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    150mila truppe russe al confine con l’Ucraina. Borrell: “Rischio escalation”. Ma l’UE esclude per ora nuove sanzioni contro Mosca

    Bruxelles – Cresce la preoccupazione dell’UE per gli oltre 150mila soldati russi ammassati ai confini dell’Ucraina e per le condizioni di salute di Alexei Navalny, l’oppositore del presidente Vladimir Putin, in carcere da tre mesi dopo il tentativo di avvelenamento nell’agosto dello scorso anno. Per ora, però, non sono all’orizzonte nuove sanzioni nei confronti della Russia da parte dell’Unione Europea, ancora una volta incapace di dotarsi di una politica estera all’altezza dei suoi proclami. “Le cose potrebbero cambiare in futuro, ma questa è per ora la situazione”, ha precisato l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, al termine dell’informale Consiglio Affari Esteri che ha visto slittare in cima all’agenda proprio la politica di Mosca.
    Il rischio che il leader dell’opposizione russo Alexei Navalny muoia da detenuto, da una parte. E la provocazione dell’aggressione russa in Ucraina, dall’altra. Su quest’ultimo dossier “servono maggiori sforzi diplomatici” per la de-escalation della tensione, ha avvertito il capo della diplomazia europea, lodando l’Ucraina per la sua moderazione nel non rispondere alla provocazione di Putin e sollecitando Mosca a distendere la tensione in corso. Alla riunione informale era presente virtualmente il ministro degli Affari esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, che ha aggiornato gli omologhi sull’evoluzione. “La situazione è molto preoccupante: più di 150 mila truppe russe sono ammassate lungo i confini ucraini e in Crimea e il rischio di ulteriore escalation è evidente”, ha sintetizzato in conferenza Borrell.
    Il dato è nuovo, anche se Borrell non rivela da dove arrivi. Cita le 150mila forze dispiegate militarmente da Mosca, ovvero il più grande numero finora raggiunto di truppe ammassate alle frontiere ucraine. Chiaro “che è una questione che ci preoccupa, perché quando c’è un forte dispiegamento militare, ci può essere una scintilla che può tramutarsi in un incendio”, ha denunciato Borrell. Per il capo della diplomazia europea i ministri europei hanno condiviso la necessità di “sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina”, con annesso non riconoscimento dell’annessione illegale russa della Crimea e la richiesta della piena attuazione degli accordi di Minsk, firmati nel 2014 come piano di pace per l’Ucraina orientale. “Aumenteremo gli sforzi diplomatici al fine di ristabilire l’integrità territoriale ucraina”, ha proseguito Borrell, confermando la partecipazione dell’UE il 23 agosto al Summit della Piattaforma di Crimea”.
    Alexei Navalny
    Ma preoccupano anche le “condizioni critiche” in cui versa Navalny, che hanno attirato l’apprensione di tutto il Continente. Dopo un appello di ieri a garantire al leader d’opposizione russa “l’accesso immediato ai professionisti medici di cui si fida”, Borrell in conferenza stampa ha ribadito che Bruxelles considera “le autorità russe responsabili della sua sicurezza e salute, e saranno ritenute responsabili” se qualcosa dovesse accadergli. Navalny è in sciopero della fame dall’inizio di aprile per protestare contro il rifiuto della prigione dove è detenuto di dargli accesso a un medico di sua scelta. La portavoce dell’oppositore russo ha detto senza giri di parole che “Alexei sta morendo: nelle sue condizioni è una questione di giorni”. Dopo la mobilitazione di ieri, oggi il penitenziario in cui è detenuto ha reso noto che “sarà trasferito nel reparto ospedaliero della colonia penale IK-3, nell’oblast(regione) di Vladimir”, dove è presente anche un grande ospedale. “Abbiamo saputo che è stato trasferito nell’ospedale della prigione. Chiediamo che abbia accesso immediato ai suoi medici di fiducia. Riteniamo la Russia responsabile per la salute di Navalny”, ha avvertito Borrell.
    I ministri degli Esteri dell’UE hanno invece assunto decisioni sul colpo di stato in Myanmar (Birmania) del primo febbraio, adottando sanzioni per 10 persone e due società controllate dai militari considerati coinvolti con il colpo di stato – Myanmar Economic Holdings Public Company Limited ( MEHL ) e Myanmar Economic Corporation Limited (MEC). Secondo Bruxelles, tutte le “persone colpite dalle sanzioni sono tutte responsabili di indebolire la democrazia e lo stato di diritto in Myanmar / Birmania, nonché di decisioni repressive e gravi violazioni dei diritti umani”.

    Il dispiegamento militare “più grande di sempre”, avverte il capo della diplomazia europea. “La situazione è preoccupante” ma per ora i ministri degli Esteri non hanno fatto richiesta per nuove restrizioni contro il regime di Putin. Sul tavolo del Consiglio anche le condizioni critiche del leader dell’opposizione russa Alexei Navalny, detenuto in Russia: “Chiediamo che abbia accesso immediato ai suoi medici di fiducia”

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    Brexit, più vicina la libera circolazione dati UE-Regno Unito. Ma sono necessari “ulteriori chiarimenti”

    Bruxelles – Dopo il via libera della Commissione Europea alla libera circolazione di dati e informazioni personali dei cittadini UE verso il Regno Unito anche nell’era post-Brexit, il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) ha adottato le sue opinioni sulle condizioni di adeguatezza degli standard britannici in materia di tutela della privacy.
    Con il parere 14/2021 e 15/2021, il Comitato ha riconosciuto un “allineamento generale tra l’UE e il Regno Unito” per quanto riguarda il livello di protezione dei dati Allo stesso tempo, è stata rilevata la necessità di un maggiore controllo sulle prossime valutazioni e di “ulteriori chiarimenti” sulle pratiche di intercettazione di massa del Regno Unito e sull’uso di strumenti di elaborazione automatizzata.
    Nelle sue raccomandazioni, l’EDPB ha invitato la Commissione UE a “integrare la propria analisi” con un meccanismo per informare le autorità competenti degli Stati membri “interessati dal trattamento o divulgazione da parte delle autorità del Regno Unito”.
    Inoltre, nonostante il “livello adeguato di protezione dei dati” attualmente riscontrabile Oltremanica, la Commissione Europea non dovrebbe rinunciare a “svolgere il proprio ruolo di monitoraggio” nelle future relazioni con Londra. Nelle opinioni dell’EDPB viene spiegato che, se la controparte non dovesse mantenere “il livello sostanzialmente equivalente”, l’esecutivo UE dovrebbe considerare di “modificare la decisione di adeguatezza per introdurre garanzie specifiche” o anche di “sospendere la decisione di adeguatezza”.

    Adottato il parere del Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB), che ha riconosciuto un “allineamento generale” tra Bruxelles e Londra in materia di privacy. Chiesto un approfondimento sulle pratiche di intercettazione di massa e sull’uso di strumenti di elaborazione automatizzata.

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    Navalny, l’UE “profondamente preoccupata” dalle condizioni di salute: “Autorità russe responsabili”

    Bruxelles – Alexei Navalny sta morendo. Richiamato da queste quattro parole pronunciate sabato sera (17 aprile) dal portavoce dell’attivista russo, l’Occidente è tornato a mobilitarsi. Da Bruxelles a Washington, passando per Roma, Berlino e Parigi, è largo il fronte che in queste ore sta esprimendo apprensione per lo stato di salute dell’oppositore del presidente russo, Vladimir Putin, in carcere da tre mesi dopo aver subito un tentativo di avvelenamento nell’agosto dello scorso anno.
    “L’Unione Europea è profondamente preoccupata” per gli ultimi aggiornamenti sulle condizioni del leader dell’opposizione russa, a cui deve essere garantito “l’accesso immediato ai professionisti medici di cui si fida”. L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha espresso in una nota l’appello di Bruxelles per il “rilascio immediato e incondizionato” dell’uomo, dal momento in cui “consideriamo la sua condanna politicamente motivata e in contrasto con gli obblighi della Russia in materia di diritti umani”. Destinatarie dell’invito di Borrell a intervenire sono le “autorità responsabili della sicurezza e della salute dell’onorevole Navalny“.
    L’alto rappresentante UE ha richiamato anche le parole di condanna della commissaria per i Diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, e ha attaccato il Cremlino sul fatto che “il caso Navalny non è un incidente isolato“. L’evento sarebbe piuttosto il caso più eclatante di “un modello negativo di contrazione dello spazio per l’opposizione, la società civile e le voci indipendenti nella Federazione Russa”.

    Deeply concerned by Alexei @navalny’s deteriorating health. Russian authorities must grant him immediate access to medical professionals he trusts. We hold them to account for ensuring his safety & health.
    EU continues to call for Mr Navalny’s immediate & unconditional release. https://t.co/iwFV31Sdgi
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) April 18, 2021

    Il dossier Navalny sarà oggi sul tavolo dei ministri degli Esteri europei a Bruxelles. A margine della riunione, lo stesso Borrell ha ricordato che la sua richiesta di liberazione (avanzata nel corso della sua visita a Mosca di inizio febbraio) “non è stata ascoltata e ora la situazione è peggiorata”.
    Le reazioni internazionali
    A proposito dello stato di salute di Navalny e delle cause all’origine – una situazione “totalmente ingiusta, totalmente inappropriata”, come l’ha definita il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden – da diverse capitali europee si sono levate voci di protesta. La Farnesina “auspica che gli venga garantito accesso immediato alle cure mediche di cui ha bisogno”, mentre il sottosegretario agli Affari europei, Enzo Amendola, ha avvertito che “non c’è più tempo” e “Italia e Unione Europea, unite nella difesa dei diritti, non resteranno spettatrici“. Intanto, il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, ha lanciato su Twitter l’hashtag #FreeNavalnyNow, per aumentare la mobilitazione degli utenti dei social media a supporto del leader dell’opposizione russa.

    #FreeNavalnyNow https://t.co/I4c8CUYjNv
    — Enrico Letta (@EnricoLetta) April 18, 2021

    Da Parigi si punta il dito contro il presidente Putin, che avrebbe “una responsabilità enorme” in tutta la vicenda, ha  commentato il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian. Il suo omologo tedesco, Heiko Maas, ha chiesto che il diritto di Navalny all’accesso all’assistenza medica sia “garantito senza indugio”. Dura la minaccia del consigliere per la Sicurezza nazionale USA, Jake Sullivan: “Abbiamo comunicato al governo russo che quello che accade a Navalny in prigione è loro responsabilità e che la comunità internazionale ne chiederà conto“, ha dichiarato alla CNN. “Nel caso Navalny morisse, stiamo esaminando diverse misure che potremmo imporre” ai danni di Mosca, ha aggiunto Sullivan.
    Il servizio penitenziario federale russo (FSIN) ha fatto sapere che il detenuto sarà trasferito nel reparto ospedaliero della colonia penale IK-3, nell’oblast (regione) di Vladimir. Il servizio penitenziario ha comunque sottolineato che le condizioni di Navalny sono “soddisfacenti”, dal momento in cui “viene visitato ogni giorno da un medico generico”, e che “con il consenso del paziente, gli è stata prescritta una terapia vitaminica”. Ma proprio a seguito della notizia del trasferimento, dallo staff del leader dell’opposizione è stato lanciato un nuovo allarme: “Si tratta della stessa colonia di tortura, solo con un grande ospedale, dove vengono trasferiti i malati gravi“, ha scritto su Twitter Ivan Zhdanov, direttore del Fondo Anti-Corruzione. Questo andrebbe inteso come un peggioramento delle condizioni di Navalny, “al punto che persino la struttura stessa lo ammette”.

    L’alto rappresentante Borrell chiede il “rilascio immediato e incondizionato” dell’oppositore del presidente Putin, mentre da Roma a Washington aumenta la pressione sul Cremlino. Oggi il dossier sul tavolo dei ministri degli Esteri europei

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    Slovenia, il mistero del piano per “completare la dissoluzione dell’ex-Jugoslavia” e i “no comment” del Consiglio UE

    Bruxelles – Trent’anni. Il tempo per mettersi alle spalle una guerra o per riaprire le ferite di un conflitto etnico durato un decennio. Proprio nell’anniversario dello scoppio delle guerre nell’ex-Jugoslavia, la polveriera dei Balcani torna a preoccupare l’Europa e il mistero di un documento ufficioso del governo sloveno, che sarebbe già approdato a Bruxelles, sta rischiando di dare uno scossone ai fragili equilibri della regione.
    Il premier sloveno, Janez Janša
    Tutto è cominciato all’inizio di questa settimana, quando lunedì (12 aprile) alcuni media bosniaci hanno riportato l’indiscrezione secondo cui il premier sloveno, Janez Janša, avrebbe consegnato tra fine febbraio e inizio marzo al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, un non paper (una proposta informale di accordo) sulle priorità della presidenza slovena dell’UE, che prenderà il via il prossimo primo luglio. Nel documento, Janša avrebbe indicato anche la necessità di completare la “dissoluzione dell’ex-Jugoslavia”: implicazioni a livello di confini per tutti i Paesi della regione (Slovenia esclusa), ma soprattutto una separazione in seno al territorio della Bosnia ed Erzegovina su base etnica.
    Nella regione è scoppiata la bufera, con l’ambasciatrice slovena a Sarajevo, Zorica Bukinac, invitata per un chiarimento dal membro croato della presidenza bosniaca, Željko Komšić, e i partiti di opposizione al governo Janša che hanno invitato il ministro degli esteri, Anže Logar, a riferire in Parlamento. Lubiana nega un cambiamento di politica nei confronti dei partner balcanici e lo stesso premier Janša ha smentito con ferocia ogni voce di un piano segreto per il completamento “pacifico” della dissoluzione dell’ex-Jugoslavia: “Il governo sloveno sta seriamente cercando soluzioni per lo sviluppo della regione e la prospettiva europea dei Paesi dei Balcani occidentali”, ha commentato in un tweet, rimbalzando l’accusa di “cercare di impedire tale obiettivo”.

    Eh, @eucopresident sem nazadnje srečal lani. Težko bi mu tako februarja ali marca letos karkoli fizično predal, kot piše obskurni splet, ki ga navajate. 🇸🇮 sicer resno išče rešitve za razvoj regije in EU perspektivo držav ZB, s takimi zapisi pa se ravno ta cilj skuša onemogočiti. https://t.co/aObQNCkRc5
    — Janez Janša (@JJansaSDS) April 12, 2021

    Tuttavia, dopo giorni di polemiche, smentite e pubblicazioni di stralci del documento più o meno verosimili, ciò che appare evidente è l’incapacità del Consiglio Europeo di prendere le distanze dalla notizia del non paper ricevuto o di fornire ulteriori spiegazioni. Pressato dalla stampa a Bruxelles, l’entourage del presidente Michel tiene la linea del “no comment” e del non rilasciare dichiarazioni “per il momento”. Un approccio quantomeno discutibile, che fa sospettare che qualcosa stia davvero sgorgando alla sorgente. Oppure, se così non fosse, che rischia di far cedere la diga del complottismo e della accuse tra Paesi. Insomma, di far giocare in molti con il fuoco, in un contesto – quello balcanico – che non avrebbe bisogno di ulteriori destabilizzazioni.
    Quello mostrato dal Consiglio UE è un atteggiamento agli antipodi rispetto a quello della Commissione Europea, che, sebbene non sia implicata direttamente nell’affaire Balcani, ha comunque risposto con chiarezza in merito alla sua posizione. “Non abbiamo visto né siamo a conoscenza del non paper“, ha spiegato Peter Stano, portavoce dell’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Una dichiarazione che a molti sarà sembrata banale, ma senza tenere presente il fatto che l’esecutivo UE avrebbe avuto tutto il diritto di non rilasciare commenti su una vicenda che coinvolge un Paese membro e un’altra istituzione europea. Anzi, Stano ha ribadito che “sulla questione dei confini nei Balcani, l’unica cosa che pensiamo è che non ci sia nulla da cambiare“. La Commissione Europea si gioca parte della credibilità sul processo di allargamento promesso nei Balcani occidentali e per questo motivo “bisogna lavorare sulla cooperazione regionale e sulla riconciliazione, questo è il nostro approccio”, ha aggiunto con forza il portavoce dell’alto rappresentante UE.

    Da giorni si rincorrono le voci di un documento ufficioso inviato dal premier Jansa a Bruxelles, dai contenuti controversi sulla separazione della Bosnia ed Erzegovina e la ridefinizione dei confini nella regione. Ma l’atteggiamento dell’entourage del presidente Michel mostra l’incapacità di gestire una situazione esplosiva

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    Brexit, Parlamento UE dà il via libera all’accordo commerciale con il Regno Unito. Ma la plenaria può attendere

    Bruxelles – È stato compiuto il primo passo da parte del Parlamento Europeo sulla strada dell’approvazione dell’accordo commerciale e di cooperazione tra l’UE e il Regno Unito, raggiunto il 24 dicembre dello scorso anno. Oggi (giovedì 15 aprile) le commissioni Affari esteri e Commercio internazionale hanno votato a favore del documento che stabilisce le regole delle future relazioni tra Bruxelles e Londra.
    La proposta dei relatori Andreas Schieder (S&D) per la commissione AFET e Christophe Hansen (PPE) per la commissione INTA è stata accolta con 108 voti favorevoli, 1 contrario e 4 astensioni. Il verdetto finale spetta ora al Parlamento riunito in plenaria, che dovrà anche adottare una risoluzione separata. Tuttavia, la questione dell’approvazione del trattato non è ancora stata messa in agenda per una delle prossime sessioni.
    Un ritardo calcolato e deciso deliberatamente nel corso della conferenza dei presidenti del Parlamento Europeo di martedì (13 aprile), che ha voluto sottolineare come la controparte britannica debba attuare pienamente l’Accordo di recesso, prima che venga fissato il calendario del voto in plenaria. Proprio sulle presunte violazioni da parte di Londra del protocollo sull’Irlanda del Nord dell’Accordo di recesso, la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione esattamente un mese fa ed è attesa entro questa settimana una risposta da Downing Street.
    “La Brexit è un errore storico, ma ora dobbiamo stabilire una solida base per le nostre relazioni future“, ha commentato Schieder dopo la votazione. “Accogliamo con favore le disposizioni che vincolano il Regno Unito ai nostri attuali elevati standard ambientali e di lavoro”, ha aggiunto il relatore per la commissione Affari esteri, avvertendo che “tutti i progressi potrebbero andare persi, se il Regno Unito continuasse a violare unilateralmente l’Accordo di recesso e il protocollo sull’Irlanda del Nord”.
    Gli ha fatto eco il collega della commissione Commercio internazionale: “La Brexit economica ha causato un vero e proprio sconvolgimento” e solo grazie a un accordo sugli scambi e la cooperazione si può “attutire l’impatto peggiore”, ha sottolineato Hansen. “Ratificarlo in Parlamento dopo un attento esame accresce la certezza del diritto per le società che ora operano in un ambiente difficile”, consolidando le garanzie “senza precedenti” sulle condizioni di parità. “L’importanza di una piena e pragmatica attuazione dell’Accordo di recesso e del suo protocollo” è stata sottolineata dai “recenti eventi in Irlanda del Nord”, ha concluso l’eurodeputato con una frecciata a Londra sugli incidenti dell’ultima settimana a Belfast.

    Le commissioni Affari esteri e Commercio internazionale hanno votato a favore del documento che sancisce i futuri rapporti tra Bruxelles e Londra. La data per la decisione finale non è ancora stata fissata, per spingere Downing Street ad attuare pienamente l’Accordo di recesso

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    Italia-Turchia, Erdogan: “Parole di Draghi indecenti”

    Roma – Quella “dichiarazione del presidente del Consiglio italiano è stata una totale maleducazione. Parole indecenti”. A una settimana da quelle accuse,  Recep Tayyip Erdogan, citato dall’agenzia Anadolu, ha replicato al premier Mario Draghi che in una conferenza stampa lo aveva definito “dittatore”. Parole che erano state pronunciate dal premier commentando il Sofagate, l’incidente della sedia mancante per Ursula von der Leyen in occasione dell’incontro UE Turchia.
    Il presidente turco, ha poi ribadito il paragone con il ventennio già fatto dal ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu: “Prima di fare una dichiarazione del genere bisogna conoscere la propria storia”.
    La tensione tra Italia e Turchia dunque resta ancora alta, nonostante gli sforzi delle diplomazie che in questi giorni hanno lavorato per smorzare. La vicenda ha poi messo in allarme gli operatori economici e fatto temere riflessi sugli scambi molto vantaggiosi per entrambi i Paesi che raggiungono i 15 miliardi di euro (7,7 miliardi di export e 7,2 miliardi di importazioni).
    Un punto su cui il presidente turco nella sua replica ha rincarato la dose concludendo che “Draghi ha purtroppo danneggiato lo sviluppo delle relazioni Turchia-Italia”.

    Il presidente turco dopo una settimana ha replicato all’attacco di Draghi che lo aveva definito “dittatore”

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    Berlino accusa la Russia di voler provocare un conflitto in Ucraina. Oggi vertice NATO con Blinken

    Bruxelles – Arrivano le prime reazioni europee alla crescente tensione sul confine orientale in Ucraina, dopo la presa di posizione di ieri del segretario di Stato USA, Antony Blinken, e la telefonata del presidente Joe Biden all’omologo russo, Vladimir Putin. “La mia impressione è che la Russia stia facendo di tutto per provocare una reazione armata“, ha dichiarato questa mattina la ministra della Difesa tedesca, Annegret Kramp-Karrenbauer, all’emittente ARD. “Sta solo aspettando una mossa della NATO per avere un pretesto”.
    Riferendosi agli eventi che hanno portato al più grande accumulo di truppe russe dall’annessione della Crimea nel 2014, la ministra tedesca ha però sottolineato che né gli alleati della NATO né l’Ucraina si faranno “trascinare su questo terreno”. Secondo il Cremlino, il rafforzamento della presenza militare lungo i suoi confini occidentali è stato determinato dalla necessità di maggiori esercitazioni, a causa delle “crescenti minacce” dell’Alleanza Atlantica verso est. Ma la ministra Kramp-Karrenbauer ha espresso forti dubbi a riguardo: “Se è come dice, ci sono procedure internazionali che creano trasparenza e fiducia”.
    Berlino sta monitorando da vicino gli sviluppi sul fronte orientale ucraino e proprio ieri ha concordato con Washington un aumento del contingente militare statunitense di altre 500 unità, nel corso di un incontro in Germania tra la ministra della Difesa tedesca e il suo omologo USA, Lloyd Austin.
    Da sinistra, il segretario di Stato USA, Antony Blinken, e il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg (fonte: NATO)
    Oggi è in programma a Bruxelles la riunione ministeriale dei ministri della Difesa e degli Esteri NATO, a cui prenderanno parte anche il segretario di Stato USA Blinken e il ministro della Difesa Austin. Sul tavolo dei lavori ci sarà il dossier Ucraina – con la possibile discussione sul futuro di Kiev all’interno dell’Alleanza – ma anche lo sviluppo della situazione in Afghanistan.
    Dopo l’annuncio del presidente Biden del ritiro delle truppe statunitensi da Kabul entro il prossimo 11 settembre – a 20 anni esatti dall’attacco alle Torri Gemelle, che scatenò l’inizio dell’ennesima guerra in Afghanistan – anche gli alleati della NATO si preparano a prendere la stessa decisione: “Abbiamo sempre detto che ne siamo entrati insieme e ne saremmo usciti insieme”, ha ricordato la ministra tedesca Kramp-Karrenbauer. Prima di fare il suo ingresso al quartier generale della NATO, Blinken ha ribadito le parole del presidente Biden: “Abbiamo raggiunto gli obiettivi fissati, ora è tempo di riportare le truppe a casa”. Gli alleati sulle due sponde dell’Atlantico inizieranno a lavorare per un ritiro coordinato e il segretario di Stato USA ha confermato di essere tornato a Bruxelles “per lavorare in stretta collaborazione con i partner europei”.

    La ministra della Difesa tedesca Kramp-Karrenbauer ha ribadito che gli alleati occidentali “non si faranno trascinare su questo terreno”. Il segretario di Stato USA e il ministro Lloyd Austin si confronteranno con i partner europei sull’approccio verso Mosca e il ritiro delle truppe dall’Afghanistan

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    Blinken a Bruxelles per affrontare crisi Russia-Ucraina. Telefonata di Biden a Putin: “Allentare la tensione”

    Bruxelles – A nemmeno un mese di distanza dall’ultimo viaggio in Belgio, il segretario di Stato USA, Antony Blinken, è tornato oggi (martedì 13 aprile) a Bruxelles per “discutere le priorità con i partner europei” e rinsaldare il rapporto con gli alleati “mentre affrontiamo entità statali maligne e altre sfide“. Presentando in questo modo su Twitter il suo nuovo confronto con i leader dei Paesi europei e della NATO, il braccio destro del presidente Joe Biden ha lasciato tra le righe che uno dei temi centrali è l’escalation di tensione tra Russia e Ucraina.
    Contemporaneamente, la Casa Bianca ha reso noto che durante una telefonata tra Joe Biden e Vladimir Putin, il presidente statunitense ha chiesto all’omologo russo di “allentare la tensione” sull’Ucraina, nel tentativo di “costruire una relazione stabile e prevedibile”.

    Arrived in Brussels and look forward to discussing key priorities with our European partners. We will also continue our important engagement with our closest Allies on these issues as we look to confront malign state actors and other shared challenges.
    — Secretary Antony Blinken (@SecBlinken) April 13, 2021

    Non è un caso se il primo incontro di Blinken a Bruxelles è stato proprio con il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, a cui ha ribadito il “pieno sostegno degli Stati Uniti alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina di fronte alla continua aggressione della Russia“, ha reso noto il portavoce, Ned Price. Durante il confronto, il segretario di Stato USA ha espresso la sua preoccupazione per le “azioni deliberate” di Mosca, che stanno aumentando la tensione non solo “attraverso la sua retorica aggressiva e la disinformazione”, ma anche con “le crescenti violazioni del cessate il fuoco e il movimento delle truppe nella Crimea occupata e vicino ai confini dell’Ucraina”.

    I met with Ukrainian Foreign Minister @DmytroKuleba today to discuss unwavering U.S. support for Ukraine’s sovereignty and territorial integrity. We continue to support Ukraine’s Euro-Atlantic integration in the face of Russia’s ongoing aggression in the Donbas and Crimea. pic.twitter.com/9prNvIXHaf
    — Secretary Antony Blinken (@SecBlinken) April 13, 2021

    Il ministro Kuleba era a Bruxelles alla ricerca di sostegno di fronte alla nuova minaccia del Cremlino sul fronte orientale del Paese. Lo ha trovato in primis dal segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg: “La Russia deve porre fine al più grande ammasso di truppe dall’annessione illegale della Crimea nel 2014”, ha sentenziato il segretario generale, ricordando che il movimento di uomini armati sul confine ucraino “è ingiustificato, inspiegabile e profondamente preoccupante“.
    Da sinistra, il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, e il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg (fonte: NATO)
    A proposito di NATO – definita dal segretario di Stato USA “forum essenziale della sicurezza transatlantica” – Blinken incontrerà domani (mercoledì 14 aprile) il segretario generale Stoltenberg. Già durante l‘incontro dello scorso 24 marzo con i ministri della Difesa dell’Alleanza era emersa la difficoltà nelle relazioni con la Russia, ma a tre settimane di distanza la situazione sembra essere sul punto di degenerare e la linea dell’Occidente si sta indirizzando verso un approccio sempre più deciso nei confronti di Mosca. Si può leggere così l’affermazione di Stoltenberg in conferenza stampa secondo cui “il percorso di riforme dell’Ucraina avvicinerà il Paese alla NATO“, con l’argomento della futura adesione di Kiev all’Alleanza Atlantica che potrebbe essere già sul tavolo Stoltenberg-Blinken domani.
    Intanto però il Cremlino fa la voce grossa e accusa Washington e i Paesi della NATO di star trasformando l’Ucraina in una polveriera. “Le forniture militari sono continuate e il volume di questi aiuti sta crescendo”, ha attaccato il vice-ministro degli Esteri russo, Serghiei Riabkov. Ma non solo: “Abbiamo avvertito gli Stati Uniti che dovrebbero stare lontano dalla Crimea per il loro stesso bene”, riferendosi all’invio di due navi da guerra americane nel Mar Nero. “Non hanno nulla da fare vicino alle nostre coste, quello che stanno facendo è una provocazione”, ha ribadito Riabkov.

    Il segretario di Stato USA ha incontrato il ministro degli Esteri ucraino Kuleba per ribadire “il pieno sostegno” di Washington di fronte alla “continua aggressività” di Mosca lungo il confine orientale. Domani il vertice con il segretario generale della NATO Stoltenberg

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