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    Dopo gli attacchi ai gasdotti Nord Stream, allarme per la sicurezza infrastrutture europee (compresi cavi sottomarini)

    Bruxelles – Le infrastrutture critiche europee sotto attacco, con il sabotaggio ai gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 che potrebbe costituire solo il primo episodio di un conflitto ibrido sul piano energetico e tecnologico. “Dobbiamo valutare tutte le caratteristiche fisiche delle infrastrutture critiche per l’Ue, per capire quanto sono resistenti“, confessano i portavoce della Commissione Europea. Perché ora è la sicurezza europea sotto minaccia russa, anche se – in assenza di prove inconfutabili – le accuse al Cremlino non possono essere ancora esplicite. Dai gasdotti ai cavi sottomarini, i Ventisette non possono permettersi però esitazioni e alzano l’allerta sulla protezione dei punti più vulnerabili per gli approvvigionamenti energetici e le connessioni digitali.
    I Paesi membri Ue dovranno condurre quanto prima “stress test” in coordinazione con Bruxelles, “con una metodologia comune e un calendario specifico” coordinato dalla commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson. La portavoce dell’esecutivo comunitario responsabile per la Sicurezza interna, Anitta Hipper, precisa che questi stress test “devono coinvolgere anche operazioni umane, come sabotaggi e attacchi terroristici o ibridi“, in particolare alla luce di una “situazione eccezionale e senza precedenti” rappresentata dal sabotaggio ai gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 di martedì (27 settembre): “Dobbiamo essere consapevoli dei rischi che affrontiamo, non facciamo stress test ogni giorno”.
    L’esplosione dei gasdotti russi in quattro punti distinti nel Baltico ha senz’ombra di dubbio un colpevole e l’Unione guarda a est, verso Mosca. “È altamente probabile che sia stato un attacco deliberato, e non un incidente, ed è molto improbabile che non sia responsabilità di uno Stato“, ha alluso a una responsabilità del Cremlino il ministro svedese dell’Energia e dello sviluppo digitale, Khashayar Farmanbar, facendo ingresso oggi (venerdì 30 settembre) al Consiglio Energia straordinario. Lo stesso ministro svedese al momento non vuole speculare “su chi e quale è stata la ragione dell’esplosione dei gasdotti”, confermando comunque che “diverse autorità governative stanno investigando sulla sicurezza” delle infrastrutture critiche. Come evidenziano diversi analisti militari, la Russia tutti gli interessi nel sabotare i gasdotti, dal momento in cui – dopo l’interruzione totale dei flussi sul Nord Stream 1 con la scusa di un guasto – i contratti con l’Ue prevederebbero forti penali per la mancata fornitura del servizio: ma con le infrastrutture sono danneggiate, il colosso energetico russo Gazprom può rivendicare la non-colpevolezza per la mancata erogazione del gas.
    Si attende la conferenza stampa del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, per capire quale livello di tensione è stato raggiunto a proposito di un possibile salto di livello della guerra del Cremlino. Ma non sono solo i gasdotti al centro delle preoccupazioni europee. I cavi sottomarini potrebbero diventare il prossimo bersaglio di una guerra ibrida da parte della Russia, per tagliare connessioni vitali dal punto di vista digitale ed economico ai Paesi europei (dalle ‘autostrade sottomarine’ passano anche le transazioni sui mercati finanziari). I cavi sottomarini sono i vettori del traffico Internet globale, oltre 400 tubi in fibra ottica che si estendono per 1,3 milioni di chilometri e che sono gestiti quasi esclusivamente da aziende private come Google, Microsoft, Alcatel Submarine Networks e Huawei Marine Networks. La vulnerabilità di questi obiettivi non-militari è determinata dal posizionamento in acque internazionali, dove per aziende e governi è più complessa la protezione, e in aree facilmente accessibili a sottomarini senza equipaggio, che possono piazzare esplosivi nei punti critici della rete.
    A oggi non ci sono casi confermati di governi che hanno danneggiato deliberatamente queste infrastrutture critiche per motivi geopolitici, ma il rischio non è nuovo e il segretario generale della Nato Stoltenberg già due anni fa avvertiva che i cavi sottomarini sono un elemento di “cruciale importanza” sia per scopi civili sia militari, anche se in caso di danneggiamento le forze armate occidentali possono passare rapidamente alle comunicazioni satellitari. Gli hub cruciali in Europa si trovano nel Mar Mediterraneo, dove si snodano i collegamenti con l’Asia oltre il Canale di Suez, e le coste occidentali del Regno Unito e della penisola iberica, dove arrivano le reti translatlantiche. Se il Cremlino volesse portare avanti questo tipo di attacco, è probabile possa concentrarsi sulla rete regionale nel Baltico, dal momento in cui un’offensiva ibrida su una rete trans-continentale potrebbe essere più facilmente individuabile dalle agenzie di sicurezza dei governi europei.

    Le esplosioni che hanno colpito le infrastrutture di traporto del gas potrebbero indicare che la Russia è pronta a portare il conflitto a un nuovo livello, coinvolgendo l’Europa in un confronto ibrido e tecnologico. Anche se al momento non ci sono prove inconfutabili contro il Cremlino

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    Gazprom taglia il gas all’Europa via Nord Stream fino a data da destinarsi. L’Ue: “Pretesti fallaci, prova di inaffidabilità”

    Bruxelles – Alla fine i timori si sono rivelati fondati. Nel tardo pomeriggio di oggi (venerdì 2 settembre), a poche ore dall’annunciata fine dei lavori di manutenzione nella stazione di compressione di Portovaya (Russia), con una nota sul suo canale Telegram il colosso energetico russo Gazprom ha annunciato che il flusso di gas verso l’Europa via Nord Stream non riprenderà e sarà posticipato a data da destinarsi: “Durante i lavori di manutenzione ordinaria dell’unità di compressione del gas Trent 60 di Portovaya CS, eseguiti congiuntamente con i rappresentanti di Siemens, è stata rilevata una perdita d’olio con una miscela di sigillante in corrispondenza delle connessioni terminali dei cavi dei sensori di velocità del rotore a bassa e media pressione”.
    È per questa ragione che il trasporto di gas è stato “completamente interrotto”, almeno fino a quando i guasti “non saranno eliminati”, ha precisato Gazprom, senza forniture ulteriori informazioni su previsioni di riapertura. I dettagli sono stati forniti piuttosto sui tecnicismi del problema: “È stato rilevato olio sul connettore del cavo della piastra di connessione Bpe2, che fa parte del motore”, ma anche “nell’area della linea dei cavi nella morsettiera esterna del sistema di controllo automatico della Gcu, al di fuori dell’involucro di isolamento acustico e termico”. Il rapporto di rilevamento delle perdite di olio “è stato firmato anche dai rappresentanti di Siemens”, sottolinea il comunicato.
    Tutto ciò considerato, “è stato ricevuto un avviso dalla Rostechnadzor della Russia in cui si afferma che i guasti e i danni rilevati non consentono di garantire un funzionamento sicuro e privo di incidenti del motore della turbina a gas” e si rende “necessario adottare misure appropriate e sospendere l’ulteriore funzionamento dell’unità Trent 60 a turbina a gas a causa delle gravi violazioni riscontrate”, continua Gazprom. Secondo le informazioni di Siemens, le riparazioni possono essere effettuate solo in un centro di riparazione specializzato e la lettera inviata al presidente e amministratore delegato di Siemens Energy AG, Christian Bruch, sarà analizzata dal costruttore della turbina.
    “L’annuncio di Gazprom di oggi pomeriggio di voler chiudere ancora una volta NorthStream 1 con pretesti fallaci è un’altra conferma della sua inaffidabilità come fornitore“, ha commentato il portavoce-capo della Commissione Ue, Eric Mamer: “È anche la prova del cinismo della Russia, che preferisce bruciare il gas invece di onorare i contratti”.

    Gazprom’s announcement this afternoon that it is once again shutting down NorthStream1 under fallacious pretenses is another confirmation of its unreliability as a supplier.
    It’s also proof of Russia’s cynicism, as it prefers to flare gas instead of honoring contracts.
    — Eric Mamer (@MamerEric) September 2, 2022

    L’ultima interruzione totale del flusso, annunciata lo scorso 22 agosto, era scattata alle 5 di mattina (ora italiana) di mercoledì 31 agosto e sarebbe dovuta durare fino alle 4 di mattina del 3 settembre (non il 2 come precedentemente comunicato). Nord Stream è la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo verso il continente, che collega i giacimenti di gas siberiani direttamente alla Germania settentrionale attraverso il Mar Baltico: a capacità massima può trasportare 55 miliardi di metri cubi di gas. A Bruxelles già si temeva che prima o poi i flussi potessero interrompersi definitivamente, come aveva avvisato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: “L’Ue si deve preparare a una completa interruzione delle forniture dalla Russia”, aveva sottolineato al Bled Strategic Forum con preoccupazione, parlando della necessità di “mettere fine alla nostra sporca dipendenza dalle fonti fossili russe”. Prima del 31 agosto Nord Stream lavorava già al 20 per cento della propria capacità e, se i problemi tecnici non saranno risolti facendo ripartire il flusso, c’è il rischio concreto di un aumento della pressione sui governi europei che stanno cercando di aumentare il livello di riempimento degli stoccaggi nazionali di gas prima dell’inverno.
    Non è la prima volta che si verifica un taglio delle forniture di gas all’Europa da parte di Gazprom. L’infrastruttura Nord Stream era già rimasta ferma per manutenzione programmata a una turbina dall’11 al 21 luglio ed è ripartita a capacità ridotta a circa il 40 per cento rispetto alla norma. A fine luglio il flusso era stato ulteriormente ridotto al 20 per cento, a circa 38 milioni di metri cubi al giorno, rispetto ai 66 delle settimane precedenti alla manutenzione. Ancora prima, a metà giugno, il colosso energetico aveva comunicato che le forniture di gas potevano essere garantite solo fino a un volume di 100 milioni di metri cubi al giorno, invece dei 167 milioni di metri cubi previsti. Tra fine aprile e metà maggio invece erano stati chiusi i rubinetti a Bulgaria, Polonia, Paesi Bassi, Danimarca e Finlandia, per mancati pagamenti in rubli come richiesto dalle autorità russe.

    Il colosso energetico russo Gazprom annuncia che il gasdotto rimarrà fermo per alcune perdita di olio alla stazione di compressione di Portovaya (Russia). Le forniture sarebbero dovute ripartire nella mattina di sabato 3 settembre dopo tre giorni di lavori di manutenzione

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    Il gasdotto Nord Stream 1 è ripartito

    Bruxelles – Dieci giorni di fermo che hanno tenuto l’Europa con il fiato sospeso, ma da questa mattina (21 luglio) alle 6 il gasdotto Nord Stream 1 ha ripreso a pompare gas verso la Germania. Nord Stream 1, gestito dal gigante russo del gas Gazprom, è la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo all’Europa, che collega i giacimenti di gas siberiani direttamente alla Germania settentrionale attraverso il Mar Baltico. Gazprom aveva annunciato una manutenzione programmata del gasdotto da lunedì 11 luglio fino al 21 del mese, facendo temere all’Unione europea che i flussi non sarebbero più ripartiti dopo quella data nel contesto delle tensioni con Mosca per la guerra in Ucraina.
    A capacità massima, Nord Stream 1 trasporta circa 55 miliardi di metri cubi di gas da Mosca alla Germania, dove il gas viene poi distribuito in altri Paesi europei. Rappresenta più di un terzo delle esportazioni di gas russo verso l’Unione europea. L’infrastruttura da metà giugno già funzionava al 40 per cento della sua capacità, a causa – ha motivato Mosca – dell’assenza di una turbina servita dalla società tedesca Siemens Energy, in Canada, necessaria per la manutenzione del gasdotto. Secondo il capo del regolatore energetico tedesco, Klaus Müller, i flussi di gas russo attraverso il gasdotto Nord Stream 1 potrebbero raggiungere un livello del 40 per cento della capacità giovedì, ma è rimasta l’incertezza politica sulle forniture. “I flussi di gas reali sul Nord Stream 1 possono oggi raggiungere il livello di pre-manutenzione di circa il 40 per cento di utilizzo (circa 700 gigawattora al giorno). Sfortunatamente, l’incertezza politica e il taglio del 60% da metà giugno rimangono”, ha commentato in un tweet.

    Die realen Gasflüsse auf der #NordStream1 liegen über der Nominierung und können heute das Vor-Wartungsniveau von ca. 40% Auslastung (ca 700 GWh/d) erreichen.Die politische Unsicherheit und die 60%ige Kürzung von Mitte Juni bleiben leider bestehen. @bnetza @bmwk https://t.co/9vwoWkZ439
    — Klaus Müller (@Klaus_Mueller) July 21, 2022

    Il governo di Berlino ha fatto sapere che il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck e Mueller rilasceranno dichiarazioni alla stampa sul gasdotto Nord Stream 1 e sulla situazione del gas in generale alle 14 di oggi. La preoccupazione crescente dell’Unione europea che le forniture russe di gas inviate attraverso il gasdotto Nord Stream 1 potessero potessero non ripartire, ha spinto la Commissione europea a proporre ieri, sotto forma di una proposta di regolamento, agli Stati membri di ridurre l’utilizzo del gas del 15% fino a marzo come misura di emergenza. Una misura pensata per essere volontaria in un primo tempo, ma che Bruxelles vuole poter imporre in maniera obbligatoria di fronte a una crisi di approvvigionamento.
    La Commissione continua a descrivere la riduzione delle forniture di gas dalla Russia come “un tentativo deliberato di utilizzare l’energia come arma politica”. Le consegne di gas di Mosca agli Stati baltici, Polonia, Bulgaria e Finlandia sono state sospese. Quelle in Germania, Danimarca, Paesi Bassi e Italia sono state ridotte e i flussi attraverso il Nord Stream 1, la più grande rotta di importazione nell’UE, sono stati ridotti del 60 per cento e Mosca usa la dipendenza energetica di Bruxelles per creare instabilità politica. Finora, le importazioni di gas sono state in parte compensate dall’aumento delle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL), ma anche questa strategia ha i suoi limiti per la limitata capacità di importazione dell’Ue. Le importazioni di GNL nella prima metà del 2022 sono state del 60 per cento in più rispetto all’anno precedente, raggiungendo tra 11 e 13 miliardi di metri cubi al mese, una cifra vicina all’attuale capacità massima di importazione dell’UE.

    Secondo Berlino i flussi dovrebbero arrivare al 40 per cento della capacità oggi. La principale infrastruttura per il trasporto di gas russo all’Europa era ferma in manutenzione programmata dall’11 luglio per dieci giorni, mentre Bruxelles temeva che non sarebbe ripartita. Resta l’insicurezza energetica

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    Ungheria e Ucraina “litigano” per il gas russo, mentre l’UE cerca di mediare

    Bruxelles – E’ scontro aperto tra Ungheria e Ucraina sul gas russo, mentre la Commissione Europea cerca di fare da mediatore. La compagnia energetica ungherese MVM ha formalizzato lunedì 27 settembre un contratto di acquisto di quindici anni con la compagnia russa Gazprom per la fornitura di gas naturale, senza passare attraverso l’Ucraina. Le intenzioni del premier Viktor Orban erano già note dalla fine di agosto, e una volta concretizzate hanno spinto Kiev, che teme di perdere milioni di euro in pagamenti in quanto “Paese di transito”, a rivolgersi direttamente alla Commissione Europea, definendo quella dell’Ungheria una “decisione puramente politica ed economicamente irragionevole”.
    Mosca ha sempre trasportato il gas principalmente attraverso il territorio dell’Ucraina, solo da qualche anno – in particolare dopo le frizioni che hanno seguito l’annessione illegale della Crimea nel 2014 – ha iniziato a diversificare le esportazioni per limitare il peso strategico dell’Ucraina anche nell’UE. Il contratto siglato sarà in vigore dal primo ottobre e prevede la fornitura di 4,5 miliardi di metri cubi di gas in Ungheria ogni anno: 3,5 miliardi attraverso la Serbia e un miliardo attraverso l’Austria. Nessuna provocazione politica, ha assicurato ieri in conferenza stampa il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto, dichiarando che per l’Ungheria, la “sicurezza energetica è una questione di sicurezza, di sovranità ed economia più che una questione politica”.

    A Kiev non è bastato e il ministro dell’Energia ucraino, German Galushchenko, ha incontrato ieri la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, per discutere anche di questo. “Un incontro costruttivo”, dice a Eunews un portavoce della Commissione. Costruttivo anche se l’UE non ha grande margine di manovra per il momento per intervenire. L’Esecutivo ha iniziato ad esaminare le conseguenze del contratto, ma dal momento che l’accordo non è stato firmato direttamente dalle autorità ungheresi, ma dalla compagnia energetica MVM, una prima valutazione del contratto spetta alle autorità ungheresi. Solo dopo le conclusioni, Bruxelles può chiedere di visionare il contratto in caso di un sospetto di minaccia all’approvvigionamento energetico dell’Unione europea o del territorio. “Il ministro Galushchenko ha sollevato la questione, presentandoci la posizione dell’Ucraina”, prosegue il portavoce, ma Bruxelles ha un ruolo solo in caso di mancata sicurezza dell’approvvigionamento.
    La commissaria Simson ha anche ribadito “la nota posizione della Commissione” secondo cui “consideriamo l’Ucraina un Paese di transito affidabile” per il trasporto di forniture energetiche. Secondo il portavoce, il bilaterale si è concentrato anche sulle riforme in corso in Ucraina sia nel mercato dell’elettricità che in quello del gas: si porta avanti il dialogo per la sincronizzazione con la rete elettrica europea, con l’adozione di una “tabella di marcia sulle fasi e i parametri di riferimento per essere soddisfatte fino al completamento”. Il commissario e il ministro si sono confrontati, infine, sui modi per promuovere la transizione verso l’energia pulita dell’Ucraina e sullo stato di avanzamento dei programmi per migliorare la sicurezza delle centrali nucleari. 

    Budapest firma un contratto di quindici anni con la russa Gazprom per la fornitura di gas senza passare per l’Ucraina. Kiev si rivolge a Bruxelles, che per ora alza le mani