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    La Commissione Ue propone una nuova stretta sugli oligarchi che violano le sanzioni contro la Russia

    Bruxelles – “La violazione delle sanzioni Ue contro la Russia non darà i suoi frutti”. In un tweet pubblicato questa mattina (2 dicembre), la Commissione Ue ha ribadito la volontà di dare battaglia a chiunque cerchi di aggirare le misure restrittive stabilite da Bruxelles dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.
    Per farlo, l’esecutivo comunitario ha presentato una proposta per criminalizzare l’evasione delle sanzioni e per armonizzare la risposta in tutti i Paesi membri. Le norme comuni stabilite dalla Commissione renderanno più facile indagare e perseguire le violazioni in tutto il territorio Ue. “L’Unione Europea deve mostrare i denti per garantire la piena applicazione delle sanzioni”, ha dichiarato il commissario per la Giustizia, Didier Reynders: “Non basta presentare pacchetti sanzionatori di ampio respiro se tutti gli Stati membri non sono dotati degli strumenti necessari per garantire l’effettività delle misure restrittive”.

    The violation of EU sanctions against Russia won’t pay off.
    Today, we put forward a proposal to criminalise the evasion of EU restrictive measures.
    It will make easier to investigate, prosecute and punish violations of sanctions in all EU countries.#StandWithUkraine
    — European Commission 🇪🇺 (@EU_Commission) December 2, 2022

    Le difficoltà incontrate dall’Ue nell’attuazione delle sanzioni dimostrano, secondo la Commissione, “la complessità dell’identificazione dei beni di proprietà degli oligarchi, che li nascondono in diverse giurisdizioni attraverso elaborate strutture legali e finanziarie”. La Commissione propone di usare il pugno duro: a seconda del reato, la singola persona potrebbe essere soggetta a una pena di almeno cinque anni di carcere e le società potrebbero ricevere sanzioni non inferiori al 5 per cento del fatturato totale delle stesse.
    Ma non solo. La proposta di direttiva permetterebbe ai 27 Paesi membri di avviare procedure giudiziarie per la confisca di beni, nel caso in cui venisse accertata una violazione delle misure restrittive Ue. L’elenco di reati include “mettere a disposizione fondi a beneficio di una persona o un’entità toccati da sanzioni, il mancato congelamento di tali fondi, consentire l’ingresso e il transito di persone sanzionate nel territorio di uno Stato membro, commerciare in beni e servizi vietati o limitati”.
    Prevedere la confisca dei beni, anziché il loro congelamento come accaduto fino a oggi, permetterebbe la loro messa all’asta o l’eventuale assegnazione a enti terzi, sgravando gli Stati membri dagli oneri della manutenzione. I proventi, come ha annunciato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, potrebbero costituire un fondo “per il risarcimento dei danni causati all’Ucraina”.

    L’esecutivo Ue propone di criminalizzare l’evasione delle sanzioni e armonizzare le procedure penali negli Stati membri. Almeno cinque anni di carcere a chi aggira le misure restrittive e confisca dei beni, che potrebbero costituire un fondo per l’Ucraina

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    A Bruxelles si lavora per stabilire un tribunale su crimini di guerra russi e per riutilizzare i beni congelati degli oligarchi

    Bruxelles – “La Russia deve pagare per i suoi crimini orribili”. Un attacco sentito innumerevoli volte in questi nove mesi di invasione dell’Ucraina, ma che oggi (mercoledì 30 novembre) appare basato su almeno due proposte su cui la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il suo gabinetto hanno portato avanti i lavori. Un tribunale specializzato contro i crimini di guerra russi e una direttiva per facilitare la confisca dei beni e degli asset degli oligarchi, con l’obiettivo di riutilizzarli per la ricostruzione dell’Ucraina.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, a Bucha (8 aprile 2022)
    L’attacco armato del Cremlino “ha portato morte, devastazione e sofferenze indicibili”, come quelle di Bucha: “Si stima che finora siano stati uccisi o feriti più di 20 mila civili e più di 100 mila militari ucraini”, ha ricordato la numero uno della Commissione. Mentre continua il lavoro congiunto con la Corte Penale Internazionale, “proponiamo di istituire un tribunale specializzato sostenuto dalle Nazioni Unite per indagare e perseguire i crimini di aggressione della Russia“, sfruttando la collaborazione con la comunità internazionale “per ottenere il più ampio sostegno possibile”.
    Secondo quanto si apprende da funzionari Ue, per evitare la sovrapposizione tra il nuovo meccanismo processuale e la Corte Penale Internazionale (con un conflitto di giurisdizione), sarebbe necessario stabilire la supremazia di quest’ultima nel quadro dell’intera procedura, che verosimilmente prevederebbe l’arresto o la consegna di sospetti responsabili di crimini di guerra. A determinate condizioni un tribunale internazionale ad hoc potrebbe però consentire di perseguire i massimi dirigenti russi, sulla base di un trattato tra gli Stati sostenitori e un mandato delle Nazioni Unite. A Bruxelles si parla di un tribunale ibrido, anche a livello di composizione dei membri – ucraini e internazionali – la cui legittimità deve basarsi su una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (improbabile, dal momento in cui la Russia è membro permanente) o su una risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu.

    Russia must pay for its horrific crimes.
    We will work with the ICC and help set up a specialised court to try Russia’s crimes.
    With our partners, we will make sure that Russia pays for the devastation it caused, with the frozen funds of oligarchs and assets of its central bank pic.twitter.com/RL4Z0dfVE9
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 30, 2022

    Crimini di guerra e beni congelati
    La questione dei crimini di guerra russi in Ucraina si lega anche a ciò che gli Stati membri potrebbero fare già da ora sul proprio territorio. “La Russia deve pagare finanziariamente per la devastazione che è costata, i danni subiti dall’Ucraina sono stimati attorno ai 600 miliardi di euro”, ha attaccato nel suo discorso la presidente von der Leyen, parlando della copertura dei costi per la ricostruzione del Paese invaso dal 24 febbraio: “E noi abbiamo i mezzi per far pagare la Russia”. Secondo le stime fornite dalla leader dell’esecutivo Ue, a oggi sono stati bloccati 300 miliardi di euro di riserve della Banca centrale russa e congelati 19 miliardi di euro agli oligarchi russi: “A breve termine, potremmo creare insieme ai nostri partner una struttura per gestire questi fondi e investirli per l’Ucraina”.
    Lo scorso 25 maggio la Commissione ha proposto un rafforzamento e un’estensione dei crimini sul territorio dell’Unione Europea, includendo la violazione delle sanzioni tra i reati penali in tutti i 27 Paesi membri – approvata sia dal Parlamento sia dal Consiglio dell’Ue. Gli stessi funzionari Ue hanno confermato che venerdì (2 dicembre) sarà presentata la proposta di direttiva che permetterà ai 27 Paesi membri di avviare procedure giudiziarie per la confisca se c’è stata una violazione delle misure restrittive dell’Ue. La revisione della direttiva risolverebbe il problema della gestione dei beni congelati per i Ventisette, a causa delle spese per il loro mantenimento: lo strumento di tipo economico applicato fino a oggi non prevede che i beni congelati possano essere messi all’asta o assegnati ad associazioni, rimanendo proprietà degli oligarchi sanzionati. Non possono essere utilizzati, ma rappresentano un costo per le finanze dello Stato.
    A quanto si apprende a Bruxelles, nel caso in cui una persona sanzionata commetta o partecipi a reati di elusione, i proventi da confiscare potrebbero comprendere fondi e risorse economiche soggetti alle stesse misure restrittive. Da notare, però, che le nuove misure non sarebbero applicabili retroattivamente e riguarderebbero solo attività criminali commesse dopo l’entrata in vigore della direttiva: in altre parole, non si potrebbero toccare i 19 miliardi già congelati, ma solo procedere all’eventuale confisca di ulteriori beni sequestrati. In ogni caso, “lavoreremo a un accordo internazionale con i nostri partner perché questi proventi siano utilizzati per il risarcimento dei danni causati all’Ucraina”, ha ribadito von der Leyen. Si parla di un fondo specifico o di un capitolo apposito nello strumento per la ricostruzione dell’Ucraina, e dovrà essere valutato se operare con trasferimenti obbligatori o volontari da parte degli Stati membri Ue, anche attraverso un accordo intergovernativo.

    La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, propone un tribunale specializzato sostenuto dalle Nazioni Unite. Nel frattempo, ai Ventisette sono state fornite opzioni per confiscare beni e asset della Banca Centrale Russa e metterli a disposizione per la ricostruzione dell’Ucraina

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    La strategia russa di lasciare l’Ucraina al buio e al freddo è un crimine contro l’umanità

    Impotente ad avanzare sul campo, anzi dovendo subire l’umiliazione della ripresa di Kherson sotto controllo ucraino, gli obiettivi dell’”operazione speciale” di Putin sono diventati le principali città e infrastrutture strategiche del paese, costringendo al freddo e al buio milioni e milioni di civili.
     Una sorta di vendetta, insomma, per gli smacchi subiti che, con l’aiuto del “generale Inverno” può mettere seriamente in difficoltà la forte fibra degli ucraini attraverso un metodo che non può che qualificarsi di crimine contro l’umanità, come giustamente rivendica Volodymyr Zelenski, tanto colpisce trasversalmente tutte le fasce della popolazione, comprese le più deboli e inermi, bambini, malati, anziani eccetera.
     Si tratta di un ulteriore escalation di una guerra abbietta e spietata al cuore dell’Europa, che non può che suscitare ulteriore sdegno per il carattere indiscriminato dei raid, a prescindere dalla natura militare o strategica dei target da colpire.
    La guerra, insomma, non è più tesa alla presunta “denazificazione” del paese, o  debellare le sue forze armate, ma è condotta virtualmente contro l’intero popolo ucraino col risultato paradossale, peraltro, che i russi bombardano la stessa Kherson, di cui avevano solo poche settimane fa decretano l’annessione.
    Bene ha fatto il Parlamento europeo a dichiarare, a larga maggioranza, che la Russia è “uno stato sponsor del terrorismo” che “utilizza mezzi terroristici”, invitando le istituzioni europee e i suoi Paesi a creare un quadro giuridico adeguato e considerare di aggiungere la Russia a tale lista.
    Nel mirino anche i mercenari della famigerata “Brigata Wagner” e altri gruppi e milizie armate, Ciò farebbe scattare una serie ulteriore di misure nei confronti della Russia, tanto che si sta lavorando ad un nono pacchetto di sanzioni, a partire dal famoso “price cap” sulle forniture energetiche russe.
    Il Parlamento chiede inoltre all’Unione europea di isolare ulteriormente la Russia a livello internazionale, anche per quanto riguarda l’adesione ad organizzazioni e organismi internazionali, di ridurre i legami diplomatici con la Russia e di limitare i contatti dell’UE con rappresentanti russi al minimo indispensabile.
    A far saltare i nervi al leader del Cremlino c’è stato anche il mezzo fallimento del vertice di Erevan, in Armenia, con i capi di alcune delle ex repubbliche sovietiche che non hanno particolarmente sostenuto Putin nella sua strategia dominatrice – dal loro punto di vista in modo del tutto comprensibile, tanto che i russi non sono nemmeno riusciti a ottenere un comunicato congiunto finale.
    Siamo, insomma, ad una fase forse cruciale del conflitto. E non ci si illuda eccessivamente: nella visione di Putin non c’è il pareggio, non sta giocando un campionato mondiale.
    Sta giocando la finale, o vince o perde la partita della sua vita.

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    Von der Leyen sente Zelensky e promette l’arrivo in Ucraina di trasformatori e generatori di elettricità

    Bruxelles – Generatori e trasformatori per fare fronte all’emergenza energetica che l’Ucraina sta vivendo a causa dei bombardamenti russi. In una telefonata con il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha condannato il “deliberato e barbaro bombardamento” delle infrastrutture civili dell’Ucraina da parte di Putin”, promettendo di rafforzare il sostegno dell’Unione europea per ripristinare e mantenere l’energia elettrica e il riscaldamento del Paese dopo una nuova ondata di attacchi missilistici russi contro infrastrutture critiche ucraine.

    During my phone call with @ZelenskyyUa today, I expressed EU solidarity with Ukraine in the face of Russia’s criminal attacks on civilian infrastructure.@EU_Commission is stepping up support, including with partners, to support the restoration of power and heat in Ukraine.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 25, 2022

    Milioni gli ucraini rimasti senza riscaldamento o elettricità dopo gli attacchi aerei da parte di Mosca alla rete energetica. In una dichiarazione pubblicata dopo la telefonata von der Leyen ha promesso che l’Unione fornirà 200 trasformatori di medie dimensioni e un grande autotrasformatore dalla Lituania, un autotrasformatore di medie dimensioni dalla Lettonia e 40 generatori pesanti dalla riserva dell’UE in Romania. A detta della leader dell’Esecutivo comunitario “ciascuno di questi generatori può fornire energia ininterrotta a un ospedale di piccole e medie dimensioni”, ha affermato.
    Von der Leyen ha confermato inoltre il lavoro della Commissione europea per dar vita a un nuovo hub energetico in Polonia per consentire donazioni da parte di Paesi terzi e aiutare con la loro consegna in Ucraina in modo coordinato, in particolare con i nostri partner del G7. Il nuovo polo energetico che dovrebbe prendere forma in Polonia era stato annunciato anche dalla commissaria europea all’energia, Kadri Simson, al termine del Consiglio straordinario dell’energia che si è tenuto ieri. Ha puntualizzato che dall’inizio della guerra, quasi 55mila attrezzature energetiche e 500 generatori sono stati forniti all’Ucraina attraverso il meccanismo di partenariato civile dell’Unione, ma la Commissione europea ha rinnovato l’invito agli Stati membri a intensificare “il nostro sforzo congiunto”.

    Discussed the #GrainfromUkraine initiative with @vonderleyen. Thanked for the huge 🇪🇺 financial assistance, for work started on the 9th sanctions package. Noted that the price cap for Russian oil should be effective. Cooperation on ensuring 🇺🇦 energy stability was also discussed.
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) November 25, 2022

    In un tweet il presidente ucraino ha confermato di aver discusso con von der Leyen “dell’iniziativa grano dall’Ucraina”, ringraziandola “per l’enorme assistenza finanziaria dell’Ue, per i lavori avviati sul nono pacchetto di sanzioni”. Ha osservato “che il price cap sul petrolio russo dovrebbe essere efficace. E’ stata discussa anche la cooperazione per garantire la stabilità energetica ucraina”.

    Per far fronte alla mancanza di riscaldamento o elettricità che ha colpito milioni di ucraini dopo gli attacchi aerei da parte di Mosca alla rete energetica di Kiev. La Commissione Ue lavora per dar vita a un nuovo polo energetico in Polonia per le donazioni da parte di Paesi terzi

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    “Russia sponsor del terrorismo”. L’Aula del Parlamento Europeo all’attacco di Mosca

    Bruxelles – La Russia Stato sponsor del terrorismo. L’Aula del Parlamento europeo approva la risoluzione che intende isolare ancora di più  Vladimir Putin a livello internazionale. Un voto praticamente unanime, che riceve 494 voti favorevoli, 58 contrari e 44 astensioni. Tra gli astenuti la pattuglia del Movimento 5 Stelle, mentre tra le fila dei socialisti gli italiani del Pd si spaccano, con Bartolo, Cozzolono e Smeriglio che non seguono né la delegazione italiana né il gruppo parlamentare, votando contro.
    “In Ucraina è il momento di alzare i toni della pace. La risoluzione che verrà messa ai voti oggi al Parlamento europeo porta invece all’opposta direzione“, sostiene la delegazione pentastellata in Parlamento europeo, convinta che “bisogna mettere a tacere le armi e far prevalere le diplomazie”. Dello stesso avviso anche Francesca Donato, europarlamentare eletta con la Lega adesso indipendente. E’ tra i 58 ‘no’ finali, per una risoluzione che ritiene “assurda e controproducente”. Il Parlamento europeo, spiega, “ha perso un’occasione per favorire il clima di dialogo e una iniziativa di pace”.
    La censura politica dell’Aula di Strasburgo è per gli attacchi e “le atrocità intenzionali” sulla popolazione civile, la distruzione delle infrastrutture civili, e “altre gravi violazioni del diritto internazionale e umanitario”. Sono tutti “atti di terrore e crimini di guerra”, che per questo induce i due terzi dell’Aula a dichiarare la federazione russa di Putin “sponsor del terrorismo”. E’ questa la formula che elimina il nodo giuridico della questione, visto che a livello Ue non esiste un quadro che definisca uno Stato terrorista, come invece avviene negli Stati Uniti. Per questo una delle richieste a Commissione e Stati membri che arriva dal Parlamento è creare quella legislazione mancante per poter aggiungere il Paese euro-asiatica nella nell’elenco dei soggetti terroristici dell’Ue. Così facendo sarebbe possibile far scattare la tagliola di nuove sanzioni e nuove restrizioni.
    A proposito di ‘listing’, si invita il Consiglio dell’Ue ad aggiungere anche l’organizzazione paramilitare “Gruppo Wagner”, il 141esimo reggimento speciale motorizzato noto anche come “Kadyroviti”, insieme ad “altri gruppi armati, milizie e delegazioni finanziate dalla Russia”.
    La stessa risoluzione chiede anche di operare un ulteriore isolamento della Russia, chiedendo di fatto di lavorare per arrivare alla sospensione da organizzazioni e organismi internazionali come il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, una proposta peraltro già avanzata dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.
    Il testo che dichiara la Russia Stato sponsor del terrorismo arriva dopo “l’escalation di atti di terrore del Cremlino contro il popolo ucraino”, ragion per cui, secondo gli europarlamentari, i Ventisette vengono esortati a “ultimare rapidamente il lavoro del Consiglio sul nono pacchetto di sanzioni contro Mosca”.
    Ma il nodo di fondo di questa iniziativa parlamentare è continuare con la guerra, e lo spiega molto bene Anna Fotyga, coordinatore dei Conservatori europei (Ecr) in commissione Affari esteri. “Non possiamo negoziare con i terroristi“, scandisce. L’azione di oggi manda un messaggio tanto forte quanto pericoloso.

    Di questo e di tanti altri temi di attualità nelle politiche europee si discuterà nel nono appuntamento annuale di Eunews How Can We Govern Europe?, in programma a Roma il 29 e 30 novembre negli spazi delle rappresentanze di Commissione e Parlamento europei, in piazza Venezia.

    Approvata la risoluzione che chiede anche di escludere il Paese dal consiglio di sicurezza dell’Onu. I 5 Stelle si astengono, il Pd si divide. Fotyga: “Non possiamo negoziare con Mosca”

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    L’iniziativa per il grano del Mar Nero è stata estesa per altri 4 mesi. L’Ue accoglie l’accordo contro la crisi alimentare

    Bruxelles – Altri quattro mesi di accordo per le esportazioni di grano dai porti del Mar Nero dell’Ucraina, per non aggravare la crisi alimentare globale nel corso dell’inverno. Le quattro parti coinvolte nell’iniziativa per il grano del Mar Nero (Turchia, Ucraina, Russia e le Nazioni Unite) hanno confermato questa mattina (giovedì 17 novembre) l’estensione dell’intesa “senza alcun cambiamento”, con l’annuncio arrivato dal presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan: “A seguito di colloqui a quattro ospitati dalla Turchia, l’accordo sul corridoio del grano del Mar Nero è stato prorogato di 120 giorni dal 19 novembre“.
    A celebrare l’intesa arrivata in extremis sono stati i vertici delle istituzioni comunitarie. “L’iniziativa Black Sea Grains delle Nazioni Unite aiuta a evitare carenze alimentari globali e ad abbassare i prezzi dei prodotti nonostante la guerra della Russia” in Ucraina, ha sottolineato in un tweet la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, congratulandosi con il segretario generale dell’Onu, António Guterres, e con il leader turco per il risultato raggiunto. Anche il numero uno del Consiglio, Charles Michel, ha ricordato che “con 10 milioni di tonnellate già esportate nell’ambito di questa iniziativa dall’Ucraina, è una buona notizia per un mondo che ha un disperato bisogno di accesso a cereali e fertilizzanti“.

    I congratulate @antonioguterres and President @RTErdogan for the agreement on the continuation of the Black Sea Grain Initiative
    Together with EU Solidarity Lanes the UN Black Sea Grain Initiative helps avoid global food shortages and bring down food prices despite Russia’s war. https://t.co/PWW2p6oE5F
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 17, 2022

    In vista della scadenza imminente dell’accordo, nelle ultime settimane sono stati condotti intensi negoziati sotto l’egida Onu, per garantire la proroga dell’intesa. Mentre oltre 10 milioni di tonnellate di creali sono ancora bloccate nei silos in Ucraina, a essere più colpiti sono i Paesi in via di sviluppo (che a oggi hanno ricevuto il 40 per cento di tutte le esportazioni dai porti ucraini del Mar Nero). I cereali sono essenziali per stabilizzare i prezzi sui mercati internazionali e per rifornire le popolazioni più vulnerabili al rischio fame, in particolare in Africa. Poco più di due settimane fa la Russia si era temporaneamente sfilata dall’accordo e ne aveva chiesto la sospensione, dopo l’attacco subito dalla sua flotta al largo di Sebastopoli (principale città della Crimea annessa illegalmente da Mosca).
    L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Nel quadro della stessa intesa sul grano dal Mar Nero, l’Onu ha anche agevolato la consegna di 260 mila tonnellate di fertilizzante russo, il cui primo carico andrà in Malawi (uno dei Paesi più poveri dell’Africa australe). “Sebbene la Russia sia impegnata in campagne di manipolazione delle informazioni e di diffusione della propaganda”, l’Ue è sempre stata chiara sul fatto che “le nostre sanzioni non riguardano il commercio di prodotti agricoli e alimentari, compresi cereali e fertilizzanti, tra la Russia e i Paesi terzi”, ha precisato in una nota l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell.
    Nella stessa nota Borrell ha ricordato che il rinnovo dell’iniziativa delle Nazioni Unite sul grano del Mar Nero “rimane fondamentale per continuare a far scendere i prezzi dei prodotti alimentari a livello mondiale e per garantire la sicurezza alimentare in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi più vulnerabili”. Nonostante “il cibo non dovrebbe mai essere usato come arma di guerra”, Mosca ha “esacerbato l’impennata dei prezzi alimentari”, anche a causa degli attacchi “deliberati” contro le strutture agricole e le rotte di esportazione ucraine.
    È qui che si inserisce l’iniziativa per il grano del Mar Nero mediata dalle Nazioni Unite, che “insieme alle rotte terrestri che attraversano l’Ue” nel quadro del corridoi di solidarietà – potenziati recentemente con un ulteriore miliardo di euro – ha contribuito a “stabilizzare e ad allentare la pressione sui prezzi alimentari globali, facilitando l’esportazione di cereali e prodotti agricoli verso i mercati mondiali”. Le due iniziative combinate hanno soprattutto permesso l’esportazione di “oltre 25 milioni di tonnellate di cereali e altri prodotti agricoli“, ha sottolineato con forza l’alto rappresentante Borrell, contribuendo al “calo dei prezzi degli alimenti negli ultimi mesi”.

    Le quattro parti coinvolte nell’intesa Black Sea Grains (Turchia, Ucraina, Russia e Nazioni Unite) hanno confermato l’estensione dell’accordo “senza alcun cambiamento”. Insieme ai corridoio di solidarietà di Bruxelles sono stati esportati “oltre 25 milioni di tonnellate di cereali”

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    La Nato studia la dinamica del missile caduto in Polonia: “Nessuna indicazione di un attacco diretto dalla Russia”

    Bruxelles  – La Nato cerca di evitare a tutti i costi un’escalation con la Russia, dopo l’incidente del missile caduto in Polonia. È lo stesso segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, Jens Stoltenberg, a spiegarlo alla stampa dopo la riunione d’emergenza degli ambasciatori dell’Alleanza Atlantica di questa mattina (mercoledì 16 novembre), in cui sono stati discussi i dettagli delle indagini portate avanti da Varsavia e delle informazioni dell’intelligence statunitense, per chiarire la dinamica e l’origine delle esplosioni che hanno causato la morte di due persone nel villaggio di Przewodów (a un centinaio di chilometri da Leopoli).
    “Le indagini sono ancora in corso, dobbiamo aspettare gli esiti definitivi, ma al momento non abbiamo indicazioni che ci sia stata un’intenzione di un attacco diretto da parte di Mosca, né che la Russia stia preparando azioni militari contro la Nato”, ha spiegato Stoltenberg. Quanto accaduto in Polonia è stato “molto probabilmente causato dai sistemi di contraerea ucraini per la difesa dai bombardamenti russi“, che hanno colpito per tutto il pomeriggio infrastrutture critiche e obiettivi civili sull’intero territorio nazionale. Il segretario generale dell’Alleanza Atlantica ha però voluto sottolineare che “non è colpa dell’Ucraina, ma la Russia ha una responsabilità indiretta, a causa degli attacchi all’Ucraina“, a partire dal fatto che il missile (di fabbricazione russa) sarebbe stato lanciato dalla contraerea di Leopoli per distruggerne un altro indirizzato contro la città.
    Il luogo dell’esplosione nel villaggio di Przewodów, Polonia (15 novembre 2022)
    Quello che dallo stesso Stoltenberg è stato definito un “incidente” oltre il confine ucraino in Polonia “non ha le caratteristiche di un attacco deliberato contro il territorio dell’Alleanza” e questo spiega il perché delle reazioni caute dal primo minuto da parte di tutti i leader internazionali. “Siamo sempre pronti per situazioni come queste, in caso di incidenti sappiamo che dobbiamo gestire la situazione con calma e risolutezza, per prevenire ulteriori escalation“, ha sottolineato il segretario generale della Nato. In ogni caso però è necessario un “aumento dell’attenzione sul confine orientale” dell’Alleanza, con un “continuo rafforzamento via terra e via aria”, in attesa del responso finale delle indagini di Varsavia: “Avrà conseguenze cruciali per il tipo di risposta, rimaniamo pronti a intraprendere tutte le azioni necessarie per garantire la sicurezza dei nostri membri“.
    Rispondendo alle domande della stampa, il segretario generale Stoltenberg non si è voluto sbilanciare sul fatto che quello di ieri possa essere stato il momento di tensione più grave nei rapporti tra Nato e Russia dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina: “Starei attento a fare paragoni, ma dimostra che la guerra russa continua a creare situazioni pericolose“. Non è un caso se le esplosioni sul territorio di un Paese membro Nato si sono verificate nello stesso pomeriggio dei “pesanti bombardamenti” missilistici sulle città ucraine:  “È in sé una situazione pericolosa e quanto accaduto in Polonia ne è una conseguenza”, ha puntualizzato Stoltenberg.
    La Nato tra contraerea ucraina e no-fly zone
    L’appello alla calma da Bruxelles va di pari passo con l’atteggiamento cauto di Varsavia. Il presidente Andrzej Duda ha confermato che “non abbiamo prove precise che ci permettano di concludere che si è trattato di un attacco alla Polonia”, mentre il premier Mateusz Morawiecki per il momento esclude l’attivazione dell’articolo 4 del Trattato del Nord Atlantico: si tratta del processo per consultazioni di emergenza, se un membro dell’Alleanza teme un’aggressione esterna (nel giorno dell’invasione russa dell’Ucraina era stato attivato da Estonia, Lettonia e Lituania). In ogni caso dalla Nato rimane “forte” il supporto alla Polonia, sia nella fase di indagini, sia per un’eventuale resa necessaria dall’esito finale.
    Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg
    Lo stesso tipo di atteggiamento si dimostra nei confronti di Kiev. “La Nato non è parte della guerra, ma i suoi membri forniscono armamenti all’Ucraina, perché ha il diritto di difendersi dagli attacchi illegali della Russia”, ha messo in chiaro il segretario generale, precisando che “forniremo più aiuti per la difesa aerea” al Paese invaso dal 24 febbraio. Questo però ha un’altra implicazione implicita, cioè che gli alleati non sono disposti ad aprire alla possibilità di una no-fly zone sul territorio ucraino: “I nostri sistemi di difesa anti-aerea entrano in funzione solo se c’è un’aggressione a un membro dell’Alleanza, ma non abbiamo evidenze che in Polonia ci sia stato un attacco deliberato”.
    L’obiettivo degli alleati rimane sempre lo stesso ed è compatibile con l’aumento delle forniture militari (ma non di una no-fly zone), come ricordato da Stoltenberg: “A un certo punto questa guerra finirà ai tavoli dei negoziati, ma le posizioni di partenza dipenderanno dalla situazione sul campo“. È per questo che le forze ucraine vanno sostenute “ora” e la responsabilità indiretta della Russia nell’incidente in Polonia avrà comunque conseguenze pesanti per il Cremlino in questo scenario.

    Nel corso della riunione d’emergenza tra gli ambasciatori dell’Alleanza Atlantica sono state condivise le informazioni d’intelligence statunitensi, secondo cui il missile (di fabbricazione russa) sarebbe partito dalla contraerea ucraina: “Responsabilità indiretta di Mosca, non colpa di Kiev”

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    L’escalation della guerra russa in Ucraina tocca la Polonia. Un missile cade sul territorio Nato: condanna Ue e G7

    Bruxelles – Quasi nove mesi di guerra e alle 15:40 del 15 novembre la guerra russa in Ucraina ha toccato il punto più delicato, quasi di non ritorno. Perché, per la prima volta dal 24 febbraio, l’aggressione armata del Cremlino ha sconfinato in Polonia, un Paese membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato), con un missile che ha causato la morte di due persone nel villaggio di Przewodów (a un centinaio di chilometri da Leopoli).
    Un frammento del missile russo caduto in Polonia
    La notizia è arrivata nella serata di ieri, quando il governo guidato da Mateusz Morawiecki ha convocato urgentemente una riunione del Consiglio di sicurezza nazionale. Da subito si è respirata cautela – in particolare a Bruxelles, dove hanno sede non solo le istituzioni comunitarie, ma anche la Nato – nella condanna alla Russia. Tutti i leader hanno voluto aspettare l’esito della valutazione della Polonia, perché, se confermato un attacco russo, questo significherebbe un’escalation inedita della guerra, con il coinvolgimento dell’Alleanza Atlantica. La linea rossa è l’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico: quello che afferma che “un attacco contro un alleato è un attacco contro ogni componente dell’Alleanza” e che permette a ciascuna di esse, “nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva”, di assistere la parte attaccata “intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata“.
    Da subito però questo scenario è apparso il meno probabile, considerati gli scenari di malfunzionamento del missile in questione o delle conseguenze dell’impatto con la contraerea ucraina a Leopoli, o addirittura di missili anticarro di Kiev su una trattoria sbagliata. Per tutto il pomeriggio di ieri sono state bombardate le città e le infrastrutture ucraine con una novantina di missili e droni e – come reso noto in nottata dai portavoce del governo della Polonia – in questo contesto “un missile di fabbricazione russa” è caduto sul villaggio di Przewodów. Di qui la decisione di convocare l’ambasciatore della Federazione Russa in Polonia per “immediate spiegazioni dettagliate”. A questo si aggiunge la possibilità di attivare l’articolo 4 del Trattato del Nord Atlantico, ovvero il processo per consultazioni di emergenza se un membro dell’Alleanza teme un’aggressione esterna (l’ultima volta era stato attivato da Estonia, Lettonia e Lituania nel giorno dell’invasione russa dell’Ucraina).

    Due missili 🇷🇺 avrebbero ucciso due civili in #Polonia nella città di città di Przewodów, al confine con l’#Ucraina. Ci sarebbero due morti. pic.twitter.com/g2ycVP61ZG
    — OSINT-I (@OSINTI1) November 15, 2022

    La reazione al missile russo in Polonia
    Mentre oggi (mercoledì 16 novembre) a Bruxelles il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, presiederà una riunione d’emergenza degli ambasciatori dell’Alleanza Atlantica, da Bali (Indonesia) – dove si sta svolgendo il summit dei leader del G20 – arriva la prima reazione dei partner Nato e G7, compresa l’Ue. “Condanniamo i barbari attacchi missilistici che la Russia ha perpetrato su città e infrastrutture civili ucraine”, si legge in una dichiarazione congiunta al termine della riunione Nato-G7. I leader hanno anche discusso dell’esplosione oltre il confine ucraino e hanno offerto “pieno sostegno e assistenza alle indagini in corso in Polonia“, rimanendo “in stretto contatto per determinare i passi successivi appropriati”. Si tenta così di smorzare la tensione fino a quando la dinamica dell’episodio non sarà chiarita definitivamente, anche se rimane ferma la condanna al Cremlino per gli “sfacciati attacchi alle comunità ucraine, anche mentre il G20 si riunisce per affrontare le più ampie conseguenze della guerra”.
    La riunione straordinaria dei leader Nato e G7 a Bali, Indonesia (16 novembre 2022)
    Dopo un confronto con il premier della Polonia Morawiecki, il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, ha fatto sapere che proporrà “una riunione di coordinamento con i leader dell’Ue che partecipano al G20 qui a Bali”, nel corso della giornata di oggi. L’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, è rimasto in contatto “durante la notte” con il ministro degli Esteri polacco, Zbigniew Rau, assicurandogli il “pieno sostegno del Consiglio Affari Esteri” (al momento non sono previste riunioni straordinarie dei ministri degli Esteri o della Difesa a Bruxelles). Da parte della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sono arrivate le condoglianze e un “forte messaggio di sostegno e solidarietà” alla Polonia, mentre Bruxelles monitora “attentamente” la situazione nel Paese membro Ue coinvolto – probabilmente in modo accidentale – nella guerra in Ucraina.

    Il governo polacco ha confermato che il missile caduto nel villaggio di Przewodów (uccidendo due persone) “è di fabbricazione russa”. A margine del G20 a Bali i leader puntano il dito contro gli “attacchi massicci sulle città ucraine”, ma c’è cautela sulla dinamica dello sconfinamento