More stories

  • in

    Ungheria, l’ultima provocazione di Orbán: trattative aperte con la Russia per la produzione di Sputnik V

    Bruxelles – Non è la prima provocazione dell’Ungheria verso l’UE e non sarà l’ultima. Dopo aver somministrato il vaccino russo Sputnik V anche senza autorizzazione dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), Budapest compie un ulteriore passo e apre le trattative con Mosca per ottenere la licenza per la produzione del vaccino russo direttamente sul territorio ungherese. Produzione che potrebbe iniziare dalla fine del 2022, dal momento che Russia e Ungheria sono “in trattative avanzate”, ha confermato ieri (24 agosto) il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto che ha ricevuto a Budapest l’omologo russo, Sergej Lavrov. A gennaio l’Ungheria è stata il primo Paese dell’Unione europea ad autorizzare l’uso del vaccino russo, poi seguita anche dalla Slovacchia.

    🇷🇺🇭🇺 In #Budapest, Russian Foreign Minister Sergey #Lavrov held talks with Hungarian Minister of Foreign Affairs and Trade Peter Szijjarto.#RussiaHungary pic.twitter.com/o35xNyEIAo
    — MFA Russia 🇷🇺 (@mfa_russia) August 24, 2021

    Budapest si è premurata di sottolineare che senza il vaccino russo “l’Ungheria non avrebbe avuto la campagna vaccinale di maggior successo in Unione europea”, ringraziando Mosca e il governo russo per l’assistenza. In realtà, come mostrano i dati del Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (ECDC) in Ungheria il 64 per cento della popolazione è completamente vaccinata, al di sotto di molti Paesi europei, mentre la media dell’intera Unione Europea è ferma al 65 per cento. L’Ungheria non solo non è tra i migliori in quanto a progressi nella campagna di vaccinazione, ma soprattutto ha anche usufruito del portafoglio di vaccini pre-acquistato dalla Commissione UE per i suoi Stati membri. Ad ogni modo, l’intenzione è quella di costruire “una fabbrica di vaccini nella città di Debrecen e produrremo lo Sputnik V”, ha spiegato Szijjarto.
    L’incontro tra omologhi è anche l’occasione per discutere di forniture di gas russo per l’Ungheria, mentre Mosca è alle prese con la fine della costruzione del gasdotto Nord Stream 2 che trasporterà gas russo in Germania e in Europa. Secondo Reuters, il ministro ungherese ha espresso l’intenzione di firmare un nuovo accordo di fornitura di gas naturale di 15 anni con la compagnia russa Gazprom quest’anno, con il prezzo e la flessibilità da stabilire già nelle prossime settimane. “Spero di poter firmare il nuovo contratto di fornitura di 15 anni quest’autunno con buone condizioni”, ha detto Szijjarto. L’omologo russo Levrov ha fatto eco, ribadendo che la cooperazione tra Russia e Ungheria è a livelli mai raggiunti, mentre quella di Mosca e Bruxelles è forse ai minimi storici.

    La licenza per la produzione del vaccino russo nella città ungherese di Debrecen al centro dei colloqui tra il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto e l’omologo russo, Sergej Lavrov. Mosca e Budapest in trattative “avanzate”, la produzione potrebbe iniziare a fine 2022. Discusse anche le forniture di gas russo

  • in

    L’Ungheria blocca l’accordo post-Cotonou: “No a nuove ondate migratorie”

    Bruxelles – L’Ungheria ha minacciato di non ratificare l’accordo siglato a dicembre 2020 tra l’Unione Europea e l’Organizzazione degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). Lo ha annunciato in conferenza stampa il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó: “Specialmente in questo momento (di crisi pandemica, ndr), non abbiamo bisogno di nuove ondate migratorie”.
    Secondo quanto dichiarato dal ministro, il governo magiaro sta rispondendo in questo modo alla scarsa considerazione rivolta alle sue proposte durante i negoziati. “I nostri suggerimenti sono stati tutti ignorati, per questo non metteremo la nostra firma sull’accordo“, ha detto Szijjártó lamentandosi della parte dell’accordo in cui si parla di vie legali per l’immigrazione dai 79 Paesi dell’Organizzazione e di ricongiungimenti familiari per gli immigrati residenti nell’UE.
    L’entrata in vigore del testo è necessaria per sostituire la Convenzione di Cotonou nel 2000, scaduta a febbraio 2020 ma prorogata in via transitoria fino al 30 novembre 2021. Oltre alla voce della mobilità e dell’immigrazione (dove sono previste nuove norme sui rimpatri), l’accordo post-Cotonou dà priorità anche alla sfera dei diritti umani, della democrazia e della governance, al capitolo pace e sicurezza, allo sviluppo umano e sociale, al campo della sostenibilità ambientale e del cambiamento climatico e allo sviluppo e alla crescita economica inclusiva e sostenibile.

    Il testo prevede alcune novità in tema di vie di immigrazione legali e di ricongiungimenti familiari, ma non trascura l’argomento rimpatri e immigrazione irregolare. Ma per Budapest non è il momento di discuterne