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    Non si placa lo scontro tra Ungheria e Ucraina sul petrolio russo

    Bruxelles – Mentre l’Europa cerca di tradurre in risultati concreti il super-summit alla Casa Bianca, l’Ungheria procede nella sua rotta di collisione con l’Ucraina. Non solo ostruendo il cammino di Kiev verso l’adesione al club a dodici stelle (sul quale lo stesso Donald Trump ha chiesto spiegazioni a Viktor Orbán), ma anche minacciando il Paese aggredito di sospendere le forniture di elettricità, come ritorsione per il bombardamento dell’oleodotto Druzhba – da cui Budapest importa il petrolio russo – ad opera degli ucraini.Non sembra destinata a finire tanto presto la pantomima tra Ungheria e Ucraina sulle forniture energetiche. L’ultimo scambio al vetriolo l’ha cominciato il ministro magiaro degli Esteri, Péter Szijjártó, scagliatosi contro il governo di Kiev per aver colpito, nelle operazioni militari contro la Russia, un paio di stazioni di pompaggio lungo l’oleodotto Druzhba, il serpente di metallo lungo 4mila chilometri che irrora l’Europa centro-orientale col petrolio di Mosca passando per Bielorussia e Ucraina.L’oleodotto Druzhba e la rete di distribuzione del petrolio (foto: Wikimedia Commons)Dal cosiddetto “oleodotto dell’amicizia” si è recentemente staccata la Cechia, ma ora Ungheria e Serbia vogliono prolungarlo per farlo arrivare nel Paese balcanico, contro i piani di Bruxelles sul phase-out dei combustibili fossili russi. Anche la Slovacchia (che ha a lungo strumentalizzato la questione della propria sicurezza energetica puntando i piedi sulle sanzioni contro il Cremlino) ha visto interrompersi l’afflusso di petrolio come conseguenza degli attacchi ucraini.“L’Ucraina ha nuovamente attaccato l’oleodotto che porta in Ungheria, interrompendo le forniture. Questo ultimo attacco alla nostra sicurezza energetica è scandaloso e inaccettabile!”, ha lamentato in un post su X il capo della diplomazia di Budapest, accusando Kiev e Bruxelles di voler “trascinare l’Ungheria in guerra“.“Questa non è la nostra guerra“, ha ribadito Szijjártó, condendo il tutto con una minaccia tutt’altro che velata: “Un promemoria per i decisori ucraini: l’elettricità proveniente dall’Ungheria svolge un ruolo fondamentale nell’alimentare il vostro Paese…”, ha aggiunto. Stando ai dati del governo ungherese, nel 2024 Kiev ha importato da Budapest circa 2,14 terawattora di elettricità, pari a circa il 40 per cento del fabbisogno totale ucraino.Peter, it is Russia, not Ukraine, who began this war and refuses to end it. Hungary has been told for years that Moscow is an unreliable partner. Despite this, Hungary has made every effort to maintain its reliance on Russia. Even after the full-scale war began. You can now send… https://t.co/yvMq8slTG0— Andrii Sybiha (@andrii_sybiha) August 18, 2025Accuse rispedite al mittente dall’omologo ucraino Andrij Sybiha: “Da anni si ripete all’Ungheria che Mosca è un partner inaffidabile”, ha risposto il titolare degli Esteri, eppure “l’Ungheria ha fatto di tutto per mantenere la sua dipendenza dalla Russia“. “Ora puoi inviare le tue lamentele – e le tue minacce – ai tuoi amici a Mosca“, ha concluso.Del resto, l’Ungheria è in cima alle cronache politiche di questi giorni anche per altri due episodi, entrambi legati a Donald Trump e al processo di pace che il tycoon sta cercando di avviare per concludere la guerra d’Ucraina. Durante l’incontro fiume svoltosi lunedì (18 agosto) alla Casa Bianca, il presidente statunitense ha alzato la cornetta per sentire Viktor Orbán, tra i suoi più fedeli sostenitori nel Vecchio continente, non prima di aver chiamato Vladimir Putin.Nello scambio con l’autoritario premier ungherese, su presunta pressione dei leader Ue presenti Trump avrebbe chiesto conto del sistematico ostruzionismo praticato da Orbán sul dossier dell’ingresso di Kiev nell’Unione. Il primo ministro magiaro giustifica la propria opposizione sulla base della sicurezza continentale, rovesciando la narrazione prevalente a Bruxelles. Se per il resto dei Ventisette integrare Kiev in Ue significa aumentare la sicurezza di tutti, per lui “l’adesione dell’Ucraina all’Ue non fornisce alcuna garanzia di sicurezza“: né per gli ucraini né per gli europei che, sostiene, si porterebbero la guerra in casa.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)In quella stessa telefonata, Orbán avrebbe proposto a Trump di ospitare a Budapest un vertice trilaterale con Putin e Volodymyr Zelensky, fortemente caldeggiato dal presidente Usa. Tuttavia, il simbolismo per l’Ucraina sarebbe infausto. Proprio lì, nel 1994, Kiev e Mosca siglarono il memorandum con cui l’ex repubblica sovietica consegnò alla Russia le proprie testate nucleari in cambio della promessa che la Federazione avrebbe rispettato la sua integrità territoriale. Vent’anni dopo – senza che Londra e Washington fornissero le garanzie di sicurezza previste dal trattato – il Cremlino annesse la Crimea e sostenne l’insurrezione dei separatisti filorussi in Donbass.Ovunque si terrà, comunque, l’incontro Trump-Putin-Zelensky dovrebbe dare seguito ad un faccia a faccia tra i leader dei due Paesi belligeranti, al quale stanno lavorando le diplomazie di mezzo mondo. Uno dei luoghi papabili per il bilaterale potrebbe essere Ginevra, in Svizzera, come suggerito da Francia e Italia. Il governo elvetico ha già annunciato che fornirebbe allo zar l’immunità dal mandato di cattura spiccato nel marzo 2023 dalla Corte penale internazionale, se decidesse di recarsi nello Stato alpino per i colloqui di pace.

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    Ungheria, l’ultima provocazione di Orbán: trattative aperte con la Russia per la produzione di Sputnik V

    Bruxelles – Non è la prima provocazione dell’Ungheria verso l’UE e non sarà l’ultima. Dopo aver somministrato il vaccino russo Sputnik V anche senza autorizzazione dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), Budapest compie un ulteriore passo e apre le trattative con Mosca per ottenere la licenza per la produzione del vaccino russo direttamente sul territorio ungherese. Produzione che potrebbe iniziare dalla fine del 2022, dal momento che Russia e Ungheria sono “in trattative avanzate”, ha confermato ieri (24 agosto) il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto che ha ricevuto a Budapest l’omologo russo, Sergej Lavrov. A gennaio l’Ungheria è stata il primo Paese dell’Unione europea ad autorizzare l’uso del vaccino russo, poi seguita anche dalla Slovacchia.

    🇷🇺🇭🇺 In #Budapest, Russian Foreign Minister Sergey #Lavrov held talks with Hungarian Minister of Foreign Affairs and Trade Peter Szijjarto.#RussiaHungary pic.twitter.com/o35xNyEIAo
    — MFA Russia 🇷🇺 (@mfa_russia) August 24, 2021

    Budapest si è premurata di sottolineare che senza il vaccino russo “l’Ungheria non avrebbe avuto la campagna vaccinale di maggior successo in Unione europea”, ringraziando Mosca e il governo russo per l’assistenza. In realtà, come mostrano i dati del Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (ECDC) in Ungheria il 64 per cento della popolazione è completamente vaccinata, al di sotto di molti Paesi europei, mentre la media dell’intera Unione Europea è ferma al 65 per cento. L’Ungheria non solo non è tra i migliori in quanto a progressi nella campagna di vaccinazione, ma soprattutto ha anche usufruito del portafoglio di vaccini pre-acquistato dalla Commissione UE per i suoi Stati membri. Ad ogni modo, l’intenzione è quella di costruire “una fabbrica di vaccini nella città di Debrecen e produrremo lo Sputnik V”, ha spiegato Szijjarto.
    L’incontro tra omologhi è anche l’occasione per discutere di forniture di gas russo per l’Ungheria, mentre Mosca è alle prese con la fine della costruzione del gasdotto Nord Stream 2 che trasporterà gas russo in Germania e in Europa. Secondo Reuters, il ministro ungherese ha espresso l’intenzione di firmare un nuovo accordo di fornitura di gas naturale di 15 anni con la compagnia russa Gazprom quest’anno, con il prezzo e la flessibilità da stabilire già nelle prossime settimane. “Spero di poter firmare il nuovo contratto di fornitura di 15 anni quest’autunno con buone condizioni”, ha detto Szijjarto. L’omologo russo Levrov ha fatto eco, ribadendo che la cooperazione tra Russia e Ungheria è a livelli mai raggiunti, mentre quella di Mosca e Bruxelles è forse ai minimi storici.

    La licenza per la produzione del vaccino russo nella città ungherese di Debrecen al centro dei colloqui tra il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto e l’omologo russo, Sergej Lavrov. Mosca e Budapest in trattative “avanzate”, la produzione potrebbe iniziare a fine 2022. Discusse anche le forniture di gas russo

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    L’Ungheria blocca l’accordo post-Cotonou: “No a nuove ondate migratorie”

    Bruxelles – L’Ungheria ha minacciato di non ratificare l’accordo siglato a dicembre 2020 tra l’Unione Europea e l’Organizzazione degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). Lo ha annunciato in conferenza stampa il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó: “Specialmente in questo momento (di crisi pandemica, ndr), non abbiamo bisogno di nuove ondate migratorie”.
    Secondo quanto dichiarato dal ministro, il governo magiaro sta rispondendo in questo modo alla scarsa considerazione rivolta alle sue proposte durante i negoziati. “I nostri suggerimenti sono stati tutti ignorati, per questo non metteremo la nostra firma sull’accordo“, ha detto Szijjártó lamentandosi della parte dell’accordo in cui si parla di vie legali per l’immigrazione dai 79 Paesi dell’Organizzazione e di ricongiungimenti familiari per gli immigrati residenti nell’UE.
    L’entrata in vigore del testo è necessaria per sostituire la Convenzione di Cotonou nel 2000, scaduta a febbraio 2020 ma prorogata in via transitoria fino al 30 novembre 2021. Oltre alla voce della mobilità e dell’immigrazione (dove sono previste nuove norme sui rimpatri), l’accordo post-Cotonou dà priorità anche alla sfera dei diritti umani, della democrazia e della governance, al capitolo pace e sicurezza, allo sviluppo umano e sociale, al campo della sostenibilità ambientale e del cambiamento climatico e allo sviluppo e alla crescita economica inclusiva e sostenibile.

    Il testo prevede alcune novità in tema di vie di immigrazione legali e di ricongiungimenti familiari, ma non trascura l’argomento rimpatri e immigrazione irregolare. Ma per Budapest non è il momento di discuterne