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    Borrell risponde ancora al ministro di Israele negazionista sulla Palestina: “Irrispettoso, pericoloso e controproducente”

    Bruxelles – Il ministro delle Finanze di Israele, Bezalel Smotrich, continua a far discutere. Dopo il vergognoso commento sul villaggio palestinese di Huwara, che “dovrebbe essere cancellato”, il leader del partito sionista religioso di estrema destra ha rincarato la dose: ospite a Parigi per una conferenza, ha affermato che “non si può parlare di palestinesi perché non esiste un popolo palestinese“.
    Secondo Smotrich il popolo palestinese sarebbe “una finzione”, creata a tavolino un secolo fa per ostacolare il movimento sionista. Se le parole su Huwara, teatro di violenze incontrollate da parte di coloni israeliani a seguito di un attentato lo scorso 26 febbraio, erano state definite “ripugnanti” perfino dall’alleato americano, questa volta a rispondere duramente ai “commenti inaccettabili del ministro” ci ha pensato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell.
    “È sbagliato, irrispettoso, pericoloso e controproducente“, ha dichiarato il capo della diplomazia europea, chiedendo  al governo guidato da Benjamin Netanyahu di “rinnegare queste parole e cominciare a lavorare per ridurre le tensioni”. Tensioni che stanno raggiungendo livelli allarmanti, con numeri di vittime che ricordano quelli della seconda intifada del 2006. Nei primi due mesi dell’anno, secondo l’ufficio di coordinamento umanitario per il Territorio Palestinese Occupato (Ocha-Opt) delle Nazioni Unite, sarebbero già 64 le vittime palestinesi e 13 quelle israeliane, a causa dell’inasprimento delle violenze.
    Mohammed Shtayyeh a Huwara (Photo by Zain Jaafar / AFP)
    Lo sforzo diplomatico per riavvicinare le autorità israeliane e palestinesi, che appaiono oggi più lontane che mai, si è concretizzato in due recenti incontri, prima a Aqaba in Giordania e poi a Sharm el-Sheikh in Egitto, con la mediazione di funzionari statunitensi e egiziani. L’ultimo proprio domenica 19 marzo, mentre Smotrich a Parigi reinterpretava a suo modo la storia della regione. A Sharm el-Sheikh i rappresentanti di Israele e Palestina si sono accordati per adottare misure che riducano le tensioni e le violenze durante il Ramadan, il mese sacro per la religione islamica, che comincia questa settimana. “I commenti di Smotrich vanno un’altra volta nella direzione opposta” rispetto agli incontri di Aqaba e Sharm el-Sheikh, ha sottolineato Borrell. Ne è la riprova il fatto che il primo ministro palestinese, Mohammed Shtayyeh, di ritorno dal vertice in Egitto ha espresso la propria indignazione, descrivendo le dichiarazioni di Smotrich come “la prova conclusiva di quanto l’ideologia dell’attuale governo israeliano sia estremista e razzista”.
    Per l’Unione europea c’è solo un percorso da seguire, quello della soluzione a due Stati: “Proseguiremo nel nostro impegno di lunga data per uno Stato palestinese indipendente e sovrano, che vive fianco a fianco con Israele in pace e sicurezza”, ha ribadito Borrell. Che in modo piccato ha aggiunto: “Mi dispiace se a qualcuno non piace, ma questa è la posizione dell’Ue”. E ha chiuso lanciando una provocazione: “Vi immaginate se un leader palestinese avesse detto che Israele non esiste, quale sarebbe stata la reazione?”

    Il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, ha affermato che “non si può parlare di palestinesi perché non esiste un popolo palestinese”. Intanto le due parti si sono accordate a Sharm el-Sheikh per ridurre le tensioni durante il Ramadan, che comincia questa settimana

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    Il Parlamento europeo suona l’allarme sullo stato di diritto in Israele, da Tel Aviv accuse di ingerenze

    Bruxelles – “Deterioramento della democrazia in Israele e conseguenze sui territori occupati”. Nel titolo scelto per il dibattito che si è tenuto ieri sera (14 marzo) all’emiciclo di Strasburgo, c’erano già tutti gli indizi necessari per capire la posizione del Parlamento europeo sulla situazione dello stato di diritto a Tel Aviv e sull’escalation di violenza in atto contro il popolo palestinese.
    Eli Cohen e Antonio Tajani, 14/03/23 [Ph Account Twitter Eli Cohen]Prima di cominciare il dibattito, gli eurodeputati hanno ascoltato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, appositamente in aula per riferire sullo stato dell’arte delle relazioni tra l’Unione e Israele: “Voglio sottolineare che siamo impegnati con entrambe le parti, Israele e Palestina”, ha esordito il capo della diplomazia europea, che solo poche ore prima aveva avuto una conversazione telefonica con il ministro degli Esteri di Tel Aviv, Eli Cohen. “Non era molto contento del dibattito, era preoccupato, mi ha chiesto perché il Parlamento europeo ingerisce nelle questioni interne israeliane“: il racconto di Borrell combacia con la richiesta di “agire per impedire l’intervento europeo nel conflitto israelo-palestinese” fatta dallo stesso Cohen all’omologo italiano, Antonio Tajani, proprio ieri in visita in Israele.
    “L’interesse non implica né l’ingerenza né la volontà di imporre lezioni a nessuno”, ha replicato Borrell. I motivi di preoccupazione sono vari e riguardano la politica estera e l’involuzione dello stato democratico: da un lato l’aumento di estremismo e violenza contro la popolazione palestinese e la continua espansione delle colonie illegali israeliane nei territori occupati, dall’altro la riforma del sistema giudiziario portata avanti dal governo di Benjamin Netanyahu e la possibile reintroduzione delle pena di morte nel Paese.
    Dal Parlamento europeo l’invito a sospendere l’accordo di associazione con Israele
    Brando Benifei, 14/03/23
    Per Pedro Marques, vicepresidente del gruppo dei Socialisti e democratici, la riforma della giustizia proposta da Tel Aviv “non è accettabile e non è accettata neanche in Israele”, viste le “manifestazioni di massa” che imperversano nel Paese. “Un assalto alla democrazia”, “una catastrofe”, “un attentato”, l’hanno definita a turno Marques, l’eurodeputata dei Verdi/Ale, Margrete Auken e la socialista Maria Arena. Secondo il capo delegazione del Partito democratico a Bruxelles, Brando Benifei, la riforma fa parte di “un disegno nazionalista e autoritario di un governo che minaccia la democrazia israeliana”. Una riforma che “vuole concentrare il potere nelle mani dell’esecutivo e depotenziare la Corte suprema”, grazie alla quale “il governo potrebbe nominare facilmente i giudici della corte e sarebbe in grado di bloccare le sentenze della corte stessa”.
    Durissimo è stato Manu Pineda, membro della Sinistra europea e presidente della delegazione dell’eurocamera per i rapporti con la Palestina (Dpal): dopo aver ricordato i “183 palestinesi uccisi” e la “distruzione di centinaia di abitazioni” nella Striscia di Gaza solo nell’ultimo anno, Pineda ha incalzato l’alto rappresentante Borrell chiedendo cosa sta facendo l’Ue nei confronti di un “regime coloniale che sancisce l’apartheid ai danni del popolo del Paese che occupa”. La proposta che sorge a più riprese è di sospendere l’accordo di associazione con Israele, firmato nel 2000 e rinnovato nel 2022: per l’Ue l’accordo “si fonda sui valori comuni condivisi di democrazia e rispetto dei diritti umani, dello Stato di diritto e delle libertà fondamentali”, ma come sottolinea Maria Arena, “il governo israeliano rompe completamente” quei valori.
    Grace O’Sullivan, 14/02/23
    Margrete Auken, che si è recata più volte in Palestina con la delegazione Dpal, riassume così l’atteggiamento dell’Ue sul conflitto israelo-palestinese: “Se sei neutrale in situazioni ingiuste, hai scelto di essere dalla parte dell’oppressore”. Durante l’ultima missione della delegazione, che risale al mese scorso, l’eurodeputata dei Verdi/Ale Grace O’Sullivan racconta di aver visto “che Israele estrae direttamente carburante fossile dai territori occupati”. Combustibile che viene poi venduto anche in Europa, che nel giugno scorso ha firmato un importante accordo con Tel Aviv per incrementare le forniture di gas dalla regione. “Perché il petrolio e il gas di uno Stato occupante sono più accettabili di quelli di un altro?”, è la domanda di O’Sullivan in riferimento alla determinazione con cui l’Ue ha limitato e bandito gas e petrolio russi.
    “Se un altro Paese avesse fatto quello che fa Israele avremmo già imposto delle sanzioni, e invece dobbiamo scusarci per l’ingerenza” attacca Marc Botenga, della Sinistra europea, che reitera l’invito a sospendere l’accordo di associazione Ue-Israele. Josep Borrell, alla fine del dibattito, ha rivendicato la dichiarazione firmata dai 27 Paesi membri in cui “ha lanciato un appello ad ambo le parti per agire in maniera responsabile” e ha ribadito che “Israele deve smettere l’espansione delle colonie, illegali secondo il diritto internazionale”.
    Ma sulla possibilità di congelare il partenariato con Tel Aviv, il capo della diplomazia europea ha frenato con decisione: “Gli accordi di partenariato non sono con un governo, ma con uno Stato. Non possono cambiare solo perché in un Paese cambia il governo “, ha chiuso Borrell. Che ora ha un’altra gatta da pelare: Eli Cohen, dopo aver espresso le sue perplessità per il dibattito al Parlamento europeo, in un tweet ha definito “un’ingiustizia morale” il paragone che Borrell avrebbe fatto durante la loro telefonata, in cui metteva sullo stesso piano “gli attacchi terroristici di Hamas, il cui unico scopo è uccidere gli ebrei, e le azioni effettuate dall’IDF per la sicurezza dei cittadini israeliani”.

    Nel dibattito all’emiciclo di Strasburgo, la riforma della giustizia del governo Netanyahu è stata definita a più riprese “una catastrofe” e “un attentato alla democrazia”. Diversi eurodeputati chiedono la sospensione del partenariato con Tel Aviv, ma Borrell chiude. E viene attaccato dal Ministro degli Esteri Eli Cohen

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    Israele preoccupa l’Ue, Borrell chiede di “fermare l’espansione delle colonie illegali”

    Bruxelles – Le tensioni sempre più forti tra Israele e Palestina preoccupano l’Europa. La crescente violenza nei territori palestinesi occupati, culminata il 26 febbraio con l’attacco da parte di centinaia di israeliani al villaggio di Huwara, ha raggiunto livelli che ricordano sempre più il periodo della seconda intifada, nel 2006. Il dialogo tra il governo israeliano e l’Autorità nazionale Palestinese è praticamente inesistente, e a Tel Aviv si è insediato l’esecutivo più estremista di sempre, con ministri di destra che non nascondono posizioni radicalmente anti-palestinesi.
    Al primo ministro Benjamin Nethanyahu, in viaggio per Roma dove domani (10 marzo) incontrerà la premier Giorgia Meloni, si sono rivolti il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell. Il primo ha avuto una telefonata ieri sera con il premier israeliano, in cui ha ribadito il sostegno di Bruxelles alla “soluzione dei due Stati”, il secondo ha rilasciato un comunicato in cui chiede “ai leader israeliani e palestinesi di ridurre le tensioni e di astenersi da azioni che possano aumentarle”.
    Il capo della diplomazia europea non usa mezza termini, e va oltre la dichiarazione approvata all’unanimità due settimane fa dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, in cui gli insediamenti israeliani in Cisgiordania sono stati definiti “un ostacolo alla pace”. Borrell sottolinea invece che le colonie “sono illegali secondo il diritto internazionale”, ed esorta Israele a “fermare l’espansione degli insediamenti, prevenire la violenza dei coloni e garantire che gli autori siano ritenuti responsabili”. Difficile che il governo di estrema destra colga l’invito dell’alto rappresentante, vista l’intenzione di legalizzare in modo retroattivo avamposti in Cisgiordania finora considerati illegali.
    Autorità di Israele e Palestina si sono incontrate in Giordania
    Poco prima della distruzione del villaggio di Huwara, che ha causato una vittima e oltre trecento feriti tra la popolazione palestinese, si erano tenuti a Aqaba, in Giordania, dei colloqui tra le autorità israeliane e palestinesi con la mediazione di funzionari statunitensi ed egiziani, in cui le parti si erano impegnate a “ridurre le tensioni per raggiungere una pace giusta e duratura”. Ma sembra sempre più inverosimile interrompere il vortice di violenze che, da una parte e dall’altra, si susseguono con un drammatico effetto domino: la vicenda di Huwara ne è la prova lampante.
    Il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, in visita a Huwara (Photo by Zain Jaafar / AFP)
    Il 22 febbraio, in un’operazione militare l’esercito israeliano aveva ucciso 11 palestinesi a Nablus, vicino al villaggio di Huwara: la vendetta palestinese si è manifestata con l’uccisione di due coloni israeliani, che ha infine scatenato la feroce rappresaglia. L’ennesima smentita delle buone intenzioni messe nero su bianco anche ad Aqaba. “Lodiamo gli sforzi di Stati Uniti, Giordania ed Egitto per ridurre le tensioni e sostenere il comunicato di Aqaba”, ha dichiarato Borrell, ricordando che “tutte le parti devono rispettare gli accordi di Aqaba in buona fede”. Secondo questi accordi, Israele e Palestina si sono impegnate a non compiere azioni unilaterali per un periodo di 3-6 mesi e hanno deciso di rincontrarsi a Sharm el Sheikh nel mese di marzo.
    La visita di Benjamin Nethanyahu in Italia rischia già di peggiorare un’altra volta la situazione: il primo ministro, in un’intervista rilasciata a La Repubblica, ha dichiarato che insisterà con Meloni affinché “Roma riconosca Gerusalemme come la capitale di Israele da tremila anni”. La richiesta di Nethanyahu cozza totalmente con l’avvertimento dell’Ue, secondo cui “lo status quo dei Luoghi Santi deve essere mantenuto in linea con le precedenti intese”, perché “la convivenza pacifica tra cristiani, ebrei e musulmani deve essere mantenuta”.

    With @netanyahu discussed 🇪🇺-🇮🇱 relations and the Middle East Peace Process.
    We are committed to peace in the region and the two-state solution.
    The EU will work with 🇮🇱 based on shared values and interests. pic.twitter.com/3RUSKj8TrR
    — Charles Michel (@CharlesMichel) March 8, 2023

    Le tensioni crescenti tra Israele e Palestina sono culminate nell’attacco dei coloni al villaggio di Huwara, lo scorso 26 febbraio. Il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, ha telefonato al primo ministro Nethanyahu, che sarà in visita in Italia

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    L’Ue risponde al ministro israeliano che vuole “cancellare” un villaggio palestinese: “Parole inaccettabili”

    Bruxelles – “I commenti del ministro [israeliano, ndr] sono inaccettabili e non possono essere tollerati“. È questa la posizione dell’Ue, espressa dal portavoce del Servizio europeo per l’Azione esterna (Seae), Peter Stano, sulle vergognose parole pronunciate da Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze del governo di Benjamin Netanyahu e leader del Partito Sionista Religioso di estrema destra, secondo cui il villaggio palestinese di Huwara “dovrebbe essere cancellato”.
    Il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, in visita a Huwara (Photo by Zain Jaafar / AFP)
    Huwara, villaggio palestinese a pochi chilometri da Nablus, circondato da insediamenti di coloni israeliani, è balzato tristemente alle cronache domenica scorsa (26 febbraio). A seguito dell’uccisione di due fratelli israeliani in un attentato, è diventato teatro di violenze incontrollate e incendi dolosi da parte di centinaia di coloni, in cui sarebbero rimasti feriti oltre 300 abitanti palestinesi. Il ministro delle Finanze, interrogato sull’accaduto, aveva risposto: “Penso che Huwara debba essere cancellato, ma penso che sia dovere dello Stato d’Israele farlo, e non di privati cittadini”. Le parole di Smotrich rischiano di diventare un ulteriore detonatore di violenze in una situazione già estremamente tesa: nell’anno appena passato, secondo l’ufficio di coordinamento umanitario per il Territorio Palestinese Occupato (Ocha-Opt) delle Nazioni Unite, sono state 191 le vittime palestinesi per mano delle Forze di difesa Israeliane o di violenza privata dei coloni. Un numero così alto non lo si vedeva dalla fine della seconda intifada, nel 2006. Il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, in visita a Huwara, ha chiesto “un intervento internazionale per giudicare le forze di occupazione e fermarle”.
    Secondo il portavoce Stano le parole di Smotrich “incitano la violenza indiscriminata, in una situazione che è già molto tesa e ha già portato vittime e distruzione, per questo l’Ue ha già invocato una de-escalation immediata”. Stano ha chiesto inoltre che “il governo israeliano rinneghi” le frasi del suo ministro. A cercare di stemperare la tensione ci ha provato il presidente israeliano, Isaac Herzog, che ha condannato l’assalto di Huwara definendolo una “violenza criminale contro innocenti”, mentre il primo ministro Nethanyahu ha infelicemente paragonato le violenze commesse nel villaggio palestinese alle dure proteste in corso nel Paese contro la riforma della giustizia proposta dal governo. Paragone che ha scatenato l’ira dell’ex premier e leader dell’opposizione, Yair Lapid, che ha definito i fatti di Huwara come un “pogrom portato avanti da terroristi”, che niente ha a che vedere con il diritto di manifestare il proprio dissenso per una riforma con cui il governo cerca di rafforzare la propria posizione nei confronti della Corte Suprema del Paese, e che potrebbe legalizzare la pena di morte per chi uccide cittadini israeliani.

    Il portavoce del Servizio europeo per l’Azione esterna, Peter Stano, chiede che al governo Netanyahu di “rinnegare” le frasi del ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, sul villaggio di Huwara, dove il 26 febbraio è esplosa la violenza dei coloni contro gli abitanti

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    L’eurodeputata Ana Miranda trattenuta e respinta da Israele. “Rammarico” dell’Ue

    Bruxelles – Trattenuta per oltre cinque ore all’aeroporto di Tel Aviv e respinta a Madrid: questo il trattamento riservato dalle autorità israeliane all’eurodeputata del Blocco Nazionalista Galiziano, Ana Miranda Paz, membro della delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con la Palestina (Dpal).
    Ana Miranda Paz
    Nella serata di ieri (20 febbraio) Miranda è atterrata all’aeroporto Ben Gurion con il resto della delegazione, da cui avrebbe dovuto muoversi alla volta dei territori palestinesi per una missione ufficiale, utile per appurare il trattamento della popolazione palestinese da parte delle autorità israeliane, incontrare attori della società civile e monitorare la situazione umanitaria nei territori occupati. Ma la polizia israeliana le ha impedito l’ingresso e, dopo ore di trattative, l’ha obbligata a salire sul primo volo della mattina per la Spagna. Miranda ha spiegato che il divieto sarebbe dovuto alla sua partecipazione, nel 2015, alla “flotilla” di supporto umanitario alla popolazione di Gaza. “Questa decisione è profondamente spiacevole e sorprendente, dal momento che le autorità israeliane sono state informate con largo anticipo della composizione della delegazione, e il suo ingresso (di Miranda, ndr) era stato autorizzato esplicitamente dalle autorità”, ha dichiarato la portavoce della Commissione europea, Nabila Massrali.
    Delegazione che era già stata ridotta, poiché il suo presidente, l’eurodeputato della Sinistra europea, Manu Pineda, si è visto negare il permesso di transitare in territorio israeliano la scorsa settimana. “Il regime israeliano sa di poter fare quello che vuole con gli eurodeputati perché è libero: nessun provvedimento è stato preso, né pare che saranno presi al di là di sterili dichiarazioni”, ha commentato Pineda su Twitter, esprimendo il suo sostegno alla collega. Il presidente della delegazione Dpal aveva chiesto una riunione d’urgenza con Roberta Metsola per discutere l’applicazione di misure reciproche contro Israele, ovvero il “divieto di ingresso al Parlamento Ue a rappresentanti e diplomatici israeliani”. Raggiunto da Eunews, il suo staff ha confermato di non aver ancora ricevuto risposta dalla presidente dell’Eurocamera.
    In un tweet Metsola si è detta “rammaricata” per la decisione di Israele e pronta a “contattare le autorità per chiarire la vicenda”. Nessun riferimento all’appello di Pineda, ma la promessa di “parlare con i capigruppo del Parlamento europeo per discutere cosa si può fare in modo che non accada di nuovo”. Sterile dichiarazione, come insinuato da Pineda, o manifesta volontà di intenti? Lo sgarbo di Israele è grave e reiterato e, come ha ricordato Nabila Massrali, “il rispetto di tutti gli eurodeputati è essenziali per le buone relazioni” tra Bruxelles e Tel Aviv.

    Deeply disappointed at Israel’s decision to deny entry to @anamirandapaz, who was due to form part of an official @Europarl_EN mission to West Bank & Gaza.
    MEP Miranda is now back in Europe. I will be contacting Israel’s authorities to clarify what happened & convey our concern.
    — Roberta Metsola (@EP_President) February 21, 2023

    Membro della delegazione del Parlamento Ue per le relazioni con la Palestina, è stata costretta a tornare in Spagna dopo aver passato 5 ore all’aeroporto di Tel Aviv. Metsola annuncia una riunione con i capigruppo per discutere le possibili contromisure

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    Israele blocca (ancora) la delegazione del Parlamento Ue per la Palestina: non può entrare nel Paese

    Dall’inviato a Strasburgo – Manu Pineda, presidente della delegazione Ue per le relazioni con la Palestina (Dpal), non è il benvenuto in Israele. Per la seconda volta il Ministero degli Esteri di Tel Aviv ha notificato all’eurodeputato della Sinistra europea il divieto di ingresso nel Paese, a una settimana dalla missione che la delegazione dovrebbe condurre in Palestina.
    Manu Pineda
    “Una decisione unilaterale e inaccettabile”, ha commentato da Strasburgo Pineda, che dopo aver preso conoscenza della misura nei suoi confronti ha chiesto una riunione d’urgenza con la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola. L’eurodeputato spagnolo le chiederà “di prendere misure di reciprocità contro Israele”, ovvero il “divieto di ingresso al Parlamento Ue a rappresentanti e diplomatici israeliani”. La situazione è delicata, perché Tel Aviv è un partner privilegiato di Bruxelles, che riceve ingenti risorse dall’Unione e partecipa a numerosi programmi europei. Nonostante questo, da 13 anni la delegazione Dpal non riesce a visitare la Striscia di Gaza e i territori occupati.
    Nel maggio 2022 l’Eurocamera aveva sospeso la missione della delegazione a causa del veto imposto già allora a Pineda, ma questa volta potrebbe andare diversamente: “Dobbiamo assolutamente mantenere la missione, frutto di un anno di lavoro con l’ambasciata dell’Ue a Gerusalemme”, ha dichiarato ancora il presidente della delegazione, sottolineando che “la presenza in Palestina, in un momento che vede in Israele il governo più estremista degli ultimi anni, è indispensabile”.
    Rosa D’Amato
    Lo scopo della missione, ha spiegato a Eunews Rosa D’Amato, eurodeputata dei Verdi/Ale e membro della delegazione Dpal, “è perfettamente in linea con le prerogative di questa istituzione e con quanto già avviene negli altri paesi”: appurare il trattamento della popolazione palestinese da parte delle autorità israeliane, incontrare attori della società civile e monitorare la situazione umanitaria nei territori occupati. Dopotutto anche la Relatrice speciale delle Nazioni Unite, Francesca Albanese, ha definito come “ostinata e continua” la violazione da parte di Israele del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. E l’Unione europea stessa ha più volte richiamato le autorità israeliane sulle politiche di colonizzazione del territorio palestinese, come ribadito poco meno di un mese fa dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, nell’ultimo incontro con il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh.
    Dopo le svariate denunce della delegazione per le relazioni con la Palestina sull’ostruzionismo israeliano, secondo D’Amato è arrivato il momento di “una presa di posizione forte”, se Metsola “ha a cuore l’immagine del Parlamento europeo”. Per il momento Manu Pineda dovrà accontentarsi di una riunione con il capo di gabinetto della Presidente, ma si è detto “fiducioso che Metsola trovi spazio nella sua agenda per riunirsi con la delegazione”.

    La delegazione dovrebbe partire per una missione nei territori occupati la prossima settimana, ma per la seconda volta Tel Aviv nega l’ingresso al suo Presidente Manu Pineda. Chiesta riunione urgente con Metsola per prendere misure contro Israele

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    Medio Oriente, Borrell: “Prevenire un conflitto Israele-Palestina più ampio, bene cessate il fuoco”

    Bruxelles – Israele “ha il diritto di proteggere la sua popolazione civile”, e “l’UE non sta valutando la sospensione dell’accordo di associazione”. La Commissione europea chiarisce una volta di più la sua linea, quella di una soluzione a due Stati, fatta di volontà e dialogo politici, ma fa fatica a condannare apertamente i nuovi scontri in Medio Oriente, dove Israele da giorni conduce raid e attacchi nei territori palestinesi. Azione volta a eliminare i nuovi capi del terrorismo islamico, a cui i palestinesi rispondono con lancio di razzi. Una nuova situazione di conflitto a cui l’UE risponde facendo attenzione a non urtare il partner israeliano.
    “E’ necessario fare tutto il possibile per prevenire un conflitto più ampio”, la priorità dell’Unione europea, come espresso dall’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, che invoca “la massima moderazione da tutte le parti per evitare un’ulteriore escalation”. In Medio Oriente l‘Unione europea “segue con grande preoccupazione gli ultimi sviluppi a Gaza e dintorni”. Una situazione che richiama “la necessità di ripristinare un orizzonte politico e garantire una situazione sostenibile a Gaza“.
    In tal senso il cessate il fuoco raggiunto è una buona notizia. “Ora è fondamentale lavorare per consolidarlo”, commenta Borrell. Sottolinea come questa tregua riguarda “Israele e la jihad islamica palestinese“, a riprova delle posizioni assunte a Bruxelles. L’UE condanna il condannabile, ma resta fedele allo Stato ebraico. Hamas è stata inserita nella lista dell’Unione delle organizzazione terroristiche, e sarebbe difficile immaginare passi indietro in tal senso.
    L’Ue in sostanza invita a deporre le armi e sedersi attorno a un tavolo. Offre una posizione di mediatore, ma non intende scaricare Israele. Borrell critica l’operato delle forze di sicurezza israeliane per quanto accaduto alla giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh, uccisa in circostanza da accertare e oggetto di scontri nel giorno dei suoi funerali. Nella stessa risposta all’interrogazione parlamentare, Borrell assicura che non si intende porre fine all’accordo di associazione, anche perché al decisione va presa dal Consiglio, ma su proposta della Commissione. Proposta che non al momento non si ha intenzione di produrre.

    Di fronte alle operazioni militari israeliane l’Alto rappresentate ricorda che lo Stato ebraico “ha il diritto di difendersi”, e invoca “un orizzonte politico e sostenibile a Gaza”

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    I fondi UE per la Palestina saranno erogati “rapidamente”. L’annuncio di von der Leyen sblocca lo stallo di oltre 6 mesi

    Bruxelles – Si sbloccano i fondi 2021 dell’UE per la Palestina, circa 215 milioni di euro che saranno erogati “rapidamente” dopo il via libera della Commissione. Ad annunciarlo nel corso della sua visita di ieri (martedì 14 giugno) a Ramallah è stata la stessa numero uno dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, felicitandosi che dopo oltre sei mesi sono state superate “tutte le difficoltà” all’interno del suo gabinetto. “Abbiamo chiarito che l’erogazione avverrà”, ha dichiarato durante una conferenza stampa congiunta con il primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, la prima del viaggio di due giorni di von der Leyen, che l’ha portata anche in Egitto e Israele per stringere i rapporti in materia di sicurezza energetica e alimentare.
    “È importante avere questi finanziamenti per sostenere la popolazione, soprattutto quella più vulnerabile, perché contribuiscono a creare le condizioni per opportunità economiche“, ha sottolineato la presidente della Commissione UE, a poche ore dalla luce verde arrivata da Bruxelles. Le ha fatto eco l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, che ha ribadito l’importanza di questo passo compiuto a sostegno del popolo palestinese, “dopo l’enorme approvazione della nuova proposta da parte degli Stati membri”. L’alto rappresentante Borrell ha posto l’accento sul “trattamento equo” da parte dell’Unione e sul fatto che “il finanziamento non include la condizionalità per l’istruzione, che andrebbe contro i principi” dei Ventisette.

    Good to be in Ramallah to meet PM @DrStayyeh.#TeamEurope is the largest donor of support to the Palestinian people.
    We’ll discuss how to boost economic, social development, including access to clean water, reliable energy supply and food security. https://t.co/NkKJstvMra
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) June 14, 2022

    Il riferimento dell’alto rappresentante UE – e delle “difficoltà” lasciate tra le righe da von der Leyen – riguarda la posizione del commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Oliver Várhelyi, che aveva portato allo stallo nell’autunno dello scorso anno. Da giugno del 2021 il commissario ungherese ha portato avanti la linea dura del governo di Budapest, secondo cui sarebbe necessario vincolare i finanziamenti UE alla modifica del contenuto dei libri di testo nelle scuole della Palestina. Secondo l’Ungheria – unico Paese membro tra tutti i Ventisette che sposa la visione di alcuni gruppi integralisti della società israeliana – diversi libri promuoverebbero l’antisemitismo tra i bambini palestinesi, che non godrebbero del “diritto sancito dall’UNESCO a un’istruzione di pace, tolleranza, coesistenza e non-violenza”, aveva attaccato in un tweet lo stesso commissario Várhelyi, motivando il bisogno di condizionare i 215 milioni di euro che Bruxelles avrebbe dovuto erogare a Ramallah nel 2021.
    L’UE è il principale donatore della Palestina e per la Commissione – escluso il commissario ungherese – era considerato cruciale dare un segno del proprio sostegno, proprio nel giorno in cui la presidente von der Leyen aveva in programma la visita a Gerusalemme per negoziare più forniture di gas in risposta alle necessità di approvvigionamento alternativo dalla Russia di Putin. Il via libera è arrivato dopo il parere positivo di 26 Paesi membri UE su 27 alla proposta di eliminare qualsiasi condizione per i finanziamenti comunitari alla Palestina che riguardino l’ambito dell’istruzione. Senza sorprese, l’Ungheria è stata l’unico Stato membro a non allinearsi.

    L’annuncio della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, durante la visita a Ramallah. Si tratta di circa 215 milioni di euro bloccati dal commissario ungherese per la Politica di vicinato, Oliver Várhelyi, nel tentativo di condizionarli al contenuto di alcuni libri di testo