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    Gas, il Cremlino: le forniture riprenderanno “solo con lo stop alle sanzioni” occidentali

    Bruxelles – L’Unione europea tira dritto sul tetto al prezzo del gas russo, mentre la Russia torna a incolpare Bruxelles e le sanzioni occidentali per l’interruzione dei flussi di gas dal Nord Stream e per aver innescato la peggiore crisi europea dell’approvvigionamento di gas. I problemi con le forniture di gas tramite il gasdotto che collega i giacimenti siberiani direttamente alla Germania “persisteranno fino alla revoca delle sanzioni”, perché impediscono la “manutenzione delle unità dei gasdotti”, ha dichiarato in serata il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, spiegando che il funzionamento del gasdotto “si basa su un’unità che necessita di una seria manutenzione” e le sanzioni ne impediscono la riuscita.
    Il gigante russo del gas Gazprom venerdì ha annunciato che il gasdotto Nord Stream 1, la principale rotta di approvvigionamento in Europa, rimarrà chiuso a data da destinarsi dopo aver riscontrato una perdita di olio in una turbina di una stazione di compressione, facendo salire alle stelle i prezzi del gas. Il messaggio del Cremlino è chiaro: finché ci saranno sanzioni, i flussi del gas non ripartiranno e i prezzi (presumibilmente) continueranno a salire. “Problemi con la fornitura di gas sono sorti a causa delle sanzioni imposte al nostro Paese dagli stati occidentali, tra cui Germania e Gran Bretagna”, ha riferito ai giornalisti Peskov, come riporta Reuters. “Vediamo tentativi incessanti di trasferire responsabilità e incolpare su di noi. Lo rifiutiamo categoricamente e insistiamo sul fatto che l’Occidente collettivo – in questo caso, l’UE, il Canada, il Regno Unito – è responsabile del fatto che la situazione è arrivata al punto in cui è adesso”, ovvero con i prezzi alle stelle e difficoltà con l’approvvigionamento. Alla domanda se il Nord Stream tornerà a pompare gas con un allentamento delle sanzioni, Peskov ha risposto in maniera affermativa.
    Questo significa che le sanzioni occidentali contro Mosca “funzionano”? Fatto è che il Cremlino strumentalizza le sanzioni per incolpare l’Occidente della crisi energetica in corso. Le dichiarazioni del Cremlino arrivano in una Italia in piena campagna elettorale in cui il dibattito politico si è concentrato nel fine settimana sul reale funzionamento delle sanzioni e soprattutto se sia necessario portarle avanti anche di fronte a evidenti ricadute sui consumatori europei e sulle loro bollette. La diatriba è tutta interna alla coalizione di centrodestra, con il leader della Lega Matteo Salvini che insiste sul fatto che le sanzioni avrebbero provocato più danni alle economie europee rispetto a quella russa, e per questo dovrebbero essere ripensate. La posizione di Fratelli d’Italia è più moderata e allineata a quella dei principali partner dell’Ue sull’importanza delle sanzioni contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina.
    Gli effetti delle sanzioni occidentali sull’economia del Cremlino si vedranno sul lungo termine ed è proprio di oggi lo scoop di Bloomberg che ha preso visione di un rapporto interno preparato per il governo russo, secondo cui la Russia potrebbe andare incontro alla “recessione più lunga e più profonda man mano che l’impatto delle sanzioni statunitensi ed europee si diffonde”. Il documento, precisa Bloomberg, è frutto di mesi di lavoro da parte di funzionari ed esperti che cercano di valutare il vero impatto dell’isolamento economico della Russia dovuto all’invasione dell’Ucraina voluta da Putin.
    Poco prima delle dichiarazioni del Cremlino, la Commissione ha confermato che una proposta per porre un tetto sul gas russo ci sarà. “Putin usa l’energia come arma, tagliando le forniture e manipolando i nostri mercati energetici. Ma Fallirà e l’Europa prevarrà”, ha avvertito la presidente Ursula von der Leyen, assicurando che la Commissione europea sta preparando proposte per aiutare le famiglie e le imprese vulnerabili a far fronte ai prezzi elevati dell’energia”.

    The @EU_Commission proposal will aim to:
    • Reduce electricity demand (peaks)• Price cap on 🇷🇺 pipeline gas• Help vulnerable consumers & businesses with revenue from the energy sector• Enable support to electricity producers facing liquidity challenges linked to volatility
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 5, 2022

    La leader dell’esecutivo si spinge oltre e conferma che le proposte a cui sta lavorando Bruxelles mireranno “a ridurre la domanda di elettricità (picchi)” ma anche “a imporre un tetto al prezzo del gas russo importato da gasdotto, aiutare i consumatori e le imprese vulnerabili con le entrate del settore energetico e consentire il sostegno ai produttori di energia elettrica che devono affrontare problemi di liquidità legati alla volatilità” dei prezzi. Il price-cap sul gas importato dalla Russia e proveniente da gasdotto è una misura richiesta a livello europeo a più riprese dal governo di Mario Draghi, principalmente per ottenere un doppio effetto: affrontare il rincaro sulle bollette elettriche e far valere il potere dell’Unione Europea come principale acquirente dei combustibili fossili importati da Mosca; ma anche imporre una sorta di sanzione indiretta nei confronti della Russia, vista l’impossibilità di stabilire un embargo sul gas russo (che ormai non è neanche tra le ipotesi).
    Dopo mesi di cautela (e, a parere di molti, di ritardo) da parte dell’Esecutivo europeo, un’apertura in questo senso è arrivata alla fine della scorsa settimana dalla stessa von der Leyen, a margine di un evento in Germania. La Commissione europea sta finalizzando il lavoro su un cosiddetto ‘non paper’, un documento interno fatto circolare con le proposte mirate contro il caro-bollette e per una riforma del mercato energetico per presentarlo quanto prima ai governi. L’occasione sarà il Consiglio straordinario per l’energia convocato con urgenza dalla presidenza dell’Ue della Repubblica ceca il prossimo venerdì 9 settembre. Ma a detta del portavoce capo dell’esecutivo europeo, Eric Mamer, il documento sarà “nelle mani” delle Capitali prima di venerdì, in modo da dare un contributo concreto al dibattito in seno alla riunione dei ministri dell’energia.
    Mamer ha annunciato proprio oggi che la presidente von der Leyen parteciperà mercoledì alla riunione degli ambasciatori dell’Ue (nel Coreper, il comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue), è quindi probabile che le proposte verranno presentate in prima battuta in questa occasione. Nei giorni scorsi è circolata a Bruxelles una prima bozza di proposta che la Commissione avrebbe dovuto presentare, ma senza riferimenti al tetto al prezzo del gas russo. Bruxelles aveva pensato a un’altra misura, ovvero fissare un massimale sul prezzo dell’energia elettrica prodotta da fonti diverse dal gas (ad esempio le rinnovabili) per fornire ai governi risorse con cui ammortizzare i costi delle bollette. La scelta di spingersi oltre e aprire ufficialmente al tetto sul gas probabilmente è da ricondurre in parte all’ennesima dimostrazione di inaffidabilità del colosso russo Gazprom e della Russia come partner energetico per l’Ue, dopo l’annuncio che avrebbe tenuto il gasdotto Nord Stream chiuso “per manutenzione” ben oltre i tre giorni programmati la scorsa settimana (dal 31 agosto al 2 settembre). In parte, è da ricondurre anche alla pressione politica che le Capitali stanno esercitando sulla Commissione europea, accusata nuovamente di risposta lenta e inadeguata alla crisi dei prezzi dell’Energia. Von der Leyen sperava di poter fare gli annunci su come rivedere il mercato energetico dell’Ue al prossimo discorso sullo Stato dell’Unione, che la leader dell’Esecutivo comunitario pronuncerà il prossimo 14 settembre di fronte all’Aula del Parlamento di Strasburgo. Sarà probabilmente costretta ad anticipare i tempi.

    La Russia torna a incolpare l’Occidente per il malfunzionamento del gasdotto Nord Stream e avverte che non ripartiranno i flussi finché ci saranno le sanzioni (che iniziano a far male al Paese)

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    Dal digitale alle dogane, siglati a Bruxelles quattro accordi per rafforzare la cooperazione con l’Ucraina

    Bruxelles –  Da un nuovo sostegno al bilancio ucraino da 500 milioni di euro all’associazione di Kiev al programma Europa digitale, passando per la partecipazione dell’Ucraina ai programmi doganali e fiscali dell’UE. L’ottavo Consiglio di associazione UE-Ucraina che si è svolto oggi (5 settembre) a Bruxelles per discutere l’agenda bilaterale UE-Ucraina è stato sancito dalla sigla tra la Commissione europea e l’Ucraina di quattro nuovi accordi settoriali per rafforzarne ulteriormente la cooperazione, nel contesto della guerra di Russia.
    Bruxelles ha approvato un nuovo programma di sostegno al bilancio ucraino da 500 milioni di euro, come parte degli impegni annunciati dalla Presidente von der Leyen nella campagna “Stand up for Ukraine” che si è tenuta in aprile, che saranno mirati a garantire alloggi e istruzione agli sfollati interni e ai rimpatriati ma anche a sostenere il settore agricolo dell’Ucraina “granaio del mondo”. Via libera, inoltre, a un accordo per associare l’Ucraina al programma Europa digitale, per cui le imprese, le organizzazioni e le amministrazioni pubbliche ucraine potranno accedere ai bandi del programma europeo che per il periodo 2021-2027 prevede un budget complessivo di 7,5 miliardi di euro. In una nota Bruxelles chiarisce che Kiev potrà richiedere finanziamenti e sostegno per progetti in aree come supercalcolo, intelligenza artificiale, competenze digitali avanzate e garantire un ampio uso delle tecnologie digitali nell’economia e nella società, anche attraverso i centri di innovazione digitale dell’Ue.
    “L’Ucraina ha mostrato una notevole resilienza e abilità tecnologica nell’affrontare l’invasione russa, anche nello spazio digitale. Con questo accordo, l’UE e l’Ucraina beneficeranno del reciproco know-how ed amplieranno le nostre capacità digitali”, ha chiarito la vicepresidente esecutiva per un’Europa digitale, Margrethe Vestager. Con gli accordi di oggi la Commissione spiana infine la strada alla partecipazione dell’Ucraina ai programmi doganali (“Dogana”) e fiscali (“Fiscalis”) dell’UE, con cui Kiev potrà partecipare alle attività di entrambi i programmi con gli Stati membri dell’UE e altri paesi partecipanti. Per Bruxelles “un importante impulso alla cooperazione tra l’UE e l’Ucraina in materia doganale e fiscale”.
    “L’Unione europea continuerà a sostenere Kiev: politicamente, finanziariamente e militarmente. Tutto il tempo necessario e quanto necessario”, ha detto l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, nell’accogliere a Bruxelles il primo ministro ucraino Denys Shmyhal. “Il primo obiettivo è aiutare l’Ucraina a porre fine alla guerra. L’obiettivo a lungo termine è aiutare l’Ucraina a conquistare la pace”. Questa mattina il premier di Kiev è stato accolto dalla presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, con cui si è discusso anche della ricostruzione del Paese e della situazione economica.
    https://twitter.com/EP_President/status/1566719839581995008?s=20&t=_CCUN_6xvRblx51q7LZ21g

    A margine dell’ottavo Consiglio di associazione UE-Ucraina che si è svolto oggi a Bruxelles per discutere l’agenda bilaterale UE-Ucraina

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    Liz Truss è la nuova leader dei conservatori britannici e (da domani) prima ministra. Ma per l’Ue non è una buona notizia

    Bruxelles – Segretaria di Stato per gli Affari esteri, capa negoziatrice delle relazioni post-Brexit con l’Unione Europea, leader dei conservatori britannici e da domani (martedì 6 settembre) prima ministra del Regno Unito. L’ascesa di Liz Truss nell’ultimo anno sembra essere inarrestabile, suggellata dalla vittoria contro lo sfidante Rishi Sunak, l’ex-cancelliere dello Scacchiere (l’equivalente del ministro dell’Economia), per la leadership dei Tories e del Paese. L’annuncio è arrivato oggi alle ore 12.30 locali da parte del Comitato 1922 – il gruppo parlamentare del Partito Conservatore alla Camera dei Comuni – dopo le dimissioni del leader Boris Johnson a inizio luglio. Truss ha ottenuto 81.326 voti espressi dai militanti conservatori nel corso delle ultime settimane, contro i 60.399 di Sunak.
    La nuova leader dei conservatori britannici e dal 6 settembre 2022 prima ministra del Regno Unito, Liz Truss
    La proclamazione di Truss a numero uno dei Tories fa scattare automaticamente la sua ‘promozione’ a prima ministra del Paese, considerato il fatto che in conservatori possono contare sulla maggioranza a Westminster, e domani è attesa al Castello di Balmoral in Scozia per essere formalmente confermata dalla regina Elisabetta II (non a Buckingham Palace, a causa di problemi di mobilità della sovrana). Sulla carta il programma del governo guidato da Liz Truss spingerà sui tagli delle tasse, in particolare per le classi più abbienti, sul congelamento temporaneo delle bollette energetiche per rispondere al caro-prezzi, sul prosieguo della linea dura di Johnson contro la Russia di Putin, ma anche sul piano della sfida a Bruxelles a proposito del Protocollo sull’Irlanda del Nord. Ecco perché la nomina di Truss a Downing Street 10 per molti aspetti non è una buona notizia per l’Ue, nonostante da Bruxelles il portavoce della Commissione, Eric Mamer, auspichi “un nuovo inizio” nei rapporti tra le due sponde della Manica e nella “piena implementazione di tutti gli accordi siglati“.
    Proprio Truss, in qualità di capa negoziatrice delle relazioni post-Brexit nel gabinetto Johnson, è stata la principale artefice della crisi tra Ue e Regno Unito che dura ormai da metà giugno, quando l’esecutivo comunitario ha scongelato una procedura d’infrazione contro il Regno Unito e ne ha attivate altre due per la decisione di Londra di tentare la strada della modifica unilaterale del protocollo sull’Irlanda del Nord. La proposta di legge è stata presentata proprio dall’allora segretaria di Stato per gli Affari esteri, animata dalla volontà di stralciare quanto concordato nel momento della firma dell’accordo di recesso tra Ue e Regno Unito. Ora a Bruxelles si teme che la nuova premier segua la linea dura dei conservatori intransigenti che hanno sostenuto la sua leadership: un colpo di spugna a tutti i controlli sulle merci trasportate tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord, mettendo di fatto fine all’integrità del Mercato Unico dell’Ue sull’isola d’Irlanda.
    Il vicepresidente della Commissione UE per le Relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, Maroš Šefčovič, e la futura premier britannica, Liz Truss
    A indicare la possibilità che venga seguita questa strada, il Financial Times ha riportato che Liz Truss, come prima mossa di politica estera, sarebbe pronta ad attivare l’articolo 16 del Protocollo, che sospenderebbe temporaneamente buona parte dei controlli mentre le due parti negoziano la sua applicazione. Già a metà estate Londra aveva annunciato che esistevano tutte le condizioni previste dall’articolo a cui può ricorrere una parte che ritenga che il Protocollo abbia determinato “gravi difficoltà economiche, sociali o ambientali“. Una volta attivato, iniziano “consultazioni immediate” nel comitato congiunto che regola l’accordo, ma possono anche essere adottate unilateralmente “misure di riequilibrio proporzionate”, se non è possibile raggiungere un’intesa. Ad appesantire la situazione è arrivata la notifica dell’l’HM Revenue & Customs (il dipartimento governativo non ministeriale del Regno Unito responsabile per la riscossione delle imposte) di una tariffa del 25 per cento ai produttori di acciaio britannici che vogliono vendere prodotti da costruzione in Irlanda del Nord, proprio per le “conseguenze negative” del Protocollo.
    Al centro della contesa tra Bruxelles e Londra c’è in particolare la questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli Ue sui certificati sanitari – e non – per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Il tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte del governo guidato da Boris Johnson aveva scatenato lo scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra luglio e ottobre dello scorso anno: l’esecutivo comunitario aveva prima sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare poi delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati, ma senza mai mettere in discussione l’integrità della parte dell’accordo di recesso tra Ue e Regno Unito siglato per garantire l’unità sull’isola d’Irlanda. La mossa unilaterale di Downing Street 10 di giugno ha però causato una dura risposta da parte della Commissione, con la riattivazione della procedura d’infrazione del marzo 2021: Londra ha tempo per rispondere entro il 15 settembre (grazie a un mese di proroga concesso da Bruxelles) ma, se non lo farà, l’esecutivo comunitario potrà valutare di deferire il Regno Unito alla Corte di Giustizia dell’Ue, così come previsto dall’accordo di recesso. La strategia di Truss a questo punto potrebbe essere attivare l’articolo 16 del Protocollo nei prossimi 10 giorni, aprendo un capitolo tutto nuovo – e sicuramente non più sereno – nei rapporti tra Londra e l’Unione.
    A cercare di rasserenare l’ambiente, iniziano ad arrivare da Bruxelles messaggi di congratulazioni alla nuova leader dei conservatori per il prossimo incarico a premier del Paese: “L’Ue e il Regno Unito sono amici e alleati naturali, con gli stessi interessi fondamentali, le democrazie devono rimanere unite contro l’autocrazia e l’aggressione”, ha commentato su Twitter la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, mettendo in risalto i punti di accordo tra le due sponde della Manica e ricordando che l’Eurocamera “sarà sempre un partner del popolo britannico”. La numero uno della Commissione, Ursula von der Leyen, ha esortato a “instaurare un rapporto costruttivo, nel pieno rispetto dei nostri accordi“, dal momento in cui le due parti affrontano “insieme molte sfide, dal cambiamento climatico all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia”. Anche il premier ceco e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Petr Fiala, ha sottolineato che “la Gran Bretagna continuerà a essere un prezioso alleato della Repubblica Ceca e dell’Unione Europea”, mentre il numero uno del Consiglio, Charles Michel, si è richiamato ai Beatles per ricordare che “all we need is… friends“.

    Congratulations to @trussliz, the next Prime Minister of the UK.
    The EU & UK are natural friends & allies, with same core interests at heart.
    Democracies must remain united, in standing against autocracy and aggression.@Europarl_EN will always be a partner to the 🇬🇧 people.
    — Roberta Metsola (@EP_President) September 5, 2022

    La segretaria di Stato per gli Esteri nel gabinetto Johnson è la prima responsabile della lacerazione dei rapporti con Bruxelles per la decisione di modificare unilateralmente il Protocollo sull’Irlanda del Nord. E avrà tempo fino al 15 settembre per rispondere alle azioni legali dell’Ue

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    Gazprom taglia il gas all’Europa via Nord Stream fino a data da destinarsi. L’Ue: “Pretesti fallaci, prova di inaffidabilità”

    Bruxelles – Alla fine i timori si sono rivelati fondati. Nel tardo pomeriggio di oggi (venerdì 2 settembre), a poche ore dall’annunciata fine dei lavori di manutenzione nella stazione di compressione di Portovaya (Russia), con una nota sul suo canale Telegram il colosso energetico russo Gazprom ha annunciato che il flusso di gas verso l’Europa via Nord Stream non riprenderà e sarà posticipato a data da destinarsi: “Durante i lavori di manutenzione ordinaria dell’unità di compressione del gas Trent 60 di Portovaya CS, eseguiti congiuntamente con i rappresentanti di Siemens, è stata rilevata una perdita d’olio con una miscela di sigillante in corrispondenza delle connessioni terminali dei cavi dei sensori di velocità del rotore a bassa e media pressione”.
    È per questa ragione che il trasporto di gas è stato “completamente interrotto”, almeno fino a quando i guasti “non saranno eliminati”, ha precisato Gazprom, senza forniture ulteriori informazioni su previsioni di riapertura. I dettagli sono stati forniti piuttosto sui tecnicismi del problema: “È stato rilevato olio sul connettore del cavo della piastra di connessione Bpe2, che fa parte del motore”, ma anche “nell’area della linea dei cavi nella morsettiera esterna del sistema di controllo automatico della Gcu, al di fuori dell’involucro di isolamento acustico e termico”. Il rapporto di rilevamento delle perdite di olio “è stato firmato anche dai rappresentanti di Siemens”, sottolinea il comunicato.
    Tutto ciò considerato, “è stato ricevuto un avviso dalla Rostechnadzor della Russia in cui si afferma che i guasti e i danni rilevati non consentono di garantire un funzionamento sicuro e privo di incidenti del motore della turbina a gas” e si rende “necessario adottare misure appropriate e sospendere l’ulteriore funzionamento dell’unità Trent 60 a turbina a gas a causa delle gravi violazioni riscontrate”, continua Gazprom. Secondo le informazioni di Siemens, le riparazioni possono essere effettuate solo in un centro di riparazione specializzato e la lettera inviata al presidente e amministratore delegato di Siemens Energy AG, Christian Bruch, sarà analizzata dal costruttore della turbina.
    “L’annuncio di Gazprom di oggi pomeriggio di voler chiudere ancora una volta NorthStream 1 con pretesti fallaci è un’altra conferma della sua inaffidabilità come fornitore“, ha commentato il portavoce-capo della Commissione Ue, Eric Mamer: “È anche la prova del cinismo della Russia, che preferisce bruciare il gas invece di onorare i contratti”.

    Gazprom’s announcement this afternoon that it is once again shutting down NorthStream1 under fallacious pretenses is another confirmation of its unreliability as a supplier.
    It’s also proof of Russia’s cynicism, as it prefers to flare gas instead of honoring contracts.
    — Eric Mamer (@MamerEric) September 2, 2022

    L’ultima interruzione totale del flusso, annunciata lo scorso 22 agosto, era scattata alle 5 di mattina (ora italiana) di mercoledì 31 agosto e sarebbe dovuta durare fino alle 4 di mattina del 3 settembre (non il 2 come precedentemente comunicato). Nord Stream è la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo verso il continente, che collega i giacimenti di gas siberiani direttamente alla Germania settentrionale attraverso il Mar Baltico: a capacità massima può trasportare 55 miliardi di metri cubi di gas. A Bruxelles già si temeva che prima o poi i flussi potessero interrompersi definitivamente, come aveva avvisato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: “L’Ue si deve preparare a una completa interruzione delle forniture dalla Russia”, aveva sottolineato al Bled Strategic Forum con preoccupazione, parlando della necessità di “mettere fine alla nostra sporca dipendenza dalle fonti fossili russe”. Prima del 31 agosto Nord Stream lavorava già al 20 per cento della propria capacità e, se i problemi tecnici non saranno risolti facendo ripartire il flusso, c’è il rischio concreto di un aumento della pressione sui governi europei che stanno cercando di aumentare il livello di riempimento degli stoccaggi nazionali di gas prima dell’inverno.
    Non è la prima volta che si verifica un taglio delle forniture di gas all’Europa da parte di Gazprom. L’infrastruttura Nord Stream era già rimasta ferma per manutenzione programmata a una turbina dall’11 al 21 luglio ed è ripartita a capacità ridotta a circa il 40 per cento rispetto alla norma. A fine luglio il flusso era stato ulteriormente ridotto al 20 per cento, a circa 38 milioni di metri cubi al giorno, rispetto ai 66 delle settimane precedenti alla manutenzione. Ancora prima, a metà giugno, il colosso energetico aveva comunicato che le forniture di gas potevano essere garantite solo fino a un volume di 100 milioni di metri cubi al giorno, invece dei 167 milioni di metri cubi previsti. Tra fine aprile e metà maggio invece erano stati chiusi i rubinetti a Bulgaria, Polonia, Paesi Bassi, Danimarca e Finlandia, per mancati pagamenti in rubli come richiesto dalle autorità russe.

    Il colosso energetico russo Gazprom annuncia che il gasdotto rimarrà fermo per alcune perdita di olio alla stazione di compressione di Portovaya (Russia). Le forniture sarebbero dovute ripartire nella mattina di sabato 3 settembre dopo tre giorni di lavori di manutenzione

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    Il G7 spinge sul price cap al petrolio russo via mare, mentre von der Leyen apre al tetto ai prezzi del gas del Cremlino

    Bruxelles – Si spinge per il price cap sul petrolio russo via mare, ora serve solo l’unanimità dei 27 membri dell’Unione europea. Il vertice ministeriale del G7 delle Finanze ha approvato il piano per stabilire un tetto al prezzo dei prodotti petroliferi in arrivo da Mosca via mare e la palla ora passa a Bruxelles, dove dovrà essere aggiornato il sesto pacchetto di sanzioni, quello che per un mese (durante tutto il mese di maggio) era rimasto ostaggio per alcuni giorni del veto dell’Ungheria di Viktor Orbán. E intanto dalla Germania la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha aperto senza mezzi termini alla possibile introduzione di un tetto dei prezzi al gas russo tra le misure d’urgenza per contrastare il caro-prezzi dell’energia.
    “Confermiamo la nostra intenzione politica comune di finalizzare e attuare un divieto globale di servizi che consentano il trasporto marittimo di greggio e prodotti petroliferi di origine russa“, si legge nel comunicato del G7 ministeriale, che riprende l’impegno del vertice dei leader a Elmau di impedire alla Russia di trarre profitto dalla guerra di aggressione in Ucraina e di sostenere la stabilità dei mercati energetici globali. “La fornitura di tali servizi sarà consentita solo se il petrolio e i prodotti petroliferi saranno acquistati a un prezzo pari o inferiore rispetto a quello determinato dall’ampia coalizione di Paesi che aderiscono al price cap e lo attuano”, specificano i ministri di Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti.
    Il price cap sul petrolio è “specificamente concepito” per ridurre le entrate del Cremlino, ma allo stesso tempo anche per “limitare l’impatto della guerra russa sui prezzi globali dell’energia”, permettendo ai fornitori di servizi del settore di operare con prodotti petroliferi russi via mare venduti solo a un prezzo pari o inferiore al tetto fissato: “Questa misura si baserebbe e amplificherebbe la portata delle sanzioni esistenti, in particolare del sesto pacchetto dell’Ue, garantendo la coerenza attraverso un solido quadro globale”. Come confermato anche dal commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, adesso bisogna “allargare il sostegno europeo e globale al price cap, contro gli extra profitti destinati alla guerra e per ridurre i prezzi dell’energia”. L’accordo del G7 “si basa e rafforza ulteriormente” il sesto pacchetto dell’Unione, in linea con le tempistiche concordate del 5 dicembre per il greggio e del 5 febbraio 2023 per i prodotti petroliferi.

    Accordo al #G7Finance per un tetto al prezzo del #petrolio russo. Sopra quel prezzo, non potrà entrare nell’intera area G7. Ora allargare il sostegno europeo e globale al price cap. Contro gli extra profitti destinati alla guerra e per ridurre i prezzi dell’energia.
    — Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) September 2, 2022

    Il tetto iniziale dei prezzi sarà basato su “una serie di dati tecnici” e sarà deciso “dall’intera coalizione prima dell’attuazione in ogni giurisdizione”, precisano i sette ministri, che sottolineano con forza che la comunicazione sarà fatta in modo “pubblico, chiaro e trasparente”. Inoltre, “il prezzo, l’efficacia e l’impatto saranno monitorati attentamente e il livello dei prezzi sarà rivisto se necessario“. Secondo le previsioni del G7, l’attuazione pratica del price cap sul petrolio russo importato via mare “si baserà su un modello di registrazione e attestazione che coprirà tutti i tipi di contratti pertinenti”, limitando le possibilità di aggirare il regime e riducendo al minimo l’onere amministrativo per gli operatori di mercato. Nel frattempo continuerà il confronto con Paesi e parti interessate “in vista della progettazione e dell’implementazione definitiva”.
    L’obiettivo è proprio quello di creare “un’ampia coalizione per massimizzare l’efficacia” della misura: “Esortiamo tutti i Paesi che vogliono ancora importare petrolio e prodotti petroliferi russi a impegnarsi a farlo solo a prezzi pari o inferiori al massimale di prezzo”, ribadiscono i ministri del Gruppo dei Sette. Il punto di forza della misura è non solo l’ambizione di affrancarsi dal petrolio in arrivo da Mosca per chi ne ha la forza e la volontà, ma soprattutto l’essere “particolarmente vantaggiosa per i Paesi, in particolare quelli vulnerabili a basso e medio reddito, che soffrono per gli alti prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari”. È proprio in quest’ottica che saranno sviluppati anche “meccanismi di mitigazione mirati accanto alle nostre misure restrittive“, in modo da garantire che i partner più svantaggiati possano mantenere la sicurezza dell’accesso ai mercati dell’energia, “anche dalla Russia”.

    Today the @G7 finance ministers issued a joint statement on the extension to the #G7 of the services ban related to the export of Russian oil and petroleum products in combination with a price cap. ➡️ https://t.co/GuqoUea8hb #Sanctions
    — Bundesministerium der Finanzen (@BMF_Bund) September 2, 2022

    A proposito di price cap, in vista del Consiglio straordinario Energia di venerdì prossimo (9 settembre), la presidente della Commissione von der Leyen ha messo in chiaro che è sempre più concreta l’idea di introdurlo anche per il gas: “Credo fermamente che sia giunto il momento di fissare un tetto massimo di prezzo per il gas proveniente dal gasdotto russo verso l’Europa“, ha dichiarato a margine di un incontro dei legislatori conservatori tedeschi nella città di Murnau (in Germania). Nonostante le minacce del vice-capo del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, di un conseguente taglio totale del gas da parte del Cremlino, il premier ceco e presidente di turno del Consiglio dell’Unione Ue, Petr Fiala, ha appoggiato entusiasta la proposta della numero uno dell’esecutivo comunitario: “La presidente della Commissione ha sostenuto la limitazione del prezzo del gas russo, è chiaro che i nostri sforzi per contrastare i prezzi elevati dell’energia a livello europeo hanno un senso“.

    Al vertice ministeriale G7 delle Finanze è stato approvato il piano che prevede il “divieto globale di servizi che consentono il trasporto marittimo” di greggio e prodotti raffinati. Saranno consentiti solo se acquistati a un prezzo pari o inferiore a quello stabilito dalla coalizione

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    L’Ue in pressing sulla Serbia per trovare una soluzione con gli organizzatori dell’EuroPride per ospitare l’evento a Belgrado

    Bruxelles – Aumentano le pressioni delle istituzioni Ue sulla Serbia dopo l’ondata di polemiche sulla posizione intransigente del presidente serbo, Aleksandar Vučić, a proposito dello svolgimento dell’Europride 2022 in programma tra il 12 e il 18 settembre a Belgrado. “Dopo l’annuncio della cancellazione, l’Unione Europea incoraggia le autorità serbe a proseguire i contatti con gli organizzatori per trovare una soluzione che consenta di ospitare l’EuroPride in pace e sicurezza”, si legge in una nota firmata dal portavoce del Servizio europeo per l’Azione esterna (Seae), Peter Stano: “Attendiamo con ansia una decisione finale positiva” sullo svolgimento dell’evento che celebra quest’anno il trentesimo anniversario dall’istituzione.

    Statement by the Spokesperson on the announcements of the cancellation of EuroPride in Belgrade | EEAS Website https://t.co/yA0qK61knl
    — Belgrade Pride – EuroPride 2022 (@belgradepride) September 2, 2022

    Martedì (30 agosto) il presidente Vučić aveva ribadito che la manifestazione annuale itinerante per i diritti LGBTQ+ in programma quest’anno nella capitale serba sarà “annullata o rinviata” per “questioni urgenti”, non facendo nessuna apertura rispetto a quanto annunciato pochi giorni prima nel corso della cerimonia di conferimento del mandato di governo alla premier uscente, Ana Brnabić. “Potrà chiamare Biden, potranno chiamare Putin o Erdogan o chi volete, la decisone non cambierà”, aveva messo un punto Vučić. Ma gli organizzatori dell’EuroPride hanno continuato a confermare che l’evento non è annullato e che la marcia del 17 settembre per le strade di Belgrado si svolgerà, dal momento in cui le autorità nazionali non hanno il potere di cancellare la manifestazione una volta assegnata alla città ospitante, a meno che non si tratti di ragioni di sicurezza pubblica motivate dalle forze di polizia.
    Da Bruxelles è subito arrivato un importante sostegno alla causa dell’EuroPride 2022 in Serbia, sia con il messaggio inviato alla premier Brnabić da parte della co-presidente dell’intergruppo LGBTQ+ del Parlamento Ue, Terry Reintke, e dalla collega di partito, Viola von Cramon-Taubadel (“L’EuroPride sarà un simbolo forte contro i movimenti autoritari guidati dall’odio, marceremo a Belgrado per la democrazia e la diversità”), sia con la lettera firmata da 145 eurodeputati indirizzata anche al presidente serbo. “Siamo consapevoli delle minacce alla sicurezza dei manifestanti, ma riteniamo che vietare del tutto l’evento non sia la soluzione giusta”, è quanto sottolineato con forza nel testo, che ha esortato alla “positiva collaborazione e a sostenere gli organizzatori nella realizzazione di una Marcia dell’EuroPride sicura”. Tra gli eurodeputati italiani firmatari della lettera compaiono la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, il membro del comitato dell’intergruppo LGBTQ+ Fabio Massimo Castaldo (Movimento 5 Stelle), insieme ad Alessandra Moretti,Brando Benifei, Massimiliano Smeriglio (Partito Democratico), Eleonora Evi e Rosa D’Amato (Verdi).

    🏳️‍🌈 145 MEPs signed today our joint letter calling on the 🇷🇸 #Serbian leadership (@SerbianPM/@avucic) to facilitate a safe #EuroPride2022 as scheduled.
    Our MEPs also urge authorities to deploy sufficient police protection.
    Read it below 👇 https://t.co/SsKle1gmxb pic.twitter.com/u1lFMMzC2t
    — LGBTI Intergroup (@LGBTIintergroup) August 31, 2022

    È così che, anche grazie al pressing dell’Ue, si è aperto uno spazio di dialogo tra le autorità della Serbia e gli organizzatori dell’EuroPride. Si cerca ora una soluzione che garantisca lo svolgimento della manifestazione – e in completa sicurezza – con un qualche tipo di riconoscimento della situazione delicata all’interno del Paese (in particolare sui rapporti con il Kosovo e sulla crisi energetica). Un tentativo ulteriormente supportato da Bruxelles con la messa in campo del peso diplomatico del Servizio guidato dall’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: “L’Ue attribuisce grande importanza al fatto che questo Pride si svolga in circostanze pacifiche e con la sicurezza dei partecipanti”, si legge nel comunicato, che ricorda a Belgrado le aspettative dell’Unione nei confronti dei “nostri partner più stretti” in materia di “protezione e promozione dei diritti umani”, inclusa la “difesa dei diritti delle persone LGBTIQ+, della libertà di riunione e di espressione”. L’EuroPride, conclude il testo, “si batte per la parità di diritti delle persone LGBTIQ+ in tutta Europa, dando voce a coloro che subiscono discriminazioni, violenze o odio per motivi diversi dal loro sesso, sessualità o genere”.

    Il Servizio europeo per l’azione esterna attende “con ansia” una decisione finale “positiva” dai contatti tra autorità serbe e organizzatori della manifestazione LGBTQ+. Bruxelles attribuisce “grande importanza” allo svolgimento dell’evento “in circostanze pacifiche e in sicurezza”

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    L’UE sospende il regime agevolato dei visti per tutti i cittadini russi

    Bruxelles – Fine del regime agevolato dei visti per tutti i cittadini russi, senza nessuna distinzione. L’ultima misura dell’Unione europea per rispondere all’aggressione russa dell’Ucraina è un ritorno al passato, il ripristino del vecchio sistema di concessione di documenti di viaggio, ingresso e soggiorno nel territorio dell’UE. Nel 2007 le due parti decisero di concedere il documento a condizioni migliori, con procedure più snelle, più rapide. Adesso “c’è l’accordo politico per la piena sospensione dell’accordo di facilitazione dei visti UE-Russia”, annuncia l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, al termine della riunione informale dei ministri degli Esteri dei Ventisette.

    European Union has agreed on full suspension of visa facilitation agreement with Russia, @JosepBorrellF has just announced during the press conference after informal #Gymnich meeting in Prague.
    — EU2022_CZ (@EU2022_CZ) August 31, 2022

    Non è una messa al bando dei russi, e Borrell tiene a sottolinearlo nel corso della breve conferenza stampa. “Non vogliamo tagliarci da quei russi che sono contrari alla guerra in Ucraina. Non vogliamo isolarci dalla società civile russa”. L’accordo politico “non vuol dire che non si potranno più ottenere visti“. Quello che succede è che i cittadini russi saranno da adesso in poi trattati alla stregua di gli altri cittadini di Paesi terzi. “Agevolazione vuol dire facilitare. Non ci saranno più agevolazioni, e quindi sarà più complicato ottenere visti”. Inoltre, la decisione maturata a Praga di sospendere il regime agevolato “significa che si ridurrà significativamente il numero di nuovi visti rilasciati dagli Stati membri dell’UE“.
    I ministri degli Esteri sono però intransigenti per quanto riguarda i passaporti russi emessi nei territori occupati. I documenti rilasciati in Crimea e Donbass “non saranno riconosciuti”, tiene a sottolineare Borrell. L’UE qui dunque tiene il punto. L’Unione europea non ha mai riconosciuto l’annessione della Crimea del 2014, e da questo punto di vista non cambia avviso. E lo stesso fa con i territori oggi campo di battaglia e sotto il controllo delle forze russe.
    La situazione in Ucraina vede i ministri degli Esteri trovare una quadra anche su un altro aspetto, quello dell’assistenza militare. “Abbiamo anche convenuto di accelerare il lavoro sulla sostenibilità dello Strumento europeo per la pace (EPF), per poter rispondere meglio alle esigenze in evoluzione dell’esercito ucraino“.

    L’annuncio dell’Alto rappresentante Borrell. “C’è l’accordo politico”. I Ventisette d’accordo anche a lavorare “per rispondere meglio alle esigenze in evoluzione dell’esercito ucraino”

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    Si fermano (per la quarta volta) le forniture di gas russo via Nord Stream all’Europa. Lavori Gazprom fino al 3 settembre

    Bruxelles – Stop alle forniture di gas, per l’ennesima volta in quest’estate. Da quando l’Unione europea ha annunciato il piano RePowerEu per raggiungere l’indipendenza dalle fonti fossili russe, si continuano a verificare interruzioni al flusso via Nord Stream per questioni tecniche, manutenzioni e lavori sulle stazioni di compressione. E ormai sembra sempre più reale che il taglio del gas verso l’Europa da parte del colosso energetico Gazprom possa diventare irreversibile.
    L’ultima interruzione totale del flusso, annunciata già lo scorso 22 agosto, è scattata alle 5 di mattina (ora italiana) del 31 agosto ed è stata motivata da Gazprom per lavori di manutenzione in una stazione di compressione nel nord della Germania, da dove il gas viene poi esportato in altri Paesi Ue. La conferma è arrivata anche dalla rete europea dei gestori dei sistemi di trasporto del gas (Entsog), che però ha precisato che i lavori si stanno svolgendo in Russia e non nel punto di collegamento europeo. Nord Stream è la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo verso il continente, che collega i giacimenti di gas siberiani direttamente alla Germania settentrionale attraverso il Mar Baltico: a capacità massima può trasportare 55 miliardi di metri cubi di gas.
    Il taglio delle forniture di gas da parte di Gazprom dovrebbe durare per tre giorni, fino alle 4 di mattina di sabato 3 settembre (inizialmente era previsto fino al 2 settembre), ma a Bruxelles si teme che prima o poi i flussi possano interrompersi definitivamente. L’avvertimento è arrivato dalla stessa presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, al Bled Strategic Forum (in Slovenia): “L’Ue si deve preparare a una completa interruzione delle forniture dalla Russia”, aveva sottolineato con preoccupazione, parlando della necessità di “mettere fine alla nostra sporca dipendenza dalle fonti fossili russe”. Oggi Nord Stream lavora già al 20 per cento della propria capacità, con il rischio concreto di un aumento della pressione sui governi europei che stanno cercando di aumentare il livello di riempimento degli stoccaggi nazionali di gas prima dell’inverno.

    pic.twitter.com/HybKucrwbY
    — Gazprom (@GazpromEN) August 19, 2022

    Non è la prima volta che si verifica un taglio delle forniture di gas all’Europa da parte di Gazprom. L’infrastruttura Nord Stream era già rimasta ferma per manutenzione programmata a una turbina dall’11 al 21 luglio ed è ripartita a capacità ridotta a circa il 40 per cento rispetto alla norma. A fine luglio il flusso era stato ulteriormente ridotto al 20 per cento, a circa 38 milioni di metri cubi al giorno, rispetto ai 66 delle settimane precedenti alla manutenzione. Ancora prima, a metà giugno, il colosso energetico aveva comunicato che le forniture di gas potevano essere garantite solo fino a un volume di 100 milioni di metri cubi al giorno, invece dei 167 milioni di metri cubi previsti. Tra fine aprile e metà maggio invece erano stati chiusi i rubinetti a Bulgaria, Polonia, Paesi Bassi, Danimarca e Finlandia, per mancati pagamenti in rubli come richiesto dalle autorità russe.
    A seguito di questo ennesimo stop, dall’Italia Eni ha reso noto che “Gazprom ha comunicato la consegna di volumi di gas pari a circa 20 milioni di metri cubi, a fronte di consegne giornaliere pari a circa 27 milioni effettuate nei giorni scorsi”, mentre la presidente della Commissione francese di regolamentazione dell’energia (Cre), Emmanuelle Wargon, ha spiegato che per Parigi “in termini di volumi di fornitura siamo piuttosto fiduciosi sulla possibilità di trascorrere l’inverno senza gas russo”, anche se “ci sarà un impatto sui prezzi“. Il flusso di gas russo verso la Francia si fermerà completamente domani (primo settembre), ma “fortunatamente non cambierà molto” per i consumatori, ha rassicurato Wargon. Intanto però l’Ungheria segue una strada diversa e, mentre sta aumentando i livelli di riempimento degli stoccaggi di gas, il governo di Viktor Orbán ha firmato un contratto con il colosso energetico russo Gazprom per un quantitativo massimo di circa 5,8 milioni di metri cubi di gas naturale in più su base giornaliera.

    BREAKING: Hungary exceeds EU-sanctioned natural gas reserve levels more than two months ahead of deadline. With 3.88 billion m3 gas stored, Hungary’s reserves stand at 61.31 percent capacity.
    — Zoltan Kovacs (@zoltanspox) August 30, 2022

    Il colosso energetico russo ha interrotto il flusso questa mattina, per un’interruzione annunciata di tre giorni legata alle operazioni in una stazione di compressione in Russia (non nel nord della Germania come precedentemente annunciato). Si teme che lo stop possa diventare definitivo