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    Anche Regno Unito e Malta verso il riconoscimento della Palestina. Dall’Onu la spinta per la soluzione a due Stati

    Bruxelles – Qualcosa, forse, si muove davvero sotto il cielo della diplomazia. Mentre volgeva al termine la conferenza Onu sulla Palestina, ieri sera anche il Regno Unito e Malta hanno annunciato che riconosceranno a breve lo Stato palestinese. La mossa del premier britannico sembra più una “minaccia” verso Israele che non una solida convinzione politica, ma potrebbe comunque produrre dei risultati.Erano in pochi ad aspettarsi l’annuncio fatto ieri sera (29 luglio) dal primo ministro di Sua Maestà, sir Keir Starmer, al termine di una riunione straordinaria del suo gabinetto sulla catastrofe umanitaria in corso nella Striscia di Gaza. L’inquilino di Downing Street ha dichiarato che “l’unico modo per porre fine a questa crisi umanitaria è attraverso un accordo a lungo termine“, sostenendo che “il nostro obiettivo rimane un Israele sicuro e protetto accanto a uno Stato palestinese sovrano e vitale, ma in questo momento tale obiettivo è sotto pressione come mai prima d’ora”.“Ora è il momento di agire“, ragiona Starmer, sulla scia della crescente pressione internazionale sullo Stato ebraico affinché fermi la strage di palestinesi che porta avanti da oltre 21 mesi (definita come genocidio dalle stesse ong israeliane) e faccia entrare nell’enclave costiera gli aiuti umanitari. “Vediamo bambini affamati, bambini troppo deboli per stare in piedi, immagini che rimarranno con noi per tutta la vita”, ha aggiunto.My statement on the humanitarian crisis in Gaza and our plan for peace including the recognition of a Palestinian State. pic.twitter.com/aMUCNwJb9z— Keir Starmer (@Keir_Starmer) July 29, 2025In realtà, il premier britannico ha posto la questione come una sorta di ultimatum al governo israeliano: Londra riconoscerà formalmente lo Stato palestinese “a meno che” Tel Aviv non adotti “misure concrete” per cessare immediatamente le ostilità a Gaza. L’autodeterminazione di un popolo e la sovranità di una nazione usati come minacce, insomma, anziché venire trattati con la dignità che, almeno teoricamente, prescrive il costume diplomatico.Sia come sia, la mossa di Starmer – che ha ceduto al fuoco di fila del suo esecutivo e di centinaia di deputati perché seguisse l’esempio di Emmanuel Macron – segnala comunque un importante cambio di passo del Regno Unito, che potrebbe diventare il secondo Paese G7 a muoversi in questa direzione.Dopo Parigi e Londra, anche La Valletta è salita sul carro. Intervenendo sui social, il primo ministro Robert Abela ha anticipato che anche Malta riconoscerà lo Stato palestinese alla prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite, in calendario dal 9 al 23 settembre.Immediata risposta del governo israeliano, col primo ministro Benjamin Netanyahu che grida all’appeasement e parla dell’ennesima “ricompensa per Hamas“. Un disco rotto che gracchia ogni qualvolta qualcuno prenda posizione a favore della causa palestinese, dei diritti umani e del diritto internazionale e contro i crimini ingiustificabili perpetrati da Israele (valsi al premier un mandato di cattura della Corte penale internazionale).Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (foto: Menahem Kahana/Afp)Ma nelle ultime settimane lo Stato ebraico sembra sempre più isolato, criticato aspramente anche dai suoi storici alleati. Mentre in Ue le cancellerie dei Ventisette discutono sulla sospensione parziale dei fondi Horizon+ proposta dalla Commissione, i Paesi Bassi hanno bandito dal loro territorio Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir, due ministri estremisti del sesto gabinetto Netanyahu.Giusto ieri, Smotrich ha ventilato la possibilità di costruire nuovi insediamenti a Gaza a guerra terminata, dando per scontato che Tel Aviv riprenderà il controllo della Striscia abbandonata nel 2005. La Knesset (il Parlamento monocamerale israeliano) ha recentemente approvato una mozione non vincolante sull’annessione della Cisgiordania. Su entrambi questi territori dovrebbe sorgere il futuro Stato palestinese, attualmente riconosciuto da 147 Paesi sui 193 membri dell’Onu (inclusi 11 Paesi dell’Ue) ma nessun membro del G7.E proprio al Palazzo di vetro dell’Onu si conclude oggi la conferenza internazionale sulla Palestina, sponsorizzata da Francia e Arabia Saudita. Nella “dichiarazione di New York” sottoposta alle delegazioni dei governi mondiali si propongono “misure concrete, vincolate da scadenze temporali e irreversibili” per l’attuazione della soluzione a due Stati, a partire dal cessate il fuoco. L’Autorità nazionale palestinese (Anp) dovrà poi gestire la transizione verso uno Stato di Palestina sovrano e indipendente, che viva in pace affianco a Israele, anche grazie ad una missione internazionale di peacekeeping.

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    Macron annuncia il riconoscimento della Palestina. Israele e Stati Uniti furiosi: “Premia il terrorismo”

    Bruxelles – Mentre continua a peggiorare la catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza, il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato che Parigi riconoscerà ufficialmente lo Stato di Palestina. La decisione dell’inquilino dell’Eliseo, pur nell’aria da qualche tempo, scuote comunque il mondo politico, soprattutto quello occidentale. La Francia diventerà così il primo Paese del G7 a riconoscere la statualità palestinese, aprendo una frattura diplomatica di non poco conto con gli Stati Uniti. Che, seguendo Israele, hanno immediatamente condannato la mossa del leader transalpino.Il presidente francese Emmanuel Macron ha affidato ad un post su X, nella serata di ieri (24 luglio), l’annuncio che ha scosso la diplomazia di mezzo mondo, soprattutto tra gli alleati più stretti di Parigi: “Fedele al suo storico impegno per una pace giusta e duratura in Medio Oriente, ho deciso che la Francia riconoscerà lo Stato di Palestina“, ha scritto, specificando che la comunicazione formale avverrà alla prossima sessione plenaria dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in calendario per settembre.“L’urgenza oggi è che cessi la guerra a Gaza e che la popolazione civile riceva soccorso“, continua il post, dove si chiede “un cessate il fuoco immediato, la liberazione di tutti gli ostaggi e un massiccio aiuto umanitario” agli abitanti dell’enclave palestinese. Qui, decine di civili continuano a venire assassinati ogni giorno dall’esercito di Tel Aviv mentre tentano di mettere le mani sugli aiuti umanitari che lo Stato ebraico fa entrare col contagocce (con buona pace del conclamato accordo mediato dall’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas), scaricando peraltro la responsabilità per la mancata distribuzione sull’Onu.Fidèle à son engagement historique pour une paix juste et durable au Proche-Orient, j’ai décidé que la France reconnaîtra l’État de Palestine.J’en ferai l’annonce solennelle à l’Assemblée générale des Nations unies, au mois de septembre prochain.… pic.twitter.com/7yQLkqoFWC— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) July 24, 2025Macron menziona tra le priorità anche “la smilitarizzazione di Hamas” e la ricostruzione della Striscia, passi fondamentali per “costruire lo Stato di Palestina, garantirne la sostenibilità e consentire che, accettando la sua smilitarizzazione e riconoscendo pienamente Israele, contribuisca alla sicurezza” dell’intera regione. “Non c’è alternativa“, incalza monsieur le Président, che conclude il suo messaggio con una promessa, o forse una speranza: “Conquisteremo la pace“.Di pace, tuttavia, non vuole assolutamente saperne il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il cui unico modo per rimanere al potere (e non finire sotto processo in patria e, potenzialmente, pure di fronte alla Corte penale internazionale) è proprio quello di prolungare la guerra. O meglio, le guerre.Non solo quella che da 21 mesi sta conducendo a Gaza – sulla carta contro Hamas, anche se appare sempre meno credibile questa foglia di fico per nascondere l’intento genocidiario e di pulizia etnica nella Striscia e nel resto dei territori palestinesi occupati (come certificato dal recente voto della Knesset, il Parlamento monocamerale di Tel Aviv, sull’annessione della Cisgiordania) – e che sta conoscendo in queste settimane l’ennesima, atroce recrudescenza. Ma anche le campagne condotte in Libano, l’aggressione contro l’Iran e i più recenti bombardamenti sulla Siria.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (foto: Andrew Caballero-Reynolds/Afp)Non a caso Netanyahu, che da sempre si oppone con forza alla possibilità di una statualità palestinese in qualsiasi forma, ha criticato duramente l’annuncio di Macron. Secondo l’uomo forte di Tel Aviv la mossa di Parigi “premia il terrorismo“, mentre “uno Stato palestinese in queste condizioni sarebbe un trampolino di lancio per annientare Israele, non per vivere in pace al suo fianco”. Un interessante rovesciamento di prospettive e responsabilità, se si guarda a quanto accade sul terreno.Furiosi anche gli Stati Uniti, alleati di ferro di Israele che respingono “fermamente” la fuga in avanti dell’Eliseo, definita dal segretario di Stato Marco Rubio come una decisione “avventata” che “ostacola il processo di pace” e rappresenta addirittura “uno schiaffo alle vittime del 7 ottobre“.Del resto, Washington non ha sottoscritto l’appello internazionale al governo di Tel Aviv perché fermi la carneficina in corso a Gaza e consenta l’accesso incondizionato degli aiuti umanitari. Tra i Paesi firmatari, arrivati a quota 28, c’è anche l’Italia (Roma ha iniziato ad alzare la voce con lo Stato ebraico solo dopo il bombardamento di una chiesa cattolica nella Striscia), mentre l’altra assenza di peso, tutt’altro che sorprendente, è la Germania.Il cancelliere federale di Berlino, Friedrich Merz, sentirà nelle prossime ore Macron e il primo ministro britannico Keir Starmer, per una “chiamata d’emergenza” in cui coordinare una posizione comune del gruppo di tre nazioni (noto come E3) sia sulla questione palestinese sia su un altro importante dossier: i colloqui con Teheran sul programma nucleare iraniano, che riprendono proprio oggi a Istanbul.Il premier laburista – che ieri sera ha dichiarato, in un comunicato congiunto con Macron e Merz, che “la sovranità è un diritto inalienabile del popolo palestinese” – sta fronteggiando crescenti pressioni dal suo stesso partito per seguire le orme del presidente francese. Ma per il momento non è in vista un cambio nella posizione ufficiale di Londra, nonostante Regno Unito e Canada avessero aperto la porta ad un futuro riconoscimento della Palestina lo scorso maggio, insieme alla Francia.Il primo ministro britannico Keir Starmer (foto via Imagoeconomica)D’altro canto, l’iniziativa del leader transalpino non arriva esattamente come un fulmine a ciel sereno. Da tempo il suo governo sta segnalando aperture nei confronti della causa palestinese (pur con tutte le attenzioni diplomatiche del caso), e da mesi ventilava la possibilità di legittimare formalmente lo Stato di Palestina, unendosi a diversi Paesi europei che già la riconoscono.Addirittura, la Francia avrebbe dovuto organizzare a metà giugno, insieme all’Arabia Saudita, una conferenza internazionale al Palazzo di vetro dell’Onu per rilanciare la cosiddetta “soluzione a due Stati” per la questione israelo-palestinese. L’evento è poi saltato a causa della guerra dei 12 giorni, ma il 28 e 29 luglio prossimi dovrebbe svolgersi una riunione a livello ministeriale, il che spiega bene il tempismo dell’annuncio di Macron.Attualmente, sono 147 gli Stati membri dell’Onu che riconoscono la Palestina, su un totale di 193 Paesi. Tra questi ci sono undici membri Ue (Bulgaria, Cechia, Cipro, Irlanda, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria), ma nessuna nazione del G7. Un futuro Stato palestinese dovrebbe sorgere, teoricamente, sui territori di Gaza e della Cisgiordania (inclusa Gerusalemme Est), tutti occupati illegalmente da Israele sin dalla guerra dei Sei giorni del 1967.Il vicepresidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Hussein al-Sheikh, ha accolto con favore l’apertura di Macron, che spera possa aprire la strada alla “creazione del nostro Stato indipendente“. Il capo dell’Anp, Mahmoud Abbas, si è impegnato a organizzare nuove elezioni legislative e presidenziali nel 2026 e, se mai uno Stato palestinese nascerà, a smilitarizzare le milizie di Hamas.

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    Tre quarti dei membri Onu riconosce la Palestina come Stato

    Bruxelles – Divisi tra loro e divisivi per l’opinione pubblica. Israeliani e palestinesi, storia praticamente infinita di una questione, quella arabo-israeliana, sempre più un rompicapo. Due popoli, due Stati: quella che dovrebbe essere la soluzione per molti continua ad essere più retorica che pratica, nonostante la comunità internazionale riconosca la Palestina come Stato. Dei 193 Stati membri dell’Organizzazione delle nazioni Unite (Onu), ben 143 oggi riconoscono il diritto dei palestinesi di esistere come entità geografica e politica. Praticamente tre quarti della comunità internazionale vede la Palestina come Stato. Tra i 50 mancanti figurano all’appello  Stati Uniti, Canada, Australia e buona parte dei membri Ue.Novembre 1988, momento chiave per la Palestina e lo status di StatoLe rivendicazioni palestinesi conoscono un momento di svolta il 15 novembre 1988, quando l’allora presidente dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), Yasser Arafat, proclamò la Palestina Stato indipendente e sovrano, con Gerusalemme capitale. Un annuncio che non restò isolato: subito dopo la proclamazione, l’Algeria riconobbe la nuova entità, aprendo la strada al riconoscimento internazionale. Altri 82 Paesi seguirono, e tra novembre e dicembre 1988 ben 83 Paesi del mondo riconobbero la Palestina come Stato.La lista dei Paesi che riconoscono lo Stato palestinese nel 1988:Algeria, Bahrein, Indonesia, Iraq, Kuwait, Libia, Malesia, Mauritania, Marocco, Somalia, Tunisia, Turchia, Yemen, Afghanistan, Bangladesh, Cuba, Giordania, Madagascar, Malta, Nicaragua, Pakistan, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti , Serbia, Zambia, Albania, Brunei, Gibuti, Mauritius, Sudan, Cipro, Repubblica Ceca, Slovacchia, Egitto, Gambia, India, Nigeria, Seychelles, Sri Lanka, Namibia, Russia, Bielorussia, Ucraina, Vietnam, Cina, Burkina Faso , Comore, Guinea, Guinea-Bissau, Cambogia, Mali, Mongolia, Senegal, Ungheria, Capo Verde, Corea del Nord, Niger, Romania, Tanzania, Bulgaria, Maldive, Ghana, Togo, Zimbabwe, Ciad, Laos, Sierra Leone, Uganda, Repubblica del Congo, Angola, Mozambico, Sao Tomé e Principe, Gabon, Oman, Polonia, Repubblica Democratica del Congo, Botswana, Nepal, Burundi, Repubblica Centrafricana, Bhutan, Sahara Occidentale.Il post-1988: altri 20 riconoscimenti nel XX secoloL’accreditamento internazionale della Palestina non si arresta. Al primo blocco di Paesi, alla spicciolata, se ne aggiungono altri 20 negli anni successivi, e per la fine del secolo si contano ben 103 Stati del mondo a riconoscere uno Stato palestinese, con tutti diritti del caso. Africa, Asia centrale e pure Europa: il sostegno alla causa di Arafat arriva dai diversi quadranti del mondo.Paesi che riconoscono lo Stato Palestinese tra il 1988 e il 2000:Ruanda, Etiopia, Iran, Benin, Kenya, Guinea Equatoriale, Vanuatu, Filippine (1989), Swaziland (1991), Kazakistan, Azerbaigian, Turkmenistan, Georgia, Bosnia ed Erzegovina (1992), Tagikistan, Uzbekistan, Papua Nuova Guinea (1994), Sudafrica, Kirghizistan (1995), Malawi (1998)Il nuovo millennio e il sostegno dell’America latinaIl nuovo millennio si apre con nuove iniziative politico- diplomatiche a sostegno della causa palestinese e un riconoscimento dello Stato di Palestina, che arriva con uno slancio tutto nuovo dal centro e sud America.  Tra il 2004 e il 2012 altri 30 Paesi vanno ad ingrossare la lista di quanti ritengono che sia tempo di riconoscere la Palestina, che gode adesso di 133 Nazioni mondiali esplicitamente al proprio fianco.Paesi che riconoscono la Palestina tra il 2000 e il 2012: Timor Est (2004), Paraguay (2005), Montenegro (2006), Costa Rica, Libano, Costa d’Avorio (2008), Venezuela, Repubblica Dominicana (2009), Brasile, Argentina, Bolivia, Ecuador (2010), Cile, Guyana, Perù, Suriname, Uruguay, Lesotho, Sud Sudan, Siria, Liberia, El Salvador, Honduras, Saint Vincent e Grenadine, Belize, Dominica, Antigua e Barbuda, Grenada, Islanda (2011), Thailandia (2012).2013, il riconoscimento del Vaticano e nuove nazioni pro-stato PalestineseIl 2013 segna un momento storico per la causa palestinese. Il Vaticano, che non fa parte dell’Onu, prende ufficialmente posizione della questione arabo-israeliana, e riconosce la Palestina quale Stato. Una mossa non solo politica e diplomatica, ma anche dai toni confessionali forti: lo Stato della Chiesa sposa la parta arabo-islamica delle controversie in Medio Oriente. E’ solo uno dei momenti chiave della seconda decade degli anni Duemila in poi. La Svezia rompe gli indugi di un’Ue divisa e dubbiosa, e diventa il primo Paese dell’Europa occidentale a riconoscere lo stato palestinese.Riconoscimento dello Stato palestinese dal 2013 ai giorni nostriGuatemala, Haiti, Vaticano (2013), Svezia (2014), Santas Lucia (2015), Colombia (2018), Saint Kitts and Nevis (2019), Messico (2023), Bahamas, Trinidad e Tobago, Giamaica e Barbados (2024).

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    L’Ue: “Soluzione a due Stati in Medio Oriente”. Ma solo 9 su 27 riconoscono la Palestina come Stato

    Bruxelles – Soluzione a due Stati in Medio Oriente, con Israele da una parte e Palestina dall’altra . L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, sta insistendo sul fatto che solo questa sia la soluzione al conflitto arabo-israeliano. Una linea sposata anche dall’Italia e dal governo in carica, ma che appare tutt’altro che semplice. Perché oggi appena un terzo degli Stati membri dell’UE riconosce la Palestina come Stato. Appena nove su Ventisette, più un decimo che si è aggiunto in corso d’opera.Bulgaria, Cipro, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Svezia e Ungheria. Sono loro ad aver riconosciuto la Palestina come Stato secondo i confini del 1967 (Cisgiordania, striscia di Gaza e Gerusalemme est). Solo la Svezia ha riconosciuto uno stato palestinese da membro UE, mentre gli altri l’hanno fatto prima di entrare nel club a dodici stelle. Recentemente, sulla scia dell’operazione lanciata di Hamas su vasta scala innescando il conflitto tutt’ora in corso, il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez ha annunciato di essere pronto a compiere il passo mai compiuto finora, portando così a dieci gli Stati membri dell’Ue a riconoscere la Palestina come Stato.Risultano evidenti dunque cortocircuito e contraddizione dell’UE, che da una parte chiede un qualcosa che non può avvenire finché i singoli governi non nazionali ottengono ciò che serve. Sulla ‘questione Palestina’ c’è un braccio di ferro inter-istituzionale che si trascina da almeno un decennio. Il Parlamento europeo chiede che venga riconosciuto uno stato palestinese almeno dal 2014, sempre sulla base di una situazione a due stati con frontiere del 1967. Adesso torna a spingere anche la Commissione europea, attraverso Borrell, per la stessa cosa, ma il vero nodo è in Consiglio.Tanto è vero che l’europarlamentare spagnola Ana Miranda (Verdi), con tanto di interrogazione urgente, chiede di riconoscere “con urgenza” la Palestina come Stato invitando il consiglio Affari generali, che riunisce i ministri per gli Affari europei dei 27 Stati membri dell’UE, di mettere sul tavolo l’argomento. La richiesta originariamente era indirizzata alla Spagna, presidente di turno fino al 31 dicembre 2023, ma essendo stata presentata il 13 dicembre questa interrogazione ora finirà all’attenzione del Belgio, presidente di turno dal primo gennaio.“L’Unione deve adottare una nuova posizione e riconoscere lo Stato di Palestina“, esorta l’europarlamentare spagnola. Ma perché ciò sia possibile occorre che tutti i 27 Stati membri riconoscano la Palestina come Stato. Altrimenti le dichiarazioni resteranno prive di fondamento e credibilità. Il sostegno all’Autorità nazionale palestinese da solo non basta.