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    L’onda laburista travolge il Regno Unito. A picco conservatori e nazionalisti scozzesi, Farage eletto

    Bruxelles – Le prime elezioni nel Regno Unito post-Brexit sono state storiche sotto molti punti di vista. Per la valanga di seggi conquistati dal Partito Laburista, per il tracollo senza precedenti nella storia del Partito Conservatore e per il ritorno nell’ombra del Partito Nazionale Scozzese. Per la prova elettorale più convincente dei Liberal Democratici in poco più di 30 anni di esistenza politica e per la comparsa sulla scena dei sovranisti di Reform Uk di Nigel Farage (eletto all’ottavo tentativo). Ma anche per altri dati che offrono significativi spunti di riflessione: quella appena eletta sarà la Camera dei Comuni con la maggiore rappresentanza femminile di sempre – 242 deputate – ma a fronte a un’affluenza al voto tra le più basse dal 1885, ferma al 59,8 per cento.Il leader del Partito Laburista e prossimo primo ministro del Regno Unito, Keir Starmer (credits: Justin Tallis / Afp)“Ce l’abbiamo fatta! Il cambiamento inizia ora“, sono state le prime parole del leader laburista, Keir Starmer, dopo l’annuncio dei risultati parziali delle elezioni di ieri (4 luglio): “Serve un partito laburista cambiato, pronto a servire il nostro Paese, pronto a riportare la Gran Bretagna al servizio dei lavoratori”. Con 412 seggi conquistati alla Camera dei Comuni – la migliore performance elettorale dopo quelle di Tony Blair nel 1999 e nel 2001 – i Labour hanno ora un’ampissima maggioranza per governare (la soglia minima è di 326) e per questa mattina (5 luglio) sono attese a Buckingham Palace le dimissioni del premier conservatore uscente, Rishi Sunak, prima della nomina di Starmer da parte di re Carlo III. Dopodiché il leader laburista si recherà a Downing Street 10 verso ora di pranzo e terrà il primo discorso come nuovo capo del governo britannico.Immediate le congratulazioni a Starmer dai vertici delle istituzioni dell’Unione Europea, che hanno osservato le elezioni nel Regno Unito post-Brexit dall’esterno (per la prima volta dal 1973, quando Londra faceva ingresso nella Comunità Economica Europea): “Non vedo l’ora di lavorare in un partenariato costruttivo per affrontare le sfide comuni e rafforzare la sicurezza europea”, ha commentato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Le ha fatto eco il numero uno del Consiglio Europeo, Charles Michel, che parla di “nuovo ciclo” a Londra e dà appuntamento al prossimo inquilino di Downing Street 10 “alla riunione della Comunità Politica Europea il 18 luglio nel Regno Unito, dove discuteremo delle sfide comuni, tra cui stabilità, sicurezza, energia e migrazione”. Anche la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, si è congratulata con Starmer, ricordando che “le relazioni tra l’Unione Europea e il Regno Unito sono radicate nei nostri valori condivisi e nella nostra amicizia di lunga data” e “come alleati e partner, è nel nostro interesse comune continuare a lavorare a stretto contatto“.Il leader del Partito Conservatore e primo ministro uscente, Rishi Sunak (credits: Temilade Adelaja / Pool / Afp)Il contraltare della valanga di seggi laburisti è una cocente sconfitta per i Tories del premier uscente Sunak, crollati a 121 seggi alla Camera dei Comuni (-244). Si tratta del peggior risultato nella storia dei conservatori britannici dalla fondazione del partito nel 1834, che arriva dopo 14 anni di governo e 5 diversi gabinetti, da David Cameron tra il 2010 e il 2016 fino agli ultimi due anni di Sunak, passando da Theresa May e Boris Johnson a cavallo dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea e i fallimentari 45 giorni di Liz Truss (non rieletta ieri) nell’autunno 2022. Il risultato ai limiti del catastrofico dei conservatori (più di 7 milioni di voti persi dal trionfo del 2019) può essere considerato la parabola del suicidio politico di Sunak, che a fine maggio aveva indetto elezioni anticipate, anche se i Tories rimarranno ancora il principale partito di opposizione ai Labour. La vera incognita sarà ora la direzione che prenderanno i conservatori, in particolare di fronte alla cavalcata dei sovranisti e populisti di Reform Uk, che hanno conquistato solo 4 seggi – tra cui quello del loro leader e architetto della Brexit Farage – ma si sono piazzati al terzo posto in termini di preferenze: con 4,1 milioni di voti sono saliti al terzo posto tra i partiti nel Regno Unito.Il sistema elettorale in vigore nel Regno Unito viene definito first past the post, ovvero un maggioritario secco: in ciascuna delle 650 circoscrizioni in Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord il candidato che ottiene più voti degli altri viene eletto deputato. Nonostante tendenzialmente garantisca una maggiore governabilità, allo stesso tempo questo sistema può nascondere alcuni elementi critici del risultato delle urne. Per esempio alle elezioni del 4 luglio 2024 – con la seconda affluenza più bassa in 150 di storia democratica britannica (solo nel 2001 si è toccato il 59,4 per cento) – si rischia di non notare che i laburisti di Starmer hanno perso circa 600 mila preferenze rispetto a cinque anni fa, quando sotto Jeremy Corbyn crollavano al risultato peggiore dal 1935 in termini di seggi alla Camera dei Comuni (202): ma con l’affluenza al 67,3 per cento nel 2019, si attestavano al 40 per cento e 10,3 milioni di voti. O ancora, che i sovranisti di Farage sono staccati di soli 9 punti percentuali dai conservatori (14,3 contro 23,7) e 2,8 milioni di preferenze – nonostante i seggi dicano 120 a 4 – mentre i laburisti sono al 33,8 per cento con 9,6 milioni di voti. Tutto ciò considerato, i prossimi mesi e anni diranno se la nuova leadership dei Tories andrà verso un tentativo di riconquistare gli elettori persi a favore di Reform Uk – con un inasprimento delle posizioni nazionaliste, euroscettiche e anti-migrazione – o se tenteranno una virata al centro per riprendersi l’enorme quantità di circoscrizioni passate di mano ai Labour soprattutto in Inghilterra.ll leader di Reform Uk, Nigel Farage (credits: Henry Nicholls / Afp)Anche perché si deve tenere in considerazione la prova elettorale significativa dei Liberal Democratici, che sono riusciti a eleggere 71 deputati (a fronte di 3,5 milioni di preferenze, circa 600 mila in meno di Reform Uk). Si tratta della migliore performance del partito dalla sua fondazione nel 1988 e la nuova scalata al terzo posto alla Camera dei Comuni, considerato il parallelo tracollo del Partito Nazionale Scozzese a 9 seggi (-39 rispetto al 2019) e il ritorno nell’ombra dopo i nove anni di forte leadership di Nicola Sturgeon tra il 2014 e il 2023. Dopo lo scandalo sui finanziamenti del partito all’inizio del 2023, le dimissioni di Sturgeon non hanno cambiato la priorità su un nuovo referendum sull’indipendenza della Scozia dal Regno Unito nell’agenda dei successori Humza Yousaf e John Swinney, con la condanna della Brexit e delle sue conseguenze economiche come fattore trainante. Eppure le sconfitte nella stragrande maggioranza delle circoscrizioni alle elezioni 2024 a favore di laburisti e liberaldemocratici possono essere interpretate come la fine del sogno indipendentista e la consapevolezza degli elettori scozzesi che una migliore rappresentanza nel partito al governo può fornire una prospettiva migliore rispetto a quanto realizzato dal 2015 dalla formazione nazionalista.A completare il quadro della Camera dei Comuni sono i 7 deputati repubblicani nordirlandesi di Sinn Féin, i 5 protestanti nordirlandesi del Partito Unionista Democratico, i 4 gallesi di Plaid Cymru e i 4 del Partito Verde (con un exploit elettorale da 800 mila a 1,9 milioni di preferenze guadagnate dal 2019 a oggi), oltre ad altri 5 eletti di partiti minori e 6 indipendenti, tra cui l’ex-leader laburista Corbyn. Un ultimo dato da considerare è il calo della quota complessiva di deputati laburisti e conservatori complessivi (533) – la più bassa dal 1931 (522) – che per la prima volta nella storia moderna del Regno Unito potrebbe portare a delle riflessioni profonde sullo stesso sistema maggioritario secco in vigore e a richieste più pressanti per un sistema elettorale più proporzionale da parte dei partiti che hanno fatto un balzo in avanti, Reform Uk e il suo leader eletto in Parlamento sopra tutti.

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    L’Ue osserva le prime elezioni nel Regno Unito post-Brexit. I Labour verso il trionfo, occhi puntati ancora su Farage

    Bruxelles – Sono passati cinque anni da quella “nuova alba per il Regno Unito” invocata dall’allora leader dei conservatori, Boris Johnson, dopo la schiacciante vittoria alle elezioni del 12 dicembre 2019, le ultime prima dell’uscita del Paese dall’Unione Europea. Da allora sono cambiate molte cose: tre governi a Londra, una Brexit concretizzatasi dal primo gennaio 2021 e tre anni di relazioni ben più che difficoltose con Bruxelles. Ma soprattutto un ribaltamento completo dei rapporti di forza tra conservatori e laburisti, che oggi guidano ampiamente i sondaggi dopo il tracollo inesorabile dei Tories. Una costante tra il pre- e il post-Brexit nel Regno Unito però rimane: Nigel Farage, il politico sovranista, populista e nazionalista che più ha demonizzato l’Unione Europea e che ha portato a termine con successo la sua missione di sancire con un referendum l’addio di Londra. Alle elezioni del 4 luglio 2024 è ancora lui – e il suo Reform Party – la variabile su cui fare attenzione per il futuro del Regno Unito.Il leader del Partito Laburista, Keir Starmer (credits: Andy Buchanan / Afp)Il sistema elettorale in vigore nel Regno Unito viene definito first past the post, ovvero un maggioritario secco: in ciascuna delle 650 circoscrizioni in Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord il candidato che ottiene più voti degli altri viene eletto deputato. Il partito che conquista la maggioranza dei seggi alla Camera dei Comuni (la soglia minima è 326) vince le elezioni e può formare il governo, il cui primo ministro tecnicamente è nominato dal monarca secondo l’esito del voto. Le urne per le elezioni del 4 luglio sono aperte dalle ore 7.00 alle 22.00 locali (dalle 8 alle 23 secondo l’ora di Bruxelles), ma gli elettori britannici hanno la possibilità di votare anche per posta o per delega. Alla chiusura delle urne sarà annunciato l’exit poll, vale a dire il sondaggio condotto tra gli elettori di circa 150 circoscrizioni elettorali, scelte per essere demograficamente rappresentative del Paese. Dopodiché inizierà lo spoglio delle schede, che si protrarrà per tutta la notte: domani mattina presto (5 luglio) sarà chiaro quale partito ha la maggioranza e approssimativamente con quanti seggi, mentre i risultati finali sono attesi per la tarda mattinata.(fonte: YouGov)Secondo quanto emerge dagli ultimi sondaggi – che confermano l’esito delle amministrative di maggio – i laburisti di Keir Starmer sono proiettati a una comoda vittoria con il 39 per cento delle preferenze, staccando di quasi 20 punti percentuali i conservatori del premier uscente, Rishi Sunak (21 per cento). Tradotto in un sistema first past the post, questo dovrebbe significare 431 per i Labour (+229 dal 2019) e un crollo a 102 per i Tories (-269), il peggior risultato di sempre da quando la sfida è conservatori-laburisti (cioè dal 1922). L’attenzione però dovrà essere rivolta anche agli altri partiti in corsa, che non spezzeranno nemmeno stavolta il tradizionale bipartitismo britannico, ma lo potrebbero mettere in seria crisi. Perché oltre ai soliti Liberal Democratici (dati in crescita all’11 per cento, con 72 seggi potenziali) e il Partito Nazionale Scozzese (in forte calo anche in Scozia, con una perdita di seggi stimata a 30, per assestarsi a 18), c’è anche il partito sovranista e populista Reform Uk di Farage all’orizzonte. Nato dai fuoriusciti del Partito per l’Indipendenza del Regno Unito (Ukip) e già Brexit Party tra il 2018 e il 2021, il partito di Farage nel sistema uninominale non dovrebbe portare a casa più di 3 seggi, ma sono le percentuali a far tremare i conservatori: con il 17 per cento delle preferenze totali, Reform Party arriverebbe a soli 4 punti percentuali dai Tories e da lì potrebbe iniziare un imprevedibile processo di convergenza – se non addirittura di fusione – tra l’ala più a destra del partito del premier Sunak (che rischia di non essere eletto nella sua circoscrizione di Richmond) e i populisti di destra euroscettica e anti-migrazione.(fonte: BBC)A tre anni e mezzo dall’inizio delle relazioni post-Brexit tra Bruxelles e Londra, una vittoria schiacciante dei Labour – che sono pronti a tornare a Downing Street 10 dopo 14 anni di assenza – non significherà l’inizio di un processo di reintegrazione del Regno Unito nell’Unione Europea. “Sono stato molto chiaro sul fatto che non intendo rientrare nell’Ue, nel Mercato unico o nell’Unione doganale, né consentire il ritorno alla libertà di circolazione“, sono state le secche parole di Starmer alla stampa ieri (3 luglio). Anche considerata la quasi totale assenza nella campagna elettorale dei temi relativi alla Brexit e alle relazioni con l’Ue, risulta piuttosto chiaro che i laburisti abbiano cercato di evitare l’errore di cinque anni fa, quando l’allora leader, Jeremy Corbyn, si era allineato il consenso di una larga fetta dell’elettorato britannico promettendo un secondo referendum sulla Brexit.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak (27 febbraio 2023)Il leader laburista in carica non ha però escluso che il – probabile – prossimo governo da lui presieduto spingerà per un dialogo con Bruxelles più costruttivo rispetto ai tre precedenti esecutivi guidati dai conservatori (tra Johnson e Sunak ci sono stati i fallimentari 45 giorni di Liz Truss): “Penso che potremmo ottenere un accordo migliore di quello pasticciato sotto Johnson sul fronte del commercio, della ricerca e dello sviluppo e della sicurezza”, ha messo in chiaro Starmer. A Londra è in corso da un anno un ripensamento della strategia nei confronti di Bruxelles, con il governo Sunak che prima ha raggiunto con la Commissione Europea un’intesa politica sulla partecipazione ai programmi Horizon Europe e Copernicus (a partire dal primo gennaio 2024) e poi sulla cooperazione tra Frontex e le autorità nazionali.Il difficile post-Brexit tra Ue e Regno UnitoDal momento in cui la Brexit è diventata a tutti gli effetti una realtà, l’entrata in vigore dell’Accordo di commercio e cooperazione ha reso particolarmente tesi i rapporti tra Bruxelles e Londra. La contesa è iniziata nel marzo del 2021 attorno alla questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli Ue sui certificati sanitari per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Nel contesto post-Brexit questi controlli sono ritenuti necessari per mantenere integro il Mercato Unico sull’isola d’Irlanda. Il problema maggiore ha riguardato le carni refrigerate e per questa ragione si è spesso parlato di ‘guerra delle salsicce’ con Bruxelles.La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e l’ex-primo ministro del Regno Unito, Boris JohnsonIl tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte dell’allora governo Johnson ha scatenato uno scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra il luglio e l’ottobre 2021. L’esecutivo Ue ha così sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati. Ma nel giugno 2022 la Commissione Ue ha scongelato la stessa procedura d’infrazione, attivandone altre due, per la decisione di Londra di tentare la strada della modifica unilaterale del Protocollo sull’Irlanda del Nord. Il crollo del governo Johnson prima e di quello disastroso di Truss poi – con la contemporanea crisi economica che da allora ha travolto il Paese – ha agevolato le aperture da entrambe le parti verso una soluzione sostenibile per un accordo di compromesso. Accordo trovato con il Framework di Windsor il 27 febbraio 2023, firmato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e dal premier uscente Sunak.

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    Disunited Kingdom. L’Irlanda del Nord rilancia il referendum per l’addio a Londra (e unirsi a Dublino)

    Bruxelles – A nemmeno 24 ore dal giuramento come neo-premier dell’Irlanda del Nord, il nuovo corso repubblicano di Michelle O’Neill è servito. “Contesto assolutamente ciò che sostiene il governo britannico, la mia elezione dimostra il cambiamento che sta avvenendo sull’isola“, ha messo in chiaro la vicepresidente dei repubblicani di Sinn Féin in un’intervista per Sky dopo la nomina a prima ministra della nazione a oggi ancora appartenente al Regno Unito. Una risposta chiara alla posizione di Londra – secondo cui il referendum per l’unione alla Repubblica d’Irlanda sia distante “decenni” – e una prospettiva sul medio termine per il primo governo a guida repubblicana nella storia dell’Irlanda del Nord: “Credo che siamo nel decennio delle opportunità“.

    La neo-prima ministra dell’Irlanda del Nord, Michelle O’Neill (credits: Paul Faith / Afp)Dal maggio 2022 a Belfast non è stata possibile la formazione di un governo dopo la prima vittoria assoluta per il partito indipendentista repubblicano, a causa del boicottaggio del Partito Unionista Democratico (secondo quanto previsto dall’Accordo del Venerdì Santo del 1998 deve essere garantita la condivisione di potere tra i partiti unionisti e repubblicani). Dopo quasi due anni di stallo è stata trovata l’intesa tra le due maggiori forze all’Assemblea dell’Irlanda del Nord e sabato scorso (3 febbraio) O’Neill ha giurato come prima ministra, mentre l’unionista Emma Little-Pengelly come vice-premier. “Possiamo avere una condivisione del potere, renderla stabile e lavorare insieme ogni giorno in termini di servizi pubblici, e perseguire le nostre aspirazioni altrettanto legittime“, sono state le prime parole alla stampa della nuova leader della nazione, che solo il giorno prima aveva rotto con la tradizione repubblicana usando il termine ‘Irlanda del Nord’ nel suo discorso di giuramento. “Sono una repubblicana orgogliosa, ma credo che sia davvero importante guardare alle persone che si identificano come britanniche e unioniste e dire loro che rispetto i loro valori”, ha spiegato O’Neill.Il partito Sinn Féin è stato fondato nel 1905 come espressione delle aspirazioni indipendentiste da Londra e per l’unità sull’isola d’Irlanda e negli anni della guerra civile è stata l’ala politica dell’Esercito Repubblicano Irlandese (Ira). Il sostegno al partito è cresciuto esponenzialmente dopo la firma dell’Accordo del Venerdì Santo che ha messo fine al conflitto, e nel 2022 ha conquistato il maggior numero di seggi in Parlamento (27 su 90). La formazione del governo dell’Irlanda del Nord si è legata strettamente alle conseguenze della Brexit, dal momento in cui la reintroduzione dei controlli doganali tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord su una serie di categorie di prodotti – richiesta dall’Unione Europea dopo l’uscita del Regno Unito proprio per preservare l’unità sull’isola d’Irlanda sancita dall’accordo di pace del 1998 – ha creato scontenti e proteste tra gli unionisti, incluso il boicottaggio politico. La settimana scorsa il governo britannico di Rishi Sunak ha mediato un accordo con il Partito Unionista Democratico che prevede un aumento dei finanziamenti e che – nel delineare i nuovi equilibri della condivisione del potere a Belfast – prevede che non ci sia “alcuna prospettiva realistica di un referendum” sull’indipendenza nel prossimo decennio. Per i repubblicani nordirlandesi l’indipendenza si lega al processo di unione alla Repubblica di Irlanda, che automaticamente li riporterebbe all’interno dell’Unione Europea dopo l’addio nel 2020 per decisione degli elettori del Regno Unito nel suo complesso.Oltre l’Irlanda del Nord, la ScoziaL’Irlanda del Nord non è l’unica delle quattro nazioni che compongono il Regno Unito ad avere aspirazioni indipendentiste e di ritorno nell’Unione Europea. La disputa più celebre di Londra è quella con la Scozia, che a dieci anni dal referendum sull’indipendenza (bocciato) è pronta a rimettere sul tavolo delle trattative un progetto per la scissione politica. La Brexit è stata un vero e proprio spartiacque per il Partito Nazionale Scozzese, dal momento in cui in Scozia il referendum per l’uscita del Regno Unito dall’Ue ha visto prevalere una schiacciante maggioranza del 62 per cento dei ‘no’ contro il 38 dei ‘sì’, in controtendenza con il resto del Paese (il 52 per cento degli elettori britannici si è espresso a favore). A un solo anno dall’ufficialità della Brexit, il trionfo alle elezioni per il rinnovo del Parlamento di Holyrood da parte dell’ex-prima ministra, Nicola Sturgeon, nel 2021 ha sembrato confermare l’irrequietezza scozzese.Nonostante l’uscita di scena di Sturgeon lo scorso anno a causa di uno scandalo sui finanziamenti del Partito Nazionale Scozzese, anche nell’agenda del suo successore – l’ex-braccio destro Humza Yousaf – è rimasta la priorità di un nuovo referendum sull’indipendenza (che al momento vede il ‘sì’ leggermente in vantaggio), con la condanna della Brexit e delle sue conseguenze economiche come fattore trainante. È per questo motivo che bisognerà fare attenzione al risultato delle prossime elezioni nel Regno Unito – ancora non è nota la data, ma sono attese per la seconda metà del 2024 – dal momento in cui il primo ministro Yousaf le vede come un possibile momento di svolta. Il governo di Edimburgo potrebbe avviare immediatamente i negoziati con Londra nel caso in cui il Partito Nazionale Scozzese dovesse conquistare la maggioranza dei seggi garantiti alla Scozia alla Camera dei Comuni, mentre un altro scenario è quello dell’utilizzo delle elezioni per il rinnovo del Parlamento scozzese nel 2026 come voto ‘de facto’ sull’indipendenza dal Regno Unito e una richiesta di (ri)adesione all’Unione Europea.

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    Elezioni amministrative nel Regno Unito, laburisti e liberaldemocratici conquistano terreno sui Tories di Rishi Sunak

    Bruxelles – Primo e ultimo banco di prova elettorale nel Regno Unito per il primo ministro, il conservatore Rishi Sunak, in vista delle elezioni politiche che dovrebbero tenersi nell’autunno del 2024. È in corso lo spoglio dei voti per gli oltre 8 mila seggi in palio in 230 autorità locali per le elezioni amministrative in Inghilterra: l’esito finale non arriverà che in serata, ma dalle urne sta iniziando a profilarsi una netta vittoria di laburisti e liberal democratici, che avrebbero già conquistato alcuni consigli comunali chiave ai danni dei tories di Sunak.
    Secondo i dati pubblicati dalla Bbc, i Laburisti hanno ottenuto la maggioranza a Plymouth, Medway e Stoke-on-Trent, mentre i Lib dems hanno strappato ai Tories due roccaforti come Windsor e Maidenhead. Il partito di governo ha perso finora il controllo di 11 consigli comunali. Di particolare importanza la scelta dei primi cittadini in città come Bedford, Leicester, Mansfield e Middlesbrough: in quest’ultima ha vinto il laburista Chris Cooke, mentre nelle altre, in mano a progressisti e liberal democratici, ancora si attendono i risultati ufficiali.
    Risultati che, in caso di ulteriori guadagni di terreno da parte della sinistra e dell’area liberale, sconfesserebbero il cambiamento introdotto alle urne dal partito conservatore con la speranza di togliere voti agli avversari: per la prima volta infatti, per votare è obbligatorio presentare un documento d’identità con una foto. A farne le spese rischiano di essere migliaia di elettori, soprattutto giovani e minoranze etniche, disoccupati e disabili gravi, che tendono a votare laburista e che potrebbero incontrare ostacoli nella registrazione per il voto.
    Il primo ministro si è detto “deluso” della perdita di diversi consiglieri comunali,  ma a caldo ha aggiunto di non rilevare “alcuna massiccia ondata di movimento verso il partito laburista o entusiasmo per la loro agenda”. Il leader della sinistra Keir Starmer, anche lui al primo test elettorale da quando ha assunto l’incarico, si è immediatamente recato a Medway per celebrare la vittoria e ha dichiarato che i laburisti sono “sulla buona strada” per ottenere la maggioranza alle prossime elezioni politiche. Uno scenario che potrebbe ulteriormente incidere sulle relazioni tra il Regno Unito e l’Unione Europea, che dopo forti momenti di tensione post-Brexit si stanno avviando lentamente verso una cauta e necessaria distensione, confermata dal recente accordo sul Protocollo sull’Irlanda del Nord.

    In corso lo spoglio dei voti in 230 autorità locali in Inghilterra, i conservatori hanno già perso il controllo di 11 consigli comunali. Si vota anche per i sindaci di Bedford, Leicester, Mansfield e Middlesbrough. “Deluso” il primo ministro, il leader laburista Starmer ottimista per le prossime elezioni politiche

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    Ue e Regno Unito hanno raggiunto un’intesa post-Brexit per mettere fine alle contese sul Protocollo sull’Irlanda del Nord

    Bruxelles – Un accordo che dovrebbe porre fine alle tensioni costanti tra Unione Europea e Regno Unito sulla delicatissima questione del commercio nel Mare d’Irlanda, a due anni dalla separazione ufficiale tra Londra e Bruxelles. “Possiamo annunciare con orgoglio di essere riusciti a raggiungere un’intesa di principio sul Protocollo sull’Irlanda del Nord, che può offrire soluzioni di lungo termine per le preoccupazioni reciproche”, è l’annuncio in conferenza stampa della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, al termine del confronto con il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak, al castello di Windsor.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak (27 febbraio 2023)
    Da mesi si sono intensificati i contatti tra Londra e Bruxelles per trovare una soluzione sostenibile alle controversie riguardanti la tessera più complicata del puzzle Brexit. “Ci siamo impegnati duramente, non è stato facile”, ha confessato la numero uno dell’esecutivo comunitario. Ma quello che viene definito ‘quadro Windsor‘ è un “pacchetto comprensivo di misure per affrontare in modo definitivo le sfide della vita di tutti i giorni” nell’isola d’Irlanda in generale e in Irlanda del Nord in particolare. Come confermato dal premier britannico, “ci sarà un sistema di corsie verdi e corsie rosse” per le merci in transito dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord (parte del Regno Unito). Le corsie verdi garantiranno un “commercio fluido” tra le due sponde del Mare d’Irlanda per tutte le merci che non saranno riesportate verso il Mercato Unico dell’Ue (“la burocrazia sarà eliminata per ristoranti, supermercati, negozi e farmacie”, ha puntualizzato Sunak), mentre le corsie rosse garantiranno il rispetto degli standard stabiliti dall’Unione per le merci che interessano il mercato dei Ventisette.
    È questa l’introduzione più rilevante del ‘Windsor framework’ aggiunto al Protocollo dell’accordo di recesso tra Ue e Regno Unito, redatto per preservare l’unità dell’isola secondo l’accordo del Venerdì Santo del 1998. “Assicurerà che lo stesso cibo sia disponibile sugli scaffali dei supermercati dell’Irlanda del Nord come nel resto del Regno Unito e permetterà che tutte le medicine siano garantite alle stesse condizioni”, sono gli esempi forniti dalla numero uno della Commissione Ue. Allo stesso tempo però saranno di fondamentale importanza le “salvaguardie” per l’Unione, come l’accesso alla sorveglianza IT e alle procedure di implementazione degli accordi. In questo senso si inserisce il ruolo della Corte di Giustizia dell’Ue, che avrà “l’ultima parola sulle questioni legali”, compreso sul nuovo “freno d’emergenza” che l’Assemblea dell’Irlanda del Nord potrà attivare in caso di “preoccupazioni per la modifica di leggi Ue” sul quadro commerciale nell’isola. Come rendono noto funzionari europei, il meccanismo d’emergenza potrà essere attivato dal governo di Londra su richiesta di “almeno 30 membri” (su 90) del Parlamento di Belfast per questioni che coinvolgono aspetti del Protocollo.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak (27 febbraio 2023)
    Nonostante gli ultimi due anni non siano stati particolarmente semplici per le relazioni tra le due sponde della Manica sulla questione del commercio nell’Irlanda del Nord, tra Londra e Bruxelles le nubi di tempesta sembrano diradarsi. “Il clima è molto più costruttivo da quando Sunak è diventato premier” il 24 ottobre dello scorso anno, confermano le stesse fonti Ue. E anche se l’inquilino di Downing Street 10 ci tiene a rimarcare che “l’unica legge Ue in vigore è il minimo necessario per evitare il confine duro sull’isola d’Irlanda e per garantire l’accesso delle merci al Mercato Unico” per l’Irlanda del Nord, non passano inosservati i ringraziamenti calorosi a von der Leyen: “Ha avuto una visione che ci ha spianato la strada, e anche se abbiamo avuto differenze nel passato, siamo alleati, amici e partner commerciali“. Di qui l’inizio oggi (27 febbraio) di “un nuovo capitolo delle nostre relazioni” che “preserva il delicato equilibrio dell’Accordo del Venerdì Santo”, ha sottolineato Sunak. Si potranno ora aprire le discussioni anche sulla “partecipazione del Regno Unito al programma Horizon Europe“, ha anticipato von der Leyen, mentre funzionari a Bruxelles precisano che al momento Londra non ha manifestato interesse per il programma Erasmus.
    I due anni di contesa sull’Irlanda del Nord
    La contesa tra Londra e Bruxelles è iniziata nel marzo del 2021 attorno alla questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli Ue sui certificati sanitari per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Nel contesto post-Brexit questi controlli sonoritenuti necessari per mantenere integro il Mercato Unico sull’isola d’Irlanda. Il problema maggiore ha riguardato le carni refrigerate e per questa ragione si è spesso parlato di ‘guerra delle salsicce’ con Bruxelles.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e l’ex-primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson
    Il tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte dell’allora governo guidato da Boris Johnson ha scatenato lo scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra il luglio e l’ottobre dello stesso anno. L’esecutivo comunitario ha così sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati. Ma nel giugno dello scorso anno la Commissione Ue ha scongelato la stessa procedura d’infrazione, attivandone altre due, per la decisione di Londra di tentare la strada della modifica unilaterale del Protocollo sull’Irlanda del Nord. Il crollo del governo Johnson prima e di quello disastroso di Liz Truss poi – con la contemporanea crisi economica che da allora ha travolto il Paese – ha agevolato le aperture da entrambe le parti verso una soluzione sostenibile per un accordo di compromesso, che da oggi potrebbe mettere fine alle ultime scorie di tensione tra le due sponde della Manica.

    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il premier britannico, Rishi Sunak, hanno messo nero su bianco i termini per un nuovo accordo a due anni dalla separazione. Corsie differenziate per merci destinate al mercato nordirlandese e quelle da riesportare nell’Unione

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    Inizia a Londra il primo viaggio continentale di Zelensky. Domani è atteso a Bruxelles da Parlamento e Consiglio Ue

    Bruxelles – Ora è ufficiale. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha lasciato il Paese invaso dall’esercito russo dal 24 febbraio 2022 per il suo primo viaggio sul continente europeo. A renderlo noto è il governo britannico, annunciando che il leader dell’Ucraina è in viaggio per il Regno Unito, prima tappa della trasferta europea che domani (9 febbraio) lo vedrà a Bruxelles per partecipare alla sessione plenaria straordinaria del Parlamento Europeo e al vertice dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri Ue. Per questa sera è invece prevista una seconda tappa a Parigi, dove all’Eliseo si svolgerà un colloquio a tre tra il presidente ucraino, l’omologo francese, Emmanuel Macron, e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz.
    Da sinistra: il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Londra l’8 febbraio 2023 (credits: Justin Tallis / Afp)
    “La visita del presidente Zelensky nel Regno Unito è una testimonianza del coraggio, della determinazione e della lotta del suo Paese, e una testimonianza dell’amicizia indissolubile tra i nostri due Paesi”, è il saluto del primo ministro britannico, Rishi Sunak, a poche ore dall’arrivo del numero uno di Kiev a Londra. Nel confronto tra Sunak e Zelensky sarà discussa l’ulteriore fornitura militare a sostegno della difesa del Paese, l’addestramento di piloti di aerei da combattimento e nuove sanzioni contro la Russia, si apprende dalla nota diffusa da Downing Street 10. Il presidente ucraino si rivolgerà poi al Parlamento britannico a Westminster, dove esporrà il piano per una pace “giusta e sostenibile”, e ci si aspetta un incontro anche con re Carlo II.
    Ma a Bruxelles si aspetta solo lo scoccare della mezzanotte di giovedì 9 febbraio, quando avrà inizio la lunga giornata del presidente Zelensky presso le istituzioni comunitarie, per la prima volta di persona da quando è scoppiata la guerra in Ucraina. Dopo le indiscrezioni degli ultimi giorni ancora non sono arrivate conferme ufficiali – per questioni di sicurezza – dai portavoce del Consiglio e del Parlamento Ue, ma ormai nella capitale dell’Unione si stanno facendo tutti i preparativi per accogliere il leader ucraino sia nell’emiciclo dell’Eurocamera sia al Consiglio Europeo straordinario (che dopo migrazione e aiuti di Stato ora avrà un terzo dossier di peso sul tavolo). Non solo è stata spostata la riunione del Comitato delle Regioni, organizzata inizialmente nell’emiciclo del Parlamento Ue, ma anche la conferenza dei presidenti dei gruppi all’Eurocamera, prevista per domani, è slitatta di un giorno.
    Un camion dei pompieri distrutto da una mina a Kiev e un’ambulanza colpita dall’esercito russo a Kharkiv, davanti alla sede del Parlamento Europeo a Bruxelles (8 febbraio 2023)
    Come anticipano fonti europee, Zelensky domattina comparirà tra le 10 e le 11 davanti a tutti gli eurodeputati all’emiciclo di Bruxelles, presieduto dalla sua leader Roberta Metsola. Considerati gli stretti orari degli appuntamenti delle due istituzioni, è possibile che Zelensky si recherà prima a Palazzo Europa e poi si sposterà in rue Wiertz 60: altre fonti Ue prevedono che l’inizio dei lavori del vertice dei leader dei Ventisette sarà verso le ore 9.30/10, appena prima della visita di Zelensky all’Eurocamera. Il discorso del presidente ucraino al Consiglio Ue dovrebbe anticipare le discussioni previste su migrazione e risposta Ue all’Inflation Reduction Act (Ira) statunitense, che al momento si puntano a chiudere entrambe in una sola giornata.

    Tappa nel Regno Unito per il leader del Paese invaso dall’esercito russo da quasi un anno. Dopo il confronto con il premier Sunak e re Carlo III si dirigerà verso la capitale dell’Unione per partecipare alla sessione plenaria dell’Eurocamera e al vertice dei leader dei Ventisette

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    L’onda lunga della Brexit. Il Regno Unito paralizzato dagli scioperi a causa della stagnazione economica

    Bruxelles – Il Regno Unito non riesce ad assestarsi politicamente ed economicamente, a quasi due anni dall’uscita ufficiale di Londra dall’Unione Europea. Ferrovieri, personale della polizia di frontiera e delle poste, autisti del trasporto pubblico e infermieri sono pronti a incrociare le braccia anche durante le festività natalizie, per protestare contro la persistente stagnazione economica che sta impattando pesantemente sui salari dei dipendenti pubblici. Il governo conservatore guidato da Rishi Sunak deve affrontare ora un’impennata di scioperi che non ha eguali negli ultimi 30 anni, con all’orizzonte anche il rischio di tracollo della politica restrittiva nei confronti dei cittadini Ue stabilitisi nel Regno Unito attraverso il programma di insediamento del 2018.
    A causare la nuova ondata di scioperi – che cresce di mese in mese da giugno – è l’impennata del costo della vita e dell’inflazione, sotto i colpi delle conseguenze delle crisi che hanno travolto il Paese negli ultimi anni: dalla Brexit alla pandemia Covid-19, fino ad arrivare alla guerra russa in Ucraina con l’impatto sui prezzi dell’energia e sulle catene di approvvigionamento globali. Come emerge dai dati pubblicati dall’Office for National Statistics (Ons), tra agosto e ottobre 2022 si è registrato uno dei maggiori cali nei salari britannici dall’inizio delle registrazioni nel 2001: nonostante il segno positivo sulla crescita complessiva delle retribuzioni, al netto dell’inflazione il crollo si attesta al 2,7 per cento rispetto al 2021 (già lo scorso anno si era registrato un -3 per cento rispetto al 2020). A questo si somma il fatto che per il settore privato la crescita media dei salari (senza considerare quindi l’impatto dell’inflazione) ha più che doppiato quella del settore pubblico (+6,9 contro +2,7 per cento): come dichiarato dalla stessa agenzia governativa britannica per le informazioni statistiche, si tratta di “una delle più grandi differenze tra i tassi di crescita del settore privato e pubblico mai viste“.
    Gli scioperi dei dipendenti pubblici nel Regno Unito tra il 19 e il 31 dicembre 2022 (fonte: CNN su dati dell’Office for National Statistics)
    Nella memoria pubblica del Regno Unito l’ondata di scioperi in atto riporta alla mente quelle degli inverni 1978-1979, quando si registrarono dure dispute salariali tra governo e sindacati del settore pubblico e privato (chiuse poi dalle politiche economiche della prima ministra Margaret Thatcher). In realtà l’ultimo picco nel numero di scioperi paragonabile a quello registrato nell’ottobre 2022 (124) è quello del febbraio del 1988 (128). Secondo l’Ons durante l’ultimo mese per cui sono disponibili i dati 2022 sono stati persi in totale 417 mila giorni lavorativi nel corso degli scioperi dei dipendenti dei diversi comparti economici britannici.
    Le nuove proteste iniziate lunedì (19 dicembre) mettono sempre più sotto pressione il governo tory in carica da nemmeno due mesi, accusato di non tenere conto delle richieste dei lavoratori e di non avere ancora una linea politica chiara su come mettere fine a un’instabilità economica e politica che dopo la Brexit è andata peggiorando (tutto al contrario di quanto promesso dai suoi fautori). Downing Street 10 ha visto succedersi quattro primi ministri dalle dimissioni di David Cameron nel luglio 2016, a poche settimane dall’esito del referendum sulla Brexit (in ordine, Theresa May, Boris Johnson, Liz Truss e Rishi Sunak), e ancora il Paese non sembra essersi ripreso del tutto dalla grave crisi finanziaria scatenata dalla proposta di riforma fiscale del governo Truss, il più breve della storia del Paese. Per il gabinetto Sunak non ci sarebbe spazio di manovra per soddisfare le rischieste salariali, ma l’opinione pubblica britannica è tendenzialmente solidale con i lavoratori in sciopero e il rischio nel 2023 è di vedere un nuovo cambio di inquilino a Downing Street 10.
    Il numero di scioperi mensili registrati nel Regno Unito dal 1970 al 2022 (fonte: CNN su dati dell’Office for National Statistics)
    Tra cittadini Ue nel Regno Unito e contese con Bruxelles
    Ma il governo britannico si deve guardare anche da un altro colpo che arriva dall’interno del Paese e che rischia di screditare la politica portata avanti negli ultimi quattro anni dai governi tory nei conforti dei cittadini comunitari che vivono e lavorano nel Paese. Con una sentenza deliberata ieri (21 dicembre) l’Alta Corte di Giustizia ha dichiarato illegittimo il programma di insediamento del governo britannico per i cittadini Ue che vivono nel Paese. L’Eu Settlement Scheme è stato concepito nel 2018 per consentire ai cittadini comunitari di continuare a soggiornare e lavorare nel Regno Unito dopo la Brexit, con la concessione dello status di residente per avere accesso ai servizi di welfare. Tuttavia a oltre il 40 per cento dei richiedenti (2,5 milioni) è stato concesso solo lo status di pre-insediamento, che conferisce il diritto di residenza per cinque anni ma – in caso di ritardo nella presentazione della domanda di rinnovo – porterebbe automaticamente alla perdita del diritto al lavoro, all’alloggio, all’istruzione e alla richiesta di sussidi, con il rischio di essere espulsi.
    (credits: Daniel Leal / AFP)
    In vista della prima scadenza per il rinnovo dello status di pre-settled per agosto 2023 – cinque anni dopo l’introduzione della legge – il tribunale di primo grado della Royal Courts of Justice di Londra ha sancito che è illegale che i cittadini Ue perdano i loro diritti se non ripresentano domanda per lo status di pre-insediamento prima della scadenza: una volta che risiedono per il periodo richiesto di cinque anni, a tutti i cittadini comunitari dovrebbe essere concesso il diritto di risiedere permanentemente nel Regno Unito. La sentenza sarà impugnata dal governo britannico, che sostiene che la Commissione Europea sarebbe stata a conoscenza del fatto che i cittadini Ue con status di pre-settled sarebbero tenuti a presentare una seconda domanda di residenza permanente. Ma, se confermata la sentenza, l’esecutivo guidato da Sunak dovrà modificare la legge voluta dal governo May.
    A proposito del rapporto tra Londra e Bruxelles, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha avuto uno scambio con il premier britannico “sul nostro continuo e stretto coordinamento sul sostegno all’Ucraina e sulle sanzioni contro la Russia”. La numero uno dell’esecutivo comunitario ha però ricordato che è necessario “lavorare insieme per trovare soluzioni per quanto riguarda il protocollo sull’Irlanda del Nord“. La contesa va avanti dal marzo 2021, in particolare sulla questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli Ue sui certificati sanitari – e non – per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Il tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte dell’allora governo Johnson aveva scatenato lo scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra luglio e ottobre dello scorso anno: l’esecutivo comunitario aveva prima sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare poi delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati, ma senza mai mettere in discussione l’integrità della parte dell’accordo di recesso tra Ue e Regno Unito siglato per garantire l’unità sull’isola d’Irlanda. A metà giugno di quest’anno la Commissione ha scongelato la procedura d’infrazione e ne ha attivate altre due per la decisione di Londra di tentare la strada della modifica unilaterale del protocollo.

    Happy to exchange with @RishiSunak on our continued close coordination on support to Ukraine and sanctions against Russia.
    We will also push for ambitious #G7 and #G20 agendas.
    On IE/NI Protocol, we concur on the importance of working together to agree on solutions. pic.twitter.com/CndTSjQgaD
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) December 22, 2022

    Durante le festività natalizie incroceranno le braccia ferrovieri, personale della polizia di frontiera e delle poste, autisti del trasporto pubblico e infermieri. Intanto dall’Alta Corte di Giustizia arriva un duro colpo alla politica restrittiva del governo sulle domande di insediamento di cittadini Ue

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    Rishi Sunak è il nuovo leader tory e primo ministro del Regno Unito. L’Ue auspica una “relazione forte e costruttiva”

    Bruxelles – Il terzo primo ministro in meno di quattro mesi. Il Partito Conservatore del Regno Unito ha proclamato oggi (lunedì 24 ottobre) Rishi Sunak come nuovo leader e, di conseguenza, come prossimo inquilino di Downing Street 10. La nomina è arrivata dopo le dimissioni di Liz Truss di giovedì scorso (20 ottobre), rese inevitabili dalla grave crisi finanziaria scatenata dalla proposta di riforma fiscale del governo più breve della storia del Paese.
    Ex-cancelliere dello Scacchiere (l’equivalente del ministro dell’Economia) nel governo di Boris Johnson, 42 anni, esponente dell’ala destra del partito e sostenitore della Brexit, Rishi Sunak è stato l’unico candidato ad aver raccolto il sostegno di più di 100 parlamentari conservatore, la pre-condizione per accedere alle primarie per la leadership del partito. Ora attende ora solo le dimissioni formali della dimissionaria Truss nelle mani del sovrano Carlo III per essere designato automaticamente premier del Regno Unito e sarà il primo capo di governo di origini indiane (è nato a Southampton da padre keniota e madre tanzaniana emigrati in Inghilterra, ed entrambi di origini indiane).
    L’unica rivale di Sunak rimasta dopo la rinuncia ufficiale di Johnson ieri sera – la leader della Camera dei Comuni ed ex-segretaria allo Sviluppo internazionale, Penny Mordaunt – si è ritirata dalla corsa, riconoscendo la sconfitta davanti al Comitato 1922 (il gruppo parlamentare tory alla Camera dei Comuni). Rishi Sunak era andato vicino alla leadership tory e alla porta di Downing Street 10 a inizio settembre, quando era stato sconfitto da Truss nel ballottaggio tra gli iscritti (nonostante fosse stato il più votato tra i parlamentari). A rimetterlo in pista è stata la fine repentina dello stesso governo guidato dall’ex-capa negoziatrice delle relazioni post-Brexit con l’Unione Europea.
    “Congratulazioni al prossimo primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak”, ha commentato su Twitter la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, auspicando una “una relazione forte e costruttiva” con Londra. Le congratulazioni di circostanza non tradiscono però la tiepidezza dei rapporti tra le due sponde della Manica e l’urgenza di “un momento di enormi sfide”, ha sottolineato Metsola: “L’Europa ha bisogno di stabilità politica ed economica, i nostri interessi fondamentali rimangono gli stessi“. Messaggio simile a quello del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel: “Lavorare insieme è l’unico modo per affrontare le sfide comuni… e portare stabilità è la chiave per superarle”.

    Congratulations to the next Prime Minister of the United Kingdom @RishiSunak.
    At a time of enormous challenges, Europe needs political & economic stability. Our core interests remain the same.@Europarl_EN is committed to a strong & constructive relationship with the UK.
    🇪🇺🇬🇧
    — Roberta Metsola (@EP_President) October 24, 2022

    L’ex-cancelliere dello Scacchiere nel gabinetto Johnson è stato proclamato dopo il ritiro dell’unica rivale, la leader della Camera dei Comuni, Penny Mordaunt. Da Bruxelles congratulazioni tiepide e avvertimenti dopo la fine del (brevissimo) governo Truss: “L’Europa ha bisogno di stabilità politica ed economica”