Un nuovo piano Ue per un’altra rotta migratoria. Le 5 linee d’azione per i Balcani Occidentali secondo la Commissione
Bruxelles – Come promesso lo scorso 25 novembre, nel giorno della presentazione ai 27 ministri Ue degli Interni del piano d’azione per il Mediterraneo centrale, la Commissione ha presentato una nuova strategia operativa per affrontare l’aumento degli arrivi di persone migranti lungo la rotta balcanica, in tempo per il vertice Ue-Balcani Occidentali di domani (martedì 6 dicembre) a Tirana. “Ci basiamo sulla buona cooperazione con i partner e forniamo un percorso per continuare a lavorare a stretto contatto” con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia, ha spiegato in conferenza stampa oggi (lunedì 5 dicembre) la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson.
La commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson
Per il gabinetto von der Leyen l’obiettivo del piano d’azione per la rotta balcanica è quello di definire una serie di misure per rafforzare il sostegno dell’Unione verso gli Stati membri e i partner extra-Ue “che si trovano ad affrontare una maggiore pressione migratoria lungo le rotte” che attraversano la penisola. La ragione principale che ha reso necessario questa strategia è l’aumento “significativo” dei movimenti di persone migranti nel corso del 2022 “a causa di diversi fattori, tra cui le pressioni economiche e l’insicurezza derivante dai conflitti in corso”, sottolinea la Commissione. Secondo i dati recentemente pubblicati da Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera), tra gennaio e ottobre 2022 si sono verificati 281 mila attraversamenti irregolari attraverso la rotta balcanica, per un aumento del 77 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021 e il totale più alto dal 2016 (oltre 130 mila). A oggi, la rotta balcanica rappresenta il movimento migratorio di più ampia portata alle frontiere esterne dell’Unione, maggiore – in termini di ingressi irregolari – anche di quello del Mediterraneo centrale.
Tra i problemi maggiori riscontrati da Bruxelles c’è in particolare quello del mancato allineamento del regime di esenzione dei visti con la politica dell’Unione, che “contribuisce ad aumentare il numero di persone che arrivano direttamente in aereo nei Paesi dei Balcani Occidentali e proseguono verso l’Ue”. La commissaria Johansson ha avvertito che “tutti i partner balcanici presentano carenze sulla politica dei visti liberi, ma i problemi principali sono registrati con Belgrado“, ed è per questo che – in concomitanza con il vertice di Tirana – “domani una missione Ue si recherà in Serbia per capire come proteggere le frontiere con l’Ungheria, anche attraverso Frontex”. Ma, più in generale, la Commissione spinge per affrontare tutte le questioni aperte all’interno di un quadro più ampio, proprio attraverso il piano d’azione per la rotta balcanica, che individua 20 misure operative strutturate su 5 pilastri: dal rafforzamento della gestione delle frontiere alla velocizzazione delle procedure di asilo e il sostegno alle capacità di accoglienza, dalla lotta contro il traffico di esseri umani al miglioramento della cooperazione per riammissioni e rimpatri, fino all’allineamento – appunto – della politica dei visti.
Cosa prevede il Piano d’azione per la rotta balcanica
Il piano d’azione per la rotta balcanica prevede come prima strategia operativa il rafforzamento della gestione delle frontiere, non solo quelle esterne dell’Ue, ma anche quelle tra i sei Paesi balcanici. Per questo motivo l’esecutivo comunitario punta su dispiegamenti congiunti di Frontex, attraverso accordi come quello firmato con la Macedonia del Nord lo scorso 26 ottobre a Skopje, e spingendo sui negoziati con altri quattro Paesi (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia) dopo l’autorizzazione del Consiglio. A questo si aggiunge la fornitura di attrezzature per la gestione e la sorveglianza delle frontiere attraverso i 40 milioni di euro previsti dallo strumento di assistenza pre-adesione (Ipa), “concentrandosi su Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Montenegro e Serbia”, ma anche la possibilità di “aumentare il sostegno di Frontex agli Stati membri alle frontiere esterne dell’Ue“.
Campo di Lipa dopo l’incendio del 23 dicembre 2021 (credits: S&D)
Il secondo pilastro del piano d’azione per la rotta balcanica si focalizza sul garantire procedure di asilo più rapide e sul sostegno alle capacità di accoglienza. Per Bruxelles è prioritaria l’attuazione della tabella di marcia dell’Agenzia Ue per l’Asilo, ma anche azioni mirate attraverso lo strumento Ipa per “alloggi ed esigenze di base” per le persone migranti, sul modello del centro di accoglienza multifunzionale di Lipa in Bosnia ed Erzegovina (dopo l’incendio che lo aveva distrutto nel dicembre 2021). Sul fronte interno dell’Ue – punto di arrivo delle persone lungo la rotta balcanica – si punta invece sulla registrazione “accurata” in Eurodac (il database europeo delle impronte digitali per coloro che richiedono l’asilo), su progetti-pilota per procedure più rapide “in particolare applicando la procedura di frontiera, i concetti di Paese terzo sicuro e Paese d’origine sicuro”, sui trasferimenti Dublino per affrontare i movimenti secondari e sulla possibilità di istituire gruppi di gestione della migrazione a partire da quello esistente in Grecia.
Rimane centrale la lotta al traffico di esseri umani lungo la rotta balcanica, attraverso la task-force operativa di Europol al confine Serbia-Ungheria e il programma regionale Ipa da 30 milioni di euro, per aumentare indagini, procedimenti giudiziari e condanne da parte delle autorità giudiziarie dei Paesi balcanici, in collaborazione con agenzie Ue e organizzazioni internazionali. I Paesi membri dell’Unione dovranno invece “riprendere e concludere” i negoziati sulla proposta della Commissione di sanzionare gli operatori dei trasporti coinvolti nell’agevolazione del traffico di migranti e della tratta di esseri umani.
Il rafforzamento della cooperazione per la riammissione e i rimpatri è il quarto pilastro del piano d’azione per la rotta balcanica, che prevede uno sforzo più intenso da parte dell’Unione nell’aumentare i ritorni di persone direttamente dai Paesi dei Balcani Occidentali. A questo proposito la Commissione intende sviluppare nel 2023 un nuovo programma che copra i rimpatri volontari e non volontari dalla regione, incentrato sul rafforzamento della cooperazione tra l’Ue, i sei partner balcanici e i Paesi di origine e sul sostegno di Frontex attraverso il dispiegamento di specialisti e la formazione alle autorità nazionali.
L’ultimo punto del piano d’azione per la rotta balcanica ritorna invece sull’allineamento della politica di esenzione dei visti, a partire dal “ripristino e attuazione efficace” dell’obbligo per Paesi terzi “in linea con la politica dei visti dell’Ue”. A questa azione richiesta (e non solo supportata, come negli altri quattro pilastri) ai partner dei Balcani Occidentali, si accompagnano gli sforzi dei Ventisette sulle “attività di sensibilizzazione e di monitoraggio” degli sviluppi operativi sul campo e delle azioni legislative dei Sei balcanici, con iniziative congiunte delle delegazioni Ue e delle ambasciate nazionali e nel contesto del meccanismo di sospensione dei visti.
Alla vigilia del vertice di Tirana, l’esecutivo Ue presenta la strategia per affrontare l’aumento degli arrivi dalla rotta balcanica. Dal rafforzamento della gestione delle frontiere all’allineamento della politica dei visti, fino alla cooperazione per procedure di asilo, riammissioni e rimpatri LEGGI TUTTO