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    UE pronta alla prova di forza con Mosca, ma il dibattito sull’Ucraina mostra i limiti in politica estera

    dall’inviato Strasburgo – Dalla parte dell’Ucraina, pronti allo scontro con la Russia, nel bel mezzo di una crisi che vede l’Europa riscoprirsi più piccola di quanto immaginato. Il dibattito sulle tensioni lungo la frontiera ucraina vede nell’Aula del Parlamento europeo un misto di preoccupazione, irritazione e frustrazione. In una sessione plenaria che contro ogni previsione vede la presenza della presidente dell’esecutivo comunitario emerge soprattutto l’immagine di un’Europa marginale nell’arena internazionale agli occhi degli stessi europei. Il primo a spiegare i limiti di un blocco dei 27 che fa fatica a trovare una quadra in politica estera è Josep Borrell, l’Alto rappresentante dai poteri limitati in materia.
    “La Russia per settimane ha scritto solo agli Stati Uniti e alla NATO. In un secondo momento ha scritto ventisette lettere per ogni Stato membro, con l’obiettivo di avere ventisette risposte diverse”. L’Alto rappresentante mostra soddisfazione per un’Unione “che non si è mostrata divisa”, ma la condotta russa mostra i limiti di un’UE che fa fatica sulla scena internazionale. I malumori diffusi tra i banchi dell’Aula li esterna Martin Schirdewan, de la Sinistra. “La pace dell’Europa deve essere decisa qui, in Europa, non a Washington né al quartier generale della NATO”.
    La crisi ucraina ripropone una questione annosa, quella della dimensione internazionale dell’Unione europea. Per questo il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, propone di “andare oltre il pacchetto di aiuti” da 1,2 miliardi di euro per l’Ucraina, e di “organizzare una conferenza dei donatori”, facendosi quindi promotore di iniziative internazionali. Senza dimenticare l’azione decisa.
    L’UE auspica il meglio, ma si prepara al peggio. Lo dicono sia Michel sia Ursula von der Leyen. Quest’ultima assicura che in caso di aggressione militare “l’UE saprà rispondere tempestivamente”, e che  “le nostre sanzioni possono colpire duramente la Russia, e il Cremlino lo sa”.  Un’affermazione che offre modo ai Verdi di scagliarsi su Nordstream2. “Dobbiamo essere pronti a sanzioni, che non sono solo sanzioni individuale. Il gasdotto deve rientrare nel pacchetto”, scandisce la co-presidente Ska Keller, che trova una sponda politica nellaa conservatrice Anna Fotyga. “Questo progetto va fermato subito, non solo in caso” in cui la situazione dovesse richiederlo.
    I popolari europei preferiscono parlare d’altro. Manfred Weber rilancia l’idea, sostenuta dal PPE, di “escludere le banche russe dal sistema internazionale”. I socialisti europei insistono sulla diplomazia come via prioritaria da seguire, ma condividono la necessità di un piano B in caso di ulteriore deterioramento. La capogruppo Iratxe Garcia Perez chiama l’Ucraina, l’invita a non cedere a Putin. “Putin ha paura del nostro modello e della nostra democrazia. Il presidente Zelensky deve continuare a impegnarsi per la via della democrazia”, quella europea.
    Di fronte alle preoccupazione per un’Europa che appare bypassata, von der Leyen assicura che il ruolo di coordinamento è stato comunque degno di nota. “I russi hanno inviato un totale di 36 lettere con richieste, le risposte che hanno avuto sono state due”. Rassicurazioni insufficienti a fugare i dubbi di un ruolo non da protagonista. “La Russia non vuole parlare con l’Europa. Putin – lamenta la liberale Hilde Vautmans – ha incontrato Macron, ma a quel lungo tavolo avrebbe dovuto sedersi l’Alto rappresentante Borrell”. Un’altra constatazione dei limiti dell’Europa in politica estera.

    Von der Leyen: “Auspichiamo il meglio, ma ci prepariamo al peggio”. Verdi, Conservatori e Sinistra chiedono lo stop a Nordstream 2, e si lamenta il ruolo secondario dell’UE nei negoziati internazionali

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    La Russia annuncia il ritiro di parte delle truppe dal confine con l’Ucraina. Cauto ottimismo tra i governi europei

    Bruxelles – Alla vigilia del giorno X per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – almeno secondo quanto emerso negli ultimi giorni dalle previsioni dell’intelligence statunitense – Mosca sembra essere pronta a ritirare dalla frontiera occidentale alcune delle truppe schierate per esercitazioni militari. A riferirlo è l’agenzia di stampa Tass, citando il portavoce del ministero della Difesa russo: “Considerato che l’addestramento militare sta per terminare, le unità dei distretti militari sud e ovest hanno già iniziato a caricare il personale e l’equipaggiamento sui mezzi di trasporto ferroviario e automobilistico e oggi inizieranno a dirigersi verso le loro basi militari”.
    Nel giorno della visita a Mosca da parte del cancelliere tedesco, Olaf Scholz – che ha ribadito la necessità di “ritirare le truppe dal confine con l’Ucraina” – il ministro degli Esteri della Russia, Sergej Lavrov, ha accusato l’Occidente di “terrorismo mediatico” e ha dichiarato che la parziale smobilitazione delle forze “era pianificata e non dipende dall’isteria delle potenze occidentali”. A frenare gli entusiasmi è stato il segretario della NATO, Jens Stoltenberg, prima dell’incontro di domani (mercoledì 16 febbraio) tra i ministri della Difesa dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. “Non ci sono segnali sul terreno che confermino la riduzione delle truppe della Russia ai confini dell’Ucraina“, ha messo in chiaro Stoltenberg, senza comunque chiudere ai “segnali da Mosca che la diplomazia deve continuare, un motivo di cauto ottimismo”. Per considerarla una vera e propria de-escalation, la NATO vuole vedere il “ritiro di mezzi pesanti e dell’equipaggiamento, non solo quello dei soldati”, considerato il fatto che il vero problema riguarda il mantenimento delle infrastrutture militari “dalla scorsa primavera”.
    Anche se l’annuncio del ritiro delle truppe dalla frontiera con l’Ucraina deve essere ancora confermato dai fatti, come scrivevamo ieri la minaccia reale alla sicurezza europea portata dalla Russia di Vladimir Putin ha comunque fatto scoprire all’Unione Europea di essere più unita di quanto si potesse immaginare. E ora l’ottimismo (cauto) può essere una chiave su cui impostare le prossime giornate comunque molto tese. “Ogni vero passo di de-escalation sarebbe un motivo di speranza“, ha dichiarato la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che ha però avvertito che “gli annunci devono ora essere seguiti da azioni”. Sulla stessa linea il governo francese: “Se questa notizia positiva venisse confermata, sarebbe un segnale di de-escalation che chiediamo da settimane“, ha riferito in conferenza stampa il portavoce dell’Eliseo, Gabriel Attal.

    Discussed with Prime Minister of Italy #MarioDraghi the security challenges facing Ukraine and Europe today. Exchanged views on intensifying the work of all negotiation formats and unblocking the peace process. I appreciate 🇮🇹’s support for 🇺🇦!
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) February 15, 2022

    Dall’altra parte della frontiera, il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, ha avvertito che “solo quando ci sarà un ritiro effettivo delle truppe della Russia, parleremo di de-escalation”, perché a Kiev “abbiamo una regola, crediamo solo a quello che vediamo”. Parlando alla BBC, Kuleba ha spiegato che l’Ucraina è al lavoro con i partner occidentali per “prevenire un’ulteriore escalation”. Nel frattempo, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha fatto sapere con un tweet di aver avuto uno “scambio di opinioni” con il premier Mario Draghi “sull’intensificazione del lavoro di tutti i formati negoziali e sullo sblocco del processo di pace”. Palazzo Chigi ha reso noto invece che il premier Draghi ha ribadito il sostegno dell’Italia all’integrità territoriale dell’Ucraina. Proprio a Kiev è atteso oggi (martedì 15 febbraio) il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, nel primo appuntamento della missione diplomatica sulla frontiera orientale che giovedì lo dovrebbe portare a Mosca a colloquio con Lavrov.
    Una nuova preoccupazione per l’Unione Europea riguarda però le zone ucraine non controllate dal governo di Kiev, ovvero le regioni di Donetsk e Luhansk: oggi la Duma di Stato russa ha presentato un appello al presiedente Putin perché le riconosca come entità indipendenti. “Si tratterebbe di una chiara violazione degli accordi di Minsk“, ha attaccato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Il sostegno di Bruxelles all’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale ucraina all’interno dei suoi confini “rimane incrollabile” e Borrell ha esortato il Cremlino a “mantenere i suoi impegni in buona fede”. Gli ha fatto eco il cancelliere tedesco Scholz, al termine del colloquio con Putin: “Il riconoscimento da parte di Mosca delle due repubbliche separatiste sarebbe una catastrofe politica“.
    Intanto dal Parlamento UE è arrivato il via libera alla decisione della Commissione UE di stanziare un piano di aiuti da 1,2 miliardi di euro per aiutare l’Ucraina a “coprire il fabbisogno di finanziamento residuo nel 2022”, si legge nel testo approvato con 598 voti a favore, 53 contrari e 43 astenuti. Secondo la relazione, le motivazioni vanno ricercate nelle “crescenti tensioni geopolitiche”, che “stanno avendo effetti negativi sulla già precaria stabilità economica e finanziaria dell’Ucraina“. Più nello specifico, “le persistenti minacce per la sicurezza hanno determinato un sostanziale deflusso di capitali” e “l’impatto negativo sugli investimenti futuri riduce ulteriormente la resilienza del Paese agli shock economici e politici”, sottolineano gli eurodeputati.

    The EU strongly condemns the Russian State Duma’s decision to submit a call to President Putin to recognise the non-government controlled areas of Donetsk and Luhansk oblasts of Ukraine as independent entities. This recognition would be a clear violation of the Minsk agreements.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 15, 2022

    Si attendono segnali sul terreno di una smobilitazione di truppe e infrastrutture dalla frontiera occidentale. Ma intanto preoccupa il possibile riconoscimento di Mosca delle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk

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    La Polonia chiede un rafforzamento della NATO su tutto il fronte orientale per rispondere alle minacce russe

    Bruxelles – Ora la parola d’ordine è rafforzamento, di tutto il fronte orientale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO). La richiesta è arrivata oggi (lunedì 7 febbraio) dal presidente della Polonia, Andrzej Duda, e si sposa perfettamente con l’impostazione del segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, nella risposta da dare alla crescente presenza di forze militari russe sul confine con l’Ucraina. “Dovrebbe essere presa una scelta collettiva da parte dell’Alleanza per rafforzare tutto il fronte orientale“, ha sottolineato in conferenza stampa a Bruxelles il presidente polacco, al termine dell’incontro con Stoltenberg.
    A preoccupare non sono solo le “oltre 100 mila truppe lungo il confine con l’Ucraina, ma anche le circa 30 mila in Bielorussia, il più grande dispiegamento in quel Paese dai tempi della guerra fredda”, ha spiegato il segretario generale della NATO. “Questi schieramenti non sono giustificati, non sono trasparenti e sono molto vicini ai confini” dell’Alleanza. È in quest’ottica che si giustifica il rafforzamento della capacità di risposta degli alleati e la possibilità di dispiegare “nuovi gruppi tattici”sul fronte sud-orientale (Romania): “La NATO farà tutto il necessario per proteggere e difendere tutti gli alleati e l’invio di più truppe statunitensi in Polonia, Germania e Romania è una potente dimostrazione di impegno per uno schieramento difensivo e proporzionato”. Il presidente Duda si è detto preoccupato soprattutto per la presenza delle truppe russe in Bielorussia per esercitazioni: “Se non dovessero lasciare immediatamente il Paese, dovremo agire di conseguenza, perché si tratterebbe di un nuovo distretto militare ai suoi confini”.
    Sul piano del dialogo con Mosca, è stata ribadita la necessità di trovare “una soluzione politica a livello di Consiglio NATO-Russia”, ha ricordato Stoltenberg. Tuttavia, in linea con quanto definito nella lettera del 26 gennaio, “non scenderemo a compromessi sui principi fondamentali“, tra cui la difesa degli alleati e la possibilità per ogni Paese di scegliere le proprie alleanze per la sicurezza nazionale. A rendere necessaria questa precisazione è stata la dichiarazione congiunta di venerdì scorso (4 febbraio) di Russia e Cina, in cui entrambi i Paesi hanno chiesto alla NATO di smettere di ammettere nuovi membri nell’Alleanza: “Si tratta di un tentativo di negare alle nazioni sovrane il diritto di fare le proprie scelte e di ritornare a un’epoca di sfere d’influenza”, ha accusato con forza Stoltenberg.

    Met #Poland’s President @AndrzejDuda at a critical time for our security. We addressed #Russia’s build-up, and the Russia–#China statement, which calls on #NATO to bar new members. We must not return to spheres of influence where big powers tell others what they can & cannot do. pic.twitter.com/HN6TuU7Ua1
    — Jens Stoltenberg (@jensstoltenberg) February 7, 2022

    Il presidente Duda a Bruxelles
    Nel corso della sua visita a Bruxelles, il presidente polacco ha incontrato anche i presidenti della Commissione, Ursula von der Leyen, e del Consiglio UE, Charles Michel. Al centro delle discussioni la questione della sicurezza delle frontiere dell’Unione e del rafforzamento militare della Russia, compresa la necessità di un “coordinamento sulle sanzioni per rispondere a qualsiasi ulteriore escalation e anche sull’approvvigionamento energetico“, ha commentato von der Leyen.
    Punti ricordati da Michel, che si è anche soffermato sulla situazione al confine polacco – compreso il nuovo muro in costruzione lungo il confine con la Bielorussia – e la necessità di un “maggiore impegno sul rispetto dello Stato di diritto” nel Paese, in particolare sull’indipendenza della magistratura. Proprio il presidente Duda ha presentato la settimana scorsa un disegno di legge per abolire la sezione disciplinare della Corte Suprema, per tentare di risolvere lo scontro tra Varsavia e Bruxelles sul primato del diritto comunitario, scatenatosi nel luglio dello scorso anno.

    Good exchange with President @AndrzejDuda on the security situation and Russia’s military build-up.
    We are coordinating deeply our preparedness, including on energy supply, and on sanctions to respond to any further escalation. pic.twitter.com/OW8tohxKGa
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) February 7, 2022

    La richiesta del presidente della Polonia, Andrzej Duda, si sposa con la visione del segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, per rispondere alle minacce di Mosca: “Faremo tutto il necessario per difendere gli alleati”

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    L’Ucraina chiede ai partner occidentali di “finalizzare la lista di sanzioni contro la Russia in caso di invasione”

    Bruxelles – Mentre da Washington arriva la notizia che l’amministrazione di Joe Biden ha dato il via libera per l’invio di 3 mila soldati per il rafforzamento del fianco orientale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO), da Kiev è sempre più pressante la richiesta ai partner occidentali di “finalizzare la lista di sanzioni economiche contro la Russia in caso di invasione dell’Ucraina“. Lo ha riferito oggi (mercoledì 2 febbraio) durante un briefing con la stampa internazionale il ministro per gli Affari esteri ucraino, Dmytro Kuleba: “Mosca dovrà vedere cosa rischierà concretamente se violerà la nostra sovranità”.
    Il ministro per gli Affari esteri ucraino, Dmytro Kuleba
    Nel suo discorso, Kuleba ha sottolineato con forza che “quello che sta succedendo qui non riguarda solo l’Ucraina, ma tutta l’architettura della sicurezza dell’Europa“, e lo dimostra il fatto che negli anni si sono verificati attacchi e operazioni russe anche sul territorio comunitario e britannico (il riferimento è all’assassinio dell’ex-spia dei servizi segreti russi Aleksander Litvinenko a Londra nel 2006). Oltre alle sanzioni dell’Occidente contro la Russia, l’Ucraina chiede ai partner anche di “rimanere fermi e uniti sulla questione della possibilità di ingresso nella NATO” e di “aiutarci a rafforzare le capacità di difesa e informatiche”.
    Nonostante le operazioni militari di Stati Uniti e Regno Unito (che ha messo in campo un’alleanza militare con Polonia e Ucraina), il ministro ha predicato calma: “Non penso che le truppe russe mobilitate al confine siano sufficienti per un’invasione su larga scala, anche se il loro numero non è diminuito e le infrastrutture militari sono rimaste intatte”. Proprio per questo motivo, “non si può sottostimare la minaccia ed è più facile affrontarla se i partner ci danno il loro supporto”. In Ucraina le potenze della NATO dovranno tenere alta l’attenzione, soprattutto in caso di invasione russa: “Un fallimento lancerebbe in tutto il mondo il messaggio che l’Occidente non sa difendere i propri valori né se stesso“, ha avvertito Kuleba.
    A scanso di equivoci, “non vogliamo effettuare nessuna operazione offensiva, non l’abbiamo mai fatto e non lo vogliamo fare”, ha assicurato il ministro ucraino, che dà la priorità a diplomazia e deterrenza: “Da novembre stiamo dimostrando che l’invasione da parte della Russia può essere evitata, affrontando l’escalation miliatare con il dialogo”. Rimane comunque un fatto che “siamo pronti a ogni scenario e se saremo attaccati, ci difenderemo“. La posizione è la stessa di quella più volte espressa dai leader occidentali – “anche se il tono può cambiare” – ed è sempre ancorata ai tavoli della diplomazia internazionale.

    La richiesta è arrivata dal ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, durante il briefing con la stampa straniera: “Mosca dovrà vedere cosa rischierà concretamente se violerà la nostra sovranità”

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    L’UE spinge sugli aiuti all’Ucraina, e Draghi cerca di convincere Putin a sedersi al tavolo dei negoziati

    Bruxelles – Una chiamata da Roma a Mosca per allentare la tensione tra le potenze occidentali e la Russia. Mentre l’UE ha presentato formalmente il piano di aiuti da 1,2 miliardi di euro per l’Ucraina già annunciato la settimana scorsa dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, il primo ministro italiano, Mario Draghi, ha tenuto stamattina (martedì primo febbraio) un colloquio telefonico con il presidente russo, Vladimir Putin, per tentare di portare avanti la strada del dialogo (come fatto anche dal presidente francese, Emmanuel Macron).
    Una nota di palazzo Chigi rende noto che “al centro dei colloqui ci sono stati gli ultimi sviluppi della crisi ucraina e le relazioni bilaterali” tra Italia e Russia, con il premier Draghi che ha sottolineato “l’importanza di adoperarsi per una de-escalation delle tensioni“, anche considerate le “gravi conseguenze che avrebbe un inasprimento della crisi”. Insieme al presidente Putin “è stato concordato un impegno comune per una soluzione sostenibile e durevole della crisi“, ma si è anche sottolineata “l’esigenza di ricostruire un clima di fiducia”.
    Una conversazione telefonica avvenuta sullo sfondo della proposta da parte della Commissione UE per il nuovo programma di assistenza macrofinanziaria di emergenza per l’Ucraina, che dovrà essere soggetto ora al vaglio di Consiglio e Parlamento Europeo (ed eventualmente adottato). “Questo pacchetto aiuterà l’Ucraina ad affrontare il suo fabbisogno finanziario dovuto alle sfide economiche e politiche che il Paese sta vivendo”, ha commentato la presidente von der Leyen. Secondo l’esecutivo UE, “una rapida adozione di questa proposta permetterà di erogare immediatamente una prima tranche di 600 milioni di euro all’Ucraina“.
    Parallelamente alla proposta sul programma di emergenza, la Commissione UE ha deciso di aumentare “significativamente” l’assistenza bilaterale che fornirà nel 2022 all’Ucraina sotto forma di sovvenzioni. Dal 2014, le istituzioni finanziarie europee hanno stanziato oltre 17 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti a Kiev per sostenere la lotta alla corruzione, lo Stato di diritto e il rafforzamento delle strutture statali.

    As I announced last week, the @EU_Commission has proposed a €1.2 billion financial assistance package for Ukraine.
    I call on @Europarl_EN and EU countries to agree swiftly, so we can disburse a first tranche of €600 million as soon as possible.
    The EU stands with Ukraine. pic.twitter.com/TqBivrTM4V
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) February 1, 2022

    A proposito della questione del rafforzamento delle capacità di risposta di Kiev agli attacchi ibridi di Mosca, la commissione speciale sulle Ingerenze straniere nei processi democratici e la disinformazione (INGE) del Parlamento Europeo ha tenuto questo pomeriggio un’audizione sulla strategia della Russia nello spazio informatico. “I cyberattacchi russi hanno un effetto cognitivo, cioè vogliono dimostrare la debolezza nella capacità di riposta dei Paesi colpiti, per mettere in discussione la loro stessa esistenza“, ha spiegato agli eurodeputati Sanda Svetoka, esperta del Centro di eccellenza NATO per le comunicazioni strategiche.
    Come dimostrato dal caso dell’Ucraina di poche settimane fa – a cui l’UE ha fornito immediata assistenza – “nel caso delle azioni offensive a livello informatico c’è una zona grigia più ampia su quello che consideriamo guerra o no“. In questo caso, la “vittoria” sugli avversari avviene “danneggiando infrastrutture critiche, come i sistemi informatici, elettrici o di traffico, con un’interruzioni dei servizi”, ha precisato Svetoka.

    “E’ stato concordato un impegno comune per una soluzione sostenibile e durevole della crisi”, ma anche sottolineata “l’esigenza di ricostruire un clima di fiducia”

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    Lettera NATO alla Russia: “Ogni Paese ha il diritto di scegliere le proprie alleanze di sicurezza”. Ma ci si prepara al peggio

    Bruxelles – Si spera per il meglio, ma ci si prepara al peggio. È ormai diventato questo l’approccio dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO) nei confronti della Russia, per affrontare la crisi in atto in Ucraina da settimane. “Abbiamo consegnato questa sera una lettera all’ambasciatore russo in Belgio in risposta a tutte le preoccupazioni di Mosca, perché prendiamo molto seriamente lo sforzo di fare progressi attraverso la diplomazia”, ha spiegato il segretario generale, Jens Stoltenberg, nel corso di una conferenza stampa a sorpresa questa sera (26 gennaio).
    Al centro della lettera c’è la questione della possibile adesione dell’Ucraina (ma anche della Georgia e della Moldavia) alla NATO. Mosca chiedeva garanzie legali per la fine dall’allargamento dell’Alleanza a nuovi membri, ma su questo punto è un muro contro muro: “Non tradiremo i nostri principi, è diritto di ogni Paese europeo quello di scegliere le proprie alleanze per la sicurezza nazionale“. Una riconferma di quanto già emerso al Consiglio NATO-Russia di due settimane fa e nessuna delle due parti sembra voler fare un passo in avanti.
    Ecco perché la NATO sta iniziando a prepararsi a scenari di ulteriore escalation militare sul confine tra Ucraina e Russia. “Non c’è trasparenza nel movimento delle truppe di Mosca e questo accresce la preoccupazione e la tensione”, ha spiegato Stoltenberg, facendo il punto della situazione sul fianco orientale dell’Alleanza: “Ci sono oltre 100 mila truppe già schierate lungo il confine ucraino e sta aumentando la presenza di forze di terra e di aria anche in Bielorussia”. Per gli alleati occidentali “prepararsi al peggio” significa anche “aumentare le capacità delle nostre forze, con il rafforzamento della presenza nei Paesi baltici e in Polonia e la possibilità di attivare gruppi operativi di supporto con brevissimo preavviso”.
    La parola che non viene mai pronunciata – guerra – rimane ancora lo scenario più remoto nell’approccio della NATO alla crisi con la Russia (“attivare questo tipo di piani è una decisione che sarà presa solo se inevitabile”). La via da seguire è quella del dialogo: “Invitiamo Mosca ad accettare l’invito a riunirsi quanto prima in una nuova sessione del Consiglio NATO-Russia“, ha ribadito con forza Stoltenberg, ricordando che i punti sul tavolo rimangono “la trasparenza sulle attività militari e le armi nucleari, il controllo delle armi ed evitare incidenti in aria o in mare”.

    Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha consegnato la risposta scritta all’ambasciatore russo in Belgio sulla questione del possibile ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza: “Non tradiamo i nostri principi sulla sicurezza europea”

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    Si rafforza l’asse Commissione-Parlamento UE sulla Bussola strategica per la difesa. Borrell: “Gli Stati membri si schierino”

    Bruxelles – Sono i mesi decisivi per la definizione della strategia per la sicurezza europea nel prossimo decennio e sulla proposta della Bussola strategica per la difesa si stringe l’intesa tra Commissione e Parlamento UE. “L’asse che abbiamo creato spinge in alto le nostre ambizioni, anche se questa è una competenza degli Stati membri e saranno loro a dover decidere in seno al Consiglio“, ha fatto il punto della situazione l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in audizione oggi (martedì 25 gennaio) alla commissione Affari esteri (AFET) del Parlamento UE.
    A confermare l’unità d’intenti su un “libro bianco per la difesa europea” è stata la relatrice per l’Eurocamera sull’attuazione della politica di sicurezza comune, Nathalie Loiseau (Renew Europe). “C’è bisogno di una strategia che mandi al mondo il segnale di un’Europa che riesce a rispondere e resistere alle minacce crescenti che cercano di indebolirla”, ha introdotto il lavori la presidente della sottocommissione sulla Sicurezza e la difesa (SEDE), riferendosi sia al testo presentato dalla Commissione lo scorso 16 novembre, ma anche alla relazione 2021 del Parlamento UE che sarà votata durante la prossima sessione plenaria (14-17 febbraio). “Gli europei si continuano a chiedere dov’è l’Unione Europea di fronte alle minacce alle frontiere e agli attacchi ibridi”, ha aggiunto Loiseau.
    L’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (25 gennaio 2022)
    Prendendo parola, l’alto rappresentante Borrell ha aggiornato gli eurodeputati sulle recenti discussioni tra i ministri UE degli Affari esteri e della difesa in merito alla Bussola Strategica di difesa nel vertice informale a Brest (Francia). “Tutto è nelle mani degli Stati membri, devono decidere se vogliono prendersi la responsabilità di annacquare il testo“, ha spiegato l’alto rappresentante UE. Tuttavia, “la discussione a Brest ha dimostrato che per il momento sono a favore e che la proposta non dovrebbe essere modificata né nei contenuti né nelle tempistiche”. La tabella di marcia prevede l’approvazione “al più tardi al Consiglio Europeo del 24-25 marzo”.
    In questi due mesi “dobbiamo mettere a punto i dettagli, ma l’obiettivo è quello di essere in grado di dispiegare forze modulari fino a 5.000 truppe su terra, aria e acqua”, ha spiegato Borrell parlando delle unità di dispiegamento rapido, previste nella proposta al vaglio dei governi nazionali. Dettagli che riguardano “scenari, costi, pianificazione, strategie di comando e procedura decisionale a Bruxelles”, oltre agli investimenti e al rafforzamento delle capacità militari: “Senza una base industriale forte è impossibile arrivare all’autonomia strategica“.
    Considerato il fatto che “i nuovi campi di battaglia saranno lo spazio e l’ambiente digitale, non le trincee“, la Bussola strategica per la difesa si concentrerà sullo “strumentario da fornire a esperti di politica di sicurezza per rispondere agli attacchi ibridi”. Nonostante Borrell abbia più volte ripetuto agli eurodeputati che “non mi spingerei a dire che l’UE è sotto minaccia“, le sfide da affrontare sono ben evidenti sui confini orientali dell’Unione, in particolare in Ucraina, “ma anche nei Balcani, nel Sahel e nel Pacifico”. Tutti scenari geopolitici in cui l’Unione collabora in maniera stretta e coordinata con i partner della NATO e “il dispiegamento futuro di forze europee serve proprio per rafforzare l’Alleanza, non per indebolirla”, ha ribadito con fermezza l’alto rappresentante UE.

    Invito ai governi nazionali ad approvare la proposta per la sicurezza europea nel prossimo decennio “entro il Consiglio UE di marzo”. Centrali le unità a dispiegamento rapido, la base industriale e il rafforzamento del coordinamento NATO

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    Italia e UE si coordinano con i partner occidentali per rispondere alle minacce della Russia in Ucraina

    Bruxelles – Al tavolo virtuale delle potenze occidentali sul coordinamento contro le minacce della Russia al confine orientale dell’Ucraina ieri sera (lunedì 24 gennaio) c’erano tutti: il premier Mario Draghi, i leader delle istituzioni UE Charles Michel e Ursula von der Leyen (rispettivamente del Consiglio e della Commissione), il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, l’omonimo francese, Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, il primo ministro britannico, Boris Johnson, il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, e il presidente polacco, Andrzej Duda.
    In termini di contenuti non sono emerse particolari novità rispetto a quanto già ribadito anche al Consiglio Affari esteri dell’UE di ieri (alla presenza virtuale del segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, e del segretario generale della NATO Stoltenberg). Ma la vera notizia è che il fronte occidentale è compatto a sostegno dell’Ucraina e i nove leader lo hanno confermato a loro stessi in primis e alla Russia di Vladimir Putin implicitamente. Fonti interne al Consiglio fanno sapere che l’incontro tra i capi di Stato e di governo e il segretario generale della NATO ha avuto come tema centrale l’unità sulla risposta dell’Occidente in caso di aggressione militare della Russia contro l’Ucraina sul fianco orientale.
    Questo non significa che non ci sia ancora spazio per l’azione diplomatica. Ecco perché è stata ribadita “l’urgente necessità” di continuare il dialogo con la Russia per allentare le tensioni militari lungo il confine con l’Ucraina e la retorica aggressiva di Mosca. Al centro di tutto il discorso ci sono i principi fondamentali della sicurezza europea, che “non possono essere rinegoziati”, e il diritto degli Stati dell’Europa di decidere i propri accordi internazionali che garantiscono la sicurezza nazionale.
    Prima di un’eventuale escalation militare le potenze occidentali proveranno a mettere sul campo anche “sforzi congiunti” per scoraggiare ulteriori aggressioni militari di Mosca: sul tavolo un coordinamento tra i partner per imporre sanzioni economiche contro la Russia. Rimane incondizionato il sostegno a Kiev, sia in termini diplomatici sia in termini economici, seguendo l’esempio del nuovo pacchetto di assistenza macrofinanziaria di emergenza da 1,2 miliardi di euro stanziato ieri dall’Unione Europea. “Rimarremo fermi e uniti”, ha sottolineato su Twitter il presidente del Consiglio UE Michel, commentando la “piena unità transatlantica” confermata ieri sera dai nove leader.

    Tonight’s call with @POTUS @jensstoltenberg @vonderleyen @EmmanuelMacron @OlafScholz @prezydentpl @Palazzo_Chigi and @BorisJohnson to coordinate our response in case of further military agression against Ukraine.
    We will remain firm and united. pic.twitter.com/ZflP3AxCi8
    — Charles Michel (@eucopresident) January 24, 2022

    Anche da Palazzo Chigi emerge completo allineamento alla strategia coordinata dai partner nel rapporto con Mosca. Esaminando l’andamento della crisi e i contatti diplomatici delle ultime due settimane, per l’Italia rimane centrale lo “stretto coordinamento tra gli alleati e l’esigenza di una risposta comune”, sia come sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina, sia per tenere aperto un canale di dialogo con la Russia.
    Vincenzo Amendola“Dobbiamo respingere con molta fermezza” ogni ipotesi di “possibili invasioni o di operazioni militari, soprattutto perché siamo un continente che crede nel negoziato, nel dialogo politico”, ha ribadito il sottosegretario agli Affari Europei, Vincenzo Amendola, ai microfoni di SkyTg24 a margine dei lavori del Consiglio Affari Generali a Bruxelles da cui emerge “una risposta molto compatta di tutti i 27” Stati membri.
    Risposta compatta a livello europeo che per Amendola riflette l’unità tra gli alleati occidentali nell’incontro virtuale di ieri. “Siamo uniti nell’evitare un’escalation militare, non vogliamo che sul territorio ucraino si creino delle condizioni che innanzitutto per i cittadini di quel paese sarebbero disastrose”. La politica – aggiunge – “ha dei mezzi e che sono assolutamente superiori a quelli dello strumento militare: la nostra posizione non è solo di alleanza, ma vogliamo evitare un’escalation militare”.
    Nel caso in cui la situazione dovesse degenerare e arrivare al conflitto militare da parte di Mosca “tutte le opzioni sono sul tavolo”, anche eventuali sanzioni energetiche, ha chiarito il sottosegretario rispondendo a una domanda. Precisa che “abbiamo sempre detto che le risposte saranno adeguate alle operazioni” anche se “al momento abbiamo sempre tenuto fermo il dialogo negoziale”. Un’eventuale escalation di tensione “potrebbe essere un rischio per l’Ucraina, ma anche per il contesto di pace e sicurezza nel nostro continente”, ha aggiunto, sottolineando in chiusura che la crisi attuale “non è creata da qualche vertice in Europa o della NATO, ma è creata da una posizione, quella russa, con cui abbiamo sempre tenuto aperto il dialogo proprio per evitare in quel quadrante dell’Europa dell’est dei pericoli che” potrebbero riversarsi sull’intero continente.

    Confermata l’unità delle potenze occidentali in caso di aggressione militare di Mosca al confine orientale ucraino. Ma rimangono centrali gli sforzi diplomatici per una de-escalation della tensione e sanzioni deterrenti coordinate