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    Ucraina, il Papa: Si scongiuri il disastro nucleare a Zaporizhzhia

    Roma – Intorno alla centrale di Zaporizhzha si continua a combattere. Lo spettro della catastrofe nucleare aleggia sull’Europa e scuote anche Papa Francesco: “Auspico che si intraprendano passi concreti per mettere fine alla guerra e scongiurare il rischio di un disastro”, è l’appello al termine dell’udienza generale. Il Pontefice ricorda i prigionieri, “soprattutto quelli che si trovano in condizioni fragili” e chiede alle autorità responsabili di “adoperarsi per la loro liberazione”.
    Cita l’attentato a Darya Dugina, morta nell’esplosione della propria auto il 20 agosto scorso mentre faceva ritorno a Mosca: “Penso alla povera ragazza volata in aria per una bomba sotto il sedile. Gli innocenti pagano la guerra, gli innocenti”. Riflette sulla “crudeltà”, sui civili che stanno pagando “la pazzia, la pazzia, la pazzia di tutte le parti”, ripete. “Perché la guerra è una pazzia e nessuno che è in guerra può dire ‘No, io non sono pazzo’”, avverte.
    In attesa di una ispezione dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (che sarà “imminente”, assicura il direttore generale Rafael Mariano Grossi), nel Consiglio di Sicurezza di ieri Mosca e Kiev si sono nuovamente accusate a vicenda di aver messo in pericolo la centrale. “Le forze armate ucraine continuano a bombardare il territorio quasi ogni giorno, creando un rischio reale di incidente radioattivo con conseguenze catastrofiche per l’intero continente europeo”, denuncia l’ambasciatore russo Vasily Nebenzia. E invita l’Occidente a “smettere di coprire il loro protetto ucraino”: “Abbiamo l’impressione che i nostri colleghi stiano vivendo in una realtà parallela in cui l’esercito russo sta bombardando il sito che sta proteggendo”, dichiara. “Nessuno può immaginare che l’Ucraina prenda di mira una centrale nucleare e crei un enorme rischio di disastro nucleare sul proprio territorio”, la risposta dell’ambasciatore ucraino Sergiy Kyslytsya, che bolla i comportamenti russi come “provocazioni e azioni terroristiche”.
    Dal palco del Meeting di Rimini, il presidente del Consiglio Mario Draghi cita Papa Francesco: “Non posso che associarmi alle parole del Santo Padre perché si eviti un disastro nucleare”. “Speravo fino a ieri che la decisione di permettere l’accesso della centrale nucleare di Zaporizhzhia a ispettori dell’Onu fosse un segno” di dialogo tra le parti, confessa. “Purtroppo stanotte missili russi hanno bombardato la zona intorno alla centrale. In ogni caso – assicura -, in questa ricerca della pace è essenziale che le promesse siano sincere, che siano seguite da azioni concrete e che, soprattutto, sia l’Ucraina a decidere quali termini di pace siano accettabili“.
    Nella ricorrenza della Festa Nazionale ucraina, Sergio Mattarella scrive a Volodomyr Zelensky per esprimere la sua solidarietà: “Desidero rinnovare, in quest’ora così drammatica, a lei e a tutti i suoi concittadini l’espressione più convinta di vicinanza e sostegno della Repubblica Italiana”, si legge nel messaggio. Il Capo dello Stato classifica l’aggressione russa come “brutale e ingiustificata”. “L’Italia sostiene fermamente l’integrità territoriale, la sovranità, l’indipendenza e la libertà del suo Paese – garantisce – e ribadisce il suo impegno ad assistere il popolo ucraino anche sotto il profilo umanitario e della ricostruzione”. Il cessate il fuoco è necessario e dev’essere immediato. Solo così, insiste Mattarella, si potrà avviare “un processo negoziale in vista di una soluzione pacifica, giusta, equa e sostenibile per l’Ucraina”.

    Continuano i bombardamenti intorno alla centrale. Alle parole del Pontefice si associa l’appello del premier italiano Mario Draghi. Mattarella scrive a Zelensky. Attesa la visita di ispezione dell’Aiea

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    Clima, appello del Papa all’ ‘eco-conversione’: Urge ridurre le emissioni

    Rona – A una settimana dall’annuncio dell’adesione della Santa Sede alla Convenzione dell’Onu sul Clima e all’Accordo di Parigi, Papa Francesco lancia un nuovo appello per ridurre le emissioni e chiede una conversione ecologica.
    Il fenomeno del cambiamento climatico, sottolinea, è diventato un’emergenza che “non resta più ai margini della società”. Ha, al contrario, assunto un ruolo “centrale”, rimodellando non solo i sistemi industriali e agricoli ma anche “influenzando negativamente la famiglia umana globale, specialmente i poveri e coloro che vivono nelle periferie economiche del nostro mondo”. Il Pontefice parla in un messaggio inviato alla Conferenza ‘Resilience of People and Ecosystems under Climate Stress’, organizzata in Vaticano dalla Pontificia Accademia delle Scienze.
    Le sfide che abbiamo davanti, è il richiamo, sono due: “Ridurre i rischi climatici riducendo le emissioni e aiutare e consentire alle persone di adattarsi ai cambiamenti del clima che si stanno progressivamente aggravando“. Francesco si confessa preoccupato per la perdita di biodiversità e le numerose guerre in corso. I conflitti che piegano diverse regioni del mondo, tuona, “comportano conseguenze dannose per la sopravvivenza e il benessere dell’uomo, tra cui i problemi di sicurezza alimentare e l’inquinamento crescente”. Queste crisi dimostrano che “tutto è collegato” e che la promozione del bene comune a lungo termine del nostro pianeta è “essenziale per un’autentica conversione ecologica”.
    Servono “sforzi coraggiosi, cooperativi e lungimiranti tra i leader religiosi, politici, sociali e culturali a livello locale, nazionale e internazionale”, afferma, pensando, in particolare, al ruolo che “le nazioni economicamente più avvantaggiate possono svolgere nel ridurre le proprie emissioni” e nel fornire assistenza finanziaria e tecnologica, affinché le aree meno prospere del mondo possano seguire il loro esempio. Fondamentale, scandisce, è “l’accesso all’energia pulita e all’acqua potabile, il sostegno agli agricoltori di tutto il mondo, perché passino a un’agricoltura resiliente”.

    A una settimana dall’annuncio dell’adesione della Santa Sede alla Convenzione dell’Onu e all’Accordo di Parigi, nuovo richiamo del Pontefice per salvare il Pianeta

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    Ucraina, Papa: Non si usi il grano come arma di guerra. Italia preme per corridoi marittimi

    Roma – Il grano fermo in Ucraina preoccupa anche Papa Francesco. La catastrofe alimentare sta per abbattersi soprattutto sull’Africa e, a un mese dal suo viaggio in Congo e Sud Sudan (2-7 luglio), il Pontefice lancia un appello alla comunità internazionale: “Non si usi il grano come arma di guerra”.
    Dalle esportazioni dei carichi bloccati, ricorda al termine dell’udienza generale, “dipende la vita di milioni di persone, specialmente nei Paesi più poveri. Si faccia ogni sforzo per risolvere la questione e per garantire il diritto umano universale a nutrirsi”.
    Anche il pensiero del Presidente della Repubblica,  Sergio Mattarella, è alla crisi del pane: “Quello scatenato dall’aggressione Russia in Ucraina è un conflitto che a cerchi concentrici si ripercuote su altri popoli e nazioni”, sottolinea nel saluto prima del concerto al Quirinale per le celebrazioni del 2 giugno. Ma la guerra incide anche sugli obiettivi legati all’emergenza climatica: “La comunità internazionale vede pesantemente messi in discussione i risultati raggiunti negli ultimi decenni. Sembra l’avversarsi di scenari che vedono l’umanità protagonista della propria rovina”, afferma il Capo dello Stato.
    Di sicurezza alimentare il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha parlato ieri con il segretario di Stato americano, Anthony Blinken. A breve avrà un nuovo colloquio anche con l’omologo ucraino, Dmytro Kuleba. “Stiamo premendo affinché vengano creati corridoi marittimi per il trasporto delle materie prime alimentari, anzitutto il grano, dai porti ucraini”, assicura, durante il question time alla Camera. Servirà trovare un accordo tra Kiev e Mosca sia per sminare le acque antistanti i porti, in particolare quello di Odessa, a fronte della garanzia del transito sicuro dei carichi, sia per la navigazione senza ostacoli per le imbarcazioni cariche delle tonnellate di grano che da settimane sono ferme in Ucraina.
    Ieri, però, il premier Mario Draghi ha avanzato anche l’ipotesi di un trasporto via ferrovia, rivelando che l’Unione europea si sta adoperando in questo senso. Nel frattempo, l’unica certezza è che quel grano va sbloccato urgentemente, prima del nuovo raccolto, anche per questioni strategiche. “Sappiamo che non tutti i Paesi africani non sono con l’Occidente, l’abbiamo visto con i voti alle Nazioni Unite su questa guerra. Se si perde la guerra sulla sicurezza alimentare si perde la possibilità che questi Paesi possono venire incontro all’Europa”, ha osservato l’ex capo della Bce, ricordando che la guerra “non è il risultato delle sanzioni”, al contrario, sono le sanzioni a essere conseguenza dell’aggressione russa in Ucraina. Sulla contingenza, il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli annuncia lo sblocco di oltre 200mila ettari di terreni per rispondere al caro materie prime. “È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto che rende operative le deroghe ai regolamenti comunitari sulla Pac”, fa sapere.
    Spaventano intanto le previsioni di S&P nell’ultimo rapporto, dal titolo ‘The Global Food Shock Will Last Years, Not Months’. Per l’agenzia, l’aumento dei prezzi dei beni alimentari e la riduzione delle forniture durerà fino al 2024, forse oltre. La carenza di fertilizzanti, i controlli sulle esportazioni, le interruzioni del commercio globale e l’aumento dei costi del carburante e dei trasporti eserciteranno pressioni al rialzo sui prezzi dei beni alimentari di base. Nell’analisi i Paesi a medio e basso reddito dell’Asia centrale, del Medio Oriente, dell’Africa e del Caucaso saranno i più colpiti dall’impatto iniziale. Lo shock dei prezzi alimentari inciderà sulla crescita del Pil, sulla performance fiscale e sulla stabilità sociale, e potrebbe spingere ad azioni di rating in base alle risposte dei singoli Paesi e delle organizzazioni internazionali.

    Il Pontefice sarà in Africa dal 2 al 7 luglio. La preoccupazione del Presidente della Repubblica: Effetti guerra su tutti a cerchi concentrici, c’è crisi alimentare

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    Ucraina, Papa riceve Orban in Vaticano: Grazie per accoglienza profughi

    Città del Vaticano – Quaranta minuti, tanto dura il faccia a faccia tra Papa Francesco e Viktor Orban in Vaticano. “Dio la benedica, benedica la sua famiglia e l’Ungheria”, lo accoglie il Pontefice, parlando in inglese. “Noi la aspettiamo”, la replica del premier. Quando le porte dello studio si riaprono, i volti sono distesi. Nello scambio dei doni, davanti al medaglione di San Martino, Papa Francesco ringrazia Orban per l’accoglienza assicurata dal Paese ai profughi ucraini. Il dono è ricorrente, mostra il santo Padre cedere parte del mantello a un bisognoso.
    Dall’inizio della guerra in Ucraina, l’Ungheria ha accolto quasi 626mila profughi di cui, fa sapere il portavoce del governo, finora hanno chiesto protezione umanitaria in 17mila, altri 100mila hanno richiesto permesso di soggiorno temporaneo mensile.
    Sono trascorsi sette mesi dal loro ultimo incontro, a Budapest. Una tappa di poche ore del Pontefice, per chiudere il 52esimo congresso eucaristico internazionale, il 12 settembre scorso. Questa è la prima visita ufficiale all’estero del capo del governo magiaro, dopo le elezioni del 3 aprile che lo hanno riconfermato alla guida del Paese per il quarto mandato consecutivo. E’ anche l’occasione in cui il premier invita Francesco ufficialmente in Ungheria.
    Oltre al medaglione, il Papa regala ad Orban i volumi dei documenti papali, il messaggio per la Pace di quest’anno, il Documento sulla Fratellanza Umana e il libro sulla Statio Orbis del 27 marzo 2020, a cura della Lev. Orban ricambia con due libri, di e su Bela Bartok, compositore ungherese ed esperto di musica, una raccolta di cd di musica lirica, un volume del 1750 con l’Ufficio delle Ore per la Settimana Santa, in inglese e latino. Nessun incontro con la Segreteria di Stato, come avviene di consueto. Tramite il portavoce Zoltan Kovacs, il primo ministro, a margine dell’incontro fa sapere di aver chiesto a Papa Francesco di “sostenere i nostri sforzi per la pace”.
    Oggi la Santa Sede e il Papa si uniscono all’appello dell’Onu per una tregua in vista della Pasqua che, secondo il calendario giuliano, si celebra il 24 aprile prossimo. “Nulla è impossibile a Dio” scrive il Vaticano. L’iniziativa è promossa dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, d’accordo con Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina. Anche Papa Francesco, nella Domenica delle Palme, aveva chiesto una tregua pasquale per arrivare alla pace. “La popolazione intrappolata in zone di guerra sia evacuata e sia presto ristabilita la pace”, è l’invocazione nel testo della Santa Sede, che si rivolge a chi ha la responsabilità delle Nazioni perché si ascolti “il grido di pace della gente”.

    Il premier ungherese invita il Papa e chiede a Francesco di sostenere gli sforzi per la pace

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    Vaticano-Ungheria, domani Orban da Papa Francesco: prima visita ufficiale all’estero dopo le elezioni

    Città del Vaticano – Sullo sfondo del conflitto in Ucraina e del dramma di milioni di profughi sfollati in Europa, domani alle 11 il premier ungherese Viktor Orban farà tappa in Vaticano. Incontrerà Papa Francesco per la seconda volta, anche se sarà la sua prima visita ufficiale alla Santa Sede.
    Ad annunciarlo è Zoltan Kovacs, portavoce del primo ministro, su Twitter, ricordando come questa sia la prima visita ufficiale all’estero di Orban dopo la vittoria delle elezioni lo scorso 3 aprile, il suo quarto mandato.
    Jorge Bergoglio e Orban si sono già incontrati a Budapest, dove il Papa ha trascorso qualche ora per chiudere il 52esimo congresso eucaristico internazionale il 12 settembre scorso, mentre si dirigeva in Slovacchia. Potrebbe far ritorno in Ungheria a settembre prossimo, in visita ufficiale, unendo la tappa al viaggio apostolico in Kazakhstan.
    Nel 2021, in molti hanno accostato il veloce incontro, a cinque, con il premier sovranista ungherese nel museo delle Belle Arti di Budapest con la visita ufficiale e i picchetti d’onore, fatta nel palazzo presidenziale di Bratislava per incontrare la presidente della Repubblica europeista Zuzana Caputova. Una differenza di forma e sostanza che non è passata inosservata.
    Con Orban e il Papa, nell’incontro erano presenti anche il presidente Janos Ader, il segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin, e il ministro degli Esteri vaticano, Paul Gallagher. Di migranti Bergoglio parlò soltanto nell’incontro privato con i vescovi del Paese: “Vogliamo che il fiume del Vangelo raggiunga la vita delle persone, facendo germogliare anche qui in Ungheria una società più fraterna e solidale, abbiamo bisogno che la Chiesa costruisca nuovi ponti di dialogo”. Chiese loro di mostrare sempre “il volto vero della Chiesa”: “È madre! Un volto accogliente verso tutti, anche verso chi proviene da fuori, un volto fraterno, aperto al dialogo”.  “Ho chiesto a Papa Francesco di non lasciare che l’Ungheria cristiana perisca”, aveva annunciato su Facebook il premier ungherese. La replica pubblica del Papa arrivò più tardi, in Slovacchia, durante l’incontro ecumenico nella nunziatura di Bratislava. Ritrovare le radici cristiane è importante, aveva ricordato ma chiedendosi: “Come possiamo auspicare un’Europa che ritrovi le proprie radici cristiane se siamo noi per primi sradicati dalla piena comunione?”. È difficile, aveva spiegato Francesco, “esigere un’Europa più fecondata dal Vangelo senza preoccuparsi del fatto che non siamo ancora pienamente uniti tra noi nel continente e senza avere cura gli uni degli altri. Calcoli di convenienza, ragioni storiche e legami politici non possono essere ostacoli irremovibili sul nostro cammino”. Parole che potranno tornargli utili nel nuovo faccia a faccia, questa volta privato, con il sovranista ungherese.

    Il Papa severo sulla posizione di Budapest circa i migranti. l premier ungherese è al suo quarto mandato, ha già incontrato il Pontefice il 12 settembre scorso

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    Via Crucis del Papa, nella stazione della morte di Cristo la croce portata da famiglie russa e ucraina

    Città del Vaticano – La pace tra Russia e Ucraina, simbolicamente, si fa all’ombra del Colosseo. Si fa venerdì notte, nella via Crucis di Papa Francesco, che ha scelto di far portare la Croce nella tredicesima stazione della Passione, la morte di Cristo, a una famiglia russa e a una ucraina. Un gesto che spiega meglio le parole pronunciate ieri dal Pontefice: “Nella follia della guerra, si torna a crocifiggere Cristo. Ancora una volta inchiodato alla Croce nelle madri che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere i loro fratelli”.
    “La vita che sembra perdere di valore. Tutto cambia in pochi secondi”, si legge nelle meditazioni della stazione. I testi, affidati a diverse famiglie, descrivono in questo tratto i frutti della guerra: “L’esistenza, le giornate, la spensieratezza della neve d’inverno. Tutto perde improvvisamente valore”. Chiedono a Dio, mentre le lacrime finiscono e la rabbia cresce “Dove ti sei nascosto?”, lo invocano perché parli “nel silenzio della morte e della divisione”, insegnando “a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”.
    Ieri mattina, nel giorno della Domenica delle Palme, per la terza volta il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere del Papa, ha raggiunto Kiev, dove Giovedì Santo, a nome del Papa, consegnerà una seconda ambulanza, a ricordare il gesto della Lavanda dei Piedi compiuto da Gesù durante l’Ultima Cena. “Papa Francesco desidera chinarsi davanti agli uomini e alle donne dell’Ucraina ferita dalla guerra e testimoniare la sua vicinanza”, ha spiegato il direttore della sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. “Quando una persona ferita, ammalata o in difficoltà, verrà portata sull’ambulanza, potrà sentire l’abbraccio e la consolazione del Papa, che vuole lavare e baciare i piedi di quei fratelli e di quelle sorelle che subiscono l’ingiusta violenza della guerra”, ha scandito.
    Solo qualche giorno fa, il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, è tornato a ripetere che è necessario “fare di tutto per evitare una escalation” di violenze e non ha escluso l’ipotesi di un viaggio del Papa a Kiev, ipotesi che lo stesso Francesco ha detto essere sul tavolo. “Non è proibitivo un viaggio, si può fare. Si tratta di vedere quali conseguenze avrebbe questo viaggio, valutare se davvero può contribuire alla fine della guerra”, ha aggiunto. Il punto è dunque capire come verrebbe interpretata in Russia la presenza del Pontefice in Ucraina, soprattutto dal patriarcato di Mosca. Parolin ha confermato che “era stata già avviata una certa programmazione” per realizzare un incontro tra il Papa e il patriarca Kirill, dopo quello del 12 febbraio 2016 a Cuba. “Da quanto ho capito, si continua in questa preparazione”, ha detto a Vatican News, spiegando che la ricerca al momento “è di un terreno neutro”. 

    L’elemosiniere del Papa a Kiev per portare una seconda ambulanza nel Paese martoriato dalla guerra

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    Ucraina, Papa Francesco bacia la bandiera arrivata da Bucha: Tacciano le armi

    Città del Vaticano – La bandiera giallo-azzurra è stropicciata, scura, porta lo stemma di un battaglione di volontari, arriva direttamente da Bucha. Papa Francesco la srotola alla fine dell’udienza generale. “Me l’hanno portata ieri”, spiega. “Viene dalla guerra. Proprio da quella città martoriata”.
    Francesco si appella ancora una volta ai leader che hanno responsabilità e invoca: “Si facciano tacere le armi“. L’accusa è anche all’Onu: “Assistiamo all’impotenza delle Organizzazione delle Nazioni Unite. Oggi si parla spesso di geopolitica, ma purtroppo la logica dominante è quella delle strategie degli Stati più potenti per affermare i propri interessi estendendo l’area di influenza economica, ideologica e militare”. Poi, con un gesto insolito, si alza in piedi e mostra la bandiera.
    In udienza c’è un gruppo di bambini ucraini. Raggiungono il Papa con un disegno, mani bianche sui colori della loro bandiera, un cuore accanto a quella italiana, il Paese che li ha accolti: “Salutiamoli e preghiamo insieme con loro – invita il Papa -. Sono dovuti fuggire e arrivare a una terra straniera, questo è uno dei frutti della guerra. Non dimentichiamoli, e non dimentichiamo il popolo ucraino”. Francesco bacia e benedice la bandiera, la ripiega. Prende delle uova di Pasqua e le regala ai bimbi, tra le carezze.
    Quello che sta avvenendo, tuona ancora una volta il Papa, è un “massacro” al quale si deve mettere fine al più presto: “Si smetta di seminare morte e distruzione“, insiste.  Da Malta, solo pochi giorni fa, Francesco si era detto disposto a fare tutto il possibile per risolvere la crisi, definendo “sacrilega” la guerra, e confermando la sua disponibilità di un viaggio a Kiev. Ma, senza un cessate il fuoco, non potranno esserci le condizioni.
    Le ultime notizie sulla guerra “attestano nuove atrocità”, scandisce, e ricorda la strage alle porte di Kiev, edifici ridotti in polvere, strade disseminate di cadaveri con le mani legate dietro la schiena, fosse comuni visibili anche dai satelliti. “Crudeltà sempre più orrende, compiute anche contro civili, donne e bambini inermi – osserva -. Sono vittime il cui sangue innocente grida fino al Cielo e implora: ‘Si metta fine a questa guerra! Si facciano tacere le armi! Si smetta di seminare morte e distruzione!’”.

    L’appello del Pontefice in udienza generale: Crudeltà sempre più orrende su civili, donne e bambini. Vittime il cui sangue innocente grida fino al Cielo e implora: ‘Si metta fine a questa guerra!’

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    Ucraina, Papa vede Duda in Vaticano: profughi al centro. Il presidente lo invita in Polonia

    Città del Vaticano – Non si placano le violenze in Ucraina e, con gli orrori, l’emorragia di profughi costretti ad abbandonare le loro case. Secondo l’Unhcr sono già due milioni le persone che hanno lasciato l’Ucraina, la maggior parte trova rifugio nella vicina Polonia. Mentre Varsavia è alle prese con l’emergenza, il presidente Andrzej Duda vola a Roma per incontrare Papa Francesco. Più volte la Santa Sede si è proposta di mediare nella crisi.
    Al colloquio a porte chiuse, durato 35 minuti,  è seguito un faccia a faccia tra il presidente polacco e il cardinale Segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin, e il ‘ministro degli Esteri’ del Vaticano, monsignor Paul Gallagher. Conflitto, sicurezza e pace in Europa il focus, con un riferimento particolare alla situazione dei rifugiati, filtra dalle mura Leonine.  Delle sue preoccupazioni Bergoglio ha parlato anche con il presidente della Conferenza episcopale polacca, monsignor Stanislaw Gadecki, ricevuto il 29 marzo. Al centro, hanno fatto sapere i vescovi, “l’impegno della Chiesa a fronte della crisi umanitaria”.
    Tra i doni del Papa per Duda oggi ce ne è uno che torna frequentemente: il medaglione di San Martino. Secondo la tradizione, durante un temporale il santo donò una metà del suo mantello a un mendicante seminudo e l’altra metà a un secondo indigente incontrato poco dopo. ‘Icona dell’impegno verso i bisognosi’, recita la nota di accompagnamento.  Con il medaglione, Francesco regala anche i documenti del suo Pontificato (le encicliche, le esortazioni apostoliche, l’ultimo messaggio per la Pace, la dichiarazione sulla fratellanza umana, il libro sulla Statio Orbis del 27 marzo 2020).  Il presidente polacco ricambia con un dipinto raffigurante il cardinale Stefan Wyszynski, un album fotografico degli eventi del primo anno dell’attuale mandato della Presidenza e una collana di cd con opere del musicista polacco Fryederyk Chopin.
    La Polonia, che ha aperto le porte ai rifugiati, è tornata più volte nei ringraziamenti del Papa, dall’inizio del conflitto. Duda lo ringrazia, invita Bergoglio a visitare di nuovo il Paese, in queste settimane, gli racconta dei colloqui avuti con il presidente ucraino, Volodomyr Zelensky. “Abbiamo quasi due milioni di cittadini ucraini, questa sarebbe una occasione di incontro con due nazioni, quella polacca e quella ucraina”, spiega poi in un briefing, senza spingersi a fornire altri dettagli.  Ma a chi gli chiede conto della richiesta di tanti attori di trovare una soluzione onorevole per il presidente russo Vladimir Putin,  Duda risponde senza indugi: “Non c’è onore per la gente senza onore”.

    Francesco riceve in Vaticano il presidente polacco: confronto sul dramma del conflitto in Ucraina