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    “Multilateralismo e cooperazione”, l’UE indirizza il dibattito di Davos

    Bruxelles – Cooperazione e multilateralismo. La risposta a crisi e tensioni è lavoro di squadra, a livello internazionale. Il World Economic Forum di Davos, quest’anno tenuto quasi in sordina per via dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente che continuano con maggiore intensità e ricadute sul dibattito politico, ha visto un’Unione europea ricoprire il ruolo di ‘pacere’ e mediatore in un contesto globale quanto mai incerto.Complice anche un calendario amico, che ha visto un avvicendamento sul podio a fasi alternate, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha potuto trovarsi nella situazione di provare a dettare una linea seguita e inseguita da chi ha parlato dopo di lei. “Questo è il momento di promuovere la collaborazione globale più che mai“, l’appello e l’invito della presidente dell’esecutivo comunitario, che offre sponde: “L’Europa è in una posizione unica per promuovere questa solidarietà e cooperazione globale”.Un intervento che poteva rischiare di andare perso tra le tante sessioni di lavoro di un summit organizzato su più livelli e in più momenti, tutti diversi. Ma l’intervento di von der Leyen è rimasto sospeso solo qualche ora. Perché il giorno successivo è stata il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, a rilanciare l’agenda dell’UE, avvertendo di come “le divisioni geopolitiche stanno ostacolando una risposta globale a sfide come il cambiamento climatico e l’intelligenza artificiale”, e che per tutto questo serve un “multilateralismo riformato, inclusivo e interconnesso”.In linea di principio gli appelli a un mondo globale e globalizzato che tale resti è condiviso anche dagli Stati Uniti dell’amministrazione Biden, con il segretario di Stato americano, Antony Blinken, anch’egli a Davos il giorno successivo alla presenza di von der Leyen, che è stato chiaro sulla necessità di “partenariati e cooperazione globali” per risolvere le nostre sfide più grandi. E’ questa però la visione di un governo uscente, atteso alla prova elettorale di fine anno, che potrebbe ridisegnare agende ed equilibri. L’UE teme un ritorno di Donald Trump alla Casa bianca, per le conseguenze di un simile scenario. Si teme, con Trump, l’esatto contrario di quanto sottolineato e sostenuto, da più parti, a Davos: divisioni al posto di cooperazione.Alle proposte di mediazione e di inter-relazione dell’UE risponde, il quarto giorno di lavori, il vice primo ministro e ministro degli affari esteri dell’Etiopia, Demeke Mekonnen Hassen. C’è per l’Europa, e non solo per il Vecchio continente, tutto il mondo africano interessato all’agenda di cooperazione. A patto che non sia trattato in modo marginale o neo-coloniale. Al contrario, “l‘Africa deve svolgere un ruolo centrale in tutto il mondo per il multilateralismo e nell’arena internazionale sul commercio, sugli investimenti e su altre attività economiche”. Le dinamiche delle relazioni bi-laterali e regionali sarà compito della politica, ma è chiaro, ha voluto sottolineare il direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), Ngozi Okonjo-Iweala, che “senza un libero flusso commerciale, non credo che potremo riprenderci” a livello economico. Avanti dunque con il libero scambio e le relazioni internazionali. Anche perché, ha messo in chiaro il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, “dobbiamo evitare una corsa ai sussidi, non possiamo permettercelo”.L’Unione europea a Davos sembra toccato e centrato un punto fondamentale. Ha sicuramente dettato il dibattito organizzato su più giorni. Ora la vera sfida è fare di questa linea dettata a Davos l’agenda politica internazionale dei prossimi mesi.Per quanto riguarda l’UE, la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, non ha dubbi: l’Europa deve fare i propri compiti a casa. La responsabile dell’Eurotower è stata tra gli ultimi a intervenire, l’ultimo giorno del summit di Davos. Qui, parlando della prospettiva di un ritorno di Trump alla guida degli Stati Uniti, ha invitato a lavorare fin da ora. “La migliore difesa, se è così che vogliamo vederla, è l’attacco“. Quindi precisa. “Per attaccare bene bisogna essere forti in casa. Essere forti significa avere un mercato forte e profondo, avere un vero mercato unico“.Una delle risposte a un eventuale ritorno di Trump passa per l’integrazione a dodici stelle. Lindner lo ha detto chiaro e tondo. “Il nostro svantaggio competitivo rispetto agli Stati Uniti non sono i sussidi, ma la funzione del nostro mercato dei capitali privati“.

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    L’Eurocamera mette davanti al cessate il fuoco a Gaza la liberazione degli ostaggi israeliani e lo smantellamento di Hamas

    Bruxelles – Un appello per il cessate il fuoco a metà, alle regole del governo israeliano. La risoluzione del Parlamento europeo, che doveva chiedere ad alta voce la fine dei bombardamenti sulla Striscia di Gaza, è un colpo che fa cilecca. Passano le condizioni poste dai popolari: il cessate il fuoco solo dopo la liberazione incondizionata degli ostaggi e lo smantellamento di Hamas.Condizioni “impossibili”, ha commentato il capodelegazione del Partito Democratico, Brando Benifei. Nel testo originale, elaborato da socialdemocratici, liberali e verdi, l’appello per la liberazione dei 140 ostaggi ancora nelle mani di Hamas e la distruzione dell’organizzazione terroristica erano stati inclusi, da realizzare “nel contesto” di un cessate il fuoco. Ma per soli 15 voti – 257 si, 242 no e 17 astenuti – è stato approvato l’emendamento proposto dal Partito Popolare europeo. Fatale lo spaccamento tra i liberali di Renew, che a loro volta avevano presentato un emendamento di compromesso nel quale la cessazione delle ostilità sarebbe stata da perseguire “in parallelo” alle due condizioni.Il vicepresidente degli S&d Pedro Marques e il presidente dei Verdi Philippe Lamberts durante la votazioneUn cessate il fuoco condizionato al raggiungimento di questi obiettivi è “inapplicabile nei fatti“, ha dichiarato Benifei. Che in fin dei conti sostiene “il protrarsi del bombardamento su Gaza”, che ha causato in poco più di 100 giorni oltre 24 mila vittime. La seconda risoluzione non vincolante dall’inizio del conflitto, adottata con 312 voti favorevoli, 131 contrari e 72 astensioni, ha perso così di peso specifico. Nel testo sono stati inclusi anche diversi emendamenti firmati Conservatori e Riformisti europei (Ecr) che sottolineano le co-responsabilità di Hamas nella catastrofe umanitaria in corso.“Mettere delle condizioni per fermare un massacro non fa onore al Ppe”, è la triste constatazione rilasciata a Eunews dall’ambasciatore dell’Autorità Palestinese a Bruxelles, Adel Atieh. Che accusa duramente la destra europea: “Queste posizioni purtroppo sono ancora basate su considerazioni arabofobiche e islamofobiche. Non possono esserci condizioni per smettere di massacrare donne e bambini“.Linea dura contro i coloni estremisti israeliani e supporto alla soluzione dei due StatiLa risposta militare israeliana agli attacchi del 7 ottobre è comunque definita senza mezzi termini “sproporzionata”: Israele ha il diritto di difendersi entro i limiti del diritto internazionale, sottolineano i deputati, il che implica che “tutte le parti in conflitto devono distinguere, in ogni momento, tra combattenti e civili, che gli attacchi devono essere diretti esclusivamente verso obiettivi militari“.Da Strasburgo arriva invece chiaro l’appello a Bruxelles per mettere in campo un’iniziativa europea che possa rilanciare la soluzione a due Stati, “basata sui confini del 1967 e con due stati democratici che vivono l’uno in fianco all’altro in pace e sicurezza”. E per istituire un regime di sanzioni nei confronti dei coloni israeliani estremisti che violano i diritti umani e il diritto internazionale nei territori palestinesi occupati, dal momento che “gli insediamenti israeliani in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, sono illegali secondo il diritto internazionale”. Secondo Sabrina Pignedoli, eurodeputata del Movimento 5 stelle, le misure restrittive per i coloni non sono sufficienti: “Per essere credibili davanti alla continua occupazione dei territori palestinesi servono prese di posizioni più forti che includano anche la messa in discussione dei rapporti commerciali Ue-Israele e il divieto di export di armi“, ha dichiarato a margine del voto..Poco o nulla sul procedimento avviato dal Sudafrica a l’Aia per indagare sul presunto crimine di genocidio commesso da Israele: nella risoluzione si sottolinea infine il forte sostegno dell’Ue al lavoro della Corte penale internazionale e della Corte internazionale di giustizia, e si chiede che i responsabili degli atti terroristici e delle violazioni del diritto internazionale siano chiamati a rendere conto delle loro azioni.

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    L’Ue e lo spettro di un Trump 2.0. Balfour (Carnegie): “Rischio di divisioni ideologiche e tattiche”

    Bruxelles – Nell’anno elettorale in cui si decideranno gli equilibri tra le forze politiche nell’Unione Europea, le istituzioni comunitarie a Bruxelles devono già iniziare a prestare attenzione e considerare le implicazioni di quanto potrebbe succedere Oltreoceano. Perché, in vista delle presidenziali del 5 novembre negli Stati Uniti, le possibilità di Donald Trump di tornare alla Casa Bianca (nonostante ancora non sia ufficialmente il candidato del Partito Repubblicano) preoccupano il presidente uscente. “Nelle istituzioni si stia iniziando a prendere coscienza e si sta consolidando la convinzione che un secondo mandato di Trump non sarà come primo, ma diverso e focalizzato su alcuni obiettivi specifici“, spiega a Eunews la direttrice del think tank Carnegie Europe, Rosa Balfour, tracciando i potenziali rischi per l’Europa.L’ex-presidente degli Stati Uniti, Donald TrumpPrima di tutto Balfour sottolinea con forza la necessità di tenere a mente che – nello scenario di un Trump 2.0 negli Stati Uniti – “non ci sarà l’incertezza del periodo iniziale” del primo mandato nel 2016. Sette anni più tardi attorno a The Donald c’è una classe dirigente “pronta a lavorare nella nuova amministrazione con delle idee” formulate da think tank che sono “piuttosto espliciti, dal commercio internazionale all’Ucraina e la Nato”. Ma tra le questioni più preoccupanti non bisogna dimenticare le implicazioni dell’atteggiamento del nuovo presidente una volta entrato in carica: “Trump sarà molto concentrato sulla vendetta personale, sarà come una caccia alle streghe nei confronti degli oppositori politici degli ultimi anni, democratici ma anche repubblicani, e dei funzionari che hanno impedito il ribaltamento del voto nel 2020″. In altre parole, secondo la direttrice di Carnegie Europe “quella statunitense sarà una democrazia in pericolo, in modo sistematico e serio“.Considerare le implicazioni interne negli Stati Uniti è inevitabile nel ragionamento sulle conseguenze per l’Unione Europea. “Per gli europei significa non poter più fare affidamento sul sistema di controlli e contrappesi americano“, tra cui quegli “adulti nella stanza” che durante la prima amministrazione Trump hanno fatto sparire dalla scrivania dello Studio Ovale i dossier più controversi. Con l’alleato più stretto dell’Ue che si incammina in un “tentativo di distruzione della democrazia”, va considerato che “anche l’agenda di politica estera seguirà questo tracciato“, avverte Balfour. Come l’appartenenza alla Nato. Nonostante sia stato reso quasi impossibile il ritiro unilaterale per decisione presidenziale (serve una supermaggioranza in Senato o un atto del Congresso), è altrettanto vero che “può venir meno ad alcuni impegni e quindi sarebbe come non partecipare”. Allo stesso modo si può considerare la questione ucraina: “Se Trump e Putin si accordano per la pace, negozieranno senza consultare i partner ucraini ed europei“, lasciando non solo libertà di manovra alla Russia per “continuare a destabilizzare ciò che rimane dell’Ucraina”, ma anche indebolendo tutta la politica europea di sostegno all’Ucraina “anche se mantenesse il livello richiesto”, è la previsione della direttrice del think tank.Rosa BalfourLe preoccupazioni riguardo un’eventuale rielezione dell’ex-presidente repubblicano alla Casa Bianca si riversano anche nel campo europeo. “Ragionare su come prepararsi non è facile“, spiega Balfour: “Un po’ perché è difficile prevedere Trump, non avendo un’ideologia chiara, e un po’ perché gli europei non condividono una visione di cosa comporterebbe una sua amministrazione”. Il rischio reale è quello di una “frammentazione politica, a livello ideologico ma anche tattico”, mentre lo scenario più prevedibile è quello di un aumento delle tariffe doganali, che “avrebbe un impatto devastante per l’Unione Europea” e per l’equilibrio con il suo partner più stretto (con cui però è in vigore nessun accordo commerciale).Sul piano politico il pericolo è una divisione tra i Ventisette non in due fazioni, ma almeno tre. La prima è quella che spingerebbe sull’autonomia strategica dell’Unione – capeggiato dalla Francia – “anche se per il momento è un discorso astratto, visto che sul fronte della difesa gli europei stanno sostanzialmente comprando armi dagli americani”. La seconda è quella di chi tenterà di “ingraziarsi Washington in modo tattico“, cioè i Paesi fortemente filo-atlantici come la Polonia. E infine il terzo gruppo sarebbe quello dei governi e partiti filo-trumpiani, “che potrebbero andare per conto proprio”. L’attenzione della direttrice del Carnegie Europe è non solo sul premier ungherese, Viktor Orbán – “osannato negli Stati Uniti come leader della destra estrema” – ma anche sulla prima ministra italiana, Giorgia Meloni, che potrebbe trovarsi in grossa difficoltà per il forte impegno sul fronte ucraino e il forte atlantismo, ma la parallela vicinanza ideologica un The Donald imprevedibile se rieletto alla Casa Bianca a novembre.

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    Mar Rosso, lo spettro di una nuova spirale inflazionistica. Assoporti: “La crisi deve rientrare entro 4-5 mesi”

    Bruxelles – Il sistema portuale italiano guarda con timore l’evoluzione della crisi nel Mar Rosso. Perché se le navi cargo rimarranno a lungo bersaglio delle incursioni dei ribelli Houthi, gli armatori sceglieranno sempre più spesso nuove rotte e il Mediterraneo perderà la centralità commerciale che stava riconquistando dopo la pandemia. Il presidente di Assoporti, Rodolfo Giampieri, traccia la sua linea rossa: “Il tutto si deve risolvere nell’arco di 4-5 mesi“.Raggiunto da Eunews, il numero uno dell’Associazione dei Porti Italiani ha commentato l’escalation in Medio Oriente e prefigurato le possibili ricadute per l’intera filiera logistica, europea e mondiale. “Sembra che ci sia una tempesta perfetta in questo momento nel mondo, un insieme di situazioni negative che condizionano i mercati e l’economia”, ha dichiarato Giampieri. E il Mediterraneo, che stava godendo di quel processo di accorciamento della filiera logistica innescato dalla crisi pandemica, potrebbe farne le spese: “Il tema è che una parte di navi stanno scegliendo una rotta diversa. Un armatore che sceglie di circumnavigare l’Africa difficilmente entrerà nel Mediterraneo dallo Stretto di Gibilterra, quasi sicuramente arriverà nei porti del Nord Europa”.Rodolfo GiampieriQuesto è l’elemento “che preoccupa e che va attenzionato, soprattutto legandolo alla durata della crisi”. nello scenario più ottimista, quello di una de-escalation nel breve periodo, “i danni saranno sostenibili e non dovrebbero incidere sul prezzo allo scaffale, sul costo della merce”. Se invece la crisi durasse nel tempo, più di 4-5 mesi, innescherà nuove spinte inflazionistiche.I segnali ci sono già: il carburante è già aumentato all’incirca del 7 per cento e “nel bilancio di un armatore è una variabile importantissima che incide intorno al 30 per cento”. I noli si sono rialzati: da circa mille euro a Teu (misura standard nel trasporto marittimo che corrisponde alle dimensioni del container ISO da 20 piedi) a 3-4 mila euro a Teu, sebbene ancora lontani dai picchi pandemici dei 10-12 mila euro a Teu. E le assicurazioni sulle imbarcazioni e sulle merci, che “hanno raggiunto picchi di quasi dieci volte il valore iniziale”.I dati sui transiti delle navi cargo dal canale di Suez nei primi dieci giorni del nuovo anno sono inequivocabili: 65, contro le 143 dello stesso periodo nel 2023. Il 55 per cento in meno. Una buona fetta di queste attraccava nei porti italiani, da cui la merce veniva distribuita nel resto d’Europa. “In Italia questa riduzione forte del transito attraverso il canale di Suez mette in difficoltà una logistica che aveva raggiunto livelli di organizzazione molto importanti”, ha ammesso Giampieri. La logistica non è tutto, anzi: per il canale di Suez passa il 40 per cento dell’import-export italiano, per un valore di circa 154 miliardi. Un dato che rende bene l’idea di quanto sia fondamentale per l’economia italiana che l’istmo resti navigabile.“Bisogna sottolineare l’attenzione del governo italiano e della marina che stanno accompagnando varie volte navi italiane per dare un contributo alla loro sicurezza”, sottolinea Giampieri. Ma l’elemento determinante è la durata di questa crisi: lo sa l’Ue, che sta cercando di stringere i tempi per presentare il piano per una missione navale nel Mar Rosso. In mattinata, al Comitato Politico e di Sicurezza (Cops), gli ambasciatori Ue hanno dato un generale consenso per procedere alla creazione di una missione sulla base della già esistente Agenor – a guida francese – e con un’area di operazioni “dal Golfo e dallo Stretto di Hormuz al Mar Rosso”. L’obiettivo sarebbe quello di istituire la missione entro il 19 febbraio.

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    UE preoccupata da un ritorno di Trump. “Importante che UE e USA lavorino insieme”

    Bruxelles – L’avanzata di Donald Trump preoccupa l’Unione europea. L’ex presidente degli Stati Uniti e candidato repubblicano per la Casa Bianca alle presidenziali di novembre, vince il confronto elettorale (caucus) in Iowa con i concorrenti di partito, ergendosi a sfidante principale dei democratici. Si profilano scenari che a Bruxelles generano timori per le relazioni trans-atlantiche. “Nell’attuale situazione geopolitica è importante che l’Ue e gli Stati Uniti continuino a lavorare fortemente insieme, che è il modo migliore di affrontare le sfide”, ragiona Valdis Dombrovskis, commissario per il Commercio e un’Economia al servizio delle persone, al termine dei lavori del consiglio Ecofin.La passata stagione trumpiana nel Vecchio continente ha lasciato strascichi. Guerra commerciale a colpi di dazi, minacce e ricatti al ‘made in’ per mancati acquisti di prodotti Usa, tensioni in materia di difesa con diverse visioni sulla NATO e il suo futuro. Si teme all’orizzonte un ritorno ad un passato a cui si è lavorato, con l’attuale amministrazione, per liberarsene. Cinque anni passati a ricostruire una relazione rimessa in discussione, come dimostra l’accordo sui dazi per l’acciaio, con il rischio di dover ricominciare tutto daccapo. Un ritorno eventuale di Trump impone le riflessioni del caso. “E’ chiaro che dobbiamo rafforzare noi stessi“, sottolinea ancora Dombrovskis.L’Europa deve sapere essere unita, avverte anche Guy Verhofstadt, ex premier belga, oggi deputato europeo. Politico di lungo corso, avverte: “I Repubblicani inviano un messaggio al mondo: la democrazia lotta per la sopravvivenza”. Con Trump alla testa degli Stati Uniti “finestra chiusa anche per l’Europa”.Congratulations to @realDonaldTrump on the landslide Iowa caucuses victory!— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) January 16, 2024A dispetto del nome, però, l’Europa mostra meno compattezza. Tra gli Stati membri Ungheria e Italia fanno complimenti e tifo per Trump. Il primo ministro di Bupadest, Viktor Orban, saluta la vittoria in Iowa con sul profilo X, dove pubblica la foto dell’esponente repubblicano corredata dalla scritta “una vittoria attesa da tempo”, con tanto di immagine di mani che applaudono. Il leader della Lega e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, sfoggia il suo inglese per esprimere le personali “congratulazioni a Donald Trump per la schiacciante vittoria del caucus dell’Iowa”.Per un’Europa che guarda oltre Atlantico con preoccupazione ce n’è dunque un’altra che osserva con tutt’altro punto di vista. Da spiegare, però. Perché sulla partita della  sostenibilità, dove pure l’Italia ha molto da dover fare e anche di più da perdere, la concorrenza USA rischia di pesare, non poco, su percorso di riforme e rilancio dell’economia. Il Green Deal è in tutto e per tutto una sfida geopolitica agli Stati Uniti, che a questa sfida hanno risposto con misure protezionistiche quali l’Inflation Reduction Act. Se l’attuale presidente, il democratico Joe Biden, è ‘l’amico’ dell’UE, le preoccupazioni su Trump potrebbero non essere proprio del tutto infondate.

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    L’Ue ha aggiunto alla lista dei terroristi il leader politico di Hamas nella Striscia di Gaza. Chi è Yahya Sinwar

    Bruxelles – Il Consiglio dell’Ue ha deciso oggi (16 gennaio) di aggiungere Yahya Sinwar, leader politico di Hamas nella Striscia di Gaza, alla lista dei terroristi dell’Unione europea. Uno dei principali obiettivi dei bombardamenti israeliani, lo scorso 9 gennaio Tel Aviv aveva posto su di lui una taglia di 400 mila dollari.Da oggi il “macellaio di Khan Yunis”, com’è soprannominato Sinwar, sarà ​​soggetto al congelamento dei fondi e di altre attività finanziarie negli Stati membri dell’Ue. Parallelamente, a tutti gli operatori comunitari sarà vietato mettergli a disposizione fondi e risorse economiche. Con l’aggiunta del leader dell’organizzazione che governa la Striscia di Gaza, la lista dei terroristi Ue conta ora 15 persone e 21 gruppi ed entità.Yahya Sinwar si unì ad Hamas già negli anni Ottanta. Ha più di 60 anni, nato e cresciuto in un campo profughi a Khan Yunis, nel sud della Striscia. Venne arrestato dall’esercito israeliano nel 1988, con l’accusa di aver ucciso due soldati delle Forze di Difesa Israeliane. Nei 23 anni che ha trascorso in prigione, Sinwar ha imparato l’ebraico e studiato a fondo “il modo in cui pensa e agisce il nemico”.Nel 2011 fu liberato, insieme a oltre mille prigionieri palestinesi, in cambio di un solo soldato israeliano, Gilad Shalit. Tornato a Gaza, nel 2017 fu nominato capo politico di Hamas all’interno della Striscia. Assieme a Mohammed Deif, capo delle brigate al Qassam, il braccio militare di Hamas, è ritenuto uno dei principali ideatori dell’attacco terroristico del 7 ottobre. Sinwar e Deif non sono gli unici leader dell’organizzazione: in esilio a Doha, in Qatar, vive Ismail Haniyeh, ritenuto la figura politica più importante di Hamas, così come il suo vice, Saleh Arouri, che si trova a Beirut, in Libano.

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    Ucraina, Ue cerca l’accordo per gli aiuti da 50 miliardi. Il Belgio: “Anche a 26”

    Bruxelles – Avanti con il sostegno all’Ucraina, in caso anche non a 27 senza l’Ungheria. L’Unione europea è decisa a ribadire il proprio sostegno a Kiev nella guerra in corso contro la Russia, e l’obiettivo è mettere al sicuro lo strumento finanziario da 50 miliardi di euro. Da quando il primo ministro ungherse Viktor Orban ha posto il veto alla proposta di modifica di bilancio comune, che include anche la riserva per l’Ucraina per 50 miliardi di euro, non sembra essere cambiato molto. La presidenza belga del Consiglio dell’Ue, spiega il ministro delle Finanze, Vincent van Peteghem, al termine dei lavori dell’Ecofin, intende favorire una soluzione che tenga tutti a bordo, ma non a tutti i costi.“Lavoriamo sullo strumento a sostegno dell’Ucraina per un accordo a 27, ma se non fosse possibile lavoreremo ad altre soluzioni“, spiega van Peteghem. E’ la linea ministeriale per i leader, che si ritroveranno a Bruxelles l’1 febbraio proprio per tornare a discutere di bilancio comune per via delle resistenze ungheresi di dicembre. “E’ importante sostenere il Paese e la sua ricostruzione”, aggiunge il ministro delle Finanze belga. che però lascia spazio ai capi di Stato e di governo. “Aspettiamo il vertice straordinario del Consiglio europeo”.Obiettivo principale resta dunque un via libera unanime. Solo se questo non dovesse arrivare allora si lavorerebbe alla soluzione senza Ungheria. La Commissione Ue, attraverso il responsabile per un’Economia al servizio delle persone, Valdis Dombrovskis, prova a fare pressione. “Non abbiamo tempo da perdere per l’approvazione dello strumento per l’Ucraina. Dobbiamo continuare a fare quello che serve perché l’Ucraina vinca la guerra“.Dal Parlamento Ue si levano però voci contrarie. La pentastellata Laura Ferrara chiede un cambio di rotta. “Davvero Commissione e Consiglio ritengono che continuando ad inviare più armi in Ucraina la Russia si fermerà? I due anni dall’invasione russa dimostrano il contrario”.  Per il Movimento 5 Stelle “è giunto il momento di cambiare strategia”, vale a dire “intensificare gli sforzi diplomatici per una de-escalation militare, avviare un percorso di soluzione negoziale del conflitto”.

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    Mar Rosso, Gentiloni avverte l’Ue: “Le conseguenze potrebbero materializzarsi nelle prossime settimane”

    Bruxelles – Le acque del Mar Rosso sono sempre più agitate. Né il raid coordinato dagli Stati Uniti a cavallo tra l’11 e il 12 gennaio, né la dura condanna delle Nazioni Unite nella risoluzione del Consiglio di Sicurezza del 10 gennaio, sono serviti da deterrente contro gli attacchi che gli Houthi conducono sistematicamente dallo Yemen alle navi cargo che attraversano il canale di Suez. Il mondo teme un ulteriore escalation della crisi in Medio Oriente e un duro contraccolpo economico. E da Bruxelles il commissario Ue agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, avverte: “Le conseguenze potrebbero materializzarsi nelle prossime settimane”.Il blocco Ue per ora non ha ancora individuato una strategia comune, in attesa dell’incontro dei corpi diplomatici dei 27 nel Comitato Politico e di Sicurezza (Cops), previsto per domani (16 gennaio). Anzi, se Germania, Paesi Bassi e Danimarca hanno firmato una dichiarazione congiunta a sostegno della rappresaglia a guida Usa, la Spagna di Pedro Sanchez ha escluso un suo possibile coinvolgimento in missioni militari nella regione. E Italia e Francia, seppure già inserite nell’operazione Prosperity Guardian lanciata da Washington a metà dicembre con l’obiettivo di garantire la sicurezza delle navi commerciali e delle petroliere che transitano nel mar Rosso, aspettano di valutare la proposta dell’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, per una missione navale europea.Paolo GentiloniIl piano su cui sta lavorando il Servizio europeo di Azione Esterna (Seae), potrebbe vedere la luce in occasione del Consiglio Affari Esteri del 22 gennaio. Ma il tempo stringe, perché anche se Gentiloni ha dichiarato oggi che per il momento la crisi “non sta apparentemente creando conseguenze sui prezzi dell’energia e sull’inflazione“, il vicepremier italiano, Antonio Tajani, ha disegnato un quadro più drammatico. Secondo Tajani “il danno economico è già iniziato per i nostri porti, soprattutto quelli del Sud, ma anche quello di Genova”.E i dati lo confermano: le navi che oggi attraversano il Canale di Suez sono circa 250, rispetto alle oltre 400 di prima delle tensioni con le milizie sciite degli Houthi. “I rischi sono soprattutto economici, perché un viaggio facendo il periplo dell’Africa costa molto più di uno che attraversa il Canale di Suez, aumentano i costi delle assicurazioni delle navi e dei prodotti che vengono esportati o importati e noi siamo un Paese esportatore, visto che l’export è il 40 per cento del nostro Pil”, ha spiegato il vicepremier. Se le navi continuassero a essere costrette a circumnavigare l’Africa, il rischio a medio termine è quello di una perdita di centralità del Mediterraneo nel commercio internazionale, e di conseguenza dei porti italiani.In attesa delle discussioni su un’eventuale missione navale europea, che secondo un documento del corpo diplomatico Ue dovrebbe prevedere l’invio di “almeno tre cacciatorpediniere o fregate antiaeree con capacità multi-missione per almeno un anno”, il portavoce del Seae, Peter Stano, ha chiarito la linea di Bruxelles durante il briefing quotidiano con la stampa internazionale. “Gli attacchi Houthi sono completamente ingiustificabili. Sono attacchi di missili e droni contro navi commerciali, in nessun modo possono essere legali”, ha dichiarato Stano, esprimendo totale sostegno alla risoluzione con cui l’Onu ha chiesto agli Houthi di fermarsi immediatamente.La linea tracciata dall’Ue vuole tenere slegate le due crisi, quella Israelo-palestinese e quella del Mar Rosso, nonostante gli Houthi rivendichino di agire in solidarietà con il popolo palestinese e chiedano come precondizione per ristabilire la libertà di navigazione nel Mar Rosso un cessate il fuoco a Gaza. “Quello che gli Houthi stanno facendo – che sia secondo loro legato al conflitto a Gaza o meno – è illegale e va fermato”, ha precisato ancora Peter Stano.