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    Si stringe la collaborazione tra UE e Stati Uniti per allentare le tensioni con la Russia

    Strasburgo – Si intensifica il coordinamento transatlantico per affrontare una crisi con la Russia di Vladimir Putin che non accenna a risolversi. L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, il segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, e la presidenza di turno polacca dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), si sono confrontati ieri sera (mercoledì 19 gennaio) per trovare una posizione comune sulle minacce portate dalla Russia all’Ucraina e all’Europa in generale.
    Una nota diffusa dal Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) spiega che i quattro partner “hanno discusso dell’impegno militare russo intorno all’Ucraina, così come gli impegni diplomatici bilaterali e internazionali in corso” per tentare di giungere a una de-escalation sul confine orientale. Sottolineata la necessità di “sostenere i principi fondamentali” dell’architettura di sicurezza europea, ma soprattutto di “continuare intense consultazioni per risolvere la situazione attraverso un impegno diplomatico bilaterale e multilaterale“. La strategia è quella di presentare “un fronte transatlantico forte, chiaro e unito”.
    Si spiega così l’invito dell’alto rappresentante UE Borrell al segretario di Stato Blinken a partecipare al Consiglio Affari esteri di lunedì prossimo (24 gennaio) a Bruxelles. La volontà di “rafforzare ulteriormente il coordinamento con gli Stati Uniti e con la NATO” era emersa anche al vertice informale dei ministri UE della Difesa e degli Esteri della settimana scorsa a Brest (Francia), con la richiesta all’alto rappresentante Borrell di portare questa collaborazione al tavolo delle discussioni sulla crisi in atto con la Russia. “Continueremo il nostro impegno negli sforzi diplomatici internazionali in corso e nello stretto coordinamento transatlantico“, ha fatto sapere Borrell su Twitter. “L’UE e gli Stati Uniti rimangono uniti per affrontare le sfide alla sicurezza in Europa”, ha aggiunto.

    I have invited @SecBlinken to join FAC discussions on Russia/Ukraine on Monday. Look forward to continue our engagement on ongoing international diplomatic efforts & continued close transatlantic coordination. The EU & U.S stand together to face challenges to security in Europe.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) January 19, 2022

    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, ha invitato il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, a partecipare al prossimo Consiglio Affari esteri a Bruxelles: in agenda le soluzioni per risolvere la crisi sul fronte orientale

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    L’UE respinge i tentativi della Russia di ricostituire sfere d’influenza in Europa: “Non si può tornare indietro nel tempo”

    Bruxelles – Si alza la tensione tra Russia e Occidente sulla crisi in Ucraina e l’UE cerca di sfruttare il momento per definirsi come un attore credibile sulla scena globale. “Rigettiamo i tentativi russi di ricostituire sfere di influenza in Europa, non possiamo tornare indietro nel tempo“, ha sottolineato con forza l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, al termine della due-giorni di vertici dei ministri della Difesa e degli Affari esteri a Brest (Francia).
    Già ieri (giovedì 13 gennaio) l’alto rappresentante aveva spiegato ai giornalisti che era in corso “una discussione sull’architettura della sicurezza europea”, dal momento in cui la Russia rappresenta per l’UE “una minaccia su diversi fronti”, a partire dal confine orientale dell’Ucraina. “Siamo in un momento critico, in cui dobbiamo agire come un attore geopolitico e rispondere direttamente a ogni aggressione”, è stato il monito di Borrell, anche se “il nostro approccio è sempre il dialogo e i negoziati“. Come confermato anche dal ministro francese per gli Affari esteri e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Jean-Yves Le Drian, “da tutti i Paesi membri è stata accolta con determinazione e unità la necessità di una ferma dissuasione contro la minaccia più grave nella regione“.
    L’UE rimane al fianco dell’Ucraina e dei Paesi dell’Europa orientale “minacciati dalla Russia” e continua a chiedere a Mosca una de-escalation lungo i suoi confini occidentali. In caso contrario “ci prepareremo a nuove sanzioni economiche in coordinazione con i partner”, ha ribadito l’alto rappresentante Borrell nel corso della conferenza stampa. La realtà dei fatti è che, nonostante i tentativi di dialogo portati avanti durante questa settimana, la Russia non sembra intenzionata a impegnarsi in un confronto diplomatico con l’Occidente e con tutta probabilità è dietro all’attacco informatico avvenuto stanotte ai danni di diversi siti di ministeri e agenzie governative ucraini. Borrell ha messo in chiaro che “queste azioni cercano di destabilizzare il Paese e di aumentare la tensione”: Kiev ha comunque reagito “velocemente” e ha “parzialmente ristabilito il funzionamento” dei siti governativi. Da Bruxelles è stata offerta assistenza tecnica “se richiesta”.
    Un ultimo punto toccato dall’alto rappresentante UE è stato il coordinamento “eccellente” con la NATO e gli Stati Uniti nella risposta alla Russia: “Sono estremamente sodisfatto del rapporto che si è rafforzato, nonostante i tentativi di Mosca di dividerci“. Ora l’obiettivo è “mettere in chiaro le priorità del prossimo decennio”, gli ha fatto eco il ministro francese, a partire dalla Bussola strategica per la sicurezza e la difesa, da approvare entro marzo: “È il nostro libro bianco per la sovranità e la sicurezza europea”, ha concluso Le Drian.

    Nel corso del vertice informale dei ministri UE degli Affari esteri a Brest è stata ribadita la necessità di una “ferma dissuasione” di Mosca contro gli attacchi all’Ucraina e alla sicurezza del continente

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    Prorogate fino a luglio le sanzioni economiche contro Mosca per la crisi in Ucraina

    Bruxelles – Il Consiglio dell’UE ha deciso oggi (13 gennaio) di prorogare per altri sei mesi, fino al 31 luglio 2022, le sanzioni contro alcuni settori economici della Russia per la crisi in Ucraina. La decisione assunta oggi segue la valutazione che i capi di Stato e governo hanno fatto all’ultimo Consiglio Europeo del 16 dicembre sull’attuazione degli accordi di Minsk da parte di Mosca per la pace in Ucraina orientale.
    Il Consiglio dell’UE ricorda in una nota che le sanzioni sono state introdotte la prima volta a luglio 2014, “in risposta alle azioni della Russia di destabilizzazione della situazione in Ucraina”, con l’annessione della penisola di Crimea. Limitano l’accesso ai mercati dei capitali primari e secondari dell’UE per alcune banche e società russe e vietano forme di assistenza finanziaria e di intermediazione nei confronti delle istituzioni finanziarie russe. Stop anche all’importazione, l’esportazione o il trasferimento diretto o indiretto di tutto il materiale che riguarda il comparto della difesa. Le misure restrittive limitano inoltre l’accesso russo ad alcune tecnologie sensibili che possono essere utilizzate nel settore energetico, ad esempio, nella produzione e nell’esplorazione del petrolio.

    La decisione del Consiglio dell’UE fa seguito all’ultima valutazione dei capi di Stato e governo al Vertice europeo di dicembre sull’attuazione degli accordi di Minsk da parte di Mosca

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    NATO e Russia su posizioni “significativamente diverse” su crisi in Ucraina e sicurezza europea. Avanti con il confronto

    Bruxelles – Il conflitto armato può aspettare. Quello andato in scena oggi (mercoledì 12 gennaio) al Consiglio NATO-Russia è stato “uno scambio di battute molto serio, una discussione difficile, in cui sono emerse posizioni significativamente diverse” sia sulla crisi in Ucraina sia sulla sicurezza dell’Europa. Durante la conferenza stampa post-Consiglio il segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO), Jens Stoltenberg, ha messo subito in chiaro che “le differenze non saranno facili da colmare, ma proprio per questo è ancora più importante proseguire con il dialogo“.
    L’appuntamento di oggi a Bruxelles era stato presentato come cruciale dallo stesso segretario Stoltenberg al vertice straordinario dei ministri degli Esteri della NATO di venerdì scorso (7 gennaio), in quanto avrebbe dovuto dimostrare se la Russia è disposta a impegnarsi nella de-escalation militare al confine con l’Ucraina e a impegnarsi in un confronto diplomatico. Dall’altra parte del tavolo si sono seduti i viceministri russi per gli Affari esteri, Alexander Grushko, e per la Difesa, Alexander Fomin, che hanno avanzato le richieste del Cremlino: garanzie legali per la fine dall’allargamento della NATO a nuovi membri e del rinforzamento militare del fianco orientale dell’Alleanza.
    Da sinistra: i viceministri russi per la Difesa, Alexander Fomin, e per gli Affari esteri, Alexander Grushko, e il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg (12 gennaio 2022)
    Richieste irricevibili per gli alleati, che hanno riaffermato “con forza e con unità” la volontà di non compromettere alcuni principi-chiave, come il “diritto di ogni Paese a scegliere la propria strada verso la sicurezza e quello dei membri dell’Alleanza alla difesa reciproca”, ha riportato Stoltenberg. “La nostra è un’alleanza di tipo difensivo e l’allargamento si basa esclusivamente su processi democratici interni che portano alla richiesta di adesione”, ha aggiunto. Paesi che non sono parte della NATO, come Svezia e Finlandia, “hanno capito che Mosca vuole rintrodurre il concetto di sfere d’influenza in Europa“, ha sottolineato il segretario Stoltenberg: “Se si inserisce l’ipotesi di un veto esterno alla libera scelta delle alleanze nazionali, si creeranno di nuovo Paesi di serie A e di serie B”.
    Il punto di arrivo del Consiglio NATO-Russia è comunque un impegno reciproco a “riprendere il dialogo, programmare i prossimi incontri e mettere sul tavolo proposte concrete, dettagliate e costruttive”. Si può partire da un’intesa sul controllo degli armamenti, le limitazioni missilistiche e delle minacce nucleari, la trasparenza sulle esercitazioni militari e la sicurezza informatica. Inoltre, per la NATO “non ci sono precondizioni sulla riapertura delle relazioni diplomatiche con la Russia“. Il riferimento è alla chiusura degli uffici dell’Alleanza a Mosca nell’ottobre dello scorso anno, che ha seguito la revoca dell’accreditamento di otto funzionari della missione russa presso la NATO. “Il dialogo sarebbe più facile se avessimo una presenza diplomatica reciproca”, ha confessato Stoltenberg, “ma comunque lo si potrà portare avanti lo stesso”.
    L’importanza della riunione di oggi è legata al fatto che “c’è ancora un rischio reale di conflitto in Europa, a partire dal confine ucraino” e per gli alleati rimane prioritario prevenire un confronto armato. Tuttavia, ribandendo ai due viceministri russi quanto già detto venerdì scorso (“Se Mosca userà la forza, ci saranno severe conseguenze e un supporto difensivo all’Ucraina”), tutti i membri della NATO hanno chiesto una de-escalation militare “immediata” sul confine occidentale russo e di “rispettare la sovranità dei Paesi della regione“. Non solo l’Ucraina – “inclusa la Crimea occupata” – ma anche la Georgia e la Moldavia.

    Dopo il Consiglio NATO-Russia, il segretario generale Stoltenberg ha spiegato che Mosca vuole che non entrino più nuovi membri nell’Alleanza, mentre per la NATO “ogni Paese deve essere libero di scegliere la propria strada per la sicurezza”

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    La NATO avverte sul “rischio reale di conflitto” in Ucraina, ma spinge per risolvere la crisi attraverso il dialogo con la Russia

    Bruxelles – Dopo mesi di avvertimenti sul potenziamento della presenza militare russa lungo i suoi confini occidentali, il rischio che si apra un nuovo fronte di guerra in Europa è “reale” e, nonostante gli sforzi diplomatici, “il dialogo con Mosca potrebbe fallire“. È questo l’avvertimento arrivato dal segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO), Jens Stoltenberg, sul livello di tensione raggiunto tra Russia e Ucraina: “L’ammassamento di truppe russe è continuato e Mosca non ha preso nessuna misura per una de-escalation, si tratta di una minaccia per la sicurezza europea”.
    Il punto sulla situazione alla frontiera orientale dell’Ucraina è stato riportato da Stoltenberg alla stampa al termine del vertice straordinario dei ministri degli Esteri della NATO di oggi (venerdì 7 gennaio), dopo una settimana rovente per i rapporti con il Cremlino. “Decine di migliaia di soldati e strumenti di guerra elettronica, combinati con una retorica violenta e incendiaria, rendono evidente quanto sia fondamentale sederci al tavolo del dialogo quando la tensione è alle stelle“, ha ribadito Stoltenberg.
    Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg (7 gennaio 2022)
    La NATO rimane “fortemente impegnata in ogni sforzo” per trovare una soluzione alla crisi attraverso la diplomazia e lo dimostra il calendario fitto di incontri dell’inizio della prossima settimana. Lunedì (10 gennaio) Stoltenberg riceverà il ministro degli Affari esteri ucraino, Dmytro Kuleba – lo stesso giorno in cui a Ginevra si terranno i colloqui bilaterali tra Stati Uniti e Russia – mentre due giorni più tardi si svolgerà la cruciale riunione del Consiglio NATO-Russia. Per Mosca sarà un banco di prova come nessun altro fino a questo momento: “Potrà dimostrare che è seriamente impegnata nella diplomazia, esprimendo le proprie preoccupazioni e cercando insieme a noi soluzioni praticabili in Ucraina”, è ciò che si aspettano gli alleati della NATO.
    Tuttavia il realismo è d’obbligo e “dobbiamo essere preparati alla possibilità che la diplomazia possa non avere successo”, ha messo in chiaro Stoltenberg. In questo scenario il messaggio è chiaro: “Ogni attacco militare avrà serie conseguenze e sarà pagato a caro prezzo dalla Russia“. Si parla di sanzioni “economiche e politiche”, come quelle in discussione a livello UE, ma anche di supporto sul campo al partner ucraino: “Non lasceremo spazio ad alcun dubbio, saremo subito pronti a rafforzare la capacità militare a scopo preventivo e a rispondere per garantire la stabilità del fronte orientale dell’Alleanza”.
    L’intervento NATO in Ucraina rimane però l’ultima spiaggia e prima si tenterà di impostare un confronto “incardinato sulla sicurezza dell’Europa”. La questione non riguarda solo Minsk e la sua “libertà di decidere le proprie alleanze”, ma tutto il continente. È per questa ragione che per la NATO “tutti gli alleati devono essere coinvolti, compresa l’Unione Europea” e anche gli Stati Uniti hanno riferito di non voler trovare “nessun accordo con la Russia se gli europei non saranno al tavolo dei negoziati”, ha spiegato Stoltenberg. Questo atteggiamento si incrocia con i ripetuti appelli dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, durate il suo recente viaggio sul confine orientale dell’Ucraina e nella capitale Kiev: “UE e Ucraina dovranno essere incluse in ogni discussione inerente alla sicurezza europea“. Un concetto condiviso anche dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, e dal presidente di turno del Consiglio dell’UE, Emmanuel Macron, nel corso del loro incontro di oggi a Parigi.

    Dal vertice straordinario dei ministri degli Esteri NATO è emersa la necessità di impegnare Mosca in uno sforzo diplomatico, ma ci si prepara a un possibile fallimento: “Ogni attacco militare sarà pagato a caro prezzo”, ha avvertito il segretario Stoltenberg

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    Soldati russi in Kazakistan per aiutare il regime a reprimere le proteste. L’UE temporeggia (e fa male)

    Bruxelles – In Kazakistan sono stati paracadutati i soldati russi dell’alleanza militare guidata da Mosca per aiutare il regime a reprimere le proteste in corso da sabato scorso (1 gennaio) e per l’UE è una notizia tutt’altro che rassicurante. Non lo è sotto due aspetti: per prima cosa, il caso dell’Ucraina dovrebbe aver dimostrato che quando la Russia invia soldati in un Paese confinante è per rispondere a mire egemoniche e territoriali. Ma soprattutto perché il Kazakistan rappresenta un attore geopolitico chiave sul piano energetico e in particolare per i piani (divisivi) di transizione verde dell’UE: non solo per l’estrazione di gas naturale – risorsa fondamentale nel pieno della crisi energetica globale – ma anche per le aspirazioni sul nucleare della Commissione Europea e di parte degli Stati membri. Senza dimenticare l‘accordo rafforzato di partenariato e cooperazione UE-Kazakistan, che fa di quella kazaka la repubblica ex sovietica con cui il blocco dei Ventisette vanta relazioni approfondite.
    Insomma, l’UE rischia di perdere il Kazakistan. Avrebbe tutti gli interessi per alzare la voce sul coinvolgimento russo nel Paese, ma al momento temporeggia. “Prendiamo nota della richiesta di assistenza al Trattato di Sicurezza Collettiva per un periodo di tempo limitato e per stabilizzare la situazione. Questo intervento deve rispettare la sovranità del Paese“, ha commentato oggi (giovedì 6 gennaio) la portavoce della Commissione UE, Nabila Massrali, durante il punto quotidiano con la stampa. “Continuiamo a seguire la situazione delicata in corso in Kazakistan, l’Unione Europea è pronta a sostenere il dialogo per arrivare a una risoluzione pacifica della situazione”.
    Proteste ad Almaty, Kazakistan
    L’UE monitora la situazione, ma intanto il Cremlino si è attivato attraverso l’alleanza composta da Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan. L’obiettivo è quello di sostenere il regime del presidente Kassym-Jomart Tokayev a riprendere il controllo del Paese, dopo l’ondata di violenze che ha travolto Almaty, la città più grande del Kazakistan, e la capitale Nur-Sultan (Astana, fino a marzo 2019). A scatenare il disordine è stata la decisione del governo di eliminare il limite massimo al prezzo del GPL, facendo lievitare i prezzi del carburante. Ad Almaty si stanno riunendo da giorni migliaia di manifestanti, con duri scontri con le forze dell’ordine: ieri (mercoledì 5 gennaio) è stata assaltata la sede del governo locale.
    La risposta del presidente Tokayev è stata particolarmente dura. Dopo aver sciolto l’esecutivo, ha dichiarato lo stato di emergenza – che prevede coprifuoco e limitazioni di libertà di assemblea – ha ordinato alle forze di sicurezza di reprimere proteste “nel modo più duro possibile”, ha bloccato l’accesso a Internet su tutto il territorio nazionale e infine ha assunto personalmente la guida del Consiglio di Sicurezza, (l’organo che si occupa di questioni militari e di sicurezza), togliendola a Nursultan Nazarbayev, l’ex-presidente kazako dal 1990 al 2019. Come gesto estremo ha invocato l’aiuto del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) contro le “azioni di terroristi e banditi”, subito approvato dall’alleanza e a cui ha dato una risposta sul campo la Russia di Vladimir Putin.
    A far temere interessi che vanno aldilà della solidarietà dell’alleanza in Asia centrale è la concomitanza di eventi con la crisi a un’altra frontiera della Russia, quella ucraina. A causa di un possibile intervento di Mosca nel Paese, l’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si è recato sulla frontiera orientale dell’Ucraina per ribadire il sostegno di Bruxelles alla sovranità dell’Ucraina, e anche l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord si è mobilitata: per domani è previsto un vertice straordinario dei ministri degli Esteri NATO e mercoledì prossimo (12 gennaio) si terrà la riunione del Consiglio NATO-Russia.
    Il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev
    Mosca si muove su diversi scenari strategici e sembra essere preoccupata dall’incapacità del presidente kazako di tenere sotto controllo le proteste in un Paese alleato a livello militare ed economico (partner dell’Unione eurasiatica, con Bielorussia, Armenia e Kirghizistan), che dal crollo del regime sovietico non ha praticamente mai assistito a forme di dissenso organizzato di dimensioni rilevanti. Se l’ondata di violenze è scattata a causa dell’aumento dei prezzi del gas, è facile comprendere che si tratta solo dell’ultima goccia in un vaso ormai colmo dopo tre decenni di autoritarismo: come riportano fonti di The Guardian, i manifestanti chiedono riforme politiche, elezioni libere ed eque, opportunità di lavoro, migliori condizioni di vita e la fine del regime nepotista e corrotto. La stabilità politica che ha conosciuto il Kazakistan dal 1990 a oggi è stata frutto di un dominio incontrastato dell’ex presidente Nazarbayev (leader post-sovietico più longevo, a cui è stato dedicato il nuovo nome della capitale), che solo dal 2019 ha iniziato a passare il testimone del potere ai suoi uomini più fidati.
    Un ultimo parallelismo che si può facilmente delineare – e che ancora una volta coinvolge le mire egemoniche russe – è quello con la Bielorussia di Alexander Lukashenko. Anche in questo caso l’ultimo dittatore d’Europa è ininterrottamente al potere da decenni (dal 1995) e da agosto del 2020 sta reprimendo nel sangue le proteste dell’opposizione, grazie al sostegno militare e finanziario del Cremlino. Se in entrambi i Paesi le proteste sono scoppiate in modo dirompente dopo anni di autoritarismo e con rivendicazioni di diritti civili e politici, il Kazakistan presenta però alcune differenze che rischiano di far naufragare le speranze di democrazia.
    Prima di tutto la violenza delle proteste (mai verificatasi in Bielorussia) ha dato una scusa alla Russia per intervenire in modo formale, attraverso l’attivazione di una clausola dell’alleanza. In secondo luogo, l’eliminazione sistematica di qualsiasi astro nascente dell’opposizione ha lasciato il movimento di protesta privo di figure carismatiche attorno alle quali unirsi. L’opposizione bielorussa invece ha sempre potuto contare sulla voce forte e ascoltata a livello internazionale della presidente riconosciuta dall’UE, Sviatlana Tsikhanouskaya, che in queste ore ha preso posizione sulla questione kazaka: “L’invio di truppe è un’ingerenza militare negli affari di un altro Stato e Lukashenko non ha nessun mandato per inviare truppe bielorusse”.
    Infine, a differenza del caso bielorusso, nei confronti del Kazakistan l’UE sta mantenendo un atteggiamento attendista. “Pur riconoscendo il diritto a manifestazioni pacifiche, l’Unione Europea si aspetta che esse rimangano non violente ed evitino qualsiasi incitamento alla violenza”, si legge in una nota del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Intanto però non viene rispettata quella richiesta di “proporzionalità nell’uso della forza” da parte delle autorità kazake e la Russia muove le proprie pedine nell’area centro-asiatica. Mentre i leader europei dovranno trovare una linea comune con la NATO sulla situazione sul confine ucraino e non dimenticare il sostegno all’opposizione bielorussa, per l’UE è già tempo di ragionare su come affrontare le ingerenze russe in Kazakistan, se non vuole già dire addio a una parte dei propri piani sulla transizione verde.

    Belarus troops deployed to 🇰🇿 participate in an armed intervention into internal affairs of a sovereign state. Lukashenka lost legitimacy & has no mandate to make such decisions, especially when they threaten the sovereignty of Belarus itself. We call for dialogue in 🇰🇿. pic.twitter.com/MelHdjID7f
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) January 6, 2022

    Si tratta di una nuova fonte di preoccupazione per Bruxelles, dopo la crisi in Ucraina: il Kazakistan è un attore geopolitico fondamentale per la transizione verde dell’UE, sia per il gas sia per il nucleare

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    UE si dice pronta a reagire a Mosca in Ucraina, nuove sanzioni contro Lukashenko

    Bruxelles – Disponibili alla diplomazia, pronti allo scontro. La prima è la via da privilegiare, il secondo la strada da percorrere se fosse necessario. Nei confronti della Russia e nei riguardi delle tensioni che si registrano a est dell’Europa i capi di Stato e di governo confermano di essere pronti a tutto, e quindi ad ogni possibilità. Le conclusioni dell’ultimo vertice del consiglio europeo dell’anno mostrano un’Europa determinata e pronta a reagire nelle intenzioni. Nel documenti si riflettono le diverse anime di un’Europa che in politica estera continua a fare fatica, e che comunque spera di non dover fare davvero sul serio.
    Di fronte alle pressioni di Mosca, che ammassa truppe sul confine con l’Ucraina, una parte dei Ventisette – baltici e blocco dell’est – esorta ad una linea ferma e risoluta, mentre altri, i principali – Italia, Germania, Francia e Spagna – spinge da sempre per mantenere aperto il canale del dialogo. Al termine della discussione i leader confermano la linea che mette tutti d’accordo. La linea dura è pronta, e prevede “serie conseguenze e gravi costi in risposta a ulteriori aggressioni militari” ai danni di Kiev e del suo territorio. Nel pacchetto di azioni anche “misure restrittive coordinate con i partner“.
    L’UE è dunque pronta a reagire con sanzioni, sulla cui natura ed entità nessun leader si sbilancia. La discussione su Ucraina, Bielorussia e attività della Russia in questa zona è stata condotta a porte chiuse nel senso più vero dell’espressione. Sono stati spenti i telefoni cellulari per non far trapelare alcun dettaglio. L’UE non vuole mostrare le carte, perché sa che la posta in gioco è enorme.
    La linea rossa resta l’integrità territoriale dell’Ucraina. “E’ un importante fondamento della pace in Europa e faremo di tutto per mantenere questa inviolabilità”, afferma il cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Gli europei hanno già dovuto assistere alla conquista della Crimea da parte dei russi, senza poter muovere un dito. Il fatto che si chiarisca che ogni reazione a dodici stelle sarà comunque preso di concerto coi partner implica la partecipazione della NATO, come conferma anche la stessa alleanza atlantica al termine delle discussioni dei Ventisette. “Qualsiasi ulteriore aggressione contro l’Ucraina avrebbe enormi conseguenze e avrebbe un prezzo elevato. La NATO continuerà a coordinarsi strettamente con le parti interessate e altre organizzazioni internazionali, compresa l’UE”. 
    Soffiano venti di guerra, e a non nasconderlo è il presidente lituano Gitanas Nauseda, tra quelli che non vorrebbe perdere tempo e agire. “Lo scenario peggiore, quello di un conflitto militare, purtroppo non possiamo escluderlo“. Ma l’UE continua a sondare la via non certo più agevole ma sicuramente più percorribile. Il Consiglio europeo “incoraggia gli sforzi diplomatici” innanzitutto. La seconda via, quella del confronto muscolare, dipenderà dalle mosse di Mosca a cui si chiede di “ridurre le tensioni”. Europa pronta a reagire, ma solo se lo richiederà il caso.
    Una linea analoga si adotta per la Bielorussia. Qui si torna a chiedere il rilascio “immediato e incondizionato” degli oppositori del regime di Alexander Lukashenko, per cui chiede “attuazione rapida” delle sanzioni già decretate e di “essere pronti a comminarne delle altre, se necessario”.
    Come per l’Ucraina, anche in Bielorussia sulle risposte l’UE si prepara ad ogni evenienza e studia le mosse degli avversari. Con la differenza che mentre nel primo caso si vuole salvaguardare le frontiere altrui, qui si intende blindare le proprie. I leader insistono sulla necessità di “proteggere efficacemente” i confini esterni dell’UE, e chiedono in tal senso ai propri ministri competenti di “esaminare le misure d’emergenza della Commissione europea“. Sono quelle che intendono, tra le altre cose, permettere agli Stati di chiudere le porte in faccia ai richiedenti asilo usati come ariete, nel caso della Bielorussia.

    I Ventisette mostrano i muscoli e minacciano la linea dura in caso di aggressioni militari nei confronti di Kiev. La diplomazia resta la via maestra, nuovo invito a Minsk per il rilascio degli oppositori

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    L’UE pronta a “misure senza precedenti” contro la Russia se violerà la sovranità dell’Ucraina. Si lavora su nuove sanzioni

    Strasburgo – Nel giorno del sesto vertice UE-Partenariato orientale a Bruxelles (con Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia e Ucraina), dall’emiciclo del Parlamento Europeo è arrivato un duro avvertimento alla Russia e al suo atteggiamento aggressivo nei confronti della regione: “Siamo pronti a un aumento delle sanzioni già esistenti e a misure senza precedenti, se non cambierà atteggiamento”. La minaccia questa volta è arrivata direttamente dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, che ha promesso “una serie di sanzioni economiche che mirano al settore finanziario, energetico e militare“, nel caso in cui si concretizzi l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, alla sessione plenaria del Parlamento UE (15 dicembre 2021)
    Durante il suo intervento alla sessione plenaria dell’Eurocamera, la presidente von der Leyen ha ribadito la richiesta al presidente russo, Vladimir Putin, di “rispettare gli impegni internazionali” e di “relazioni distese con i Paesi vicini e con l’Unione”, come già aveva fatto l’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri, Josep Borrell, lunedì (13 dicembre) annunciando le sanzioni all’entità militare privata russa Wagner. In caso contrario, “la Russia dovrà affrontare costi massicci se aggredirà l’Ucraina, abbiamo lavorato in questo senso anche con i nostri partner degli Stati Uniti”, ha aggiunto von der Leyen, ricordando che “l’Unione Europea è impegnata nel rispetto della sovranità e dell’integrità del Paese“.
    Oltre all’accumulo di soldati lungo il confine orientale dell’Ucraina, la Russia “sta cercando di destabilizzare Kiev anche dall’interno”, ha avvertito la presidente della Commissione UE. Ma non solo: “Vediamo un tentativo sfacciato di intimidire la Moldavia, esercitando pressioni sui prezzi del gas“, oltre a “giocare un ruolo non secondario nel tentativo del regime bielorusso di destabilizzare l’Unione attraverso la strumentalizzazione dei flussi migratori per motivi politici”. A questo proposito la leader dell’esecutivo UE ha rivendicato che “questo tentativo è fallito, perché abbiamo messo in moto la macchina dell’assistenza umanitaria e introdotto sanzioni efficaci” contro il regime di Alexander Lukashenko.
    Prendendo parola durante il dibattito tra gli eurodeputati, il presidente del gruppo del PPE, Manfred Weber, ha parlato senza mezzi termini di “guerra a est“. Tuttavia, “questo non è un mezzo legittimo per la risoluzione delle crisi, come sta facendo Putin dalla Siria alla Crimea, fino ai Balcani Occidentali”. L’eurodeputato tedesco ha ricordato l’importanza del vertice Biden-Putin della settimana scorsa, anche se “non va bene che si negozi il futuro dell’Europa, senza che alcun europeo sia presente al tavolo dei negoziati”. Ecco perché “siamo chiamati ad agire e presentare il conto alla Russia“, se continuerà a seguire la strada dell’aggressione all’Ucraina”.
    Il capo-delegazione del Partito Democratico, Brando Benifei (S&D)
    Secondo la presidente del gruppo degli S&D, Iratxe García Pérez, “Putin gioca a scacchi per recuperare le pedine perse dopo la fine dell’Unione Sovietica”, ricordando la discussione di apertura di questa sessione plenaria a Strasburgo. “Non possiamo permettere intimidazioni ai Paesi vicini, perché non è in gioco solo la sovranità dell’Ucraina, ma anche l’intero progetto di integrazione europea“, ha aggiunto l’eurodeputata spagnola. Il collega di gruppo politico e capo-delegazione del Partito Democratico, Brando Benifei, si è invece concentrato sulla “situazione intollerabile” sul fronte Bielorussia-Polonia, condannando sia Lukashenko e il supporto russo, sia “la politica di muri e deroghe al diritto di asilo” mostrata dall’Unione Europea.
    Dalle fila di Renew Europe Valérie Hayer ha ricordato “l’urgenza di autonomia strategica“, visto che “la dissuasione non ha funzionato da quando la Crimea è stata invasa impunemente”. Il presidente del gruppo di ID, Marco Zanni (Lega), ha sottolineato con forza che “l’alleanza transatlantica è il perno della nostra risposta ai regimi antidemocratici”, mentre Raffaele Fitto (Fratelli d’Italia), co-presidente del gruppo di ECR, ha chiesto una “risposta forte e chiara contro chi cerca di destabilizzarci sul fronte orientale, con una più stretta cooperazione con la NATO”.

    L’avvertimento della presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen: “Difendiamo l’integrità territoriale di Kiev, possiamo aumentare le sanzioni contro settore finanziario, energetico e militare russo