Le persone fisiche sono soggette a congelamento dei beni e divieto di viaggio, mentre a cittadini e imprese dell’Unione è vietato mettere fondi a loro disposizione.
    “Questa cinica strategia di sfruttamento delle persone vulnerabili è un tentativo ripugnante di sviare l’attenzione dal continuo disprezzo del regime per il diritto internazionale, le libertà fondamentali e i diritti umani in Bielorussia“, ha dichiarato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. “L’UE è unita nell’affrontare questa sfida e sta usando tutti gli strumenti a sua disposizione”, ha aggiunto Borrell, sottolineando che “questo quinto round di sanzioni è un altro esempio della nostra determinazione ad agire quando i diritti umani vengono violati”.
    Da Washington, la portavoce della Casa Bianca ha ribadito che le sanzioni statunitensi sono “anche in risposta allo spietato sfruttamento da parte del regime di Lukashenko dei migranti vulnerabili” da Paesi terzi. L’obiettivo sarebbe quello di “orchestrare il loro traffico lungo i confini con gli Stati europei”, ha aggiunto Psaki.

    Nel nuovo aggiornamento delle misure restrittive approvato dal Consiglio dell’UE contro il regime di Lukashenko compare anche la compagnia di bandiera per “strumentalizzazione delle persone migranti”

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    Riprendono a Vienna i negoziati sul nucleare iraniano. Ma Teheran non vuole trattare direttamente con gli USA

    Roma – Dopo cinque mesi di interruzione sono ripresi a Vienna i negoziati per riattivare l’accordo internazionale sul programma nucleare dell’Iran. Lo ha annunciato oggi il portavoce della delegazione dell’Unione europea Alain Georges Matton. La ripresa dei lavori della commissione è stata confermata anche dall’agenzia di stampa di Stato iraniana Irna.

    In Vienna, #JCPOA Joint Commission, chaired on behalf of EU High Representatives @JosepBorrellF by @eu_eeas Deputy Secretary General @enriquemora_ , just started. pic.twitter.com/kXtCbQtnEn
    — Alain Georges MATTON 🇪🇺 (@AlainMatton) November 29, 2021

    Un portavoce del governo di Teheran ha riferito che il Paese è “fermamente determinato” a ottenere un buon esito dei negoziati in vista di una revoca delle sanzioni internazionali.
    L’accordo sul nucleare era stato raggiunto nel 2015 con la mediazione dell’UE e dell’ex  rappresentante per la politica estera Federica Mogherini e quando a guidare gli Stati Unti era Barack Obama. Intesa abbandonata dalla presidenza Trump e ora segnata da nuove aperture da parte di Joe Biden. L’accordo era stato sottoscritto da gruppo 5+1, composto da Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Germania e Stati Uniti.
    In questa prima fase la delegazione USA guidata dall’inviato speciale per l’Iran, Robert Malley, parteciperà ai colloqui in forma indiretta, con i diplomatici degli altri Paesi che faranno da intermediari.
    Teheran ha sempre rivendicato il diritto a sviluppare un programma nucleare con sole finalità civili, che l’accordo internazionale dovrebbe permettere di monitorare.
    Tuttavia gli ostacoli per un nuovo accordo sono diversi. Da una parte ci sono le forti pressioni di Israele nei confronti dei Paesi occidentali che fin dal 2015 ha contestato l’intesa. Sul fronte opposto l’Iran ha irrigidito la sua posizione, denunciando la controparte statunitense di aver disatteso gli accordi con l’uscita unilaterale nel 2018 e un inasprimento delle sanzioni, motivo che ha portato al rifiuto di Teheran a trattare direttamente con Washington.

    Un portavoce del governo ha dichiarato che il Paese è “fermamente determinato” a un buon esito ma denuncia l’uscita unilaterale degli USA dagli accordi del 2015. Le trattative con l’inviato speciale di Biden saranno mediate dal gruppo dei 5

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    Nella lista nera delle sanzioni UE contro la Bielorussia anche gli operatori di trasporto complici della tratta di migranti

    Bruxelles – Una lista nera di compagnie aeree e operatori di trasporto che facilitano la tratta di persone verso l’Unione Europea. La Commissione Ue alza l’asticella della sua battaglia diplomatica contro il regime del presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, e oggi (martedì 23 novembre) propone un nuovo strumento per cercare di fermare alla radice il flusso migratorio che sta provocando una crisi al confine con la Polonia.
    Secondo la proposta di sanzioni presentata dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, dal vicepresidente della Commissione UE, Margaritis Schinas, e dalla commissaria per i trasporti, Adina Vălean, nel momento in cui un operatore di trasporto “mette a rischio la vita di persone vulnerabili e la sicurezza delle frontiere esterne dell’Unione”, l’esecutivo comunitario può prendere una serie di misure che vanno dal congelamento delle operazioni nel Mercato dell’UE alla sospensione delle licenze e del diritto di operare verso, da e dentro l’Unione Europea, fino al divieto di transitare, sorvolare o fare scalo nei porti dei Paesi membri. “La cooperazione forte e immediata a cui abbiamo assistito dalla comunità globale dell’aviazione nelle ultime settimane dimostra che è essenziale coinvolgere da vicino gli operatori dei trasporti nella prevenzione e nella lotta contro questa nuova forma di minaccia ibrida”, ha spiegato la commissaria Vălean.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (23 novembre 2021)
    Analizzando gli eventi lungo il confine tra Polonia e Bielorussia, la Commissione UE ha sottolineato che “i recenti eventi alla frontiera non si sarebbero potuti verificare senza il contributo degli operatori di volo, consapevole o involontario”. L’alto rappresentante Borrell ha indicato nella proposta di nuovo quadro giuridico “uno strumento adeguato per combattere la strumentalizzazione delle persone per scopi politici“, che sia “proporzionato e determinato caso per caso”. Una prima misura che potrebbe essere adottata a stretto giro riguarda la sospensione del noleggio di aerei della compagnia di bandiera bielorussa Belavia da parte delle aziende europee: “È una decisione imminente”, ha sottolineato il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, nel corso del suo intervento alla plenaria del Parlamento Europeo. Dal 24 maggio scorso a Belavia è stato chiuso lo spazio aereo dell’UE come risposta al dirottamento del volo Ryanair su Minsk per arrestare il giornalista e oppositore politico, Roman Protasevich.
    Anche la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha aggiornato gli eurodeputati sulla nuova proposta del suo gabinetto per contrastare la Bielorussia di Lukashenko: “Non accetteremo mai lo sfruttamento di esseri umani per scopi politici”, ha ribadito con forza. “I tentativi di destabilizzarci strumentalizzando le persone non funzioneranno, perché siamo uniti”, ha aggiunto von der Leyen, che ha ricordato l’impegno della Commissione a “risolvere la situazione alle frontiere esterne dell’UE con diverse azioni“.
    La presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen (23 novembre 2021)
    Tra queste azioni c’è anche la proposta di misure provvisorie di emergenza ad hoc in materia di asilo e rimpatrio. “L’obiettivo è sostenere gli Stati membri e definire le procedure adeguate per gestire gli arrivi irregolari in maniera ordinata nel rispetto dei diritti fondamentali”, ha anticipato la presidente della Commissione UE. Sulla base dell’articolo 78, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), la proposta prevede che, nel caso in cui uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi, “il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione con il Parlamento, può adottare misure provvisorie a favore degli Stati membri interessati“.
    C’è poi il capitolo del sostegno per la gestione delle frontiere e del flusso migratorio dalla Bielorussia, il tema più spinoso per le istituzioni UE. La presidente della Commissione ha ribadito la posizione dell’esecutivo comunitario (“Non saranno finanziate barriere fisiche con fondi UE”), ma sono stati messi a disposizione di Polonia, Lituania e Lettonia 200 milioni di euro “per la gestione delle frontiere e per sostenere l’attuazione delle procedure di asilo e le condizioni di accoglienza”, ha specificato il vicepresidente Schinas. Un ulteriore sostegno potrebbe includere l’intervento rapido alle frontiere e le operazioni di rimpatrio da parte dell’Agenzia europea della guardia di frontiera (Frontex) e l’assistenza dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO) nella gestione della crisi migratoria e nell’accoglienza delle persone.
    Sul piano dei fondi da stanziare, la Commissione fornirà “fino a 3,5 milioni di euro” per sostenere i rimpatri volontari dalla Bielorussia ai Paesi di origine, sostenendo iniziative come quelle messe in piedi dal governo dell’Iraq da giovedì scorso (18 novembre). E infine l’assistenza umanitaria verso le persone migranti bloccate alla frontiera dell’UE con la Bielorussia: un pacchetto da 700 mila euro messo a disposizione delle organizzazioni internazionali partner, così come annunciato mercoledì scorso (17 novembre) dall’esecutivo comunitario. “Qualora l’accesso delle organizzazioni umanitarie partner in Bielorussia dovesse migliorare ulteriormente, la Commissione è pronta a fornire ulteriori finanziamenti“, ha specificato la presidente von der Leyen davanti alla plenaria del Parlamento UE.
    A margine del Consiglio Affari Generali, il ministro per gli Affari europei, Vincenzo Amendola, ha dichiarato alla stampa che l’Italia ha chiesto che “al Consiglio Europeo di dicembre si continui a discutere di immigrazione“. Nei confronti della “dittatura bielorussa” c’è “la massima attenzione e unità tra Paesi membri sia nel difendere la vita delle persone migranti, sia nel condannare l’operato del regime di Lukashenko”, ha specificato il ministro.

    È la proposta della Commissione Europea per contrastare la tratta di esseri umani verso le frontiere esterne dell’UE. Previste anche misure provvisorie di emergenza ad hoc in materia di asilo e rimpatrio

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    L’UE prepara il quinto pacchetto di sanzioni contro il regime Lukashenko: “Ci concentreremo anche sulla crisi migratoria”

    Bruxelles – Non cede di un millimetro l’UE sul fronte delle sanzioni contro la Bielorussia del presidente Alexander Lukashenko. Rimangono valide le conclusioni del Consiglio Europeo di maggio, mentre Bruxelles sta preparando il quinto pacchetto di misure restrittive, che “si concentrerà anche sulla situazione migratoria”. La conferma arriva dal capo delegazione del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) in Bielorussia, Dirk Schuebel, intervenuto in audizione alla commissione Affari esteri (AFET) del Parlamento Europeo.
    Schuebel, che è stato allontanato da Minsk su richiesta delle autorità bielorusse a fine giugno (come gli ambasciatori polacco e lituano a ottobre 2020 e quello francese solo nove giorni fa), ha confermato che Bruxelles continuerà sulla strada delle sanzioni mirate – oltre a quelle economiche di maggio – “fino a quando Lukashenko non cambierà atteggiamento e non ascolterà i nostri appelli per la liberazione dei prigionieri politici e per nuove elezioni presidenziali”. Il quarto pacchetto era stato adottato lo scorso 21 giugno in coordinamento con Stati Uniti, Canada e Regno Unito, “ma le nostre richieste sono rimaste inascoltate e sempre più ambasciate a Minsk hanno dovuto ridurre il personale o chiudere”.
    Il capo delegazione del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) in Bielorussia, Dirk Schuebel (26 ottobre 2021)
    La violazione dei diritti umani “rimane ancora il problema principale nel Paese”, con 821 prigionieri politici (erano 21 solo dieci anni fa), perquisizioni arbitrarie della polizia nelle case dei dissidenti, “processi in cui non ci sono garanzie di nessun tipo”, la libertà di stampa imbavagliata e la pena di morte ancora applicata. “Lukashenko ha anche rifiutato di ricevere dei vaccini dai Paesi occidentali attraverso lo strumento COVAX”, ha spiegato Schuebel, che ha anche ricordato che è necessaria una “pazienza strategica” nei confronti del Paese. In altre parole, “rimanere fermi sulle nostre posizioni e ricordare che se verranno adottate le misure richieste sarà mobilitato il pacchetto per la Bielorussia democratica da 3 miliardi di euro“.
    Da qualche mese, tuttavia, l’argomento centrale nelle relazioni tra UE e Bielorussia è la nuova rotta migratoria aperta da Lukashenko come ricatto nei confronti delle sanzioni economiche imposte a Minsk ed era inevitabile che questo avesse un impatto sul nuovo pacchetto di misure restrittive. La pressione sulle frontiere esterne dell’Unione ha portato a un’ondata di richieste a Bruxelles per cambiare le linee di gestione della politica migratoria (dai Paesi baltici e dalla Polonia, in primis), anche se il vertice dei leader UE della scorsa settimana ha stabilito che non saranno utilizzati fondi comunitari per finanziare la costruzione di muri lungo i confini dei Paesi membri. “Stiamo lavorando con Paesi come Iraq e Turchia perché smettano di organizzare voli su Minsk, patrocinati dal governo bielorusso”, ha ricordato Schuebel agli eurodeputati: “Ai cittadini viene promesso di poter varcare facilmente la frontiera, pagando tanti soldi, ma già iniziamo a vedere i primi morti per congelamento“.
    Da parte del presidente della delegazione del Parlamento UE per le relazioni con la Bielorussia, Robert Biedroń, è stato fatto notare che “la risposta dell’Unione Europea a questa crisi è stata molto moderata”. Nonostante sia stata riconosciuta la difficoltà di agire senza una presenza diplomatica in loco, l’eurodeputato polacco ha anche sottolineato che “non ci saranno presto elezioni libere, Lukashenko non libererà i prigionieri politici e non ci sarà il finanziamento europeo”. Ecco perché, oltre a “rimanere saldi sulle nostre posizioni”, è necessaria anche “una strategia onnicomprensiva nei confronti della Bielorussia, come richiesto dalla risoluzione del Parlamento Europeo“, ovvero “un piano strategico per l’implementazione della democrazia nel Paese con obiettivi stabiliti per gradi”, ha concluso Biedroń.

    Audizione del capo delegazione UE in Bielorussia, Dirk Schuebel, in commissione Affari esteri (AFET) del Parlamento Europeo: “Serve pazienza strategica, fino a quando non saranno soddisfatte le nostre richieste”

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    Bielorussia, l’UE denuncia pratiche “disumane” di segretezza del sistema penale e di condanne a morte

    Bruxelles – Si continua a parlare di Bielorussia a Bruxelles, dopo settimane in cui la questione del dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius su Minsk è stata al centro della scena internazionale. Nonostante le variazioni sul tema, il nodo cruciale rimane sempre lo stesso: le violazioni dei diritti umani da parte del regime del presidente Alexander Lukashenko.
    Con una nota del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), sono state denunciate oggi (giovedì 17 giugno) le pratiche di segretezza del sistema penale bielorusso e soprattutto il persistere della pena di morte. La Bielorussia è l’unico Paese europeo in cui vige tuttora la pena capitale. “L’Unione Europea ricorda la sua irrevocabile opposizione all’uso della pena di morte in qualsiasi circostanza”, si legge nella nota: “È una punizione crudele e disumana, che non agisce da deterrente contro il crimine e rappresenta un’inaccettabile negazione della dignità e dell’integrità umana”.
    L’accusa delle istituzioni europee è stata sollevata dal caso di Viktar Paulau, detenuto nel braccio della morte della prigione pre-processuale n. 1 di Minsk. Il 31 luglio dello scorso anno l’uomo 50enne è stato riconosciuto colpevole di un duplice omicidio commesso il 30 dicembre 2018 nel villaggio di Prysushyna, nella regione di Vitsebsk (nel Nord-Est del Paese).
    Nonostante l’effettiva esecuzione non sia stata ancora confermata ufficialmente, come riporta l’organizzazione per i diritti umani Viasna, la sorella del condannato a morte non riceve notizie da Paulau da più di sei settimane e da qualche giorno le viene negato l’accesso alla struttura. Inoltre, il personale della prigione ha comunicato in maniera generica all’avvocato difensore che il detenuto non si trova più nella struttura. “La negazione di informazioni tempestive ai parenti è stata un’indicazione in precedenti occasioni di un’esecuzione segreta eseguita dal regime autoritario in Bielorussia”, ha commentato il Servizio europeo per l’azione esterna, facendo riferimento proprio alle informazioni fornite dalla da Viasna.
    Nel frattempo, l’Unione Europea è pronta ad adottare il quarto pacchetto di sanzioni contro il regime di Lukashenko che, come anticipato dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in plenaria al Parlamento Europeo lo scorso 8 giugno, “peseranno sui settori economici-chiave, oltre a coinvolgere i responsabili del dirottamento del volo” su cui viaggiavano il giornalista e oppositore politico Roman Protasevich, e la compagna Sofia Sapega (poi arrestati).
    Secondo quanto confermano fonti di Bruxelles a Reuters, il Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) degli Stati membri UE ha deciso ieri (mercoledì 16 giugno) di imporre nuove sanzioni per la duplice violazione del diritto internazionale e dei diritti umani lo scorso 23 maggio. Dovrebbe essere compreso il congelamento dei beni e il divieto di viaggio nell’UE contro circa 70 persone, oltre alle 88 già inserite nella lista nera dai precedenti pacchetti di misure restrittive, tra cui compaiono Lukashenko e suo figlio Viktor, consigliere per la Sicurezza.
    Le sanzioni approvate dagli ambasciatori dell’UE dovrebbero essere adottate nel corso della riunione dei ministri degli Esteri UE lunedì prossimo (21 giugno). Già dal 4 giugno il Consiglio dell’UE ha rafforzato le misure restrittive nei confronti di Minsk, introducendo il divieto di sorvolo dello spazio aereo dell’Unione e di accesso agli aeroporti europei per tutti i vettori e le compagnie aeree bielorusse.

    La nuova accusa al regime di Lukashenko è arrivata a seguito della negazione di “informazioni tempestive” alla famiglia e all’avvocato di un condannato a Minsk. Intanto i Ventisette sono pronti ad adottare il quarto pacchetto di sanzioni