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    La Russia lascia Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca senza petrolio

    Bruxelles – La Russia lascia Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca senza petrolio. Transneft, la compagnia responsabile per il trasporto del greggio, ha chiuso i rubinetti per presunte conseguenze delle sanzioni dell’Unione europea. Non sarebbe stato possibile effettuare un pagamento, effettuato il 22 luglio ma rifiutato sei giorni più tardi. Dal 4 agosto dunque niente più trasporto via Ucraina, e Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca a secco. A non funzionare più è l’oleodotto UkrTransNafta, ramo della pipeline Druzhba che passa per l’Ucraina. Le consegne a Polonia e Germania, attraverso un altro ramo dell’oleodotto Druzhba che attraversa la Bielorussia, invece al momento “proseguono normalmente”, fa sapere Transneft.
    Il trasporto di petrolio attraverso l’oleodotto Druzhba è stato sospeso per diversi giorni, ma la raffineria Slovnaft di Bratislava continua a funzionare e a rifornire il mercato, ha dichiarato in un comunicato il portavoce della società slovacca Anton Molnar. “Secondo le nostre informazioni, ci sono stati problemi tecnici a livello bancario relativi al pagamento delle tasse di transito da parte russa”, ha aggiunto.
    C’è il timore che in realtà Mosca stia usando sempre di più l’energia per fare pressione sul blocco dei Ventisette, usando petrolio, gas e risorse come arma di ricatto. Prima dello stop del petrolio, per cui comunque è previsto l’embargo europeo, c’è stata la riduzione delle forniture di gas, se non addirittura lo stop completo. E’ stato il caso di Polonia e Bulgaria, Stati membri verso cui è stato impedito al gas di arrivare a destinazione. Lo stesso è capitato a Danimarca, Paesi Bassi e Finlandia, sempre per questioni legate a pagamenti, non effettuati in rubli.

    Our emergency plan to reduce gas demand across the EU is now in force.
    Several Member States have already taken valuable, voluntary measures towards our target:
    Together, we aim to reduce gas usage by at least 15%.
    Saving energy is vital to Europe’s energy security.#REPowerEU pic.twitter.com/Iy6b0O0g3O
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) August 9, 2022

    A Bruxelles si cerca di minimizzare. “Il nostro piano di emergenza per ridurre la domanda di Gas in tutta l’Ue è ora in vigore”, ha ricordato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Diversi Stati membri hanno già adottato misure preziose e volontarie per raggiungere il nostro obiettivo”, ovvero di “ridurre il consumo di Gas di almeno il 15 per cento”. La numero uno dell’esecutivo comunitario ribadisce che “il risparmio energetico è fondamentale per la sicurezza energetica dell’Europa” nel contesto della risposta alla guerra russa in Ucraina.

    Transneft ha smesso di trasportare il greggio. Il motivo sono problemi nei pagamenti

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    L’ex-presidente dell’Ucraina Janukovyč è finito nella lista delle sanzioni Ue per aver aiutato i separatisti filo-russi

    Bruxelles – Dentro anche l’ex-presidente ucraino Viktor Janukovyč e il figlio Oleksandr nella lista di sanzioni dell’Ue. Il Consiglio dell’Unione Europea ha deciso di inserire tra i soggetti colpiti dalle misure restrittive il numero uno a Kiev dal 2010 al 2014, a causa delle sue operazioni “tese a destabilizzare il Paese e a tutelare i propri interessi economici” dopo il trasferimento in Russia e nel contesto dell’invasione dell’Ucraina voluta dal Cremlino. Al figlio del presidente ucraino sono anche imputate transazioni con i gruppi separatisti nella regione ucraina del Donbass.
    A sole due settimane dall’ultima tornata di sanzioni (il pacchetto maintenance and alignement, aggiornamento e allineamento), si allunga così a 1.214 individui e 108 entità la lista di chi in Russia è colpito delle misure restrittive dell’Ue, con l’ingresso di un pezzo da novanta come l’ex-presidente ucraino Janukovyč. Come viene sottolineato nella descrizione riportata nella Gazzetta Ufficiale dell’Ue, “durante il suo mandato Janukovyč ha perseguito una politica filorussa”, al punto che un tribunale ucraino lo ha riconosciuto “colpevole di tradimento per aver cercato di reprimere le manifestazioni filo-occidentali del 2014“, ovvero la sollevazione popolare di piazza Maidan che lo ha destituito nel febbraio di otto anni fa. Da allora Janukovyč “ha favorito l’ingerenza militare russa in Ucraina invitando” il presidente Putin “a inviare truppe russe” nel Paese nel marzo dello stesso anno e “ha sostenuto politici filorussi che ricoprivano cariche pubbliche nella Crimea occupata” dall’esercito di Mosca (dove la sua famiglia possiede una catena di negozi e proprietà immobiliari nel paese di Otradnoye).
    Per quanto riguarda il figlio Oleksandr Janukovyč, è noto il suo ruolo di uomo d’affari finanziatore della creazione delle Repubbliche popolari separatiste nel Donbass. “Grazie agli stretti legami con i separatisti filorussi, ha acquisito attività economiche essenziali” in questi territori – ricorda il testo delle sanzioni – in particolare nei settori dell’energia, del carbone e immobiliare: “I suoi progetti di sviluppo immobiliare nella cosiddetta Repubblica popolare di Donetsk sono stati protetti dal battaglione separatista Oplot”, nell’elenco delle sanzioni Ue dal febbraio del 2015.
    Per tutte queste ragioni Janukovyč padre e figlio sono ritenuti “responsabili di aver attivamente sostenuto o attuato azioni e politiche che minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina“, traendo anche vantaggio dall’annessione russa della Crimea e della destabilizzazione delle regioni orientali che in queste settimane sotto il costante fuoco dell’esercito russo. Come per gli altri soggetti colpiti dalle sanzioni Ue, anche per l’ex-presidente ucraino è previsto il congelamento dei beni e il divieto di mettere fondi a sua disposizione da parte dei cittadini dell’Unione, oltre al divieto di viaggio che impedisce l’ingresso o il transito attraverso il territorio dei Paesi membri e dei partner allineati.

    Il Consiglio dell’Ue ha deciso di inserire Viktor e il figlio Oleksandr Janukovyč per il “ruolo svolto nel minare o minacciare l’integrità territoriale, sovranità e indipendenza” del Paese e per aver condotto “transazioni con i gruppi separatisti nella regione ucraina del Donbas”

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    Salpa da Odessa la prima nave carica di grano. L’UE: “Un primo passo benvenuto, ora attuare accordo”

    Bruxelles – “E’ il primo convoglio che lascia il porto, e questo è il primo passo benvenuto” verso il ritorno ad una situazione di maggiore normalità e azioni che riescano a scongiurare una crisi nella crisi, quella alimentare all’interno di quella ucraina. “Siamo molto contenti per la partenza di questa nave carica di grano, dopo mesi di blocco”. Sollievo, contentezza, e l’augurio di una pagina nuova nel conflitto russo-ucraino. Eric Mamer, capo del servizio dei portavoce della Commissione europea, saluta positivamente la partenza della nave Razoni, carica di grano, diretta in Libano via Turchia. E’ la prima nave mercantile che lascia il porto di Odessa da quando è scattata l’aggressione russa.
    Il motivo per iniziare a tirare un sospiro di sollievo c’è, così come quello per non illudersi. “Attendiamo con impazienza la piena attuazione dell’accordo e la ripresa delle esportazioni ucraine verso i clienti di tutto il mondo colpiti dalla crisi alimentare”, scandisce Peter Stano, il portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell. Si teme che questa intesa sulle materie prime alimentari possa non reggere, e si teme ancor più nello specifico che tutto questo possa saltare a causa della Russia.
    Il 22 luglio scorso Russia e Ucraina hanno raggiunto a Istabul l’intesa per la creazione di un corridoio marittimo volto alla ripresa delle esportazioni di grano, prodotti agricoli e fertilizzanti, per alleviare una crisi alimentare globale che ha visto i prezzi salire in alcuni dei Paesi più poveri del mondo a causa del blocco dei porti ucraini in seguito all’inizio del conflitto con la Russia. Un accordo siglato sotto l’egida delle Nazioni Unite e con la mediazione della Turchia. La prima nave è partita, altre dovrebbero salpare l’ancora a breve.

    The ship departing from Odesa today must be the first of many commercial ships bringing relief to global food markets & hope for the millions of people worldwide who depend on the smooth running of Ukraine’s ports to feed their families. pic.twitter.com/DO8mWxZ3k2
    — António Guterres (@antonioguterres) August 1, 2022

    Il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, guarda l’avvenimento con ottimismo, e auspica che “questa sia la prima di molte navi commerciali” a  mettersi in viaggio, nel rispetto dell’accordo. Un primo passo benvenuto, a cui dovranno seguirne altri. Queste uscite dal porto di Odessa occorrono a portare “stabilità necessaria e assistenza alla sicurezza alimentare globale, soprattutto nei contesti umanitari più fragili“. U

    La nave cargo Razoni ha lasciato l’Ucraina, destinazione Libano. Soddisfatto anche il segretario generale della Nazioni Unite. “Che sia la prima di molte navi commerciali a salpare”

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    Energia, sanzioni e politica estera, se l’India complica i piani dell’UE nei confronti di Mosca (e non solo)

    Bruxelles – Unione europea e India, due attori diversi per diverse strategie che rischiano di scontrarsi tra loro. A cominciare dall’atteggiamento da tenere nei confronti della Russia. L’UE ha adottato sanzioni senza precedenti per rispondere all’aggressione in Ucraina, e ha intrapreso la via della riduzione di acquisti energetici da Gazprom e Rosfnet, i giganti di gas e petrolio facenti capo al Cremlino. Non solo. Il blocco a dodici stelle ha anche decretato la messa al bando del carbone russo. Al 28esimo parallelo si tende ad agire in modo diametralmente opposto. Da parte indiana c’è “interesse ad acquistare petrolio e carbone russi a basso costo colpiti dalle sanzioni occidentali imposte in risposta all’invasione russa dell’Ucraina”. Questo recita un documento di lavoro del Parlamento europeo, da cui emerge la complessità di relazioni bilaterali e un partner che complica i piani del vecchio Continente.
    Il nodo indiano è legato alla Nazione stessa e alle sue traiettorie di sviluppo. Ci sono livelli di crescita importanti, a ritmi serrati. “Si prevede che l’India diventerà la terza economia più grande del mondo entro la metà degli anni Trenta” di questo secolo. Un processo che richiede un decennio, anno più, anno meno. A patto che ci siano le condizioni energetiche necessarie. Il nodo è economico e politico. L’India ha bisogno di crescere per poter diventare una potenza e accrescere il proprio peso sullo scacchiere internazionale. In prospettiva, “il consumo energetico indiano è destinato a crescere più rapidamente di quello di qualsiasi altra grande economia“, rileva il documento dell’Europarlamento. “Ma il Paese dipende dalle importazioni di energia”.
    Anche l’Unione europea è fortemente dipendente dall’energia, ma ha scelto di fare a meno del mercato russo. Ha avviato una corsa a nuovi fornitori, innescando una domanda e mettendo in moto il mercato. In questa corsa agli approvvigionamenti ha liberato l’offerta di Mosca, lasciando campo libero ai concorrenti. L’India pensa di approfittarne. Non sfugge a Bruxelles che “l‘India, non ha condannato la guerra della Russia all’Ucraina“. Si considera questa linea come il proseguimento “non allineamento in stile Nehru”.Secondo questa lettura, “è proprio questo approccio multipolare che consente all’India di giocare una parte contro l’altra per massimizzare i propri interessi”.
    Conprensibile che il governo indiano voglia agire in nome delle proprie strategie e delle proprie necessità, ma se è vero che da parte indiana c’è “interesse ad acquistare petrolio e carbone russi a basso costo colpiti dalle sanzioni occidentali imposte in risposta all’invasione russa dell’Ucraina”, allora la strategia dell’UE rischia di indebolirsi. Non è chiaro, perché cifre non ve ne sono nel documento dell’Europarlamento, se gli acquisti indiani siano in grado di compensare i mancati introiti europei, ma la voglia di isolare Mosca e fiaccarla da un punto di vista economico rischia di saltare.
    Così come rischiano di saltare le già complicate relazioni con il partner asiatico, membro del G20. L’UE sta faticosamente cercando di negoziare accordi commerciali con Nuova Delhi. Congelati nel 2013, sono stati rilanciati solo quest’anno. Se è la Commissione europea a negoziare a nome degli Stati i partenariati commerciali, il Parlamento ha comunque voce in capitolo. La procedura di “approvazione”, in cui è richiesto il consenso dell’Aula, si applica in caso di adesione di nuovi Stati membri dell’UE e negli accordi commerciali internazionali tra l’UE e i paesi terzi o i gruppi di paesi. 
    Prima della pausa estiva, il 5 luglio 2022, l’Eurocamera ha adottato una risoluzione sulla futura cooperazione commerciale e di investimento UE-India in cui si sottolinea la necessità che le due parti cooperino per affrontare le ripercussioni che la guerra della Russia all’Ucraina”. Nella stessa risoluzione, se da una parte il Parlamento UE “riconosce la posizione neutrale dell’India fin dalla sua indipendenza”, dall’altra parte “deplora la titubanza dell’India nel condannare l’aggressione militare della Federazione russa contro l’Ucraina”.
    L’India dunque complica i piani dell’UE, sotto diversi aspetti. La risposta all’aggressione russa dell’Ucraina, la portata delle sanzioni, le relazioni bilaterali, i rapporti inter-istituzionali tutti comunitari.

    Un documento di lavoro del Parlamento europeo rileva come da parte indiana c’è “interesse ad acquistare petrolio e carbone russi a basso costo colpiti dalle sanzioni occidentali imposte in risposta all’invasione russa dell’Ucraina”

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    Szijarto vola a Mosca per chiedere più gas, con l’Ungheria si sfalda il fronte anti-Russia

    Bruxelles – L’Ungheria si sfila. La politica dell’UE in materia di energia viene nei fatti stralciata dal governo di Viktor Orban, che rompe le righe e discute con Mosca di nuove forniture energetiche e pià gas. Una mossa che vanifica gli sforzi per sottrarsi dalla dipendenza russa, sconfessa la Commissione europea e la sua strategia anti-Gazprom RePowerEU, e che fa della repubblica dell’est l’alleato più prezioso che il Cremlino possa avere in questo momento storico. Il ministro degli Esteri ungherese ha condotto una missione nella capitale russa per tessere, a nome del proprio interesse nazionale, nuove relazioni con la federazione russa. Sono state avanzate richieste di maggiori forniture di gas, che la Russia “valuterà”.
    La visita di Peter Szijjarto e il suo incontro non solo con il ministro degli Esteri del Cremlino, Sergei Lavrov, ma con  il viceprimo ministro, Alexander Novak, e il ministro per il Commercio, Denis Manturov, dimostra l’azione e l’intenzione degli ungheresi. I partner europei non possono non guardare con preoccupazione ad una condotta che sfalda il blocco dei Ventisette. Ma in questo momento l’Ungheria ha deciso che da soli è meglio con gli alleati a dodici stelle. Avanti dunque con l’energia russa.
    Mosca guarda con attenzione questa insubordinazione ungherese, e valuta ricompense. “La situazione politica oggi è complicata”, premette il vice primo ministro russo in riferimento al braccio di ferro tra il suo Paese e l’Europa fatto di sanzioni senza precedenti. “Ma apprezziamo la posizione del governo ungherese, che difende costantemente i propri interessi nazionali”, continua Novak, consapevole che grazie all’Ungheria la morsa europea può allentarsi se non addirittura arrivare a scomparire. “Siamo determinati a sviluppare ulteriormente le nostre relazioni, anche nel settore energetico“. Vuol dire più gas. Un messaggio che vale in realtà per tutti quelli che vorranno seguire le orme ungheresi.
    L’Ungheria sembra aver abbandonato completamente i piani dell’UE. Sicuramente quello della Commissione per ridurre i consumi del 15 per cento della fonte che arriva via tubatura non soddisfa il ‘grande capo’. Parlando ai giovani del suo Paese, Orban mette in chiaro che la solidarietà non rientra nelle opzioni dell’Ungheria contemporanea. “Non vedo come sarà applicata” questa strategia, critica. “Inoltre, se non produce l’effetto desiderato e qualcuno non ha abbastanza gas, verrà sottratto a chi ce l’ha”. Il primo ministro lo dice chiaro e tondo. “Quindi che la Commissione europea sta facendo non è chiedere ai tedeschi di annullare la chiusura delle ultime due o tre centrali nucleari ancora in funzione, che consentono loro di produrre energia a basso costo: è far chiudere quelle centrali. E se esauriscono l’energia, in qualche modo prenderanno il gas da noi che ce l’abbiamo, perché l’abbiamo accumulato. Questo è ciò per cui possiamo prepararci”. ‘No’ a quest’Europa e ‘sì’ alla Russia.

    Il ministri degli Esteri ungherese incontra tre membri del governo russo per rilanciare la cooperazione economica ed energetica. Orban boccia la strategia della Commissione: “Ci rubano le nostre riserve”

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    A Istanbul l’accordo tra Ucraina e Russia per sbloccare l’esportazione del grano. L’UE: “Ora rapida attuazione”

    Bruxelles – Corridoi verdi per liberare l’esportazione di almeno 22 milioni di tonnellate di grano ucraino attraverso il Mar Nero, bloccato da quando lo scorso 24 febbraio la Russia ha iniziato l’invasione dell’Ucraina. E’ Istanbul, in Turchia, a fare da cornice oggi (22 luglio) a un accordo potenzialmente storico tra Russia e Ucraina, sotto l’egida delle Nazioni Unite e con la mediazione della Turchia, per lo sblocco del grano dai porti ucraini. “Un faro di speranza, possibiltà e sollievo”, annuncia il segretario generale ONU Antonio Guterres, presente alla firma, salutando il raggiungimento dell’intesa come necessaria a sventare “una catastrofe da carenza di cibo per milioni di persone in tutto il mondo”.

    Secondo lo stesso Guterres, l’intesa raggiunta dopo mesi di mediazione dell’Onu e anche di Ankara dovrebbe sbloccare il passaggio di milioni di tonnellate di grano di Kiev dal Mar Nero, attraverso tre principali porti ucraini di Odessa, Chernomorsk e Yuzhny. Allo stesso tempo dovrebbe consentire l’esportazione dei fertilizzanti dalla Russia.
    Ucraina e Russia rappresentano circa il 30 per cento del commercio mondiale di grano, e secondo i dati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) Kiev è tra i principali esportatori di grano al mondo, fornendo oltre 45 milioni di tonnellate all’anno al mercato globale. L’invasione russa ha provocato, tra le altre cose, prezzi record di cibo e carburante, oltre a problemi alla catena di approvvigionamento, con tonnellate di scorte di grano bloccate in silos. Oltre a stabilizzare i prezzi alimentari globali, l’accordo “porterà sollievo ai paesi in via di sviluppo sull’orlo della bancarotta e alle persone più vulnerabili sull’orlo della carestia “, ha affermato Guterres. 
    Vista la forte dipendenza che anche l’UE ha delle materie prime di Kiev e di Mosca, anche Bruxelles oggi plaude l’accordo raggiunto con fatica ma avverte che il reale successo di questa intesa dipenderà dalla “buona fede” con cui le parti intendono dargli seguito. “L’invasione illegale dell’Ucraina da parte della Russia ha lasciato milioni di persone a rischio di fame”, ha ricordato da Bruxelles l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell. Il capo della diplomazia europea saluta l’accordo come “un passo nella giusta direzione” ma che ora deve essere “rapidamente attuato”. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha affidato a un tweet parole di ringraziamento per Guterres per aver mediato l’accordo. “Milioni di tonnellate di grano disperatamente necessario bloccate dalla guerra russa lasceranno finalmente il Mar Nero per aiutare a sfamare le persone in tutto il mondo”.

    Thank you dear @antonioguterres for your tireless efforts in securing the agreements with @UN and Turkey on 🇺🇦 grain exports.
    Millions of tonnes of desperately-needed grain blocked by Russia’s war will finally leave through the Black Sea to help feed people across the world. https://t.co/4hxaqsPugc
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) July 22, 2022

    Dal Canada agli Stati Uniti, gli alleati occidentali di Bruxelles hanno già chiarito che vigileranno sull’attuazione dell’accordo in particolare da parte di Mosca, che però ha assicurato che “non proverà a trarre un vantaggio militare dalle potenziali operazioni di sminamento nei porti ucraini, dopo l’accordo firmato a Istanbul per l’esportazione di grano dal Mar Nero. “Non approfitteremo del fatto che questi porti (ucraini) siano stati liberati dalle mine e aperti. Abbiamo preso questo impegno”, ha dichiarato Sergei Shoigu dopo la firma, in un discorso trasmesso dalla televisione russa, affermando che sono state soddisfatte le condizioni per l’applicazione dell’accordo “nei prossimi giorni”.

    Intesa sotto l’egida delle Nazioni Unite e mediata dalla Turchia per far fronte alla crisi alimentare globale, con rincaro dei prezzi e impossibilità di esportare grano bloccato in Ucraina dall’invasione russa. Bruxelles plaude all’accordo ma avverte: “Ora serve attuazione in buona fede”

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    Altri 54 individui e 10 entità nella lista nera delle sanzioni Ue contro la Russia. Congelati gli asset di Sberbank

    Bruxelles – Altri 54 individui e 10 entità figurano ora nella lista nera dell’ultimo pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia approvato ieri (21 luglio) dagli Stati membri al Consiglio dell’UE. Non un vero e proprio nuovo pacchetto di misure restrittive, ma un pacchetto di rafforzamento ed estensione temporale di quelle approvate finora.
    Nell’elenco, sintetizza Josep Borrell, figura “un’altra importante banca russa, Sberbank, e le impediamo di condurre transazioni al di fuori della Russia. Stiamo anche aggiungendo altre persone coinvolte nell’aggressione non provocata della Russia contro l’Ucraina, come funzionari militari, il club motociclistico Nighwolves e attori della disinformazione”, ha commentato l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza. In totale l’elenco dei sanzionati raggiunge quota 1.212 individui e 108 entità, soggetti al blocco dei beni e ai cittadini e alle imprese dell’UE è vietato mettere a loro disposizione fondi. Le persone fisiche sono inoltre soggette a un divieto di viaggio, che impedisce loro di entrare o transitare nei territori dell’UE.

    We are listing today another major Russian Bank, Sberbank, and are adding further individuals involved in Russia’s unprovoked aggression against Ukraine, such as military officials, the Nighwolves motorcycle club and disinformation actors.
    3/3
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) July 21, 2022

    In una nota del Consiglio si spiega che le sanzioni andranno a colpire alti esponenti dell’establishment politico o culturale come membri della Duma (Parlamento russo) di Stato e provinciale, politici locali come il sindaco di Mosca. Sono elencati anche capi militari e personale di alto rango, politici nominati nei territori ucraini invasi dalla Russia, membri dei Nightwolves, un club motociclistico nazionalista, propagandisti e uomini d’affari. Tra le entità sanzionate spicca Sberbank, uno dei principali istituti finanziari del Paese che già era stato scollegato dal sistema dei pagamenti internazionali SWIFT, i Nightwolves, società che operano nel settore militare o della cantieristica navale o coinvolte nel furto di grano ucraino, e una varietà di entità che hanno diffuso propaganda filo-Cremlino e anti-ucraina. Il Consiglio ha deciso di elencare anche sei persone e un’entità coinvolte nel reclutamento di mercenari siriani per combattere in Ucraina al fianco della Russia truppe. “L’UE è fermamente schierata con l’Ucraina e continuerà a fornire un forte sostegno alla resilienza economica, militare, sociale e finanziaria complessiva dell’Ucraina, compresi gli aiuti umanitari”, conclude la nota.

    Salgono a quota 1.212 gli individui e 108 le entità soggette al congelamento dei beni e al divieto di viaggio, che impedisce loro di entrare o transitare nei territori dell’UE, in risposta all’aggressione dell’Ucraina. Il via libera del Consiglio UE all’aggiornamento delle sanzioni

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    Embargo all’oro russo (anche nei gioielli) e specifiche sulla sicurezza alimentare. L’Ue rafforza le sanzioni contro Mosca

    Bruxelles – Embargo all’oro e ai gioielli russi, Sberbank nella lista nera e precisazioni sulle deroghe per non interferire sulla sicurezza alimentare. È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia, che ha assunto i contorni di un aggiornamento e allineamento con i partner internazionali, considerando i buchi e gli effetti indesiderati di quanto finora adottato nei quasi cinque mesi di guerra russa in Ucraina.
    Le linee-guida erano già note da giorni, ma il Consiglio ha dato il via libera oggi (giovedì 21 luglio) anche ad alcune novità che dovrebbero rendere più coerente l’azione dell’Unione Europea nel suo contrasto economico alla Russia di Putin. Insieme al nuovo divieto di acquistare, importare o trasferire l’oro russo (anche se esportato in un Paese terzo), si è deciso di includere anche i gioielli: funzionari Ue fanno sapere che ci sono state lunghe discussioni a riguardo, ma alla fine è passata la linea dura. Non rientra invece il commercio di diamanti, dal momento in cui nella richiesta di allineamento dei leader G7 questa azione non era inclusa e per ora nemmeno Bruxelles se ne è discusso.

    Tra le novità del pacchetto maintenance and alignement rientra invece l’inserimento di Sberbank, una delle più grandi banche russe, nella lista nera dell’Ue (anche se è prevista una fase di adattamento di circa sei mesi per l’Austria e “probabilmente un anno” per l’Ungheria, a causa dei tempi più lunghi per la liquidazione dei sussidi). Nell’ultimo pacchetto di sanzioni approvato a inizio giugno Sberbank era stata inclusa tra gli istituti bancari scollegati dal sistema internazionale di pagamenti Swift, ma da oggi sarà vietata la quasi totalità di transazioni e il congelamento degli asset sul territorio comunitario. Il ‘quasi’ è d’obbligo, perché per Bruxelles è prioritaria la questione del non interferire con il commercio internazionale di beni alimentari, messo in crisi dal blocco russo delle esportazioni di cereali nei porti ucraini del Mar Nero. L’Ue ha ribadito infinite volte che le sanzioni contro la Russia non prendono di mira né il grano né i fertilizzanti commerciati da Mosca, ma quello di cui ci si è accorti in questi mesi – in particolare dopo un confronto con l’Unione Africana sull’impatto del divieto di transazioni, come riferiscono le stesse fonti Ue – è che gli effetti indiretti possono avere ripercussioni pesanti anche sulla sicurezza alimentare.
    Ecco perché le nuove misure prevedono una deroga per permettere agli Stati membri di sbloccare fondi congelati di banche ed entità russe, “dopo aver accertato che tali fondi o risorse economiche sono necessari per l’acquisto, l’importazione o il trasporto di prodotti agricoli e alimentari, compresi il frumento e i fertilizzanti”, si legge nel testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. “L’Ue sta facendo la sua parte per garantire di poter superare l’incombente crisi alimentare globale”, ha commentato l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ribandendo che “spetta alla Russia smettere di bombardare i campi e i silos dell’Ucraina e di bloccare i porti del Mar Nero”. Come sottolineano le fonti europee, ciò che ha guidato l’azione di Bruxelles è l’ascolto dei problemi potenziali comunicati dai partner terzi, come per esempio la questione dell’interruzione dei pagamenti attraverso il sistema Swift, che ha complicato l’acquisto da parte dei Paesi africani di prodotti agricoli anche quando erano presenti. In altre parole, la volontà è quella di procedere con misure sì punitive nei confronti del Cremlino, ma che non abbiano alcuna conseguenza “nemmeno indiretta” sulla situazione alimentare globale, che sta andando incontro al rischio di carestia per milioni di persone.

    Tra le altre misure previste va rilevata la cosiddetta self-reporting obligation, ovvero l’imposizione a persone ed entità sanzionate dell’obbligo di dichiarare i beni posseduti negli Stati membri Ue e di collaborare con le autorità competenti: “Il non rispetto di tale obbligo costituirebbe un’elusione del congelamento dei beni e sarebbe soggetto a sanzioni se, in base alle norme e procedure nazionali applicabili, sono soddisfatte le condizioni per imporre tali sanzioni”, si legge nel documento. Questa decisione cerca non solo di stringere le maglie larghe dell’elusione delle misure restrittive da parte degli oligarchi, ma anche di arrivare con più facilità alla confisca dei beni congelati dopo un’investigazione per crimine penale (ovvero di violazione delle sanzioni Ue), come sta cercando di spingere la Commissione da mesi.
    Infine, il pacchetto di sanzioni Ue estende l’elenco dei prodotti il cui commercio con la Russia è vietato, in quanto potrebbe contribuire al potenziamento militare e tecnologico di Mosca o allo sviluppo del settore della difesa e della sicurezza russo. Sono stati così rafforzati i controlli sulle esportazioni di tecnologie avanzate, viene esteso anche alle chiuse dei porti l’attuale divieto di accesso per le navi russe e viene estesa la portata del divieto di accettare depositi per includere quelli provenienti da Paesi terzi e posseduti in maggioranza da cittadini russi.

    Nel pacchetto di aggiornamento delle misure restrittive sono previste eccezioni sulle transazioni di Paesi terzi con banche ed entità russe sanzionate per impedire effetti indiretti sul commercio di generi alimentari. Nella lista nera dell’Ue entra Sberbank, vietato anche il commercio di gioielli