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    L’Occidente e la Russia, Balfour (Carnegie): Essere uniti sta dando i suoi frutti

    Bruxelles – Gli occidentali hanno mostrato unità anche di fronte alla crisi che si è scatenata sabato in Russia con la “marcia su Mosca” dei 25mila mercenari guidati da Yevgeny Prigozhin. Poche dichiarazioni, osservazione degli eventi, solo qualche giudizio sul caos che a quanto sembra si è creato nel gruppo dirigente russo.
    “L’esperienza di essere uniti sta dando i suoi frutti”, ha dichiarato Rosa Balfour, direttrice del think tank Carnegie Europe al Wall Street Journal. Secondo l’analista fino all’inizio dell’invasione russa in Ucraina i governi occidentali avevano opinioni diverse sulla Russia e sui suoi approcci, alcuni favorevoli all’impegno e altri più conflittuali. Adesso la strategia, anche attraverso il ruolo della Nato, sembra sostanzialmente condivisa.
    Se la rivolta fosse avvenuta un anno fa, “sarebbe stata estremamente problematica per l’Occidente”, ha detto Balfour, secondo la quale “alcuni leader avrebbero rifiutato la leadership di Putin, mentre altri lo avrebbero difeso come una forza di stabilità che doveva rimanere”. Oggi, ha detto Balfour al WSJ, “non mi sembra che questo accada”.
    Secondo l’analista “i commenti del presidente francese Emmanuel Macron il mese scorso a Bratislava hanno segnato un punto di svolta”. In quella occasione, Macron affermò che i Paesi dell’Europa occidentale non avevano ascoltato gli avvertimenti dei loro vicini orientali sull’aggressione della Russia e chiese maggiori sforzi per la sicurezza dell’Ucraina.
    “Gli europei hanno raggiunto un nuovo livello di comprensione e di valutazione strategica” sulla Russia, conclude Balfour.

    La direttrice del centro europeo della Fondazione statunitense al Wall Street Journal

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    Dumoulin (Ecfr): Le concessioni di Putin a Prigozhin aprono a sfide ancor più radicali

    Bruxelles – Cosa è successo nel fine settimana in Russia? Al di là della cronaca, oramai nota (almeno per grandi linee) cosa ha significato la “ribellione” (se questa è stata) di Yevgeny Prigozhin? Ne parla Marie Dumoulin, direttrice del programma per l’Europa allargata dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr).
    “L’ammutinamento del fine settimana segna la fine del fenomeno Prigozhin così come lo conoscevamo. Aveva fatto molto affidamento sulle risorse governative, che probabilmente non saranno più a sua disposizione. Prima del febbraio 2022, l’attività principale di Wagner – ricorda Dumoulin – era quella di offrire protezione ai governi stranieri, come nella Repubblica Centrafricana o in Mali, contro i gruppi armati rivali che minacciavano il loro potere. Dopo la marcia su Mosca, Wagner probabilmente non rimarrà un fornitore di sicurezza credibile per i leader stranieri. Il modello subirà quindi cambiamenti fondamentali”.
    Secondo l’analista “la capacità di Prigozhin di mantenere le attività di Wagner all’estero sarà cruciale per comprendere il suo rapporto con la leadership russa. Le compagnie militari private non dovrebbero esistere in Russia, poiché non esiste uno status giuridico applicabile. Si presume generalmente che la Wagner sia stata fondata in stretta collaborazione con l’agenzia militare estera russa (Gru), fornendo un accordo utile per condurre azioni al di fuori dei confini russi con un certo grado di negabilità (da parte delle autorità russe, ndr) plausibile”.
    Dumoulin ritiene che con l’azione di sabato “formalmente, il potere di Vladimir Putin non è stato minacciato, ma la sua autorità è stata esplicitamente e radicalmente messa in discussione. Non è la prima volta: Anche il ritorno di Navalny in Russia all’inizio del 2021, dopo il tentativo di avvelenamento, ha rappresentato una sfida all’autorità di Putin, poiché Navalny ha affermato la sua capacità di stabilire l’agenda. Ma questa era una sfida politica. La marcia di Prigozhin su Mosca è stata molto più radicale e violenta. Il fatto che Putin sia disposto a fare concessioni di fronte alla violenza potrebbe preannunciare ulteriori sfide di natura ancora più radicale“.
    “La sfida – sottolinea la studiosa – è arrivata da una persona percepita come vicina a Putin, anche se Prigozhin non è mai stato un vero insider. Per questo motivo il suo tentativo di marciare su Mosca è stato definito da Putin ‘tradimento’. Tuttavia, è probabile che abbia chiarito a molti all’interno del sistema russo che il ‘divide et impera’ di Putin stava diventando pericoloso per il sistema stesso”.
    Gli eventi di questo fine settimana “hanno anche messo in discussione uno degli elementi centrali della narrativa di Putin da quando è al potere: ha costruito il suo governo sull’idea di portare stabilità e ordine nel Paese dopo il caos degli anni Novanta. Finché la guerra è rimasta lontana per la maggior parte dei russi, questa narrazione ha potuto reggere. Tuttavia ritiene Dumoulin -, una ribellione da parte di un gruppo paramilitare non si allinea bene con questa narrazione”.
    “Non mi aspetto che questi eventi abbiano un impatto diretto sulle operazioni in Ucraina – conclude l’analista di Ecfr -, ma probabilmente influenzeranno il morale dell’esercito russo e potrebbero persino portare a mettere in discussione la loro fedeltà alla leadership politica. Prigozhin ha espresso preoccupazioni riguardo agli obiettivi della ‘operazione militare speciale’ e alla condotta delle operazioni. Queste preoccupazioni sono probabilmente condivise da una parte dell’esercito russo“.

    Secondo la direttrice del programma per l’Europa allargata dell’European Council on Foreign Relations il capo della Wagner “ha espresso preoccupazioni riguardo agli obiettivi e alla gestione della ‘operazione militare speciale’. Queste preoccupazioni sono probabilmente condivise da una parte dell’esercito russo”

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    La strategia russa di lasciare l’Ucraina al buio e al freddo è un crimine contro l’umanità

    Impotente ad avanzare sul campo, anzi dovendo subire l’umiliazione della ripresa di Kherson sotto controllo ucraino, gli obiettivi dell’”operazione speciale” di Putin sono diventati le principali città e infrastrutture strategiche del paese, costringendo al freddo e al buio milioni e milioni di civili.
     Una sorta di vendetta, insomma, per gli smacchi subiti che, con l’aiuto del “generale Inverno” può mettere seriamente in difficoltà la forte fibra degli ucraini attraverso un metodo che non può che qualificarsi di crimine contro l’umanità, come giustamente rivendica Volodymyr Zelenski, tanto colpisce trasversalmente tutte le fasce della popolazione, comprese le più deboli e inermi, bambini, malati, anziani eccetera.
     Si tratta di un ulteriore escalation di una guerra abbietta e spietata al cuore dell’Europa, che non può che suscitare ulteriore sdegno per il carattere indiscriminato dei raid, a prescindere dalla natura militare o strategica dei target da colpire.
    La guerra, insomma, non è più tesa alla presunta “denazificazione” del paese, o  debellare le sue forze armate, ma è condotta virtualmente contro l’intero popolo ucraino col risultato paradossale, peraltro, che i russi bombardano la stessa Kherson, di cui avevano solo poche settimane fa decretano l’annessione.
    Bene ha fatto il Parlamento europeo a dichiarare, a larga maggioranza, che la Russia è “uno stato sponsor del terrorismo” che “utilizza mezzi terroristici”, invitando le istituzioni europee e i suoi Paesi a creare un quadro giuridico adeguato e considerare di aggiungere la Russia a tale lista.
    Nel mirino anche i mercenari della famigerata “Brigata Wagner” e altri gruppi e milizie armate, Ciò farebbe scattare una serie ulteriore di misure nei confronti della Russia, tanto che si sta lavorando ad un nono pacchetto di sanzioni, a partire dal famoso “price cap” sulle forniture energetiche russe.
    Il Parlamento chiede inoltre all’Unione europea di isolare ulteriormente la Russia a livello internazionale, anche per quanto riguarda l’adesione ad organizzazioni e organismi internazionali, di ridurre i legami diplomatici con la Russia e di limitare i contatti dell’UE con rappresentanti russi al minimo indispensabile.
    A far saltare i nervi al leader del Cremlino c’è stato anche il mezzo fallimento del vertice di Erevan, in Armenia, con i capi di alcune delle ex repubbliche sovietiche che non hanno particolarmente sostenuto Putin nella sua strategia dominatrice – dal loro punto di vista in modo del tutto comprensibile, tanto che i russi non sono nemmeno riusciti a ottenere un comunicato congiunto finale.
    Siamo, insomma, ad una fase forse cruciale del conflitto. E non ci si illuda eccessivamente: nella visione di Putin non c’è il pareggio, non sta giocando un campionato mondiale.
    Sta giocando la finale, o vince o perde la partita della sua vita.

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    L’UE e la minaccia nucleare di Putin, Bruxelles lavora a un piano di emergenza dopo la presa della centrale di Zaporizhzhia

    Bruxelles – L’Unione Europea corre ai ripari sul fronte della sicurezza nucleare e nel fine settimana ha chiesto un rapido intervento dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) di fronte alla crescente preoccupazione per la sicurezza delle centrali nucleari ucraine. “Ho scritto al direttore generale Rafael Mariano Grossi per sostenere le sue azioni nel garantire la sicurezza nucleare dei siti in Ucraina. L’attacco armato contro impianti nucleari è contro il diritto internazionale”, afferma in un tweet la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, informando di un incontro nel pomeriggio di ieri tra i regolatori nucleari europei per “sostenere i colleghi di Kiev”.

    Nel pomeriggio di domenica, l’Ucraina ha informato l’AIEA che la gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhya, il più grande impianto nucleare attivo in Europa, è finita ora in mano al comandante delle forze armate russe, dopo che le truppe di Putin ne hanno preso il controllo alla fine della scorsa settimana. Fino a venerdì scorso era il personale ucraino a far funzionare la centrale, da ieri qualsiasi azione di gestione dell’impianto, compreso il funzionamento tecnico dei sei reattori presenti nell’impianto, richiede l’approvazione preventiva del comandante russo. E questo è fonte di preoccupazione per tutti.
    Il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’Energia si è detto “profondamente preoccupato” per questo sviluppo. Grossi ha denunciato in una nota anche grandi problemi di comunicazione con il personale della centrale nucleare di Chornobyl, con cui al momento è possibile comunicare solo con le e-mail. Le forze russe hanno preso lo scorso 24 febbraio (l’inizio dell’aggressione ai danni di Kiev) il controllo del luogo in cui, nel 1986, si è verificato il più grande incidente nucleare al mondo. Grossi ha riaffermato la sua disponibilità a recarsi alla centrale nucleare di Chornobyl per assicurarsi “l’impegno per la sicurezza e la protezione di tutte le centrali nucleari ucraine dalle parti in conflitto nel Paese”.
    Già in un confronto con l’Eurocamera la scorsa settimana la commissaria Simson aveva fatto sapere che anche l’UE sta seguendo da vicino la situazione della sicurezza nucleare insieme all’ENSREG, il gruppo europeo dei regolatori della sicurezza nucleare (European Nuclear Safety Regulators Group) che si è incontrato nel fine settimana e che sta preparando “un piano di emergenza nel caso in cui la Russia dovesse attaccare” gli impianti nucleari presenti sul territorio ucraino, da quando le truppe di Mosca hanno usato l’impianto (inattivo e luogo di raccolta di combustibile esausto e rifiuti radioattivi) di Chernobyl come scudo e rifugio all’inizio dell’invasione dell’Ucraina.
    Il presidente russo Putin ha minacciato gravi ritorsioni e il ricorso alle armi atomiche, in caso di interventismo occidentale in una guerra che il capo del Cremlino considera legittima, facendo riferimento più o meno diretto alla bomba atomica. Occupando strategicamente impianti nucleari presenti sul territorio ucraino ha ricreato il clima di deterrenza nucleare tipico della Guerra fredda, in risposta alla raffica di sanzioni europee varate nell’ultima settimana ai danni dell’economia di Mosca. Prima ha messo in stato d’allerta le forze di deterrenza del Paese, forze strategiche di attacco e di difesa dell’esercito russo che includono anche una componente nucleare e poi ha posizionato strategicamente le sue truppe negli impianti nucleari, dicendo indirettamente che potrebbe usarli come arma di ritorsione. E’ improbabile un impiego di armi nucleari nella guerra in corso, ma chiaramente è impossibile escluderlo del tutto. È vero inoltre che la più grande preoccupazione al momento è che gli impianti siano accidentalmente coinvolti nei bombardamenti, con possibili effetti devastanti sui territori circostanti.

    L’allarme dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica sull’impossibilità di comunicare con il personale di Chornobyl e la proposta del direttore generale Grossi di recarsi in loco per assicurarsi “l’impegno per la sicurezza e la protezione di tutte le centrali nucleari ucraine dalle parti in conflitto nel Paese”

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    Putin invade l’Ucraina, ferma condanna dall’UE: “Siamo al fianco del popolo di Kiev”. L’Eurocamera convoca una plenaria straordinaria il primo marzo

    Bruxelles – L’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, iniziata giovedì 24 febbraio poco prima dell’alba, con varie città sotto assedio e bombardamenti segnalati nella capitale Kiev, ha provocato la ferma reazione di condanna da parte dell’UE che cerca di dare l’immagine di una potenza unita e decisa a parlare con una sola voce.
    “Condanniamo nel modo più forte possibile l’aggressione militare senza precedenti della Russia contro l’Ucraina. Con le sue azioni militari non provocate e ingiustificate, la Russia sta violando gravemente il diritto internazionale e sta minando la sicurezza e la stabilità europea e mondiale“, scrivono in una nota congiunta i presidenti del Consiglio, Charles Michel, e della Commissione UE, Ursula von der Leyen, annunciando un pacchetto di sanzioni mirate. “In queste ore buie, i nostri pensieri sono rivolti all’Ucraina e alle donne, uomini e bambini innocenti mentre affrontano questo attacco non provocato e la paura per le loro vite. Riterremo responsabile il Cremlino”, ha fatto eco in un tweet la presidente del Parlamento, Roberta Metsola.
    La conferenza dei capogruppo convocata d’urgenza da Metsola ha deciso di convocare una sessione straordinaria della plenaria per martedì prossimo, primo marzo. I leader dei principali gruppi politici all’Europarlamento hanno discusso con Michel e von der Leyen in vista del vertice straordinario di questa sera. “La Conferenza dei presidenti ha condannato con la massima fermezza l’attacco russo all’Ucraina”, si legge nella nota stampa diffusa dopo la fine della riunione. “L’Ucraina è una nazione indipendente e sovrana e la sua integrità territoriale non è negoziabile. L’invasione è ingiustificata e illegale. È una minaccia per la stabilità europea e regionale, nonché per l’ordine mondiale basato su regole. L’attacco prende di mira il nostro modello di società democratica. Non può rimanere senza risposta”.
    “A seguito degli attacchi militari della Russia sull’Ucraina, chiediamo un’urgente sessione plenaria straordinaria del Parlamento europeo. Tutta la forza della comunità internazionale deve unirsi per condannare gli attacchi russi e rispondere. La guerra è tornata in Europa”, ha evocato il capogruppo del PPE, Manfred Weber, e da molti altri deputati.

    Following the military attacks by #Russia on #Ukraine, we call for an urgent extraordinary plenary session of the European Parliament. The full force of the international community must unite to condemn the Russian attacks and respond. War has arrived in Europe again.
    — Manfred Weber (@ManfredWeber) February 24, 2022

    L’Aula di Strasburgo è compatta nella ferma condanna. “La NATO e l’UE devono reagire con decisione contro il sistema oligarchico di Putin e questa palese violazione del diritto internazionale. Siamo fermamente con l’Ucraina e il suo popolo”, commenta il gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (ECR).

    We condemn #Russia’s unprovoked attack on #Ukraine in the strongest possible terms. @NATO and the #EU must react decisively against #Putin’s oligarchic system and this blatant breach of international law.
    We stand firmly with Ukraine and its people. #Standwithukraine
    — ECR Group (@ecrgroup) February 24, 2022

    Parole dure arrivano anche dalla Lega all’Eurocamera. “La guerra non è mai la soluzione. Piena solidarietà al popolo ucraino, ora l’occidente reagisca compatto. L’obiettivo deve essere una risposta ferma e la fine immediata delle ostilità: le armi devono lasciare posto alla diplomazia”, si legge in una nota degli europarlamentari della Lega Marco Zanni (presidente gruppo Id) e Marco Campomenosi (capo delegazione Lega). “Oggi lo ribadiremo alla conferenza dei presidenti convocata d’urgenza da Metsola, davanti a Michel e von der Leyen. Necessario anche che sforzi di Ue e governo siano rivolti affinché non siano i cittadini a pagare il carico delle conseguenze del conflitto”.
    “La reazione può, e deve, essere solo una: fermezza. L’UE reagisca subito e si convochi immediatamente il Parlamento Europeo in seduta straordinaria”, evoca anche l’eurodeputato in quota dem Giuliano Pisapia (S&D). “Centinaia di migliaia di civili in Ucraina, tra cui donne, anziani e bambini, in questo momento sono in pericolo di vita per le ciniche politiche espansionistiche di Putin. Oltre che dal confine con il Donbass, le truppe russe si stanno infiltrando dalla Bielorussia e alla Crimea”. “Una guerra nel cuore dell’Europa, qualcosa di inimmaginabile per la mia generazione”, gli fa eco su twitter Brando Benifei, capo delegazione del partito democratico. “L’Unione Europea sia unita e risponda con la necessaria durezza: Putin va fermato, la pace e il diritto del popolo ucraino a libertà e sicurezza vanno difesi”.
    Dal Movimento 5 Stelle la capo delegazione Tiziana Begnin descrive l’aggressione della Russia “gravissima e ingiustificata, che calpesta il diritto internazionale e la pace in Europa. Il nostro pensiero va al popolo ucraino e in particolare alle donne e ai bambini che in questo momento sono in pericolo di vita per le scriteriate politiche espansionistiche di Putin. L’Unione europea deve reagire subito per porre fine alle violenze”.
    (Articolo in continuo aggiornamento)

    Le reazioni europee all’invasione dell’Ucraina. Convocata martedì prossimo la plenaria straordinaria del Parlamento di Strasburgo, che condanna all’unanimità l’azione di forza intrapresa da Putin

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    Merkel chiama Putin: “Intervieni sul comportamento disumano della Bielorussia”

    Bruxelles – “La Cancelliera ha telefonato al presidente Putin per discutere della situazione al confine tra Bielorussia e Polonia“. Lo annuncia su Twitter il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert. Il Cremlino ha precisato che che si è trattato di “un’iniziativa della Germania”.
    Secondo Seibert, Merkel “ha sottolineato che la strumentalizzazione dei migranti attraverso il regime bielorusso è disumana e inaccettabile e ha pregato il presidente Putin di intervenire”. Di seguito la cancelliera avrebbe chiesto al presidente russo di utilizzare la propria influenza per dissuadere il governo di Minsk dal proseguire quello che per l’UE è un “attacco asimmetrico”.
    Da Mosca è arrivata una risposta tiepida. Se infatti Putin ha acconsentito “a continuare i colloqui su questo tema”, non sono stati presi impegni di sorta per porre un freno alla crisi. Quanto emerge dalle dichiarazioni è che per l’inquilino del Cremlino si tratta di un problema tra l’Unione europea e la Bielorussia, che non tocca direttamente la Russia.
    Nel corso della telefonata con Angela Merkel, Putin ha suggerito di risolvere la questione “attraverso un colloquio diretto tra gli Stati membri dell’UE e Minsk”, affermando che la Russia avrebbe fatto il possibile per mettere in contatto le due parti in causa – ma senza intervenire in prima persona.
    Merkel ha poi ringraziato pubblicamente i Paesi “che sono preoccupati per la protezione delle frontiere esterne dell’Unione europea, Lituania, Lettonia e Polonia”, lasciando intendere un supporto tedesco alle istanze degli Stati che stanno gestendo direttamente i flussi migratori orchestrati dal regime bielorusso.

    Per la Cancelliera la “strumentalizzazione dei migranti attraverso il regime bielorusso è un comportamento disumano e inaccettabile”, ma Vladimir Putin invita gli Europei a parlare direttamente con Minsk