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    Mar Rosso, lo spettro di una nuova spirale inflazionistica. Assoporti: “La crisi deve rientrare entro 4-5 mesi”

    Bruxelles – Il sistema portuale italiano guarda con timore l’evoluzione della crisi nel Mar Rosso. Perché se le navi cargo rimarranno a lungo bersaglio delle incursioni dei ribelli Houthi, gli armatori sceglieranno sempre più spesso nuove rotte e il Mediterraneo perderà la centralità commerciale che stava riconquistando dopo la pandemia. Il presidente di Assoporti, Rodolfo Giampieri, traccia la sua linea rossa: “Il tutto si deve risolvere nell’arco di 4-5 mesi“.Raggiunto da Eunews, il numero uno dell’Associazione dei Porti Italiani ha commentato l’escalation in Medio Oriente e prefigurato le possibili ricadute per l’intera filiera logistica, europea e mondiale. “Sembra che ci sia una tempesta perfetta in questo momento nel mondo, un insieme di situazioni negative che condizionano i mercati e l’economia”, ha dichiarato Giampieri. E il Mediterraneo, che stava godendo di quel processo di accorciamento della filiera logistica innescato dalla crisi pandemica, potrebbe farne le spese: “Il tema è che una parte di navi stanno scegliendo una rotta diversa. Un armatore che sceglie di circumnavigare l’Africa difficilmente entrerà nel Mediterraneo dallo Stretto di Gibilterra, quasi sicuramente arriverà nei porti del Nord Europa”.Rodolfo GiampieriQuesto è l’elemento “che preoccupa e che va attenzionato, soprattutto legandolo alla durata della crisi”. nello scenario più ottimista, quello di una de-escalation nel breve periodo, “i danni saranno sostenibili e non dovrebbero incidere sul prezzo allo scaffale, sul costo della merce”. Se invece la crisi durasse nel tempo, più di 4-5 mesi, innescherà nuove spinte inflazionistiche.I segnali ci sono già: il carburante è già aumentato all’incirca del 7 per cento e “nel bilancio di un armatore è una variabile importantissima che incide intorno al 30 per cento”. I noli si sono rialzati: da circa mille euro a Teu (misura standard nel trasporto marittimo che corrisponde alle dimensioni del container ISO da 20 piedi) a 3-4 mila euro a Teu, sebbene ancora lontani dai picchi pandemici dei 10-12 mila euro a Teu. E le assicurazioni sulle imbarcazioni e sulle merci, che “hanno raggiunto picchi di quasi dieci volte il valore iniziale”.I dati sui transiti delle navi cargo dal canale di Suez nei primi dieci giorni del nuovo anno sono inequivocabili: 65, contro le 143 dello stesso periodo nel 2023. Il 55 per cento in meno. Una buona fetta di queste attraccava nei porti italiani, da cui la merce veniva distribuita nel resto d’Europa. “In Italia questa riduzione forte del transito attraverso il canale di Suez mette in difficoltà una logistica che aveva raggiunto livelli di organizzazione molto importanti”, ha ammesso Giampieri. La logistica non è tutto, anzi: per il canale di Suez passa il 40 per cento dell’import-export italiano, per un valore di circa 154 miliardi. Un dato che rende bene l’idea di quanto sia fondamentale per l’economia italiana che l’istmo resti navigabile.“Bisogna sottolineare l’attenzione del governo italiano e della marina che stanno accompagnando varie volte navi italiane per dare un contributo alla loro sicurezza”, sottolinea Giampieri. Ma l’elemento determinante è la durata di questa crisi: lo sa l’Ue, che sta cercando di stringere i tempi per presentare il piano per una missione navale nel Mar Rosso. In mattinata, al Comitato Politico e di Sicurezza (Cops), gli ambasciatori Ue hanno dato un generale consenso per procedere alla creazione di una missione sulla base della già esistente Agenor – a guida francese – e con un’area di operazioni “dal Golfo e dallo Stretto di Hormuz al Mar Rosso”. L’obiettivo sarebbe quello di istituire la missione entro il 19 febbraio.

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    UE preoccupata da un ritorno di Trump. “Importante che UE e USA lavorino insieme”

    Bruxelles – L’avanzata di Donald Trump preoccupa l’Unione europea. L’ex presidente degli Stati Uniti e candidato repubblicano per la Casa Bianca alle presidenziali di novembre, vince il confronto elettorale (caucus) in Iowa con i concorrenti di partito, ergendosi a sfidante principale dei democratici. Si profilano scenari che a Bruxelles generano timori per le relazioni trans-atlantiche. “Nell’attuale situazione geopolitica è importante che l’Ue e gli Stati Uniti continuino a lavorare fortemente insieme, che è il modo migliore di affrontare le sfide”, ragiona Valdis Dombrovskis, commissario per il Commercio e un’Economia al servizio delle persone, al termine dei lavori del consiglio Ecofin.La passata stagione trumpiana nel Vecchio continente ha lasciato strascichi. Guerra commerciale a colpi di dazi, minacce e ricatti al ‘made in’ per mancati acquisti di prodotti Usa, tensioni in materia di difesa con diverse visioni sulla NATO e il suo futuro. Si teme all’orizzonte un ritorno ad un passato a cui si è lavorato, con l’attuale amministrazione, per liberarsene. Cinque anni passati a ricostruire una relazione rimessa in discussione, come dimostra l’accordo sui dazi per l’acciaio, con il rischio di dover ricominciare tutto daccapo. Un ritorno eventuale di Trump impone le riflessioni del caso. “E’ chiaro che dobbiamo rafforzare noi stessi“, sottolinea ancora Dombrovskis.L’Europa deve sapere essere unita, avverte anche Guy Verhofstadt, ex premier belga, oggi deputato europeo. Politico di lungo corso, avverte: “I Repubblicani inviano un messaggio al mondo: la democrazia lotta per la sopravvivenza”. Con Trump alla testa degli Stati Uniti “finestra chiusa anche per l’Europa”.Congratulations to @realDonaldTrump on the landslide Iowa caucuses victory!— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) January 16, 2024A dispetto del nome, però, l’Europa mostra meno compattezza. Tra gli Stati membri Ungheria e Italia fanno complimenti e tifo per Trump. Il primo ministro di Bupadest, Viktor Orban, saluta la vittoria in Iowa con sul profilo X, dove pubblica la foto dell’esponente repubblicano corredata dalla scritta “una vittoria attesa da tempo”, con tanto di immagine di mani che applaudono. Il leader della Lega e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, sfoggia il suo inglese per esprimere le personali “congratulazioni a Donald Trump per la schiacciante vittoria del caucus dell’Iowa”.Per un’Europa che guarda oltre Atlantico con preoccupazione ce n’è dunque un’altra che osserva con tutt’altro punto di vista. Da spiegare, però. Perché sulla partita della  sostenibilità, dove pure l’Italia ha molto da dover fare e anche di più da perdere, la concorrenza USA rischia di pesare, non poco, su percorso di riforme e rilancio dell’economia. Il Green Deal è in tutto e per tutto una sfida geopolitica agli Stati Uniti, che a questa sfida hanno risposto con misure protezionistiche quali l’Inflation Reduction Act. Se l’attuale presidente, il democratico Joe Biden, è ‘l’amico’ dell’UE, le preoccupazioni su Trump potrebbero non essere proprio del tutto infondate.

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    L’Ue ha aggiunto alla lista dei terroristi il leader politico di Hamas nella Striscia di Gaza. Chi è Yahya Sinwar

    Bruxelles – Il Consiglio dell’Ue ha deciso oggi (16 gennaio) di aggiungere Yahya Sinwar, leader politico di Hamas nella Striscia di Gaza, alla lista dei terroristi dell’Unione europea. Uno dei principali obiettivi dei bombardamenti israeliani, lo scorso 9 gennaio Tel Aviv aveva posto su di lui una taglia di 400 mila dollari.Da oggi il “macellaio di Khan Yunis”, com’è soprannominato Sinwar, sarà ​​soggetto al congelamento dei fondi e di altre attività finanziarie negli Stati membri dell’Ue. Parallelamente, a tutti gli operatori comunitari sarà vietato mettergli a disposizione fondi e risorse economiche. Con l’aggiunta del leader dell’organizzazione che governa la Striscia di Gaza, la lista dei terroristi Ue conta ora 15 persone e 21 gruppi ed entità.Yahya Sinwar si unì ad Hamas già negli anni Ottanta. Ha più di 60 anni, nato e cresciuto in un campo profughi a Khan Yunis, nel sud della Striscia. Venne arrestato dall’esercito israeliano nel 1988, con l’accusa di aver ucciso due soldati delle Forze di Difesa Israeliane. Nei 23 anni che ha trascorso in prigione, Sinwar ha imparato l’ebraico e studiato a fondo “il modo in cui pensa e agisce il nemico”.Nel 2011 fu liberato, insieme a oltre mille prigionieri palestinesi, in cambio di un solo soldato israeliano, Gilad Shalit. Tornato a Gaza, nel 2017 fu nominato capo politico di Hamas all’interno della Striscia. Assieme a Mohammed Deif, capo delle brigate al Qassam, il braccio militare di Hamas, è ritenuto uno dei principali ideatori dell’attacco terroristico del 7 ottobre. Sinwar e Deif non sono gli unici leader dell’organizzazione: in esilio a Doha, in Qatar, vive Ismail Haniyeh, ritenuto la figura politica più importante di Hamas, così come il suo vice, Saleh Arouri, che si trova a Beirut, in Libano.

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    Ucraina, Ue cerca l’accordo per gli aiuti da 50 miliardi. Il Belgio: “Anche a 26”

    Bruxelles – Avanti con il sostegno all’Ucraina, in caso anche non a 27 senza l’Ungheria. L’Unione europea è decisa a ribadire il proprio sostegno a Kiev nella guerra in corso contro la Russia, e l’obiettivo è mettere al sicuro lo strumento finanziario da 50 miliardi di euro. Da quando il primo ministro ungherse Viktor Orban ha posto il veto alla proposta di modifica di bilancio comune, che include anche la riserva per l’Ucraina per 50 miliardi di euro, non sembra essere cambiato molto. La presidenza belga del Consiglio dell’Ue, spiega il ministro delle Finanze, Vincent van Peteghem, al termine dei lavori dell’Ecofin, intende favorire una soluzione che tenga tutti a bordo, ma non a tutti i costi.“Lavoriamo sullo strumento a sostegno dell’Ucraina per un accordo a 27, ma se non fosse possibile lavoreremo ad altre soluzioni“, spiega van Peteghem. E’ la linea ministeriale per i leader, che si ritroveranno a Bruxelles l’1 febbraio proprio per tornare a discutere di bilancio comune per via delle resistenze ungheresi di dicembre. “E’ importante sostenere il Paese e la sua ricostruzione”, aggiunge il ministro delle Finanze belga. che però lascia spazio ai capi di Stato e di governo. “Aspettiamo il vertice straordinario del Consiglio europeo”.Obiettivo principale resta dunque un via libera unanime. Solo se questo non dovesse arrivare allora si lavorerebbe alla soluzione senza Ungheria. La Commissione Ue, attraverso il responsabile per un’Economia al servizio delle persone, Valdis Dombrovskis, prova a fare pressione. “Non abbiamo tempo da perdere per l’approvazione dello strumento per l’Ucraina. Dobbiamo continuare a fare quello che serve perché l’Ucraina vinca la guerra“.Dal Parlamento Ue si levano però voci contrarie. La pentastellata Laura Ferrara chiede un cambio di rotta. “Davvero Commissione e Consiglio ritengono che continuando ad inviare più armi in Ucraina la Russia si fermerà? I due anni dall’invasione russa dimostrano il contrario”.  Per il Movimento 5 Stelle “è giunto il momento di cambiare strategia”, vale a dire “intensificare gli sforzi diplomatici per una de-escalation militare, avviare un percorso di soluzione negoziale del conflitto”.

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    Mar Rosso, Gentiloni avverte l’Ue: “Le conseguenze potrebbero materializzarsi nelle prossime settimane”

    Bruxelles – Le acque del Mar Rosso sono sempre più agitate. Né il raid coordinato dagli Stati Uniti a cavallo tra l’11 e il 12 gennaio, né la dura condanna delle Nazioni Unite nella risoluzione del Consiglio di Sicurezza del 10 gennaio, sono serviti da deterrente contro gli attacchi che gli Houthi conducono sistematicamente dallo Yemen alle navi cargo che attraversano il canale di Suez. Il mondo teme un ulteriore escalation della crisi in Medio Oriente e un duro contraccolpo economico. E da Bruxelles il commissario Ue agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, avverte: “Le conseguenze potrebbero materializzarsi nelle prossime settimane”.Il blocco Ue per ora non ha ancora individuato una strategia comune, in attesa dell’incontro dei corpi diplomatici dei 27 nel Comitato Politico e di Sicurezza (Cops), previsto per domani (16 gennaio). Anzi, se Germania, Paesi Bassi e Danimarca hanno firmato una dichiarazione congiunta a sostegno della rappresaglia a guida Usa, la Spagna di Pedro Sanchez ha escluso un suo possibile coinvolgimento in missioni militari nella regione. E Italia e Francia, seppure già inserite nell’operazione Prosperity Guardian lanciata da Washington a metà dicembre con l’obiettivo di garantire la sicurezza delle navi commerciali e delle petroliere che transitano nel mar Rosso, aspettano di valutare la proposta dell’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, per una missione navale europea.Paolo GentiloniIl piano su cui sta lavorando il Servizio europeo di Azione Esterna (Seae), potrebbe vedere la luce in occasione del Consiglio Affari Esteri del 22 gennaio. Ma il tempo stringe, perché anche se Gentiloni ha dichiarato oggi che per il momento la crisi “non sta apparentemente creando conseguenze sui prezzi dell’energia e sull’inflazione“, il vicepremier italiano, Antonio Tajani, ha disegnato un quadro più drammatico. Secondo Tajani “il danno economico è già iniziato per i nostri porti, soprattutto quelli del Sud, ma anche quello di Genova”.E i dati lo confermano: le navi che oggi attraversano il Canale di Suez sono circa 250, rispetto alle oltre 400 di prima delle tensioni con le milizie sciite degli Houthi. “I rischi sono soprattutto economici, perché un viaggio facendo il periplo dell’Africa costa molto più di uno che attraversa il Canale di Suez, aumentano i costi delle assicurazioni delle navi e dei prodotti che vengono esportati o importati e noi siamo un Paese esportatore, visto che l’export è il 40 per cento del nostro Pil”, ha spiegato il vicepremier. Se le navi continuassero a essere costrette a circumnavigare l’Africa, il rischio a medio termine è quello di una perdita di centralità del Mediterraneo nel commercio internazionale, e di conseguenza dei porti italiani.In attesa delle discussioni su un’eventuale missione navale europea, che secondo un documento del corpo diplomatico Ue dovrebbe prevedere l’invio di “almeno tre cacciatorpediniere o fregate antiaeree con capacità multi-missione per almeno un anno”, il portavoce del Seae, Peter Stano, ha chiarito la linea di Bruxelles durante il briefing quotidiano con la stampa internazionale. “Gli attacchi Houthi sono completamente ingiustificabili. Sono attacchi di missili e droni contro navi commerciali, in nessun modo possono essere legali”, ha dichiarato Stano, esprimendo totale sostegno alla risoluzione con cui l’Onu ha chiesto agli Houthi di fermarsi immediatamente.La linea tracciata dall’Ue vuole tenere slegate le due crisi, quella Israelo-palestinese e quella del Mar Rosso, nonostante gli Houthi rivendichino di agire in solidarietà con il popolo palestinese e chiedano come precondizione per ristabilire la libertà di navigazione nel Mar Rosso un cessate il fuoco a Gaza. “Quello che gli Houthi stanno facendo – che sia secondo loro legato al conflitto a Gaza o meno – è illegale e va fermato”, ha precisato ancora Peter Stano.

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    A Taiwan vince l’autonomista Lai Ching-te. L’Ue preoccupata per le tensioni con la Cina

    Bruxelles – Il voto più dirompente di tutto il 2024 per le potenziali conseguenze a livello globale tra Cina, Stati Uniti ed Europa ha consegnato il risultato previsto alla vigilia. Le elezioni presidenziali a Taiwan sono state vinte dal candidato autonomista Lai Ching-te, attuale vicepresidente dell’isola ed esponete di spicco del Partito Progressista Democratico (Dpp). Da oggi soprattutto a Bruxelles e Washington dovranno essere osservate con attenzione tutte le sfumature della risposta cinese, che vede nel futuro presidente una minaccia e un ostacolo per il progetto di Pechino di annettere Taiwan alla Repubblica Popolare Cinese. “L’Unione Europea sottolinea che la pace e la stabilità attraverso lo Stretto di Taiwan sono fondamentali per la sicurezza e la prosperità regionale e globale“, si legge nella nota del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) pubblicata dopo l’annuncio del risultato del voto di sabato (13 gennaio).Il vincitore delle elezioni presidenziali a Taiwan, Lai Ching-te (credits: I-Hwa Cheng / Afp)Le elezioni presidenziali a turno unico hanno consegnato a Lai la vittoria con il 40 per cento dei voti, staccando di oltre 6 punti percentuali il candidato del partito conservatore Kuomintang (Kmt), Hou Yu-ih – favorevole a un progressivo riavvicinamento con la Cina – mentre l’ex-sindaco della capitale Taipei, Ko Wen-je, si è posizionato terzo con il 26,5 per cento. La reazione da Bruxelles ha evidenziato particolare cautela, anche a causa dell’atteggiamento duro con cui la diplomazia cinese si è posizionata contro i governi che si sono congratulati con il vincitore delle elezioni. A livello più generale l’Ue si è complimentata “con tutti gli elettori che hanno partecipato a questo esercizio democratico”, mettendo in risalto il fatto che “i nostri rispettivi sistemi di governo si fondano su un impegno comune nei confronti della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani”. Dal 20 gennaio – quando il nuovo presidente di Taiwan entrerà in carica – Lai dovrà affrontare due grossi problemi: in primis l’assenza di una maggioranza per il suo Dpp in Parlamento (che deve approvare leggi e spese da lui presentate), ma soprattutto la minaccia militare di Pechino.Quest’ultima è una preoccupazione condivisa esplicitamente anche dalle istituzioni comunitarie, che parlano di “crescenti tensioni nello Stretto di Taiwan” e si oppongono a “qualsiasi tentativo unilaterale di modificare lo status quo” tra Taipei e Pechino. I rischi di una possibile invasione dell’isola da parte dell’esercito cinese coinvolgono da vicino anche i Ventisette, gli sviluppi del commercio internazionale e le ambizioni di avanzare con la doppia transizione digitale e verde. Nonostante Taiwan sia un Paese di soli 23 milioni di abitanti, negli anni si è ritagliato un ruolo di leader nella produzione di semiconduttori avanzati – con oltre il 90 per cento della produzione globale – e l’Ue registra ancora una forte dipendenza dai grossi fornitori del Paese. In caso di interruzione delle catene di approvvigionamento globale dei semiconduttori, il nuovo European Chips Act (in vigore da settembre 2023) non sarebbe ancora in grado di compensare le perdite per la produzione di tecnologie pulite: l’obiettivo dell’Unione è quello di raddoppiare la propria quota di mercato globale entro il 2030, dal 10 ad almeno il 20 per cento.L’Ue tra Cina e Taiwan“Dobbiamo preservare lo status quo a Taiwan, che non può essere cambiato con la forza, è fondamentale per il mantenimento della pace e del commercio globale e nella regione”, ha recentemente affermato il vicepresidente della Commissione Ue responsabile per l’Economia, Valdis Dombrovskis, in un dibattito alla sessione plenaria del Parlamento Ue sulle minacce cinesi nello Stretto di Taiwan. Pochi giorni prima la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e del Consiglio Europeo, Charles Michel, avevano partecipato a Pechino al 24esimo vertice Ue-Cina in cui sono state ribadite le linee per il riorientamento dei rapporti Ue-Cina – considerato lo squilibrio commerciale con il partner/competitor – e le questioni delle tensioni in Ucraina e a Taiwan con il leader cinese, Xi Jinping, proprio come fatto a inizio aprile dalla presidente von der Leyen e il presidente francese, Emmanuel Macron.Proprio il tema del rapporto dei Ventisette con Taipei – nel caso dell’escalation della tensione con Pechino – era stato al centro di un teso dibattito interno all’Unione nella primavera dello scorso anno, a causa delle parole del presidente francese Macron di ritorno dal viaggio a Pechino: “La cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dovremmo essere dei seguaci su questo tema e adattarci al ritmo americano e a una reazione eccessiva della Cina“, era stato il commento dell’inquilino dell’Eliseo, tratteggiando la necessità di una vera autonomia strategica europea (ma non un’equidistanza tra Washington e Pechino). La presidente della Commissione e l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, avevano gettato acqua sul fuoco, sostenendo la necessità di unità contro la “politica di divisione e conquista” cinese e di “ferma opposizione” a qualsiasi cambiamento unilaterale dello status quo, “in particolare attraverso l’uso della forza”. A confermare questa posizione, in un’intervista a Le Journal du Dimanche lo stesso alto rappresentante Ue aveva esortato le marine europee a “pattugliare lo Stretto di Taiwan, per dimostrare l’impegno dell’Europa a favore della libertà di navigazione in quest’area assolutamente cruciale” per il commercio globale.

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    Mar Rosso, l’Ue alla finestra di fronte all’aggravarsi della crisi. Borrell lavora su una missione congiunta

    Bruxelles – L’Ue, per ora, sta alla finestra. Spettatore interessato e preoccupato dell’escalation di ostilità in Medio Oriente, con la nuova rogna degli assalti alle navi cargo nel Mar Rosso da parte delle milizie yemenite Houthi e la risposta militare messa sul campo nella notte da una coalizione di Paesi guidata dagli Stati Uniti. All’orizzonte, un piano per l’invio di una forza navale europea a protezione delle imbarcazioni commerciali che attraversano il canale di Suez.Il problema è che le conseguenze in Europa iniziano già a farsi sentire. Lo stretto egiziano rappresenta il 12 per cento del commercio mondiale in termini di transito di merci in commercio internazionale, un dato che aumenta fino al 30 per cento se si considerano i container. Da qui passa ciò che serve per il settore primario: il 14,6 per cento dell’import mondiale di prodotti cerealicoli passa da Suez, al pari del 14,5 per cento dei fertilizzanti usati in agricoltura. Oggi Tesla ha annunciato che sospenderà la maggior parte della sua produzione in Germania per due settimane, a causa della carenza di componenti dovuta all’allungamento delle rotte di trasporto. Molte compagnie stanno circumnavigando l’Africa per evitare possibili attacchi nel Mar Rosso.Un miliziano Houthi di guardia alla Grande Moschea Al-Saleh a Sana’a, Yemen (Photo by MOHAMMED HUWAIS / AFP)Il bombardamento di diversi siti militari – circa una settantina – usati dai ribelli Houthi in Yemen, che Washington ha coordinato con Londra e con il supporto di Australia, Canada, Paesi Bassi e Barhein, rischia solo di aggravare la situazione. La Nato ha dichiarato che “questi attacchi erano difensivi e progettati per preservare la libertà di navigazione in una delle vie d’acqua più vitali del mondo”, mentre il presidente Usa, Joe Biden, li ha definiti “un chiaro messaggio che gli Stati Uniti e i suoi partner non tollereranno attacchi al loro personale né permetteranno ad attori ostili di mettere in pericolo la libertà di navigazione”.Ma se l’intento era quello di scoraggiare le rappresaglie della milizia sciita, che ha intrapreso i suoi attacchi in aperta opposizione ai bombardamenti di Israele contro la popolazione palestinese, a giudicare dalle prime reazioni potrebbe essere stato un buco nell’acqua. Funzionari degli Houthi hanno già avvertito che Stati Uniti e Regno Uniti “pagheranno un prezzo pesante” per questa “palese aggressione” e che continueranno a prendere di mira le navi nel Mar Rosso. Da Teheran, che foraggia le milizie yemenite, la constatazione che “questi attacchi arbitrari non faranno altro che alimentare l’insicurezza e l’instabilità nella regione”.Mar Rosso, una guardia Houthi su una nave con bandiera della Bahamas, sequestrata in un porto yemenita (Photo by AFP)Ha preso immediatamente posizione anche la Russia, che ha chiesto la convocazione di una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu. “La Russia ritiene che l’attacco degli Stati Uniti e del Regno Unito contro le posizioni del movimento sciita Houthi, dominante nel nord e nel centro dello Yemen, costituisca una minaccia diretta alla pace e alla sicurezza globale“, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Mosca ha chiesto alla comunità internazionale di “condannare fermamente l’attacco allo Yemen da parte di un gruppo di Paesi senza mandato delle Nazioni Unite”. La riunione del Consiglio di Sicurezza si terrà intorno alle ore 16 – le 22 italiane – a New York.Italia, Francia e Spagna non partecipano, Borrell studia una missione europeaI 27 dell’Ue, come di fronte alla deflagrazione del conflitto israelo-palestinese, sembrano inermi e soprattutto divisi. Mentre la Germania sta valutando se partecipare alle operazioni di sicurezza a guida americana dispiegando nel Mar Rosso la fregata Hessen, per ora Francia, Spagna e Italia hanno precisato di non aver partecipato al raid notturno. Fonti di Palazzo Chigi precisano che “l’Italia sta lavorando per mantenere bassa la tensione nel Mar Rosso ed è impegnata nella coalizione europea per garantire la circolazione delle navi”. L’Italia sarebbe stata informata “con largo anticipo dell’attacco”, ma non si è nemmeno posta la questione di partecipare all’offensiva, perché – come spiegato in mattinata dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, “non possiamo mettere in atto azioni di guerra senza un dibattito parlamentare”.Ma la preoccupazione c’è anche a Roma: la sola Italia ha in ballo valori per 154 miliardi di euro, a tanto ammonta il valore dell’import-export italiano marittimo che transita per il canale di Suez. Parliamo del 40 per cento del commercio marittimo del Paese. Non solo gli attacchi degli Houthi stanno facendo salire i costi, ma un possibile scenario – disegnato dal centro studi SRM, è che le navi potrebbero non entrare nel Mediterraneo sbarcando nel Nord Europa, con conseguenti danni ai porti italiani. “Il rischio a medio-lungo termine è la perdita di centralità del Mediterraneo ed il conseguente contraccolpo molto serio per la portualità italiana”, avverte l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle, Fabio Massimo Castaldo.A Bruxelles si è messo in moto l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che sta elaborando una proposta per svolgere un ruolo più attivo nella regione. I 27 potrebbero discuterne già martedì 16 gennaio, quando si riunirà il Comitato Politico e di Sicurezza (Cps) dell’Unione: in ballo ci sarebbe l’invio di una forza navale europea per supportare la protezione delle navi commerciali nel Mar Rosso. Almeno tre cacciatorpediniere o fregate antiaeree per il prossimo anno. Ma ora che la tensione è già a salita a un livello superiore, il piano del Servizio Europeo di Azione Esterna (Seae), rischia di essere già da buttare via.Secondo Massimo Salini, eurodeputato di Forza Italia, “il percorso avviato drammaticamente dagli Stati uniti questa notte implica necessariamente un dibattito politico all’interno dell’Ue per definire una strategia”, che non può più evitare la possibilità di un intervento militare. Tenendo separati la crisi del Mar Rosso e il conflitto tra Israele e Hamas: “Se la precondizione per dare una soluzione ipotetica allo scenario sul Mar Rosso significa un arretramento su Israele, questo vorrebbe dire cedere alla strategia iraniana e non possiamo permettercelo”, sostiene Salini. Perché gli Houthi agiscono “per procura” di Teheran e in definitiva “strumentalizzano” la causa palestinese. Ne è convinto Fabio Massimo Castaldo: “Non credo che questo tipo di assalti a navi civili possa essere chiamata solidarietà con i palestinesi, ma anzi continuano a ledere lo slancio necessario per un cessate il fuoco duraturo a Gaza”.

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    Per il Sudafrica Israele “ha commesso e continua a commettere atti di genocidio” a Gaza. Ora tocca alla difesa

    Bruxelles – Un’accusa che parte da molto lontano. Dalla Nakba del 1948, passando per l’occupazione israeliana dei territori palestinesi nella guerra dei sei giorni del 1967, fino alla più recente chiusura della Striscia di Gaza nel 2007. E che si conclude con i numeri sconvolgenti – oltre 23 mila morti – delle vittime dei bombardamenti degli ultimi tre mesi. Per il Sudafrica “Israele ha commesso, sta commettendo e vuol continuare a commettere atti di genocidio contro i palestinesi di Gaza“.Nella prima delle due udienze per stabilire l’ammissibilità del caso che Pretoria ha sottomesso alla Corte Internazionale di Giustizia, il team legale sudafricano ha puntato il dito soprattutto contro l’entità delle devastazioni a Gaza e la retorica “disumanizzante” utilizzata sempre più di frequente da esponenti del governo israeliano di Benjamin Netanyahu. Sono stati otto gli interventi per convincere i 17 giudici de l’Aia, 15 di nomina delle Nazioni Unite e uno per ciascuno Stato contendente, che Israele abbia violato la Convenzione per la prevenzione e repressione del genocidio del 1948.Perché, come sottolineato dal ministro della Giustizia sudafricano, Ronald Lamola, “nessun attacco, per quanto grave, può giustificare una violazione della Convenzione, sia sul piano della legge che della moralità” e “Israele ha oltrepassato questa linea e ha violato la Convenzione sul genocidio”. L’avvocato 87enne John Dugard, uno dei padri costituenti del Sudafrica post-apartheid, ha definito la Striscia di Gaza “un campo di concentramento dove è in corso un genocidio”.Membri della delegazione del Sudafrica (UN Photo/ICJ-CIJ/Frank van Beek)In un documento di 84 pagine, il team legale di Pretoria ha raccolto prove di uccisioni, gravi danni mentali e fisici, evacuazioni forzate, fame diffusa. Della creazione cioè di “condizioni calcolate per provocare la distruzione fisica” del popolo palestinese, ha spiegato l’avvocata Adila Hassim. I palestinesi di Gaza “vengono uccisi nelle loro case, nei luoghi in cui cercano rifugio, negli ospedali, nelle scuole, nelle moschee, nelle chiese”, ha dichiarato Hassim rivolgendosi ai giudici, “il livello di uccisioni è così ampio che i corpi trovati sepolti in fosse comuni spesso non vengono identificati”. Nel suo intervento, il legale Tembeka Ngcukaitobi si è invece concentrato sulla “retorica genocida”, citando le parole del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e del ministro per la Sicurezza Nazionale, Ben Gvir. “Combattiamo contro animali umani” e “Non esistono civili non coinvolti a Gaza”, le due frasi oggetto dell’accusa.Mentre era in corso l’udienza, diversi governi nazionali hanno espresso il proprio sostegno all’iniziativa sudafricana. Oltre ai 57 membri dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica, anche Bolivia, Namibia, Brasile e Cuba hanno dato il loro appoggio, mentre il governo del Cile starebbe già preparando i documenti necessari per aderire alla denuncia contro Israele. Dall’Ue, dopo che la vicepremier del Belgio, Petra De Sutter, ha dichiarato che proporrà al governo belga di “agire presso la Corte internazionale di giustizia, seguendo l’esempio del Sudafrica, anche la Slovenia ha pubblicamente sostenuto Pretoria. Parole di elogio sono arrivate anche da grandi organizzazioni che difendono i diritti umani nel mondo, come Human Rights Watch e Actionaid.Dall’altra parte, gli Stati Uniti hanno già definito il procedimento presso la Corte de L’Aia “controproducente e completamente privo di fondamento“. Giudizio rilanciato anche da Germania e Italia, con la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che ha chiarito che dal punto di vista di Berlino quella di Israele “è autodifesa, non genocidio”, e il vicepremier Antonio Tajani che ha glissato affermando che “genocidio è altro”.L’avvocato inglese Vaughan Lowe ha specificato in aula che “in questa fase non è necessario determinare se Israele abbia o meno agito contrariamente ai suoi obblighi verso la Convenzione“, ma è quanto più necessario imporre “urgenti misure cautelari“. Oggi (12 gennaio) è il turno della difesa di Israele, che verosimilmente si concentrerà sul tentativo di dimostrare di aver messo in campo quante più precauzioni possibili per distinguere gli obiettivi militari dalla popolazione civile.La delegazione israeliana a l’Aia (UN Photo/ICJ-CIJ/Frank van Beek)In una nota diplomatica, Israele ha ribadito di impegnarsi a operare “in conformità con il diritto internazionale“, dirigendo le sue operazioni militari a Gaza “esclusivamente contro Hamas e altre organizzazioni terroristiche”. È Hamas che “utilizza la popolazione palestinese come scudi umani” e a tal fine ha “deliberatamente costruito la sua infrastruttura del terrore intorno e sotto ospedali, scuole, moschee e altri siti civili”.In base a quanto scritto nel comunicato, Israele cercherà inoltre di ribaltare l’accusa di genocidio: “Hamas è impegnato nel genocidio del popolo ebraico” e il suo statuto “invita allo sterminio degli ebrei”. Per questo, in definitiva, “diffamando Israele in un momento in cui si sta difendendo da coloro che cercano di annientarlo, il Sudafrica si è reso criminalmente complice di un’organizzazione terroristica e genocida“.