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    Vaticano-Ungheria, domani Orban da Papa Francesco: prima visita ufficiale all’estero dopo le elezioni

    Città del Vaticano – Sullo sfondo del conflitto in Ucraina e del dramma di milioni di profughi sfollati in Europa, domani alle 11 il premier ungherese Viktor Orban farà tappa in Vaticano. Incontrerà Papa Francesco per la seconda volta, anche se sarà la sua prima visita ufficiale alla Santa Sede.
    Ad annunciarlo è Zoltan Kovacs, portavoce del primo ministro, su Twitter, ricordando come questa sia la prima visita ufficiale all’estero di Orban dopo la vittoria delle elezioni lo scorso 3 aprile, il suo quarto mandato.
    Jorge Bergoglio e Orban si sono già incontrati a Budapest, dove il Papa ha trascorso qualche ora per chiudere il 52esimo congresso eucaristico internazionale il 12 settembre scorso, mentre si dirigeva in Slovacchia. Potrebbe far ritorno in Ungheria a settembre prossimo, in visita ufficiale, unendo la tappa al viaggio apostolico in Kazakhstan.
    Nel 2021, in molti hanno accostato il veloce incontro, a cinque, con il premier sovranista ungherese nel museo delle Belle Arti di Budapest con la visita ufficiale e i picchetti d’onore, fatta nel palazzo presidenziale di Bratislava per incontrare la presidente della Repubblica europeista Zuzana Caputova. Una differenza di forma e sostanza che non è passata inosservata.
    Con Orban e il Papa, nell’incontro erano presenti anche il presidente Janos Ader, il segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin, e il ministro degli Esteri vaticano, Paul Gallagher. Di migranti Bergoglio parlò soltanto nell’incontro privato con i vescovi del Paese: “Vogliamo che il fiume del Vangelo raggiunga la vita delle persone, facendo germogliare anche qui in Ungheria una società più fraterna e solidale, abbiamo bisogno che la Chiesa costruisca nuovi ponti di dialogo”. Chiese loro di mostrare sempre “il volto vero della Chiesa”: “È madre! Un volto accogliente verso tutti, anche verso chi proviene da fuori, un volto fraterno, aperto al dialogo”.  “Ho chiesto a Papa Francesco di non lasciare che l’Ungheria cristiana perisca”, aveva annunciato su Facebook il premier ungherese. La replica pubblica del Papa arrivò più tardi, in Slovacchia, durante l’incontro ecumenico nella nunziatura di Bratislava. Ritrovare le radici cristiane è importante, aveva ricordato ma chiedendosi: “Come possiamo auspicare un’Europa che ritrovi le proprie radici cristiane se siamo noi per primi sradicati dalla piena comunione?”. È difficile, aveva spiegato Francesco, “esigere un’Europa più fecondata dal Vangelo senza preoccuparsi del fatto che non siamo ancora pienamente uniti tra noi nel continente e senza avere cura gli uni degli altri. Calcoli di convenienza, ragioni storiche e legami politici non possono essere ostacoli irremovibili sul nostro cammino”. Parole che potranno tornargli utili nel nuovo faccia a faccia, questa volta privato, con il sovranista ungherese.

    Il Papa severo sulla posizione di Budapest circa i migranti. l premier ungherese è al suo quarto mandato, ha già incontrato il Pontefice il 12 settembre scorso

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    L’Unione Europea cerca di coordinare gli Stati membri per il cambio delle banconote dei profughi in fuga dall’Ucraina

    Bruxelles – Nelle ultime sette settimane, da quando la Russia ha aggredito militarmente l’Ucraina, l’Unione Europea è diventata un luogo di rifugio per oltre quattro milioni di ucraini. Aldilà degli sforzi di solidarietà annunciati e messi in atto dai Ventisette, ci sono molti aspetti problematici che riguardano la vita di tutti i giorni e le necessità pratiche di cittadini di un Paese extra-UE che sono stati accolti in massa e in tempi record alle frontiere dell’Unione (grazie alla prima attivazione della Direttiva europea sulla protezione temporanea). Uno di questi riguarda le banconote che i rifugiati in arrivo dall’Ucraina hanno in portafoglio e quelle che servono loro per effettuare pagamenti nell’UE.
    Dopo aver risolto la questione degli animali domestici e delle comunicazioni tra profughi e famiglie rimaste in Ucraina (grazie a un accordo storico tra operatori telefonici), gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) ha approvato una raccomandazione sul cambio di banconote di grivnia ucraina nelle valute in circolazione nell’UE, a sostegno delle persone che – dopo essere fuggite dalla guerra – stanno riscontrando problemi nella conversione di denaro. La raccomandazione invita gli Stati membri a istituire schemi nazionali che permettano la conversione fino a 10 mila grivnie (circa 310 euro) a persona, bambini compresi, per un minimo di tre mesi. La conversione di banconote avverrebbe senza spese e al tasso di cambio ufficiale pubblicato dalla Banca centrale dell’Ucraina.
    Dall’inizio dell’invasione militare russa, la Banca centrale dell’Ucraina ha dovuto sospendere il cambio di banconote di grivnia per proteggere le riserve limitate di valuta estera del Paese, influenzando a sua volta la convertibilità della valuta ucraina negli Stati membri UE: molte banche non sono più state disposte a cambiare la grivnia proprio a causa dei rischi di cambio, rendendo più difficile per i rifugiati convertire il denaro che hanno portato con sé fuggendo dalla guerra. Il primo aprile la Commissione Europea ha presentato una proposta di raccomandazione per promuovere un approccio coordinato per gli schemi nazionali, in modo che gli sfollati dall’Ucraina possano convertire alle stesse condizioni le banconote di grivnia in valuta locale, indipendentemente dallo Stato membro che li ospita (euro, lev bulgaro, corona ceca, corona danese, corona svedese, fiorino ungherese, kuna croata, złoty polacco, leu romeno). In questo modo si stabiliranno condizioni di parità per gli istituti di credito e si potranno prevenire comportamenti speculativi sul mercato.
    L’adozione formale della raccomandazione da parte del Consiglio è prevista per il 19 aprile con procedura scritta. Le raccomandazioni non sono atti giuridicamente vincolanti, ma l’implementazione effettiva e l’istituzione degli schemi devono essere decise dagli Stati membri secondo le proprie legislazioni nazionali.

    I 27 ambasciatori UE hanno approvato la raccomandazione sulla conversione di grivnia ucraina nelle valute in circolazione nei Paesi membri a condizioni paritarie e senza spese, per prevenire comportamenti speculativi sul mercato

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    Ucraina, Papa vede Duda in Vaticano: profughi al centro. Il presidente lo invita in Polonia

    Città del Vaticano – Non si placano le violenze in Ucraina e, con gli orrori, l’emorragia di profughi costretti ad abbandonare le loro case. Secondo l’Unhcr sono già due milioni le persone che hanno lasciato l’Ucraina, la maggior parte trova rifugio nella vicina Polonia. Mentre Varsavia è alle prese con l’emergenza, il presidente Andrzej Duda vola a Roma per incontrare Papa Francesco. Più volte la Santa Sede si è proposta di mediare nella crisi.
    Al colloquio a porte chiuse, durato 35 minuti,  è seguito un faccia a faccia tra il presidente polacco e il cardinale Segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin, e il ‘ministro degli Esteri’ del Vaticano, monsignor Paul Gallagher. Conflitto, sicurezza e pace in Europa il focus, con un riferimento particolare alla situazione dei rifugiati, filtra dalle mura Leonine.  Delle sue preoccupazioni Bergoglio ha parlato anche con il presidente della Conferenza episcopale polacca, monsignor Stanislaw Gadecki, ricevuto il 29 marzo. Al centro, hanno fatto sapere i vescovi, “l’impegno della Chiesa a fronte della crisi umanitaria”.
    Tra i doni del Papa per Duda oggi ce ne è uno che torna frequentemente: il medaglione di San Martino. Secondo la tradizione, durante un temporale il santo donò una metà del suo mantello a un mendicante seminudo e l’altra metà a un secondo indigente incontrato poco dopo. ‘Icona dell’impegno verso i bisognosi’, recita la nota di accompagnamento.  Con il medaglione, Francesco regala anche i documenti del suo Pontificato (le encicliche, le esortazioni apostoliche, l’ultimo messaggio per la Pace, la dichiarazione sulla fratellanza umana, il libro sulla Statio Orbis del 27 marzo 2020).  Il presidente polacco ricambia con un dipinto raffigurante il cardinale Stefan Wyszynski, un album fotografico degli eventi del primo anno dell’attuale mandato della Presidenza e una collana di cd con opere del musicista polacco Fryederyk Chopin.
    La Polonia, che ha aperto le porte ai rifugiati, è tornata più volte nei ringraziamenti del Papa, dall’inizio del conflitto. Duda lo ringrazia, invita Bergoglio a visitare di nuovo il Paese, in queste settimane, gli racconta dei colloqui avuti con il presidente ucraino, Volodomyr Zelensky. “Abbiamo quasi due milioni di cittadini ucraini, questa sarebbe una occasione di incontro con due nazioni, quella polacca e quella ucraina”, spiega poi in un briefing, senza spingersi a fornire altri dettagli.  Ma a chi gli chiede conto della richiesta di tanti attori di trovare una soluzione onorevole per il presidente russo Vladimir Putin,  Duda risponde senza indugi: “Non c’è onore per la gente senza onore”.

    Francesco riceve in Vaticano il presidente polacco: confronto sul dramma del conflitto in Ucraina

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    Le informazioni per aiutare i profughi in arrivo dall’Ucraina, anche in Italia: soggiorno, protezione e spostamenti nell’UE

    Bruxelles – Sono oltre due milioni i profughi già arrivati nell’Unione Europea dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina e il numero continuerà a crescere, considerato il fatto che si tratta della crisi migratoria più velocemente in crescita sul suolo europeo dalla Seconda Guerra mondiale, come ha avvertito l’agenzia ONU per i Rifugiati. Da Bruxelles è arrivata una risposta veloce e unitaria, con l’attivazione per la prima volta in 21 anni della Direttiva europea sulla protezione temporanea (qui tutti i dettagli) e un nuovo pacchetto da 500 milioni di euro a sostegno di rifugiati e Paesi membri che li stanno accogliendo. Ma ogni cittadino può contribuire, con aiuti materiali o divulgando le informazioni che possono essere cruciali anche per le famiglie ucraine – che già vivono e lavorano in Italia – di queste persone.
    Per rendere più accessibili e chiari i diritti e il livello di protezione garantita su tutto il territorio dell’Unione Europea, la Commissione UE ha aperto una pagina web per le persone in fuga dalla guerra in Ucraina, con tutte le informazioni di cui possono avere bisogno (in inglese e a breve anche in ucraino). Dal diritto all’alloggio agli attraversamenti di confine, dall’assistenza di base, come cibo e medicine, alla richiesta di ritorno nel proprio Paese o della protezione internazionale.
    Prima di tutto, appena fatto ingresso in un Paese membro UE, i cittadini ucraini o con un permesso di soggiorno rilasciato da Kiev hanno il diritto alla protezione temporanea, che durerà almeno un anno (prolungabile fino a tre, ma con una decisione del Consiglio UE). A questo punto viene garantito il permesso di soggiorno, l’accesso al mercato del lavoro e all’alloggio, l’assistenza medica e l’accesso all’istruzione per i bambini. Se un membro della famiglia già risiede legalmente in uno Stato membro dell’Unione Europea può essere richiesto il ricongiungimento familiare. Chiunque scappi dalla guerra in Ucraina, a prescindere dalla nazionalità, ha il permesso di entrare nell’UE, contattando in seguito le autorità competenti per il ritorno nel proprio Paese di origine.
    Per spostarsi oltre il primo Paese di arrivo, i rifugiati ucraini e i cittadini di Paesi extra-UE con regime senza visto possono continuare a viaggiare liberamente in altri Paesi dell’Unione Europea o dello spazio Schengen. Dirigendosi verso l’Italia, la prima volta che viene attraversato il confine di un Paese che non non fa parte dell’area UE senza controllo delle frontiere interne (per esempio tra Romania e Ungheria) saranno richiesti i documenti. Di lì in poi, non sarà più necessario mostrare i documenti (nemmeno per dirigersi verso Svizzera, Liechtenstein, Islanda o Norvegia). È raccomandato che i profughi portino con sé documenti validi al momento della partenza ma, considerata l’urgenza e la gravità della situazione in Ucraina, a nessuno sarà negato l’ingresso nell’UE in assenza di questa documentazione.
    Per quanto riguarda gli spostamenti, diverse compagnie europee offrono trasporto gratuito per i profughi che fuggono dalla guerra in Ucraina, per viaggi in treno, autobus, traghetti e aerei (qui una prima lista in aggiornamento). Viaggiando verso l’Italia o un altro Paese membro dell’UE va fatta attenzione al rischio di traffico di esseri umani e allo sfruttamento da parte di organizzazioni criminali. Per questo motivo non va mai accettato trasporto o alloggio da persone che non siano autorità nazionali o organizzazioni della società civile, così come non vanno mai forniti i propri documenti d’identità, informazioni o effetti personali ad altri che non siano funzionari governativi o di frontiera. “Informa sempre i tuoi parenti o amici sul luogo in cui ti trovi“, è il consiglio della Commissione Europea. Nel caso di offerte di lavoro, di alloggio o di trasporto, ci si può rivolgere a queste autorità nazionali, a seconda dello Stato UE in cui ci si trova in quel momento.

    La Commissione Europea ha aperto una pagina web per sostenere tutte le persone in fuga dalla guerra in Ucraina nel reperire informazioni sui propri diritti una volta arrivati varcata le frontiere dell’Unione

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    La Commissione UE ha proposto la prima attivazione della direttiva sulla protezione temporanea per i rifugiati

    Bruxelles – La dimensione storica della proposta si era intuita già domenica (27 febbraio), quando al Consiglio Affari Interni straordinario ne era stata discussa la possibilità. Per la prima volta da quando è entrata in vigore la base legislativa e normativa per l’applicazione dei corridoi umanitari nel 2001, la Commissione UE ha proposto formalmente di attivare la Direttiva europea sulla protezione temporanea, quella che stabilisce uno status di protezione di gruppo in “situazioni di crisi derivanti da un afflusso massiccio di persone in fuga da una situazione di grande pericolo”.
    A rendere necessaria la proposta di attivazione (che dovrebbe essere approvata domani dal Consiglio dell’UE) è stato l’arrivo di più di 650 mila persone dall’Ucraina nei vicini Stati membri dell’Unione, dopo l’invasione russa iniziata una settimana fa. “Tutti coloro che fuggono dalle bombe di Vladimir Putin sono i benvenuti in Europa”, ha spiegato la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, sottolineando che l’Unione fornirà “protezione a coloro che cercano riparo e aiuto a coloro che cercano un modo sicuro per tornare a casa“. La direttiva sulla protezione temporanea è stata pensata specificamente per dare “protezione immediata alle persone che ne hanno bisogno e per evitare di sovraccaricare i sistemi di asilo degli Stati membri”, spiega la Commissione UE, grazie alle linee-guida operative fornite alle guardie di frontiera degli Stati membri.
    Secondo la proposta, “cittadini ucraini e persone che hanno fatto dell’Ucraina la loro casa”, sfollati o in fuga dalla guerra, avranno il diritto alla protezione in tutta l’Unione Europea. Sono inclusi – ed è bene ricordarlo – “anche i cittadini non ucraini e gli apolidi che risiedono legalmente in Ucraina e che non possono tornare nel loro Paese d’origine, come i richiedenti asilo o i beneficiari di protezione internazionale”. Nei giorni scorsi sono stati denunciati diversi casi di discriminazione razziale ed etnica alle frontiere dell’Unione sull’accoglienza di profughi in arrivo dall’Ucraina, anche dal ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, che ieri su Twitter ha messo in chiaro: “Le perone africane che cercano di essere evacuate sono nostri amici e devono avere le stesse opportunità di tornare ai loro Paesi d’origine in sicurezza”.

    Russia’s invasion of Ukraine has affected Ukrainians and non-citizens in many devastating ways. Africans seeking evacuation are our friends and need to have equal opportunities to return to their home countries safely. Ukraine’s government spares no effort to solve the problem.
    — Dmytro Kuleba (@DmytroKuleba) March 1, 2022

    Considerata la “natura straordinaria ed eccezionale dell’attacco russo e l’entità dei nuovi arrivi nell’UE”, la direttiva sulla protezione temporanea fornirà tutti i diritti di protezione internazionale riconosciuti ai rifugiati: residenza, accesso al mercato del lavoro e all’alloggio, assistenza sociale e medica, mezzi di sussistenza, tutela legale e accesso all’istruzione per bambini e adolescenti. Di fondamentale importanza anche la solidarietà e la condivisione delle responsabilità tra Stati membri nell’ospitare gli sfollati ucraini o in arrivo dal Paese invaso dalle truppe di Putin: sarà attivata una piattaforma di solidarietà per lo scambio di informazioni tra i Ventisette sulle capacità di accoglienza e una redistribuzione che tenga conto anche della presenza di amici e parenti sul territorio UE delle persone in arrivo.
    Per quanto riguarda la gestione delle frontiere, le linee-guida della direttiva sulla protezione temporanea prevedono la semplificazione delle procedure alle frontiere dell’UE con l’Ucraina, con un allentamento dei controlli previsti dalle regole Schengen “in circostanze eccezionali per certe categorie di persone” (di cui sopra). In questo modo si riuscirà ad “aiutare coloro che fuggono dalla guerra a trovare riparo senza ritardi, pur mantenendo un alto livello di controlli di sicurezza”, specifica la proposta della Commissione. Per esempio, se non si riesce a stabilire l’identità di una persona, si può procedere alle verifiche di frontiera anche dopo il trasporto in un luogo sicuro e non al valico. O ancora, le guardie di frontiera possono autorizzare cittadini extra-UE a fare ingresso nello Stato membro per motivi umanitari “anche se non soddisfano tutte le condizioni di ingresso” (se non hanno un passaporto o un visto valido). Nel caso in cui le strade verso i valichi ufficiali di frontiera siano bloccate o congestionate, può essere consentito l’attraversamento da valichi temporanei per “aiutare a ridurre i ritardi”.
    La direttiva che non è mai stata attivata in più di 20 anni – nemmeno quando sei mesi fa è scoppiata la crisi in Afghanistan – prevede “accordi speciali” per facilitare entrata e uscita di servizi di soccorso, polizia e vigili del fuoco per fornire assistenza di ogni tipo alle persone in attesa di attraversare il confine, oltre alla possibilità per i rifugiati di portare effetti personali senza alcun dazio doganale e anche animali domestici. Le linee-guida raccomandano “vivamente” agli Stati membri di sfruttare il supporto delle agenzie Frontex ed Europol, rispettivamente per l’assistenza nella registrazione delle persone in arrivo dall’Ucraina e per il supporto ai controlli secondari. Una volta adottata, la protezione temporanea dell’UE durerà un anno, con la possibilità di rinnovi semestrali per un altro anno: se le condizioni dovessero rimanere critiche, il Consiglio potrà decidere a maggioranza qualificata (su proposta della Commissione), l’estensione per un terzo anno.

    Europe stands by those in need of protection.
    All those fleeing Putin’s bombs are welcome in Europe.
    We will provide protection to those seeking shelter and we will help those looking for a safe way home.
    Our proposal to support people fleeing the war in Ukraine ↓
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 2, 2022

    Gli oltre 650 mila profughi dall’Ucraina hanno reso necessaria la proposta dell’esecutivo UE. Saranno previsti allentamenti dei controlli di frontiera, solidarietà tra Paesi membri nell’accoglienza e facilitazioni di ingresso per chi fugge dalla guerra

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    Afghanistan, i corridoi umanitari UE restano un tabù: Austria, Slovenia e Ungheria vogliono frontiere chiuse ai profughi

    Bruxelles – L’Unione Europea si spacca e per l’ennesima volta dimostra di non essere in grado di trovare una linea comune sulla politica migratoria, anche quando si tratta di emergenze di portata storica. Si fanno sempre più insistenti le richieste di cittadini, di organizzazioni non governative e di deputati dei Paesi membri alle istituzioni europee di attivare corridoi umanitari per i profughi in arrivo dall’Afghanistan, a una settimana dalla presa di Kabul da parte dei talebani. Ma l’asse Lubiana-Vienna-Budapest fa muro contro quella che viene classificata come una riedizione della crisi migratoria di sei anni fa lungo la rotta balcanica.
    A sollevare le polemiche era stato ieri (22 agosto) il primo ministro sloveno, Janez Janša: “Non ripeteremo gli errori strategici del 2015, aiuteremo solo coloro che ci hanno supportato durante la missione NATO e i Paesi membri dell’UE che difendono i nostri confini esterni”. L’opposizione di Janša ha assunto particolare rilievo anche per il fatto che attualmente ricopre la carica di presidente di turno del Consiglio dell’UE (dal primo luglio fino a fine anno). “Non è compito dell’Unione o della Slovenia aiutare e pagare per tutti coloro che fuggono nel mondo“, ha rincarato la dose il premier sloveno, confermando di essersi completamente allineato alle posizioni del Gruppo di Visegrád (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) per quanto riguarda le questioni migratorie.
    A nemmeno ventiquattr’ore di distanza è arrivata la sponda austriaca e ungherese, con un copione molto simile a quello del presidente di turno del Consiglio dell’UE. “Gli eventi in Afghanistan sono drammatici, ma non dobbiamo ripetere gli errori del 2015. La gente che esce dal Paese deve essere aiutata dagli Stati vicini”, ha commentato su Twitter il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz. Per Vienna la priorità dell’UE deve essere “proteggere le frontiere esterne e combattere la migrazione illegale e i trafficanti di esseri umani“, anche considerata la situazione interna del Paese: “L’Austria ha accolto 44mila afghani, abbiamo una delle più grandi comunità pro-capite al mondo”, ha aggiunto il cancelliere. “Ci sono ancora grossi problemi con l’integrazione e siamo quindi contrari all’arrivo di altri profughi”.
    Da Budapest il premier ungherese, Viktor Orbán, ha fatto sapere che “proteggeremo l’Ungheria dalla crisi dei migranti” e che “deve essere evitato che i profughi lascino la regione”. Oltre a ciò, sarà poi necessario sostenere il ruolo “fondamentale” della Turchia e dei Paesi dei Balcani occidentali, per “evitare l’ingresso dei migranti nell’Unione Europea”.

    Österreich hat mit der Aufnahme von 44.000 Afghanen sehr viel geleistet. Wir haben pro Kopf eine der größten afghanischen Communities der Welt nach Iran, Pakistan & Schweden. Bei der Integration gibt es noch große Probleme & wir sind daher gegen eine zusätzliche Aufnahme.
    — Sebastian Kurz (@sebastiankurz) August 22, 2021

    In vista della riunione straordinaria del G7 convocata dal premier britannico, Boris Johnson, per domani (24 agosto), sembrano andare in frantumi le speranze dell’Unione Europea di presentarsi compatta di fronte agli interlocutori internazionali sulla questione dell’accoglienza dei profughi. Nel corso dell’audizione alla commissione Affari esteri (AFET) del Parlamento Europeo di lunedì scorso (16 agosto), l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, aveva aperto alla possibilità di applicare per la prima volta la Direttiva europea sulla protezione temporanea del 2001. Prima di essere immediatamente sconfessato proprio da un portavoce dell’esecutivo comunitario.
    Due giorni più tardi (mercoledì 18 agosto), al termine del vertice straordinario con i 27 ministri UE, la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, aveva però ammesso che Bruxelles si sta preparando “a tutti gli scenari”. Durante il vertice si era parlato della “priorità immediata”, ovvero l’evacuazione del personale e dei cittadini comunitari e del personale locale che ha lavorato con gli Stati membri in Afghanistan (è notizia dell’ultim’ora l’imbarco di oltre 170 collaboratori UE all’aeroporto di Kabul grazie alle forze speciali francesi).
    Ma è anche stata considerata “l’instabilità che porterà probabilmente a un aumento della pressione migratoria”. In questo senso sarà necessario un sostegno ai Paesi vicini (Iran e Pakistan) e trovare una quadra a livello comunitario per i richiedenti asilo: “Allo stato attuale la situazione nel Paese non è sicura e non lo sarà per un po’ di tempo”, erano state le parole di apertura della commissaria Johansson. “Non possiamo costringere le persone a tornare in Afghanistan“.
    Reazioni da Bruxelles
    Le prese di posizione dei governi di Lubiana, Vienna e Budapest sono state accolte da durissime critiche a Bruxelles. Il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, dai microfoni di Rainews24 ha risposto seccamente a Janša, ricordandogli che “non spetta all’attuale presidenza del Consiglio dire cosa farà l’Unione Europea“. Dal momento in cui “tutte le nostre istituzioni stanno lavorando per vedere quale solidarietà è necessaria per coloro che sono a rischio dal nuovo regime”, il presidente del Parlamento UE ha invitato il premier sloveno a “discutere con le istituzioni europee” per decidere insieme a riguardo. “Tutti i nostri Paesi si sentono coinvolti nella situazione in corso in Afghanistan“.

    It is not up to the Slovenian Presidency to say what the position of the EU is on the humanitarian crisis in Afghanistan.
    We invite PM Janša to discuss with the EU institutions what the next steps should be but it’s clear we need to show solidarity. https://t.co/sK15X3Q2fZ
    — David Sassoli (@EP_President) August 22, 2021

    Posizione ribadita anche dal commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, che ha ricordato che il presidente di turno “coordina l’attività, non ha poteri decisionali di alcun tipo” a livello di politica estera europea (un incidente tra Lubiana e Bruxelles a riguardo si era già consumato a pochi giorni dall’avvio del semestre sloveno). Ma c’è di più: “L’Unione deve lavorare sull’accoglienza e sulle quote di immigrazione legale di rifugiati afghani e deve farlo anche togliendosi l’alibi della unanimità nelle decisioni“. Considerato il fatto che “so che l’unanimità non ci sarà mai”, il Consiglio dovrà agire “a maggioranza, se si vuole dare una mano ai rifugiati”.
    Dall’Italia, il presidente della commissione Esteri della Camera dei Deputati, Piero Fassino, ha fatto appello al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, perché “richiami immediatamente il premier sloveno ad attenersi rigorosamente ed esclusivamente alle sue titolarità”. Ma dal Consiglio, per il momento, tutto tace e le uniche notizie che trapelano sono di una discussione con con il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan. “Si tratta di una sfida comune per la Turchia e l’Unione Europea”, ha commentato Michel su Twitter.
    Tuttavia, Ankara ha più volte ribadito che non diventerà il “deposito dell’UE per i rifugiati” e nega di aver ricevuto richieste per la creazione di hub per la prima accoglienza dei richiedenti asilo afghani sul suo territorio. A causa delle sue divisioni interne, l’Unione Europea sta rischiando di rimanere sempre più isolata sullo scacchiere internazionale.

    Credo che l’#UnioneEuropea abbia il dovere di lavorare sull’accoglienza e su quote di immigrazione legale dei rifugiati #afghani e abbia il dovere di farlo anche togliendosi l’alibi dell’unanimità nelle decisioni.@PaoloGentiloni al #meeting21. pic.twitter.com/WlNUqWWEAB
    — Meeting Rimini (@MeetingRimini) August 23, 2021

    Trovi un ulteriore approfondimento nella newsletter BarBalcani, curata da Federico Baccini

    In vista del vertice straordinario del G7 di domani, i primi ministri Janša (presidente di turno del Consiglio dell’UE) e Orbán e il cancelliere Kurz si sono opposti all’accoglienza per chi fugge dal regime dei talebani: “Non ripeteremo gli errori del 2015”