More stories

  • in

    Borrell risponde a Israele: “Al Consiglio d’associazione temi molto gravi sul tavolo”

    Bruxelles – Nessun governo ungherese amico a presiedere il Consiglio d’associazione tra Ue e Israele convocato dai 27 Paesi membri. Josep Borrell avverte Tel Aviv: il vertice è presieduto dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, non dalla presidenza di turno del Consiglio dell’Ue. E il capo della diplomazia europea non ha intenzione di fare sconti al partner, sotto accusa per la catastrofe umanitaria a Gaza: “È evidente che abbiamo temi molto molto gravi da mettere sul tavolo“, avverte.A Lussemburgo, insieme ai ministri degli Esteri dei 27, Borrell ha sviscerato la lettera con cui il governo di Benjamin Netanyahu si è detto disposto a “prendere in considerazione” l’invito di Bruxelles a riunirsi al più alto livello e discutere dell’attuazione dell’Accordo di associazione Ue-Israele. Ma solo a patto che in quella sede si affrontino tutti gli elementi delle relazioni bilaterali UE-Israele, compresi il commercio, l’istruzione e la cultura“.Israele non vuole alcuna presunzione di colpevolezza. Non verrà a Bruxelles per discutere solo degli impegni presi sul rispetto dei diritti umani e di come sta gestendo la sua guerra ad Hamas. Ma Borrell, a margine dei lavori con i ministri Ue, ha replicato duramente e con un pizzico di sarcasmo: “Non sarà un incontro come gli altri, non abbiamo convocato questa riunione per parlare dell’attuazione dell’Erasmus“.L’Alto rappresentante dovrà ora coordinare i governi Ue nel tentativo di concordare un’agenda e una posizione comune da portare all’incontro con Tel Aviv. “Gli Stati membri riceveranno una relazione sull’aggiornamento della situazione a Gaza e nella West Bank, che riunirà tutte le informazioni che le agenzie delle Nazioni Unite hanno raccolto per quanto riguarda i diritti, la crisi umanitaria e le responsabilità che l’Onu sta denunciando”, ha spiegato Borrell in conferenza stampa. In particolare, il rapporto redatto una settimana fa dall’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Volker Türk, in cui vengono condannati gli attacchi “implacabili” di Israele in tutta l’enclave devastata dalla guerra e si parla di crimini di guerra commessi da entrambe le parti.Senza l’unanimità sulla posizione da tenere nei confronti di Israele, il Consiglio di associazione non si terrà. In altre parole, Borrell dovrà cercare di trovare un compromesso con quei Paesi, in primo luogo proprio quell’Ungheria che dal primo luglio prenderà in mano la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, più riluttanti nel condannare i crimini commessi dalle forze di difesa israeliane contro la popolazione civile palestinese a Gaza. Poi bisognerà accordarsi con Tel Aviv su una data. Vista la determinazione di Borrell, Israele ha tutti gli interessi a rimandare un incontro che potrebbe mettere in discussione i suoi privilegi commerciali con l’Ue. Dopo tutto,  Borrell non rimarrà l’Alto rappresentante ancora a lungo.

  • in

    La Macedonia del Nord ha un nuovo governo nazionalista. A rischio il compromesso Ue con la Bulgaria

    Bruxelles – Sono bastati meno di 50 giorni ai nazionalisti in Macedonia del Nord per occupare le posizioni politiche di vertice dopo il doppio trionfo alle urne dell’8 maggio e per riaccendere tutte le maggiori tensioni politiche di Skopje nella regione balcanica. Il Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone (Vmro-Dpmne) è tornato al governo dopo otto anni all’opposizione grazie al via libera arrivato ieri (23 giugno) dall’Assemblea della Macedonia del Nord, con 77 voti a favore e 22 contrari (su 120 totali) e ora il suo leader, Hristijan Mickoski, è ufficialmente a capo del nuovo esecutivo di Skopje. Ma così come successo in occasione dell’insediamento della nuova presidente della Repubblica, Gordana Siljanovska-Davkova, l’inizio non lascia sperare in una transizione politica facile soprattutto sul piano delle relazioni con i vicini regionali per il prosieguo della strada verso l’adesione all’Unione Europea.Il leader di Vmro-Dpmne e primo ministro della Macedonia del Nord, Hristijan Mickoski (Armend Nimani / Afp)“Continueremo a stare insieme ai nostri partner dell’Ue e armonizzeremo la politica estera comune“, ha assicurato il nuovo capo del governo della Macedonia del Nord nel suo discorso d’insediamento davanti al Parlamento nazionale a proposito delle relazioni internazionali con Russia e Ucraina. Tuttavia è stato chiarissimo il passaggio sui passi per arrivare all’adesione all’Unione, che secondo gli accordi stretti a Bruxelles dovrebbe passare per un compromesso costituzionale per il riconoscimento della minoranza bulgara del Paese (con concessioni linguistiche): “Non passerà, e non ci saranno cambiamenti costituzionali finché sarò qui“. Non si tratta certo di una sorpresa, dal momento in cui già in campagna elettorale Mickoski aveva promesso di mantenere una linea dura sulle questioni linguistiche e storiche, ovvero quelle puramente identitarie. Tuttavia, dopo i tentativi fallimentari dell’ultimo anno e mezzo da parte del governo guidato dai socialdemocratici di emendare la Costituzione per riconoscere la minoranza bulgara (senza mai trovare i due terzi dei deputati necessari per approvare la mozione), potrebbe essere questo il momento di svolta per un nuovo – temuto – stop dei negoziati di adesione Ue per la Macedonia del Nord.È proprio la Bulgaria uno degli ostacoli più grandi per Skopje tra i Ventisette. Era il 9 dicembre 2020 quando si registrava in Consiglio Affari Generali lo stop di Sofia all’avvio dei negoziati di adesione Ue con la Macedonia del Nord, tenuti in stallo per oltre un anno e mezzo fino alla svolta dell’estate 2022. Grazie all’iniziativa del presidente francese, Emmanuel Macron, prima il Parlamento bulgaro ha revocato il veto e poi anche quello macedone ha dato l’approvazione all’intesa: con la firma del protocollo bilaterale tra Sofia e Skopje si è sbloccata definitivamente la situazione e si è potuti arrivare alle prime conferenze intergovernative per Macedonia del Nord (e Albania, legata dallo stesso dossier) il 19 luglio 2022, dopo un’attesa lunga quasi tre anni. Ma per aprire il primo Cluster dei negoziati di adesione Ue sono necessarie non solo tutta una serie di riforme – dal settore giudiziario alla gestione appalti pubblici, dalla lotta alla corruzione alla riforma della pubblica amministrazione – ma anche quegli emendamenti alla Costituzione sulle minoranze nel Paese che il neo-premier Mickoski si rifiuta di attuare.La neo-presidente della Macedonia del Nord, Gordana Siljanovska-Davkova (credits: Robert Atanasovski / Afp)Nell’ultimo mese è poi tornato a scricchiolare anche il rapporto con un altro storico avversario della Macedonia del Nord a livello regionale: la Grecia. Proprio come aveva fatto la neo-presidente della Repubblica Siljanovska-Davkova (candidata di Vmro-Dpmne) nel giorno del suo insediamento il 12 maggio, anche il neo-premier Mickoski ha fatto ripetutamente riferimento al suo Paese come ‘Macedonia’, e non ‘Macedonia del Nord’. L’assenza della locuzione ‘Nord’ ha un significato nazionalistico preciso, a partire dall’indipendenza dalla Jugoslavia nel 1991 e soprattutto dalla candidatura all’adesione Ue dal 2005. Il percorso di Skopje è stato ostacolato fino al 2018 dalla Grecia per la contesa identitaria sull’uso del nome della patria di Alessandro Magno, perché entrambi i Paesi lo rivendicano come parte esclusiva della propria storia ed eredità culturale. Solo con gli Accordi di Prespa firmati il 12 giugno 2018 dagli allora primi ministri greco, Alexis Tsīpras, e macedone, Zoran Zaev, la Repubblica di Macedonia è diventata Repubblica della Macedonia del Nord e ha rinunciato a utilizzare il Sole di Verghina – simbolo della dinastia reale macedone – ricevendo in cambio da Atene il riconoscimento della lingua macedone e il via libera all’adesione di Skopje alla Nato e all’Unione Europea.Da sinistra: gli allora primi ministri della Grecia, Alexis Tsīpras, e della Macedonia del Nord, Zoran Zaev, in occasione della firma dell’Accordo di Prespa (12 giugno 2018)Il ministro degli Affari Esteri greco, Georgios Gerapetritis, aveva già condannato apertamente l’atteggiamento di metà maggio della neo-presidente macedone, definendolo “una flagrante violazione dell’Accordo di Prespa e della Costituzione del nostro Paese vicino”, e aveva avvertito in modo minaccioso che “i progressi nel percorso europeo dipendono dalla piena attuazione dell’Accordo di Prespa e principalmente dall’uso del nome costituzionale del Paese”. La nuova provocazione in arrivo dall’esecutivo appena insediatosi a Skopje non va certo nella direzione di una distensione. Ma anche a Bruxelles la linea di Atene (e indirettamente di Sofia) è condivisa appieno: “Affinché la Macedonia del Nord possa continuare il suo percorso di successo verso l’adesione all’Ue, è fondamentale che il Paese prosegua sulla strada delle riforme e del pieno rispetto degli accordi vincolanti, compreso l’Accordo di Prespa”, erano state le parole dei presidenti della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e del Consiglio Europeo, Charles Michel, all’indirizzo del nuovo establishment nazionalista di Skopje.

  • in

    I cinque punti del Consiglio dell’Ue per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite: sostegno alla “Pace in tutte le sue dimensioni”

    Bruxelles – Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato oggi (24 giugno) le priorità che l’Ue porterà durante la 79esima assemblea delle Nazioni Unite (settembre 2024 – settembre 2025). Le conclusioni rinnovano la determinazione dell’Ue a promuovere soluzioni multilaterali basate sulla Carta delle Nazioni Unite e sostengono l’impegno del Segretario generale delle Nazioni Unite per la “pace in tutte le sue dimensioni” chiedendo a questo scopo una migliore cooperazione internazionale.Nel contesto della triplice crisi planetaria rappresentata dal cambiamento climatico, dalla perdita di biodiversità e dall’inquinamento, l’Ue è impegnata a collaborare con i partner per accelerare una transizione verde globale, giusta e inclusiva. L’Unione ribadisce la sua determinazione nel voler accelerare gli sforzi per attuare l’Agenda 2030 e raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile, e auspica che il Summit del futuro possa essere una svolta nel sistema multilaterale.L’Unione europea continuerà a lavorare per rafforzare il rispetto, la protezione e l’adempimento di tutti i diritti umani e a invitare tutti gli Stati a impegnarsi pienamente nel farlo in accordo con le Nazioni Unite. Nelle conclusione approvate dal Consiglio dell’Ue vengono evidenziate come priorità: l’ordine internazionale basato sulle regole, la pace e la sicurezza internazionale, lo sviluppo sostenibile e la lotta contro la tripla crisi planetaria. Inoltre, l’Unione sosterrà la partecipazione significativa di una società civile diversificata, indipendente e basata sui diritti ai processi multilaterali, compresi, ma non solo, i forum sui diritti umani, la mediazione della pace e il processo decisionale.

  • in

    Le tensioni tra Israele e Libano preoccupano l’Ue. Netanyahu sposta truppe verso nord

    Bruxelles – Il rischio che la guerra di Israele a Gaza coinvolga anche il sud del Libano “diventa ogni giorno più grande”. È l’allarme lanciato da un preoccupatissimo Josep Borrell, l’Alto rappresentante Ue per la Politica Estera, al suo arrivo a Lussemburgo per la riunione con i ministri dei 27. Le tensioni sempre più forti tra l’esercito israeliano e Hezbollah saranno affrontate anche dai capi di stato e di governo dell’Ue nel vertice del 27-28 giugno.Nel documento delle conclusioni del Consiglio europeo, su cui le i corpi diplomatici nazionali stanno lavorando, ci sarà nuovamente spazio per un corposo capitolo dedicato al Medio Oriente. Secondo la bozza più recente visionata da Eunews, i leader non si concentreranno solo sull’offensiva israeliana a Gaza e sulla catastrofica situazione umanitaria nell’enclave, ma esprimeranno preoccupazione “per le crescenti tensioni nella regione, in particolare lungo la Linea Blu, e per la crescente distruzione e lo sfollamento forzato di civili su entrambi i lati del confine israelo-libanese“.Le inquietudini dell’Ue – condivise dall’alleato americano – trovano conferma nell’annuncio fatto ieri dal premier israeliano Benjamin Netanyahu. In un’intervista televisiva, ha dichiarato che la “fase intensa” della guerra a Gaza sarebbe ai titoli di coda e che questo permetterebbe lo spostamento di truppe verso al confine con il Libano. “Per scopi difensivi”, ha dichiarato Netanyahu, e “per riportare a casa i nostri residenti”, i cittadini israeliani dei villaggi del Nord evacuati a causa dei missili lanciati dal gruppo armato libanese. “Se potremo, lo faremo diplomaticamente. In caso contrario, lo faremo in un altro modo”, ha minacciato il premier israeliano.Non proprio in linea con l’invito “a dar prova di moderazione, a prevenire ulteriori tensioni e a impegnarsi negli sforzi diplomatici internazionali” che dovrebbe arrivare a entrambe le parti dal Consiglio europeo. Anche Washington sta cercando di far ragionare Israele, insistendo che un conflitto con Hezbollah rischierebbe a sua volta di trascinare attivamente nelle ostilità anche il ben più pericoloso Iran. Da parte sua, a Bruxelles aleggia invece il timore che un’invasione israeliana nel sud del Libano provochi una nuova crisi di rifugiati verso l’Europa.Il capo della diplomazia europea è in collisione con Netanyahu da mesi e anche oggi ha denunciato la catastrofe in atto a Gaza, dove “la distribuzione di aiuti umanitari è diventata impossibile“. Nonostante le pause tattiche quotidiane annunciate da Israele, i convogli “non entrano, il cibo rimane bloccato al confine e marcisce”. E questo fine settimana “è stato un dei più sanguinosi”: oltre 100 palestinesi vittime degli attacchi israeliani nel centro e nel sud della Striscia, che hanno colpito ancora una volta presidi dell’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi.Anche su questi punti torneranno i governi Ue, invitando innanzitutto Israele a “fermare la sua offensiva militare, in linea con l’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia del 24 maggio 2024″. Esortando “l’urgente accesso di un accesso pieno, rapido e sicuro agli aiuti umanitari” per affrontare “i livelli catastrofici di fame e l’imminente rischio di carestia a Gaza”. Condannando “qualsiasi tentativo di etichettare un’agenzia dell’Onu (l’Unrwa, ndr) come un’organizzazione terroristica” e “le decisioni del governo israeliano di espandere ulteriormente gli insediamenti illegali nella Cisgiordania occupata”.Ma Israele è sorda alle condanne della comunità internazionale da mesi. Anzi, il governo di Tel Aviv ha pubblicato ieri uno studio condotto da diverse università israeliane sulla quantità di cibo distribuito a Gaza durante il mese di maggio: “La quantità e la qualità degli aiuti alimentari consegnati a Gaza sono migliorate costantemente dal gennaio 2024 e forniscono energia, proteine e grassi sufficienti per il fabbisogno della popolazione”, è la sorprendente conclusione dell’analisi condivisa da Israele.

  • in

    Israele ha risposto alla richiesta Ue di convocare un Consiglio di Associazione. Ma che non sia solo sui diritti umani

    Bruxelles – Il governo israeliano ha risposto alla richiesta dell’Ue di convocare un Consiglio di associazione per discutere del rispetto dei diritti umani previsto nell’accordo di associazione tra Bruxelles e Tel Aviv. Israele “è disposto a prendere in considerazione” l’invito e “vuole negoziare l’agenda“, conferma un alto funzionario Ue. Ma la distanza tra le parti sull’ordine del giorno persiste.La risposta di Tel Aviv verrà sviscerata dai ministri degli Esteri dei 27 già lunedì prossimo, 24 giugno. Il benestare era già stato anticipato il 17 giugno dall’omologo israeliano, Israel Katz, durante la visita in Israele del ministro degli Affari esteri ungherese, Péter Szijjártó. Nel loro incontro, i due avevano concordato che lo Stato ebraico avrebbe accettato l’invito solo una volta iniziata la presidenza di turno ungherese del Consiglio dell’Unione europea. Budapest – uno dei più strenui difensori in Ue delle operazioni militari israeliane dal 7 ottobre in poi – prenderà la guida dei 27 dal primo luglio.Ma “a quanto pare c’è un grosso malinteso da parte del governo israeliano su cosa sia un Consiglio di associazione, perché un Consiglio di associazione non è presieduto dalla presidenza a rotazione dell’Ue”, commentano fonti qualificate. Il Consiglio di associazione e l’istituzione a più alto livello che regola i rapporti tra l’Ue e i propri partner più privilegiati, quelli con cui ha stretto appunto un Accordo di associazione. In quanto tale, è presieduto dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri. Da Josep Borrell, almeno fino a quest’autunno.In realtà – spiegano ancora le fonti – si costituisce di due parti diverse. Una prima fase in cui “solo l’Alto rappresentante siede al tavolo a nome dell’Ue”, ed una seconda parte “a cui partecipano anche gli Stati membri”. Quindi è “del tutto irrilevante” chi detenga la presidenza a rotazione. Che sia l’attuale presidenza, il Belgio – fortemente critico nei confronti di Israele – o l’Ungheria.Un Consiglio di associazione ha luogo quando entrambe le parti concordano una data e un ordine del giorno. A sua volta, i 27 Paesi membri devono trovare un’intesa all’unanimità su data, agenda e posizione comune. “Nella sua risposta, Israele non ha fornito alcuna indicazione sulla data“, fa sapere ancora a Eunews un alto funzionario Ue. Per quanto riguarda l’ordine del giorno, i 27 avevano deciso di dare seguito all’appello di Spagna e Irlanda e convocare il Consiglio di Associazione per verificare il rispetto degli impegni presi da Israele nell’ambito della tutela dei diritti umani, alla luce della guerra condotta a Gaza e degli oltre 37 mila morti tra la popolazione civile palestinese.I Paesi membri si erano convinti della necessità di chiedere conto a Tel Aviv del suo comportamento il 27 maggio scorso, dopo il massacro al campo profughi di Rafah. Secondo quanto riportato da Politico, Israele si starebbe rifiutando di incontrare i Paesi Ue per un vertice ad hoc sul rispetto dei diritti umani, ma nella lettera ha insistito perché il Consiglio di associazione affronti, “come con qualsiasi altro Paese, tutti gli elementi delle relazioni bilaterali UE-Israele, compresi il commercio, l’istruzione e la cultura“. Così come di “argomenti legati ai diritti umani e alla guerra”.

  • in

    I ministri Ue danno l’ok ai quadri negoziali di adesione di Ucraina e Moldova. Il 25 giugno si comincia

    Bruxelles – Nessuna sorpresa sgradita dell’ultimo secondo, per Ucraina e Moldova ora può iniziare formalmente il processo di adesione Ue. Alla riunione del Consiglio Affari Economici e Finanziari (Ecofin) di oggi (21 giugno) i 27 ministri Ue hanno votato a favore dell’apertura dei negoziati con Kiev e Chișinău, approvando il punto in agenda senza discussione sui quadri negoziali per i due Paesi candidati, che da martedì prossimo (25 giugno) entreranno in un’altra casella della strada che li dovrebbe portare a diventare futuri membri dell’Unione Europea.Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e la presidente della Moldova, Maia Sandu“Il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato le posizioni generali dell’Ue, compresi i quadri negoziali, per i negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldova”, ha reso noto la presidenza di turno belga a pochi minuti dall’inizio dell’Ecofin. Viene così avviata l’organizzazione delle prime Conferenze intergovernative con Ucraina e Moldova il 25 giugno – la prima tra le ore 15.00 e 17.00, la seconda tra le ore 17.30 e 19.30, entrambe seguite da conferenze stampa – a Lussemburgo, al termine del Consiglio Affari Generali. Nel corso delle due riunioni ministeriali saranno presentati i rispettivi quadri negoziali generali, “che stabiliscono le linee guida e i principi per i negoziati di adesione”, riporta il Consiglio. Si respira aria di grande soddisfazione sia a Kiev sia a Chișinău. “L’Ucraina sta tornando in Europa, dove è appartenuta per secoli, come membro a pieno titolo della comunità europea”, ha esultato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a cui ha fatto eco l’omologa moldava, Maia Sandu: “Diventare membri dell’Ue è il nostro percorso verso la pace, la prosperità e una vita migliore per tutti i cittadini”.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel (7 febbraio 2023)Dopo l’approvazione delle conclusioni del Consiglio Europeo sull’avvio dei negoziati (dicembre 2023) e sull’invito ai 27 ministri di adottare i quadri “senza indugio” (marzo 2024), da settimane a Bruxelles era caldo il dossier sull’avvio dei negoziati di adesione Ue per Ucraina e Moldova, con il 25 giugno nei radar della presidenza belga e di 12 governi più aperturisti, in quanto ultima data utile prima dell’inizio del passaggio di consegne all’Ungheria per il semestre alla guida dell’istituzione Ue. Dopo la prima fumata nera al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) del 29 maggio a causa delle obiezioni ungheresi sull’Ucraina, i negoziatori belgi hanno lavorato senza sosta per appianare le resistenze di Budapest (mai insormontabili, a dire il vero) e permettere di arrivare a un’intesa generale per il voto formale. Il tema è tornato sul tavolo degli ambasciatori venerdì scorso (14 giugno), con il nuovo testo di compromesso che ha trovato l’accordo “di principio” di tutti i Ventisette. Ieri (20 giugno) i Paesi Bassi hanno infine sciolto positivamente la propria riserva parlamentare con il voto favorevole, spianando la strada all’approvazione in sede di Consiglio dell’Ue.A proposito di Conferenze intergovernative, i 27 ministri Ue hanno approvato anche la proposta della presidenza belga di convocare mercoledì prossimo (26 giugno) a Bruxelles la sedicesima riunione con il Montenegro. “L’incontro farà il punto sui progressi compiuti dal Montenegro nel soddisfare i parametri intermedi dei capitoli sullo Stato di diritto” – ovvero il capitolo 23 sul sistema giudiziario e i diritti fondamentali, e il capitolo 24 su giustizia, libertà e sicurezza – “e fornirà indicazioni per il lavoro futuro”, fa sapere il Consiglio. Podgorica è il partner più avanzato sulla strada per aderire all’Unione Europea e a febbraio il premier montenegrino, Milojko Spajić, in un’intervista esclusiva a Eunews aveva messo in chiaro che “faremo del nostro meglio per concludere i negoziati di adesione nel 2026 e attendere fino al 2028 per la ratifica del Trattato di adesione da parte di tutti gli Stati membri”.Come funziona il processo di adesione UeIl processo di allargamento Ue inizia con la presentazione da parte di uno Stato extra-Ue della domanda formale di candidatura all’adesione, che deve essere presentata alla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Per l’adesione all’Unione è necessario prima di tutto superare l’esame dei criteri di Copenaghen (stabiliti in occasione del Consiglio Europeo nella capitale danese nel 1993 e rafforzati con l’appuntamento dei leader Ue a Madrid due anni più tardi). Questi criteri si dividono in tre gruppi di richieste basilari che l’Unione rivolge al Paese che ha fatto richiesta di adesione: Stato di diritto e istituzioni democratiche (inclusi il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze), economia di mercato stabile (capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale) e rispetto degli obblighi che ne derivano (attuare efficacemente il corpo del diritto comunitario e soddisfare gli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria).Ottenuto il parere positivo della Commissione, si arriva al conferimento dello status di Paese candidato con l’approvazione di tutti i membri dell’Unione. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue di avviare i negoziati che, anche in questo caso, richiede il via libera all’unanimità dei Paesi membri: si possono così aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile), il cui scopo è preparare il candidato in particolare sull’attuazione delle riforme giudiziarie, amministrative ed economiche necessarie. Quando i negoziati sono completati e l’allargamento Ue è possibile in termini di capacità di assorbimento, si arriva alla firma del Trattato di adesione (con termini e condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie), che deve essere prima approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio all’unanimità.A che punto è l’allargamento UeLo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Nel Pacchetto Allargamento Ue 2023 la Commissione ha raccomandato al Consiglio di avviare i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova e di concedere alla Georgia lo status di Paese candidato. Tutte le richieste sono state poi accolte dal vertice dei leader Ue di dicembre e ora si attende solo l’avvio formale dei negoziati e l’adozione dei quadri negoziali per le prime due.Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Albania e Macedonia del Nord i negoziati sono iniziati nel luglio 2022, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Montenegro e Serbia si trovano a questo stadio rispettivamente da 12 e 10 anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre 2022 anche la Bosnia ed Erzegovina è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione e al Consiglio Europeo del 21 marzo ha ricevuto l’endorsement all’avvio formale dei negoziati di adesione. Il Kosovo è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata a fine 2022: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue – Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia – continuano a non riconoscerlo come Stato sovrano.I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2023 è stato messo nero su bianco che “il Paese non ha invertito la tendenza negativa ad allontanarsi dall’Unione Europea e ha portato avanti le riforme legate all’adesione in misura limitata”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno 2023 il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è stato affrontato in una relazione strategica apposita a Bruxelles.Trovi ulteriori approfondimenti sull’allargamento Ue nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews

  • in

    Accordo sul 14esimo pacchetto di sanzioni alla Russia, l’Ue prende di mira le importazioni di gas da Mosca

    Bruxelles – L’Ue spezza il tabù sul gas russo. Dopo settimane di trattative, gli ambasciatori dei Paesi membri hanno raggiunto oggi (20 giugno) l’accordo sul 14esimo pacchetto di sanzioni alla Russia dall’inizio della guerra di aggressione in Ucraina. Un pacchetto “potente e sostanziale”, lo definisce la presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue nel dare l’annuncio. Per la prima volta, Bruxelles prende di mira le importazioni di Gnl da Mosca, che nel 2023 hanno generato circa 8 miliardi di euro di profitti per il Cremlino.Per l’approvazione ufficiale e la pubblicazione del pacchetto bisognerà aspettare il Consiglio Ue Affari Esteri di lunedì 24 giugno. Ma fonti Ue rivelano già che le sanzioni colpiranno “più di 100 nuove persone ed entità, per un totale di oltre 2200″ e che includono misure per dare un taglio alle “importazioni, investimenti e trasbordi di Gnl”.Perché, anche se dall’inizio del conflitto in Ucraina l’Ue ha ridotto di circa due terzi la sua dipendenza dal gas russo, ha continuato a importarlo e rivenderlo. E così, nonostante il Gnl da Mosca rappresenti solo il 5 per cento del consumo di gas dell’Ue nel 2023, i 20 miliardi di metri cubi di Gnl russo acquistati dai 27 – Belgio, Francia e Spagna i punti di ingresso principali – hanno portato nelle casse del Cremlino profitti per circa 8 miliardi di euro.L’accordo raggiunto oggi dagli ambasciatori Ue non prevede un divieto assoluto di importazione: le aziende europee potranno ancora acquistare il Gnl russo, ma sarà vietata la sua riesportazione (o trasbordo) in altri Paesi. Secondo l’IEEFA (Institute for Energy Economics and Financial Analysis), circa il 21 per cento del Gnl che arriva da Mosca viene poi trasbordato a livello globale. Oltre 4 miliardi di metri cubi.“Questo pacchetto incisivo negherà ulteriormente alla Russia l’accesso alle tecnologie chiave” e “spoglierà la Russia di ulteriori entrate energetiche”, ha esultato con un post su X la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. L’accordo è stato sbloccato dopo la strenua opposizione di Germania e Ungheria: Budapest non voleva ulteriori sanzioni nel settore energetico, Berlino aveva espresso riserve sugli oneri previsti per le aziende europee per evitare che le misure restrittive in essere vengano aggirate.Come spiegano fonti Ue, il 14esimo pacchetto di sanzioni fornisce anche “ulteriori strumenti per evitare l’elusione, soprattutto nel caso di filiali di Paesi terzi di società madri dell’Ue”. A quanto si apprende, a tutela delle imprese Ue sono stati previsti due tipi di rimedi, “in modo che possano agire dinanzi alle corti nazionali per chiedere di essere risarcite”. Da un lato potranno ottenere il risarcimento di danni subiti “a fronte di cause avviate in Paesi terzi da soggetti russi o controllati da russi per contratti o transazioni la cui esecuzione è stata colpita dalle sanzioni europee”. Dall’altro, le imprese europee “saranno tutelate per i danni causati da soggetti russi che hanno beneficiato dei provvedimenti russi di assegnazione in amministrazione temporanea”.

  • in

    Tra Grecia e Albania scoppia il caso di immunità parlamentare dopo l’elezione di Beleri al Parlamento Ue

    Bruxelles – Se il caso della neo-eletta eurodeputata italiana Ilaria Salis si è chiuso in modo meno traumatico del previsto, tra Grecia e Albania è appena iniziata la partita giudiziaria sull’immunità parlamentare di un nuovo membro greco del Parlamento Europeo, condannato a marzo in primo grado a due anni di carcere per compravendita di voti alle elezioni comunali del maggio 2023. Il sindaco di etnia greca del comune albanese di Himarë, Fredi Beleri, è risultato il terzo candidato più votato in Grecia alle elezioni europee del 9 giugno tra le fila del partito al potere Nuova Democrazia e ora sarà una Corte d’appello speciale a Tirana a prendere la decisione definitiva sulla sua scarcerazione.Da sinistra: il primo ministro dell’Albania, Edi Rama, e il primo ministro della Grecia, Kyriakos Mitsotakis (credits: Adnan Beci / Afp)Con oltre 238 mila preferenze Beleri si è assicurato un posto tra i 7 eurodeputati conservatori eletti (su 21 totali per la Grecia) e subito dopo la comunicazione dei risultati definitivi ha rivendicato il suo successo in una “lotta per la democrazia, lo Stato di diritto, la libertà e la dignità dei cittadini”. Quella che da mesi è diventata una delle figure politiche più controverse per i rapporti tra Albania e Grecia ha denunciato Tirana sulle “condizioni inimmaginabili per un Paese che vuole entrare a far parte della famiglia europea” e ha ringraziato il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, per “l’opportunità di essere candidato, cosa di cui sarò sempre grato”. A questo punto però sarà una Corte d’appello speciale albanese a prendere martedì prossimo (25 giugno) la decisione definitiva, con lo scenario non improbabile di uno scontro giudiziario con Atene, al punto che Beleri ha anticipato l’intenzione di presentare ricorso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea: “So che il sistema giudiziario in Albania è controllato da Edi Rama“.Il caso Beleri tra Grecia e AlbaniaIl caso Beleri era già emerso come un punto di attrito anche ai tavoli europei nel corso della cena informale tra i vertici delle istituzioni Ue e i leader dei Balcani Occidentali, Ucraina e Moldova andata in scena ad Atene a fine agosto dello scorso anno. A quell’appuntamento mancava solo il premier albanese, Edi Rama, non invitato proprio a causa delle tensioni tra Grecia e Albania per la detenzione del sindaco eletto di Himarë, che non ha mai potuto giurare in quanto detenuto in carcere da due giorni prima delle elezioni del 14 maggio con l’accusa di compravendita di voti (anche lo sfidante e primo cittadino in carica, Jorgo Goro, è finito in carcere per corruzione). Da quel momento è iniziato un braccio di ferro diplomatico tra il governo Mitsotakis e il governo Rama, il primo accusato da Tirana di voler influenzare un’indagine indipendente su una figura associata all’insurrezione armata della minoranza greca in Albania nel 1994, il secondo sospettato da Atene di “violazione dei diritti umani” e di processo “politicamente motivato”.Da sinistra: il primo ministro dell’Albania, Edi Rama, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der LeyenFinora il governo greco non è riuscito a fare pressioni diplomatiche sufficienti per la scarcerazione di Beleri e nemmeno le minacce di conseguenze negative sul percorso di adesione dell’Albania all’Unione Europea (con i negoziati iniziati nel luglio 2022) hanno sortito gli effetti sperati. La Grecia sostiene che il caso Beleri dovrebbe essere considerato un problema europeo e non solo una questione bilaterale – in quanto riguarderebbe il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti delle minoranze in un Paese che aspira a fare ingresso nell’Unione – ma la forzatura ha infastidito alcuni tra i Ventisette più favorevoli all’accelerazione del processo di allargamento, come la Germania. È così che il premier greco ha deciso di percorrere una strada più ‘originale’ e il 15 aprile è arrivata l’ufficialità della nomina di Beleri come 25esimo candidato (su 42) nelle liste elettorali di Nuova Democrazia: “La sua candidatura ha un simbolismo molto forte, tutti coloro che sono realmente interessati ai diritti della minoranza etnica greca in Albania lo capiscono”, aveva affermato Mitsotakis due giorni più tardi a margine del Consiglio Europeo a Bruxelles.Al centro, da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro della Grecia, Kyriakos MitsotakisCon l’elezione al Parlamento Europeo di Beleri, Nuova Democrazia sposta il baricentro del discorso politico sul piano patriottico, facendo leva su quello che è diventato un campo di battaglia retorica per il nazionalismo greco e albanese. Tecnicamente Tirana e Atene sono ancora in stato di guerra – dal 1940 quando l’Albania era un protettorato italiano durante la Seconda Guerra Mondiale – e nonostante sia in vigore dal 1996 il Trattato di amicizia, cooperazione, buon vicinato e sicurezza, i due membri della Nato stanno conoscendo un’escalation di tensione sul piano diplomatico, che coinvolgono da vicino anche le istituzioni Ue e il processo di allargamento.