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    INTERVISTA / Pisapia: “La stabilità in Libia è interesse anche dell’Ue, dal clima all’energia, fino ai fenomeni migratori”

    dall’inviato a Strasburgo – Cambiare l’approccio con la Libia per imprimere una svolta in un Paese travolto da un’instabilità ormai cronica, i cui riflessi si avvertono anche nell’Unione Europea, dalla questione migratoria a quella energetica e climatica. In un’intervista rilasciata a Eunews a ridosso del voto in sessione plenaria sulla raccomandazione del Parlamento Europeo (approvata con 454 voti a favore, 130 contrari e 54 astenuti) il relatore Giuliano Pisapia (S&D) traccia le linee di un auspicato rinnovo dell’impegno da parte dell’Ue e dei Ventisette a sostegno dello Stato di diritto e dei diritti nel Paese nordafricano, per sorvegliare un altrettanto atteso processo di formazione di un governo centrale legittimo e responsabile.
    Quale quadro esce dalla Libia degli ultimi 3 anni?
    “Il vuoto lasciato dalla caduta di Gheddafi è stato negli anni riempito da milizie locali e straniere che, supportate da alcuni attori internazionali, si macchiano di violenti crimini. Le interferenze straniere sono oggi uno dei maggiori problemi della Libia perché impediscono un vero processo di riconciliazione nazionale che garantisca alla Libia un futuro pacifico e democratico”.
    Come uscire allora dall’impasse?
    “Il tema dei diritti è ovviamente al centro della discussione sulla Libia. Le violazioni dei diritti umani sono sistemiche e l’impunità regna sovrana. Per questo motivo serve assolutamente un’autorità centrale che si assuma la responsabilità di garantire i diritti – e i doveri – di tutti. Il futuro governo dovrà trarre legittimità dallo stesso popolo libico. Per questo è fondamentale rinvigorire i negoziati tra i vari attori libici mediati dall’Onu con l’obiettivo di elaborare una nuova tabella di marcia che porti finalmente ad elezioni credibili, inclusive e democratiche”.
    Quali sono state le carenze europee sul file libico?
    “Purtroppo negli anni gli Stati membri non sono stati in grado di trovare una posizione comune sul futuro della Libia o, ancor peggio, non l’hanno considerata prioritaria. Eppure la Libia condivide con noi tantissime sfide. Basti pensare alla questione climatica, la crisi energetica e la gestione dei fenomeni migratori. La stabilità della Libia è interesse non solo del popolo libico ma anche dell’Unione europea e dei singoli Paesi Ue”.
    Cosa raccomanda il Parlamento al Consiglio, alla Commissione e all’alto rappresentante Ue?
    “Prima di tutto chiediamo la nomina di un Rappresentante speciale dell’Ue per la Libia che ci permetta di svolgere un ruolo di supporto più attivo al processo di riconciliazione nazionale. Dobbiamo inoltre inviare una missione di osservazione elettorale dell’Ue che monitori il processo elettorale e offra il supporto tecnico necessario. Abbiamo infine la possibilità di utilizzare i nostri fondi Ue per finanziare progetti volti, per esempio, a rafforzare lo Stato di diritto, sostenere la società civile, rafforzare l’inclusione sociale e l’uguaglianza di genere”.
    Sul fronte energetico, può il petrolio diventare mezzo di ricatto politico?
    “Lo è già stato. Troppe volte diversi attori libici – governativi e non – hanno chiuso gli impianti e bloccato la produzione di petrolio per finalità politiche. Questi blocchi hanno avuto ripercussioni non solo sull’economia locale – che, ricordo, è fortemente dipendente dal settore petrolifero – ma anche su scala mondiale”.
    L’Ue cosa può fare a riguardo?
    “Sul tema energetico l’Ue può certamente dare un grande contributo alla Libia. Da una parte dobbiamo fare pressioni sulle autorità libiche affinché garantiscano che i proventi del petrolio portino benefici all’intera popolazione libica. Dall’altra, non si può dimenticare che i cambiamenti climatici affliggono pesantemente la Libia e perciò è indispensabile incentivare il Paese ad intraprendere un percorso di transizione ecologica in linea con gli impegni di Parigi”.
    Alla luce del voto in plenaria, come valuta il piano presentato dalla Commissaria Johansson lunedì 21 novembre sul rafforzamento delle azioni congiunte sulla politica comune di migrazione e asilo?
     “Vi sono alcuni aspetti positivi che la Raccomandazione sulla Libia già conteneva. Penso al supporto delle Ong che operano in Libia, all’aumento della solidarietà tra Stati membri sul tema dei ricollocamenti o al rafforzamento del cosiddetto Meccanismo di Transito d’emergenza gestito da Unhcr che ha permesso di evacuare numerose persone vulnerabili dalla Libia”.
    E vede criticità?
    “Come al solito ci si chiede quanto effettivamente questi aspetti positivi verranno realmente attuati e quanto invece il focus si sposterà sul prevenire l’arrivo dei migranti in Europa. Dobbiamo fare molta attenzione: oltre agli obblighi internazionali che siamo tenuti a rispettare, è in ballo la nostra credibilità. Per troppo tempo la Libia nell’immaginario delle nostre cittadine e dei nostri cittadini ha rappresentato, non a torto, il luogo per eccellenza delle violazioni dei diritti umani. Dobbiamo ribaltare questo immagine e per far questo serve un impegno europeo maggiore sullo Stato di diritto e sui diritti in Libia. La panacea di tutti i mali in Libia è la lotta all’impunità. Ripartiamo da qui. Ce lo chiede il popolo libico”.

    Di questo e di tanti altri temi di attualità nelle politiche europee si discuterà nel nono appuntamento annuale di Eunews How Can We Govern Europe?, in programma a Roma il 29 e 30 novembre negli spazi delle rappresentanze di Commissione e Parlamento europei, in piazza Venezia.

    Il relatore della raccomandazione del Parlamento Ue (approvata in sessione plenaria) traccia le direttrici di un rinnovato impegno europeo sullo Stato di diritto e sui diritti nel Paese: “Per troppo tempo ha rappresentato il luogo delle violazioni dei diritti umani, la panacea di tutti i mali è la lotta all’impunità”

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    I Ventisette hanno autorizzato la Commissione ad avviare i negoziati per dispiegare Frontex nei Balcani Occidentali

    Bruxelles – Il dispiegamento degli agenti Frontex su tutte le frontiere dei Balcani Occidentali si avvicina sempre di più. Dopo la raccomandazione della Commissione Europea dello scorso 26 ottobre, il Consiglio dell’Ue ha deciso oggi (venerdì 18 novembre) di autorizzare i negoziati con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia per ampliare gli accordi sulla cooperazione dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera.
    Gli accordi negoziati nell’ambito del nuovo mandato di Frontex consentiranno all’agenzia di assistere i quattro Paesi balcanici nella gestione delle persone migranti in arrivo, nel contrastare l’immigrazione irregolare e nell’affrontare la criminalità trans-frontaliera. I nuovi accordi consentiranno al personale Frontex di esercitare poteri esecutivi, come i controlli di frontiera e la registrazione delle persone.
    In altre parole, se il nuovo quadro giuridico sarà negoziato secondo i termini di Bruxelles, i corpi permanenti dell’Agenzia Ue potranno essere dispiegati in tutta regione: non più solo alle frontiere esterne dell’Ue ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi. In questo scenario, Frontex potrà operare con pieni poteri esecutivi anche alle frontiere tra Macedonia del Nord-Albania, Macedonia del Nord-Serbia, Albania-Montenegro, Montenegro-Serbia, Montenegro-Bosnia ed Erzegovina e Serbia-Bosnia ed Erzegovina. Rimane anche sul fronte della gestione congiunta delle frontiere il buco nero del Kosovo, dal momento in cui non c’è ancora l’unanimità tra i Ventisette sul riconoscimento della sua sovranità (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia si oppongono).
    A oggi, il dispiegamento degli agenti può avvenire solo alle frontiere degli Stati membri dell’Unione (e senza poteri esecutivi). “Le sfide migratorie nella rotta dei Balcani Occidentali non iniziano alle frontiere dell’Unione”, ha commentato il ministro dell’Interno della Repubblica Ceca e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Vít Rakušan: “La cooperazione con i nostri partner, anche attraverso l’invio di personale Frontex, è essenziale per individuare e bloccare tempestivamente i movimenti migratori irregolari“. Secondo il ministro ceco, questo accordo “migliorerà la protezione delle frontiere esterne dell’Unione”, contribuendo allo stesso tempo “agli sforzi dei Paesi dei Balcani Occidentali per impedire ai contrabbandieri di utilizzare i loro territori come tappe di transito“.
    Lo stato dell’arte degli accordi Frontex con i Balcani Occidentali
    Gli accordi sullo status di Frontex nell’ambito del precedente mandato dell’Agenzia europea sono stati conclusi con l’Albania nell’ottobre 2018, con il Montenegro nell’ottobre 2019 e con la Serbia un mese più tardi, mentre dal 2017 è in stallo quello con la Bosnia ed Erzegovina, mai firmato dal momento dell’entrata in vigore del regolamento rivisto. È per questo motivo che per la Commissione era considerato cruciale il via libera alle raccomandazioni dal Consiglio dell’Ue, per autorizzare lo stesso esecutivo ad avviare i negoziati con Tirana, Podgorica, Belgrado e Sarajevo.
    Nel corso del tappa a Skopje dello scorso 26 ottobre (nel contesto del suo viaggio nei Balcani Occidentali), la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha messo il cappello sulla firma del secondo accordo con la Macedonia del Nord, che permetterà a Frontex di dispiegare squadre di gestione delle frontiere, sia alle frontiere con l’Unione (Grecia e Bulgaria) sia con gli altri Paesi balcanici extra-Ue (Serbia, Kosovo e Albania). Si tratta del primo documento ufficiale firmato dal momento dell’avvio dei negoziati di adesione all’Ue della Macedonia del Nord, in cui ha rivestito un ruolo significativo la traduzione anche in lingua macedone, “senza note, senza asterischi, su un piano di parità con tutte le 24 lingue dell’Unione Europea”, ha sottolineato von der Leyen.
    A questo si aggiunge un nuovo pacchetto di assistenza da 39,2 milioni di euro nell’ambito dello strumento di assistenza pre-adesione (IPA III) per rafforzare la gestione delle frontiere nei Balcani Occidentali. I finanziamenti di Bruxelles – arrivati a 171,7 milioni di euro – serviranno principalmente per l’acquisto di attrezzature specializzate, come sistemi di sorveglianza mobile, droni, dispositivi biometrici, formazione e sostegno ai Centri nazionali di coordinamento e creazione di strutture per “accoglienza e detenzione”, specifica l’esecutivo Ue.

    Con il via libera del Consiglio dell’Ue, l’esecutivo comunitario potrà negoziare con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia l’operatività dei corpi permanenti non più solo alle frontiere esterne dell’Unione ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi, garantendo poteri esecutivi

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    L’Ue è pronta a dispiegare gli agenti Frontex anche lungo le frontiere interne dei Balcani Occidentali

    Bruxelles – Dopo i visti, Frontex. Non bastava l’aver alzato la voce sull’allineamento dei Paesi balcanici alla politica dei visti dell’Ue per tentare di frenare l’arrivo di persone migranti dirette verso l’Unione. Alla vigilia dell’inizio del viaggio della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nelle sei capitali dei Balcani Occidentali, l’esecutivo comunitario ha adottato una raccomandazione al Consiglio per autorizzare l’avvio dei negoziati per il potenziamento degli accordi sullo status dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia,
    In altre parole, con la nuova proposta di quadro giuridico, sarà possibile dispiegare i corpi permanenti di Frontex nella regione, non più solo alle frontiere esterne dell’Ue ma anche alle frontiere interne tra Paesi terzi, garantendo loro poteri esecutivi. A oggi, il dispiegamento degli agenti può avvenire solo alle frontiere degli Stati membri dell’Unione (e senza poteri esecutivi). “I nuovi accordi sullo status sosterranno e rafforzeranno meglio la cooperazione sulla gestione delle frontiere nei Balcani Occidentali”, si legge nel comunicato dell’esecutivo comunitario. La presenza potenziata di Frontex “rafforzerà la capacità dei partner nella gestione della migrazione, nella lotta al contrabbando e nel garantire la sicurezza” lungo le frontiere.
    Gli accordi sullo status di Frontex nell’ambito del precedente mandato dell’Agenzia europea sono stati conclusi con l’Albania nell’ottobre 2018, con il Montenegro nell’ottobre 2019 e con la Serbia un mese più tardi, mentre dal 2017 è in stallo quello con la Bosnia ed Erzegovina, mai firmato dal momento dell’entrata in vigore del regolamento Frontex rivisto. Le raccomandazioni della Commissione dovranno essere adottate dal Consiglio dell’Ue, per autorizzare lo stesso esecutivo ad avviare i negoziati con Tirana, Podgorica, Belgrado e Sarajevo. Questa sera (26 ottobre) invece sarà firmato dalla presidente von der Leyen a Skopje un secondo accordo con la Macedonia del Nord, che permetterà all’Agenzia Ue di dispiegare squadre di gestione delle frontiere, in particolare lungo il confine meridionale con la Grecia.
    “Siamo impegnati a sostenere i nostri partner nei Balcani occidentali e a rafforzare la nostra cooperazione sulla gestione della migrazione in loco“, ha commentato la proposta sul rafforzamento di Frontex nella regione la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, puntualizzando la necessità che “le loro frontiere continuino a essere rispettate e protette in linea con le migliori pratiche europee”. Il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, ha invece insistito sull’importanza del nuovo pacchetto di assistenza fa 39,2 milioni di euro nell’ambito dello strumento di assistenza pre-adesione (IPA III) per rafforzare la gestione delle frontiere nei Balcani Occidentali: “Intendiamo aumentare i nostri finanziamenti del 60 per cento in totale, fino a raggiungere almeno 350 milioni di euro“.
    Oltre al sostegno di Frontex, i finanziamenti di Bruxelles – arrivati oggi a 171,7 milioni di euro – dovrebbero “sostenere lo sviluppo di sistemi efficaci di gestione della migrazione, tra cui l’asilo e l’accoglienza, la sicurezza delle frontiere e i rimpatri”, ha precisato Várhelyi. In verità serviranno principalmente per l’acquisto di attrezzature specializzate, come sistemi di sorveglianza mobile, droni, dispositivi biometrici, formazione e sostegno ai Centri nazionali di coordinamento e creazione di strutture per “accoglienza e detenzione”, è quanto comunica l’esecutivo Ue.

    La Commissione ha raccomandato al Consiglio autorizzare l’avvio dei negoziati per potenziare gli accordi sullo status dell’Agenzia con Albania, Serbia, Montenegro e Bosnia ed Erzegovina. A oggi i corpi permanenti possono operare (senza poteri esecutivi) solo lungo i confini dei Paesi Ue