More stories

  • in

    Balcani occidentali, Borrell vuole far rivivere la tradizione delle “cene informali” con i leader della regione

    Bruxelles – Cena con dialogo. Sta sfoderando tutto l’arsenale diplomatico a sua disposizione l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, per ravvivare la fiamma dell’europeismo nei Balcani occidentali e promuovere la stabilità nella regione. Rimproveri agli Stati membri UE di poco impegno, accelerazione sul fronte dei vaccini anti-COVID e ora il tentativo di far rivivere la tradizione delle “cene informali” con i leader dei Paesi balcanici (sulle orme della predecessora, Federica Mogherini). L’obiettivo rimane sempre lo stesso: far sentire la presenza geopolitica dell’Unione nella penisola e accelerare il processo di allargamento dell’UE nei Balcani.
    Ieri sera (martedì 18 maggio) i capi di Stato e di governo di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia si sono incontrati a Bruxelles per un incontro non ufficiale, insieme all’alto rappresentante Borrell e al commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. “L’impegno dell’Unione nei confronti dei Balcani occidentali è indiscutibile e deve essere molto visibile”, ha twittato Borrell per spiegare i motivi della cena: “Tenere discussioni strategiche e politiche aperte sul nostro futuro comune” e “valutare la situazione e le sfide in una regione strategica per l’Europa”. Oltre all’allargamento dell’UE nella regione, c’è l’idea di condividere “un approccio più ampio e geopolitico” con i partner balcanici.

    The EU’s commitment to the Western Balkans is unquestionable and needs to be very visible. This is why I revived the tradition of regular informal dinners with the six leaders tonight, to have open strategic and political discussions on our common future. pic.twitter.com/Cn9T1ApE33
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) May 18, 2021

    Come reso noto dal Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), l’incontro si è tenuto “in un’atmosfera aperta e schietta”, che ha permesso di presentare “una riflessione strategica” su come “accelerare le riforme e soddisfare le aspettative dei cittadini sull’integrazione nell’Unione”, ma anche “rafforzare le narrazioni positive e costruttive nella regione”. Per tutti i commensali, l’integrazione europea dei Balcani occidentali rimane “un obiettivo strategico fondamentale”, mentre è stato confermato il “forte impegno per la cooperazione regionale” nelle sfide globali, come la pandemia COVID-19.
    Un resoconto confermato anche dalle parole della prima ministra della Serbia, Ana Brnabić, che in una dichiarazione alla stampa in tarda serata ha offerto un retroscena sull’incontro: “Inizialmente l’atmosfera era tesa, ma poi la cena è proseguita molto meglio ed è durata più del previsto“. Secondo la premier, “è sempre positivo quando dialoghiamo, abbiamo affrontato importanti questioni politiche ed economiche, concentrandoci sul futuro migliore per i nostri cittadini”.
    È presumibile che parte della tensione iniziale sia stata causata dalla richiesta avanzata dal nuovo primo ministro kosovaro, Albin Kurti, di spingere i cinque Paesi UE che ancora non riconoscono l’indipendenza del Kosovo (Spagna, Grecia, Cipro, Romania e Slovacchia) ad allinearsi alla posizione degli altri ventidue Stati membri e a quella del Parlamento UE. Parlando con i giornalisti, il premier ha dichiarato di aver discusso con “amici e colleghi a Bruxelles su come possono aiutarci a fare riforme nei nostri Paesi”, ma soprattutto “a convincere i cinque Stati membri che non riconoscono l’indipendenza del Kosovo a farlo“. Kurti ha poi ribadito la necessità di liberalizzare i visti per i cittadini kosovari, “gli unici in Europa soggetti a un regime di visti”. Qualche pagina del menù per la prossima cena informale è già pronto.
    Da sinistra: Albin Kurti (primo ministro del Kosovo), Zoran Tegeltija (presidente del Consiglio dei ministri della Bosnia ed Erzegovina), Edi Rama (primo ministro dell’Albania), Josep Borrell (alto rappresentante UE), Milo Đukanović (presidente del Montenegro), Ana Brnabić (prima ministra della Serbia), Zoran Zaev (primo ministro della Macedonia del Nord) e Olivér Várhelyi (commissario UE per la Politica di vicinato e l’allargamento)

    L’alto rappresentate ha ospitato a Bruxelles i capi di Stato e di governo dei sei Paesi per discussioni geopolitiche in un’atmosfera “aperta e schietta”. L’obiettivo: favorire la stabilità della penisola e accelerare il processo di allargamento UE

  • in

    COVID, a maggio il rilancio dell’UE nella consegna dei vaccini ai Balcani occidentali, tra COVAX e finanziamenti diretti

    Bruxelles – Sono settimane decisive per il rilancio dell’Unione Europea a livello di credibilità nei Balcani occidentali, sia per il processo di allargamento sia per il sostegno alla lotta contro la pandemia COVID-19, e Bruxelles sta cercando di rendere tangibile la sua presenza nella regione. Dopo il forte messaggio dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ai ministri degli Esteri europei e l’adozione della nuova metodologia per i negoziati di accesso di Serbia e Montenegro, è caldo il fronte dell’invio dei vaccini anti-COVID ai Paesi balcanici, per recuperare il terreno perso nella sfida diplomatica con Cina e Russia.
    Nonostante i Balcani occidentali siano considerati il primo partner strategico e zona di influenza dell’Unione Europea, Bruxelles ha registrato gravi ritardi nell’attivarsi per aiutarli a pianificare la campagna di vaccinazione. Le consegne di dosi tramite il meccanismo COVAX (la struttura globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per garantire un accesso equo e universale ai vaccini, sostenuta anche dall’UE con un miliardo di euro) sono rimaste ferme alla fine di marzo – il 2 aprile nel caso della Serbia, con le prime 57.600 dosi arrivate – e per tutto il mese di aprile ha regnato l’immobilismo.
    Il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, e il ministro degli Esteri austriaco, Alexander Schallenberg, a Sarajevo (4 maggio 2021)
    Questo fino all’annuncio dell’invio di 651 mila dosi di vaccino Pfizer-BioNTech nella regione a partire da inizio maggio e fino ad agosto, attraverso un contratto finanziato direttamente da Bruxelles e concluso grazie all’impegno del governo austriaco. Stando alle cifre fornite dal Servizio europeo per l’Azione esterna, entro il 31 agosto dovrebbero arrivare 36 mila dosi in Serbia, 42 mila in Montenegro, 95 mila in Kosovo, 119.200 in Macedonia del Nord, 145 mila in Albania e 213.800 in Bosnia ed Erzegovina.
    Con l’arrivo di maggio la situazione è tornata a sbloccarsi, complice anche il viaggio del commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, nei Paesi balcanici tra il 3 e il 5 maggio, per ribadire l’impegno dell’Unione a sostegno della lotta comune alla pandemia. L’occasione è stata sfruttata anche per consegnare il primo carico simbolico in ciascuna capitale: 1.170 dosi a Belgrado, 2.430 a Podgorica, 4.680 sia a Pristina sia a Tirana, 4.850 a Skopje e 10.530 a Sarajevo.
    L’arrivo del secondo carico di vaccini tramite il meccanismo COVAX in Serbia (12 maggio 2021)
    Contemporaneamente, ha ricevuto un impulso anche la situazione sul fronte COVAX, nonostante alcune riserve. Tra l’11 e il 14 maggio sono ripresi con più costanza i voli per portare i vaccini promessi ai Balcani occidentali, cercando di colmare il ritardo sulla tabella di marcia del primo semestre 2021. A oggi, il Kosovo ha ricevuto 62.300 dosi su 100.800 previste, l’Albania 79.200 su 141.600, la Bosnia ed Erzegovina 121.300 su 177 mila, la Serbia 177.600 su 345.600. Fanno eccezione Montenegro e Macedonia del Nord, ancora fermi alle consegne del 28 marzo: al primo mancano ancora 60 mila dosi (24 mila su 84 mila), alla seconda 79.200 (24 mila su 103.200). Ma c’è ancora un mese e mezzo di tempo per recuperare il tempo perduto a inizio anno: con un massimo di due spedizioni per ogni Paese si potrebbero raggiungere tutti gli obiettivi, spazzando via almeno una parte dell’euro-scetticismo che sta serpeggiando nella regione.

    Dopo un mese di immobilismo dai primi carichi di fine marzo, Bruxelles ha sbloccato la situazione con il piano da 651 mila dosi Pfizer-BioNTech entro fine agosto e la ripresa del meccanismo dell’OMS: ancora un mese e mezzo per rispettare la tabella di marcia

  • in

    Elezioni in Albania, Edi Rama festeggia il terzo mandato. L’UE invita a un “dialogo costruttivo tra tutte le forze politiche”

    Bruxelles – La Commissione elettorale centrale albanese domenica sera aveva avvertito: “Ci vorranno 48 ore per lo scrutinio”. E 48 ore sono servite per decretare la vittoria del Partito Socialista del premier uscente, Edi Rama, alle elezioni per il rinnovo del Parlamento nazionale. Nella capitale Tirana sono in corso i festeggiamenti per la riconferma di Rama alla guida del Paese per il terzo mandato consecutivo: un “record storico”, come lo ha definito lo stesso vincitore.
    Terminato lo scrutinio delle schede elettorali, il partito del premier socialista ha conquistato il 48,66 per cento dei voti, aggiudicandosi 74 seggi su 140 al Parlamento. Rama potrebbe contare anche sui 3 seggi ottenuti a sorpresa (con il 2,24 per cento delle preferenze, +1,3 rispetto alle elezioni del 2017) dal Partito Socialdemocratico (PSD), che si è detto disponibile a collaborare con i socialisti. Non è bastato l’exploit del Partito Democratico (PD) di Lulzim Basha, al 39,42 per cento (+10,58) per mettere in discussione il risultato delle urne, complice anche la disfatta del Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI) di Monika Kryemadhi (moglie del presidente della Repubblica, Ilir Meta), crollato al 6,81 per cento (-7,47). All’opposizione andrebbero complessivamente 63 seggi al Parlamento, 59 al PD e 4 all’LSI.

    “La nostra grande vittoria ci impone l’obbligo di tendere ai democratici una mano di sincera collaborazione“, ha dichiarato Rama davanti ai suoi sostenitori, dopo aver dedicato buona parte del suo discorso alla necessità di voltare pagina nelle relazioni tra forze politiche. Negli ultimi due anni (da febbraio 2019) non è esistita opposizione parlamentare in Albania, dopo la decisione di PD e LSI di abbandonare l’Aula in segno di protesta per le accuse di corruzione del partito al governo e i sospetti di compravendita di voti alle elezioni del 2017. Il premier ha invitato gli sconfitti a “lasciare alle spalle le tensioni politiche”, per favorire un dialogo sulle questioni di interesse nazionale.
    Il leader del Partito Democratico d’Albania, Lulzim Basha
    Ma a corto giro è arrivata la dura replica del leader dell’opposizione Basha, che ha definito il risultato del voto “un massacro elettorale”. Secondo il frontrunner del PD, “siamo entrati in questa battaglia non contro un avversario politico, ma contro un regime“, che avrebbe fatto “di tutto per compromettere una corsa elettorale leale”. Il Partito Democratico non solo si è rivolto alla Commissione elettorale centrale per un riconteggio dei voti in tutti i seggi, ma ha anche chiesto la copia del materiale relativo al processo di voto e di scrutinio. “I nostri sforzi per fare valere la democrazia in Albania non sono bastati“, ha rincarato la dose Basha, sottolineando che attraverso il “furto dei dati personali dei cittadini, le minacce agli elettori e decine di migliaia di schede non valide”, Rama si sarebbe assicurato “la differenza di voti fra le parti”.
    La posizione dell’UE
    In una nota congiunta dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e del commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) ha riconosciuto “l’esercizio del voto democratico” del popolo albanese e si è congratulato “con tutti coloro che hanno contribuito a renderlo possibile”.
    Da sinistra, il commissario europeo per l’Allargamento, Olivér Várhelyi, e il premier albanese, Edi Rama
    Tuttavia, emerge preoccupazione per “l’uso improprio di risorse e funzioni statali da parte del partito al governo e di altri personaggi pubblici”, come evidenziato dagli osservatori sul campo. Le presunte irregolarità “dovrebbero essere portate rapidamente all’attenzione della Commissione elettorale centrale” e i casi “debitamente indagati, compreso l’acquisto di voti”. Borrell e Várhelyi hanno però incoraggiato “tutte le forze politiche a garantire il funzionamento efficace e democratico delle istituzioni del Paese”, a partire dal “rispetto dei risultati delle elezioni“.
    La prospettiva auspicata da Bruxelles è quella di un ingresso dell’Albania “nella fase successiva” del processo di adesione all’UE, “con la prima Conferenza intergovernativa per avviare i negoziati il ​​prima possibile”. Per raggiungere questo obiettivo, al nuovo governo albanese si chiede di “perseguire con determinazione il programma di riforme del Paese, in particolare sullo Stato di diritto“, senza che gli sforzi siano frenati dal periodo di transizione fino all’inaugurazione del nuovo Parlamento.

    Il primo ministro uscente e leader del Partito Socialista conquista il 48,6 per cento dei voti e 74 seggi su 140 al Parlamento nazionale. L’alto rappresentante UE Borrell preoccupato per “l’uso improprio di risorse statali” nel processo elettorale, ma chiede il “rispetto del risultato”

  • in

    Elezioni in Albania, socialisti verso la vittoria. Critiche dall’UE per “l’interferenza al voto” dal Kosovo

    Bruxelles – Se la tradizione delle urne in Italia dice che dopo il voto tutti hanno vinto e nessuno ha perso, nei Paesi dei Balcani occidentali vale invece un altro uso: non c’è elezione che non sia accompagnata da polemiche su interferenze esterne. Meglio ancora, che non coinvolga in qualche modo i due vicini più problematici della regione: Serbia e Kosovo. In questo modo si può leggere anche la tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento albanese che si è svolta ieri (domenica 25 aprile).
    Il premier dell’Albania, Edi Rama, e la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen (2020)
    Scrutinato più di un terzo delle schede elettorali, il Partito Socialista del primo ministro in carica, Edi Rama, si sta proiettando vincitore con il 49,3 per cento dei voti: risultato che gli consentirebbe di guidare il Paese per la terza legislatura consecutiva (dal 2013). Il diretto avversario, il Partito Democratico di Lulzim Basha, si fermerebbe al 38,8 per cento delle preferenze: una crescita di 10 punti percentuali rispetto alle elezioni di quattro anni fa, ma non ancora sufficiente per scalzare i socialisti dal governo. La Commissione elettorale centrale albanese ha però fatto sapere che per completare il processo di conteggio delle schede ci potrebbero volere “anche 48 ore” (a partire dalla chiusura dei seggi alle ore 19 di ieri) e ha invitato a “mantenere la calma” fino a quando i risultati non saranno ufficiali.
    La vigilia delle elezioni è stata caratterizzata da tensioni in tutto il Paese e da episodi di violenza nella città di Elbasan, alimentati da un clima politico particolarmente teso negli ultimi anni. Nel febbraio del 2019 l’opposizione albanese aveva deciso di abbandonare il Parlamento in segno di protesta per le accuse di corruzione del Partito Socialista al governo e i sospetti di compravendita di voti alle elezioni del 2017. Il risultato è stato un aumento delle divisioni interne su temi-chiave per lo sviluppo del Paese e le prospettive europee, come la riforma elettorale, l’emigrazione, la lotta alla corruzione e alle interferenze nei media e le politiche di occupazione.
    Parlando alla nazione dopo la chiusura delle urne, il presidente della Repubblica, Ilir Meta, ha annunciato che “è l’Albania ad aver vinto in questo processo storico”, richiamando “la straordinaria responsabilità” degli scrutatori per “concluderlo in modo dignitoso”. Il presidente della Repubblica ha poi rassicurato i concittadini che “il risultato non sarà distorto né influenzato da nessuno“. Un riferimento al tema che nella giornata di ieri ha sollevato polemiche non solo nella regione, ma anche a Bruxelles.
    “L’interferenza” kosovara
    A infuocare la domenica elettorale albanese è stata la partecipazione al voto del neo-premier del Kosovo, Albin Kurti. Il leader del partito della sinistra nazionalista Vetëvendosje (Autodeterminazione), vincitore delle elezioni del 14 febbraio scorso, si è potuto recare alle urne nel Paese “straniero” in virtù della sua appartenenza etnica albanese, che gli ha anche permesso di presentare tre candidati del suo partito Vetëvendosje in Albania.
    Il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti
    Accompagnato dal candidato nella regione di Tirana, Boiken Abazi, il premier kosovaro ha invitato “tutti i cittadini albanesi” a “rispettare la nostra patria, facendo la scelta migliore secondo i propri principi e valori“. Parlando alla stampa, Kurti ha definito l’appuntamento di ieri “un giorno di democrazia” non solo per i cittadini della Repubblica di Albania, ma anche per i quasi due milioni di “albanesi della diaspora”, i gruppi etnici che vivono soprattutto in Kosovo e Macedonia del Nord, ma anche negli altri Paesi della penisola o nel resto del mondo. Da più di un mese il leader nazionalista kosovaro li ha invitati a recarsi alle urne in Albania (dal momento in cui la legge elettorale non contempla il voto ai cittadini che risiedono all’estero), per “realizzare un cambiamento” contro i partiti tradizionali, socialisti del premier Rama in primis.
    Da Bruxelles, una critica feroce è arrivata dalla relatrice sul Kosovo per il Parlamento Europeo, Viola von Cramon-Taubadel (Verdi/ALE): “È una cosa inaccettabile“, ha tuonato. L’eurodeputata tedesca ha commentato su Twitter di non riuscire a capacitarsi della decisione: “Da una parte, tutti in Kosovo si lamentano dell’ingerenza della Serbia e del presidente Aleksandar Vučić, mentre dall’altra parte il premier kosovaro va a votare in un Paese vicino”.

    I cannot understand what this is all about. On one hand everyone in Kosovo complains about interference from Serbia or from President @avucic himself but on the other hand here does the PM of #Kosovo even vote in a neighbouring state. Not acceptable. At least not for me. https://t.co/J3ndibX1qq
    — Viola von Cramon (@ViolavonCramon) April 25, 2021

    Ed è stato proprio il presidente serbo Vučić a rincarare la dose, dopo essere arrivato ieri nella capitale belga per partecipare a una due-giorni di incontri con i vertici delle istituzioni europee (in programma ieri e oggi). “Nonostante per la nostra Costituzione Pristina faccia parte della Serbia, immaginate se fossi andato io a votare in una qualche località in Kosovo”, ha dichiarato alla stampa: “Sarebbe stato uno scandalo a livello mondiale”. Secondo il presidente serbo, “quello lanciato da Kurti è uno dei suoi tanti messaggi nazionalisti“, che spaziano “dall’unificazione del Kosovo con l’Albania alla richiesta di risarcimenti di guerra alla Serbia”.
    Coinvolti in un complesso dialogo mediato dall’Unione Europea – che recentemente ha coinvolto anche la distribuzione di vaccini anti-COVID – i leader di Serbia e Kosovo saranno entrambi ospiti a Bruxelles nel corso di questa settimana. Vučić completerà oggi il tour de force con Commissione (la presidente, Ursula von der Leyen, l’alto rappresentate UE, Josep Borrell, il commissario per l’Allargamento, Olivér Várhelyi, e il rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák), Consiglio (il presidente Charles Michel) e il Parlamento Europeo (il relatore sulla Serbia, Vladimír Bilčík). Per mercoledì (28 aprile) è previsto invece l’arrivo del premier Kurti, che discuterà con i rappresentanti dell’UE del nuovo approccio kosovaro al dialogo con la controparte. In attesa della ripresa dei colloqui di alto livello, fermi all’incontro del 7 settembre dello scorso anno: questa settimana avrebbe potuto rappresentare l’occasione della svolta, ma per la tensione in aumento negli ultimi mesi, rischia di essere invece l’ennesima occasione persa.

    Il partito del primo ministro Rama virtualmente primo, ma la commissione elettorale avverte che “potrebbero volerci 48 ore” per lo scrutinio. Scoppia la polemica sul coinvolgimento del premier kosovaro Kurti, che ha sfruttato la carta etnica (albanese) per recarsi alle urne

  • in

    Balcani occidentali: dall’UE in arrivo 651 mila dosi di vaccino Pfizer

    Bruxelles – L’Unione Europea entra nel vivo della partita dei vaccini nei Balcani Occidentali.  Da maggio 2021 cominceranno le consegne di 651 mila dosi del vaccino anti COVID prodotto da BioNTech-Pfizer destinate prioritariamente al personale sanitario nella regione. Le fiale, che verranno distribuite fino ad agosto, sono alla base di un contratto finanziato direttamente da Bruxelles e concluso grazie allo sforzo del governo austriaco.
    L’impegno europeo per la lotta al coronavirus nei Balcani è stata sin dalle prime battute della campagna vaccinale nel continente una priorità. Fino al 31 marzo ai sei Paesi della regione erano state consegnate poco più di 160 mila dosi, ma gran parte delle somministrazioni sono state possibili grazie alla collaborazione fornita da Russia e Cina. I principali obiettivi per l’UE sono quelli di “rendere i sistemi sanitari dell’area pienamente operativi e supportare i governi ad affrontare i problemi enormi che la pandemia ha provocato nella regione”, ha detto il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. “Lo facciamo perché ci deve essere chiaro il nostro interesse per i nostri partner, per le capacità di resilienza nella regione e per gli operatori che sono impegnati in prima linea”.
    La Commissione ha assicurato che le dosi di Pfizer (definita da Várhelyi come l’azienda farmaceutica “più affidabile” per l’UE) saranno distribuite tenendo conto dello stato della campagna vaccinale in ciascuno degli Stati dell’area balcanica e ha fugato i dubbi sulla possibilità che le dosi in arrivo nei Balcani possano essere inoculate a categorie meno a rischio. “Nei contratti è chiaro quello per cui le doti sono destinate. È anche nell’interesse di questi governi vaccinare al più presto gli operatori sanitari”, ha continuato il commissario Várhelyi. Ma l’esecutivo si è impegnato anche a rendere possibile la vaccinazione per i gruppi vulnerabili una volta che la somministrazione al personale sanitario sarà conclusa.
    Attualmente i Balcani, insieme ai Paesi del Nord Africa e ai 92 Paesi che fanno parte dello schema COVAX sono esclusi dal meccanismo creato dall’Unione Europea per il controllo sulle esportazioni di vaccini verso i Paesi terzi. Bruxelles vuole fare la sua parte nella ripresa della regione facendosi spazio tra gli altri attori internazionali presenti. “Credo che questo sia un contributo notevole da parte dell’Unione Europea e questo gesto deve essere considerato come un segnale chiaro di quanto sia importante la regione per l’UE e per i suoi Stati membri”, ha sottolineato Várhelyi concludendo il suo intervento in conferenza stampa.

    Bruxelles vuole battere la concorrenza di Russia e Cina per la ripresa nell’area. Várhelyi “Segnale chiaro di quanto sia importante la regione per l’UE e per i suoi Stati membri”

  • in

    Kosovo, la strada del dialogo con la Serbia passa dai vaccini COVID. Parola della neo-presidente Vjosa Osmani

    Bruxelles – Giovane, riformista e femminista. È questo il ritratto di Vjosa Osmani, la nuova presidente della Repubblica del Kosovo, eletta domenica scorsa (4 aprile) dopo cinque mesi di incarico ad interim. Ma se è promettente la strada verso lo Stato di diritto e la lotta alla corruzione, a Bruxelles prima di tutto interessa se e in quali modalità si potrà continuare il dialogo Serbia-Kosovo mediato dall’Unione Europea. E su questo la presidente Osmani ha le idee molto chiare: “Il dialogo prima di assicurarci i vaccini anti-COVID non è una priorità“.
    Che la musica a Pristina sia cambiata negli ultimi due mesi lo aveva già fatto presagire l’elezione di Albin Kurti, leader della sinistra nazionalista Vetëvendosje (Autodeterminazione), come primo ministro del Paese (in carica dal 22 marzo). Il giorno dopo il trionfo alle elezioni di San Valentino, Kurti aveva annunciato che “il tema del dialogo con la Serbia è al sesto o settimo posto in agenda“. Polverone diplomatico a Belgrado e tirata di orecchie a Bruxelles: la relatrice per il Kosovo al Parlamento Europeo, Viola von Cramon-Taubadel, aveva avvertito la nuova maggioranza di “affrontare subito i problemi di approccio al dialogo”, dal momento in cui “la normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi è condizione preliminare per l’adesione all’Unione“.
    La presidente della Repubblica del Kosovo, Vjosa Osmani, con il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi (12 gennaio 2021)
    È notizia di ieri che a condurre la ripresa del dialogo di alto vertice (fermo al 7 settembre dello scorso anno) da parte kosovara sarà proprio il premier Kurti, in coordinamento con la presidente Osmani, così come stabilito da un pronunciamento della Corte Costituzionale del 2019. In questo senso, le parole della neo-presidente assumono un valore ancora più forte: Pristina non si siederà a un tavolo comune con la controparte fino a quando non si concretizzerà un sostegno internazionale e regionale nella lotta al COVID-19.
    Bisogna ricordare che il Kosovo ha ricevuto il 28 marzo il primo carico da 24 mila dosi di vaccino AstraZeneca all’interno del meccanismo COVAX (la struttura globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per garantire un accesso equo e universale ai vaccini, finanziata anche dall’UE). Al conto del primo semestre ne mancano però ancora 76.800, secondo il documento di previsione della distribuzione provvisoria, La Serbia invece si è distinta per un inizio di campagna di massa efficiente – grazie anche all’utilizzo dei vaccini Sputnik V e Sinopharm – ed è diventata uno dei migliori Paesi europei per dosi somministrate ogni cento abitanti (34,15, mentre la media UE è ferma al 15,5). Per questo motivo, Kurti e Osmani vorrebbero sedersi al tavolo di Bruxelles senza l’handicap di un sistema sanitario al collasso e cercando di limitare il deficit negoziale con Belgrado su questo frangente.

    Danas smo na aerodromu u Prištini primili prvih 24.000 doza vakcina COVID-19 od COVAX opcije. Evropska unija i njene zemlje članice, nastupajući zajedno kao #TeamEurope jedan su od vodećih doprinosilaca u COVAX-u. #VaccinesWork #Vaksinohu #StrongerTogether pic.twitter.com/9JHWHuWwmT
    — European Union Kosovo (@EUKosovo) March 28, 2021

    A rendere tutto più complicato, c’è un altro paletto fissato dalla neo-presidente kosovara per la ripresa del dialogo mediato dall’UE: la questione dei dispersi nel conflitto in Kosovo del 1998/1999. “È una ferita ancora aperta e fino a quando non verrà fatta giustizia sugli scomparsi, vittime dei serbi, è difficile pensare alla pace“. Parole che hanno incendiato l’opinione pubblica serba: “Per Pristina è un problema il fatto che noi insistiamo su una soluzione di compromesso. Loro non non hanno alcun interesse nel dialogo“, ha attaccato il presidente del Parlamento serbo, Ivica Dačić.
    L’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, si troveranno a dover affrontare una situazione sempre più tesa. Tutto il contrario di quanto promesso a novembre dello scorso anno dallo stesso Borrell. Le parti rimangono distanti, con Pristina che rivendica il riconoscimento reciproco (e di fatto l’indipendenza) e Belgrado che accusa il mancato rispetto dell’accordo del 2013, che prevede la creazione di una Comunità delle municipalità serbe in Kosovo. Il rischio è che la pandemia di COVID-19 e la corsa ai vaccini chiudano definitivamente la porta a uno sforzo diplomatico decennale. Con buona pace di riformismi e svolte nazionali.

    Dopo l’elezione dello scorso 4 aprile, la nuova capa dello Stato ha fissato i paletti per la ripresa dei negoziati mediati dall’Unione Europea: “Sostegno alla campagna vaccinale e giustizia per gli scomparsi nel conflitto del 1998/1999”. Sempre più tesi i rapporti con Belgrado

    ISCRIVITI E LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI
    Sostieni il giornalismo di qualità, abbonati a Eunews.
    ACCEDI

  • in

    COVID, ritardi nella consegna di vaccini ai Balcani occidentali. Intanto la Russia usa Sputnik (e la Serbia) come testa di ponte

    Nella regione il meccanismo COVAX è scattato da pochi giorni e ha fornito solo un sesto delle dosi per il primo semestre. Belgrado invece ha differenziato la strategia: ora è tra i migliori al mondo per somministrazioni e può permettersi di vaccinare anche gli abitanti dei Paesi limitrofi. Presto inizierà la produzione del siero russo in loco

  • in

    Allargamento UE, Balcani investimento geostrategico per pace e crescita economica. Già dalla Conferenza sul futuro dell’Europa

    Le raccomandazioni del Comitato economico e sociale chiedono il coinvolgimento di leader e cittadini della regione nell’appuntamento del 9 maggio. Suggerita al Consiglio l’introduzione del voto a maggioranza qualificata nelle fasi intermedie del processo di adesione all’Unione, per un “approccio rigoroso ma equo”