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    Il mediatore europeo attacca la Commissione: niente documentazione su atti preparatori a incontro von der Leyen, Meloni e Rutte con presidente Tunisia

    Bruxelles – Non c’è un pezzo di carta che dimostri che l’incontro sia stato adeguatamente preparato, che ci sia stato un confronto “almeno” tra la Commissione, l’Italia e i Paesi Bassi. Insomma, una cosa che sembra essere stata fatta “d’iniziativa”, senza verificare condizioni e conseguenze.Si tratta dell’oramai famoso incontro con il presidente tunisino Kais Saied dell’11 giugno 2023 tenuto a Tunisi dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ed i primi ministri di Italia e Paesi Bassi, Giorgia Meloni e Mark Rutte (ora Segretario generale della Nato), poco prima che Ue e la Tunisia firmassero (il 17 di quel mese) un memorandum d’Intesa su molti temi, tra i quali in primo luogo migrazione, sviluppo economico, commercio ed energia verde.Per l’Ombudsman europeo si tratta di un caso di “cattiva amministrazione” da parte della Commissione che non è stata in grado di esibire documenti relativi a scambi di informative con gli Stati membri, e neanche su scambi interni avvenuti all’Esecutivo Ue per preparare l’incontro.Sulle prime, alle richieste del Mediatore la Commissione non era stato in grado di produrre alcun documento, ma successivamente ne ha trovati solo 13, tra cui alcune note interne. Un penuria di elementi che ha meravigliato il Mediatore perché un incontro a questi alti livelli avrebbe necessariamente richiesto scambi preliminari tra diversi dipartimenti della Commissione e con gli Stati membri. Come minimo, avrebbero dovuto essere presenti scambi con Italia e Paesi Bassi. Però nessuno dei 13 documenti identificati dalla Commissione riguarda questi tipi di scambi precedenti all’incontro di giugno. Inoltre, la Commissione “non ha fornito spiegazioni ragionevoli per l’assenza di tali documenti aggiuntivi”.Il mediatore ha anche lamentato che la Commissione ha impiegato quasi 12 mesi per riesaminare la sua decisione iniziale, nonostante il regolamento dell’Ue sull’accesso ai documenti preveda un massimo di 30 giorni lavorativi per queste revisioni.

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    L’Ue firma un nuovo partenariato sulla migrazione con la Mauritania. E impegna 210 milioni di euro

    Bruxelles – Un altro partenariato strategico sulla migrazione. Questa volta l’Ue mobiliterà 210 milioni di euro per la Mauritania, paese del Sahel occidentale da cui passa la rotta che porta decine di migliaia di persone migranti sub-sahariane a tentare la traversata per raggiungere le Isole Canarie, e quindi la Spagna. La commissaria Ue per gli Affari interni, Ylva Johansson, l’ha lanciato da Nouakchott, insieme al ministro dell’Interno e della Mauritania, Mohamed Ahmed Ould Mohamed Lemine.Il terreno era stato già seminato dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che nella capitale della Mauritania era stata solo un mese fa, accompagnata dal primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. Così come il ben più ampio partenariato globale con la Tunisia, anche questo si baserà su cinque pilastri. E prevede una cooperazione “basata sulla solidarietà, sulla responsabilità condivisa e sul rispetto dei diritti umani e fondamentali“.

    La commissaria Ue per gli Affari Interni, Ylva JohanssonDa un lato il sostegno alle iniziative del Global Gateway: investimenti, infrastrutture e creazione di posti di lavoro, soprattutto nel settore dell’energia. Dall’altro la gestione della migrazione, con l’imperativo della lotta a quella irregolare e al traffico di migranti. E con la promozione di una mobilità qualificata di studenti, ricercatori e imprenditori. “Anche l’Europa ha bisogno della migrazione – ha dichiarato Johansson in conferenza stampa da Nouakchott -, ma di una migrazione regolare”.Nell’idea che per arginare le partenze dall’Africa occorra migliorare l’accesso al lavoro e al credito nei Paesi d’origine e di transito, l’Ue mobiliterà risorse per “rafforzare l’accesso alla formazione professionale e ai finanziamenti per le imprese”, oltre che per “migliorare le capacità e le competenze dei giovani mauritani, in particolare delle donne”. In parallelo, Bruxelles si impegna a sostenere le capacità di accoglienza nazionali e gli sforzi della Mauritania per affrontare l’arrivo di rifugiati nel proprio Paese.Il fulcro dell’accordo è però la cooperazione per prevenire la migrazione irregolare, alla luce degli oltre 40 mila arrivi registrati nel 2023 nell’arcipelago delle Canarie, in aumento del 161 per cento rispetto al 2022. L’obiettivo è combattere il traffico di migranti e la tratta di esseri umani, trovando al contempo strumenti per proteggere le vittime. Ciò dovrebbe avvenire attraverso indagini congiunte, un rafforzamento della sicurezza e una maggiore cooperazione operativa. La commissaria Ue, che nel 2020 aveva visitato Nouadhibou, uno dei punti di partenza per le Canarie, ha sottolineato che quel tratto di 800 chilometri di mare “è quello che registra il maggior numero di vittime e di tragedie”.E in mare, la Mauritania dovrà rafforzare la gestione delle frontiere: Frontex fornirà formazione e attrezzature alle autorità nazionali, con l’obiettivo di aumentare la cooperazione nelle operazioni di ricerca e salvataggio e di rendere più capillare il controllo delle coste. Un compito, quello di smantellare il modello di business dei trafficanti, su cui “la Mauritania ha già fatto un ottimo lavoro”, ha sottolineato Johansson. Ma non solo, lo stesso discorso vale per l’accoglienza dei rifugiati provenienti dai conflitti vicini, come dimostra il “lavoro eccellente con i 150 mila profughi dal Mali”.

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    La cooperazione post-Brexit tra Bruxelles e Londra riparte anche dall’intesa Frontex-Regno Unito

    Bruxelles – Settore dopo settore, la cooperazione tra Unione Europea e Regno Unito riprende dopo la Brexit. Con l’accordo tra Frontex e le autorità britanniche, è arrivato anche il turno della gestione delle frontiere, in particolare per contrastare gli attraversamenti del canale della Manica da parte di piccole imbarcazioni che trasportano persone migranti. “Gli accordi di lavoro sono uno strumento estremamente utile per la cooperazione tra Frontex e le autorità dei Paesi partner in aree di interesse fondamentale legate alla lotta alla migrazione irregolare e ai crimini transfrontalieri”, ha commentato la commissaria per gli Affari interni e la migrazione, Ylva Johansson.

    Da sinistra: il direttore esecutivo di Frontex, Hans Leijtens, e la commissaria per gli Affari interni e la migrazione, Ylva JohanssonLa cerimonia formale di firma dell’accordo è in programma nel primo pomeriggio di oggi (23 febbraio) alla presenza del direttore esecutivo di Frontex, Hans Leijtens, e della stessa commissaria Johansson, ma i servizi del Berlaymont hanno già indicato alcuni elementi dell’intesa basata sul dialogo portato avanti negli ultimi mesi dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e dal primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak. Si tratta del pilastro per un “quadro a lungo termine per una stretta cooperazione” nell’ambito della gestione delle frontiere e del contrasto a migrazione irregolare e criminalità transfrontaliera, “nel pieno rispetto degli obblighi internazionali dell’Ue e del Regno Unito in materia di diritti umani”. Sul breve termine questo lavoro congiunto potrebbe includere “lo sviluppo della consapevolezza situazionale delle rotte migratorie e la lotta alla frode documentale”.Nei prossimi mesi “e oltre” si intensificheranno le discussioni tra le due parti per “concordare piani operativi e di cooperazione dettagliati che prevedano un’ampia gamma di attività congiunte”, soprattutto sul fronte dell’analisi dei rischi, dello scambio di informazioni, della formazione, della condivisione delle competenze nel settore del rimpatrio e della gestione delle frontiere e della cooperazione tecnica e operativa. Da evidenziare in particolare la “possibilità” di dispiegare personale e funzionari di collegamento “da entrambe le parti” della Manica “per scopi di osservazione, coordinamento o consulenza”, con l’obiettivo di “rafforzare ulteriormente l’efficacia di questa cooperazione tra l’Ue e il Regno Unito”.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Regno Unito, Rishi SunakNessun riferimento invece alle perplessità più volte espresse da Bruxelles sulla politica migratoria di Londra. Solo un anno fa la stessa commissaria Johansson definiva “una possibile violazione degli accordi internazionali e della Convenzione di Ginevra” il progetto di legge che prevede che chiunque entri in modo irregolare nel Regno Unito sia posto in stato di fermo e poi espulso, o nel Paese di origine o in uno terzo “sicuro”, come il Rwanda. L’accordo tra Londra e Kigali dell’aprile 2022 è stato però bocciato dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo (Cedu), la cui sentenza del 14 giugno dello stesso anno ha bloccato la partenza di un volo in partenza verso la capitale ruandese con sette persone richiedenti asilo a bordo.

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    Von der Leyen lancia l’Alleanza globale contro il traffico di persone migranti: “Prevenzione, risposta e alternative legali”

    Bruxelles – L’annuncio era arrivato a metà settembre, durante l’ultimo discorso sullo Stato dell’Unione, e dopo due mesi l’Alleanza globale per contrastare il traffico di persone migranti si è riunita per la prima volta a Bruxelles per tentare di definire il campo d’azione e i partenariati internazionali necessari per “combattere questa attività criminale e fermare questa intollerabile sofferenza umana”. Ad aprire oggi (28 novembre) la prima conferenza internazionale della nuova Alleanza è stata la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, con un intervento che non solo ha tracciato le tre direttrici dell’azione globale contro il traffico di persone migranti, ma che ha anche anticipato il lavoro in corso per l’aggiornamento della legislazione comunitaria in materia.La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (28 novembre 2023)“Sappiamo quanto è difficile, ma dove siamo riusciti a unire le forze con i Paesi vicini e lontani e con le organizzazioni internazionali, i progressi stanno già accadendo”, ha esordito la numero uno della Commissione, facendo subito un riferimento all’Italia (rappresentata alla conferenza di oggi dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi). “A settembre ero a Lampedusa, una delle porte tra Europa e Africa”, quando – insieme con la premier Giorgia Meloni – è stato lanciato un piano d’azione in 10 punti (che ha però nascosto alcuni punti controversi tra Roma e Bruxelles): “Da allora abbiamo migliorato la situazione con un duro lavoro insieme all’Italia, le agenzie Onu e la Tunisia”. Tuttavia von der Leyen ha voluto ricordare che “la gestione della crisi è importante, ma non è abbastanza, dobbiamo costruire una risposta sistemica” sulla base dei partenariati anti-traffico “che abbiamo creato in questi anni con i Balcani Occidentali e con altri Paesi-chiave ai nostri confini, come Marocco e Tunisia”.Di qui si arriva alla necessità secondo la leader della Commissione Ue di una “più ampia cooperazione globale“, che affronti la “natura internazionale delle organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di migranti e operano in modo trans-frontaliero lungo tutte le rotte migratorie”. La nuova Alleanza “dovrebbe essere globale non solo in senso geografico, ma anche nei suoi obiettivi: focalizzata sulla prevenzione, sulla riposta e sulle alternative legali“. La direttrice più urgente è quella della risposta al traffico di persone migranti, che coinvolge da vicino Bruxelles. “Stiamo lavorando a livello Ue per aggiornare la nostra legislazione anti-traffico che è vecchia di 20 anni“, ha annunciato von der Leyen, riferendosi alla direttiva del 2002 che stabilisce una definizione comune del reato di favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali. “Lo faremo con un aggiornamento della definizione di crimine di traffico di migranti, un rafforzamento delle sanzioni, un’estensione della giurisdizione, un miglioramento della cooperazione e con un centro europeo di coordinamento”, sono le linee anticipate dalla leader della Commissione Ue.Da sinistra: la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (28 novembre 2023)Per quanto riguarda le altre due direttrici della conferenza presieduta dalla commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, è considerata “essenziale” la dissuasione delle persone migranti “dal mettersi nelle mani dei trafficanti”, ha spiegato von der Leyen, parlando di “campagne informative e lotta contro le pubblicità sui social media degli attraversamenti illegali con pagamenti digitali”. Sul piano delle “alternative legali per le persone che vogliono cercare fortuna all’estero“, la stessa leader della Commissione ha voluto sottolineare che “è un interesse di tutti, in Europa la carenza di manodopera ha raggiunto livelli record, mentre in altri continenti ci sono milioni di persone che cercano lavoro e istruzione”, anche se le iniziative per l’abbinamento di domanda e offerta di lavoro vanno di pari passo con “il ritorno di persone irregolari nei Paesi di origine”. Dalla conferenza di oggi a Bruxelles parte il lavoro di un gruppo di esperti a livello tecnico per portare avanti le tre direttrici, prima di una nuova conferenza fra un anno. “È l’inizio di un percorso condiviso, per questo lanciamo un invito all’azione aperto a tutti quelli che vogliono unirsi in questa missione“, dalle istituzioni Ue alle agenzie Onu, fino a governi, autorità nazionali, organizzazioni internazionali e piattaforme online: “Con l’Alleanza globale possiamo iniziare una nuova era di cooperazione”, è la promessa di von der Leyen.Cosa prevede la proposta Ue contro il traffico di persone migrantiLa commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson (28 novembre 2023)Al termine della conferenza sull’Alleanza globale, è stata la commissaria Johansson a dettagliare alla stampa la proposta vera e propria dell’esecutivo comunitario per l’aggiornamento del quadro legislativo con “norme minime” rispetto alla direttiva del 2002. Il primo dei cinque obiettivi è quello di arrivare a “una definizione più chiara del reato di traffico”, compresa “l’istigazione pubblica a entrare nell’Ue senza autorizzazione”, che diventerà “un reato penale” (così come la strumentalizzazione messa in atto da attori statali, “per esempio quello che sta facendo ora la Russia alla frontiera con la Finlandia“, ha precisato Johansson). Il secondo obiettivo è quello dell’armonizzazione delle sanzioni, con un innalzamento del massimo della pena detentiva da 8 a 15 anni per “casi di reati aggravati”. Il terzo obiettivo è far in modo che la giurisdizione degli Stati membri si applichi anche in acque internazionali in caso di morte delle persone a bordo di un’imbarcazione o di reati commessi a bordo di navi o aerei immatricolati negli Stati membri. In ogni caso la Commissione Ue precisa chiaramente che “attività come l’assistenza umanitaria da parte delle Ong, l’adempimento di un obbligo legale di ricerca e salvataggio, l’assistenza da parte dei familiari e degli stessi migranti non devono essere criminalizzate“.L’aggiornamento della legislazione comunitaria riguarda “risorse adeguate” per gli Stati membri “per garantire un’efficace prevenzione, indagine e perseguimento dei trafficanti” e il miglioramento della raccolta e della comunicazione dei dati statistici “su base annuale”. È anche per questo motivo che la proposta della Commissione Ue prevede un nuovo Regolamento per rafforzare il ruolo di Europol e la cooperazione tra agenzie nella lotta contro il traffico di persone migranti e la tratta di esseri umani. Il Centro europeo apposito “sarà rafforzato e sostenuto” dagli Stati membri, da Eurojust, Frontex e dalla Commissione Europea, per la produzione di relazioni annuali, analisi strategiche, valutazioni delle minacce e azioni investigative. Il Regolamento include concetti di “task force” e “dispiegamento di Europol per il supporto operativo”, definiti “strumenti avanzati di coordinamento e supporto analitico, operativo, tecnico e forense” agli Stati membri, mentre non cambia il quadro operativo in Paesi terzi, “che può avvenire solo con accordi bilaterali”, ha precisato Johansson.
    A margine della conferenza a Bruxelles, l’esecutivo Ue ha presentato anche l’aggiornamento della legislazione comunitaria anti-traffico “vecchia di 20 anni”, attraverso il rafforzamento delle sanzioni, l’estensione della giurisdizione e il miglioramento della cooperazione con Europol

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    Ucraina, migrazione e Niger. Perché il buco di Chigi sullo ‘scherzo telefonico’ russo a Meloni riguarda anche l’Ue

    Bruxelles – Il caso dello ‘scherzo telefonico’ alla premier italiana, Giorgia Meloni, da parte di due comici russi – che ha più i contorni di un attacco ibrido rispetto a un’innocente candid camera – arriva anche a Bruxelles, suscitando non poche perplessità per la gestione della sicurezza delle comunicazioni di Palazzo Chigi, oltre che sui contenuti della finta telefonata con il presidente dell’Unione Africana, Azali Assoumani. Non si sbottona la Commissione Ue, ma sono aspre le critiche degli eurodeputati dei partiti di opposizione al governo italiano in carica per un episodio negativo che è stato ripreso dai giornali di tutto il mondo.“Meloni ridicolizza l’Italia agli occhi del mondo, è impressionante la leggerezza che lo scherzo ha messo in luce“, è l’attacco del capo-delegazione del Partito Democratico al Parlamento Ue, Brando Benifei: “Gravissima la mancanza di filtri, da chi è circondata la presidente del Consiglio di un Paese del G7?” Su una linea simile l’eurodeputato di Italia Viva e vicepresidente del gruppo Renew Europe, Nicola Danti: “L’inganno telefonico consumato ai danni di Meloni ha dell’incredibile, aver trasformato la presidente del Consiglio di un Paese del G7 in una ‘macchietta’ non può essere tollerato”. Per questo motivo la richiesta è quella che “i responsabili dell’accaduto si dimettano“. Durissimo il commento della vicepresidente del gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici (S&D) all’Eurocamera, Elisabetta Gualmini: “Siamo in mano a dei dilettanti per l’ennesima volta”, come dimostrerebbe il fatto che “due comici sono entrati in contatto privato con la premier facendole esprimere pensieri e opinioni gravi sia sulla guerra in Ucraina che sulle strategie future internazionali del Paese”. Anche l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle ed ex-vicepresidente del Parlamento Ue, Fabio Massimo Castaldo, parla di “una gravità senza precedenti“, sia per il fatto che “Palazzo Chigi non sia in grado di approntare misure di sicurezza e protocolli di verifica minimi” sia per le “dichiarazioni così pesanti” su Ucraina e migrazione.I contenuti della telefonata di MeloniLa prima ministra italiana, Giorgia MeloniOltre alla questione di come sia stato possibile che il corpo di consiglieri diplomatici di Meloni non abbia intercettato la minaccia, c’è anche da considerare il contenuto di quanto affermato dalla prima ministra italiana nel corso della finta telefonata con il presidente dell’Unione Africana. In primis sulla questione più calda, ovvero l’Ucraina. “Vedo che c’è molta stanchezza, devo dire la verità, da tutti i lati“, è il passaggio più criticato. Si tratta di un tipo di affermazione che certo non stupisce, ma che allo stesso tempo cozza con la narrativa del ‘staremo al fianco di Kiev per tutto il tempo che sarà necessario’ sempre pubblicamente rivendicato anche dalla premier Meloni. A questo si aggiunge il fatto che la telefonata è datata 18 settembre (ma è stata resa pubblica il primo novembre): quel giorno iniziava l’Assemblea Generale dell’Onu, in cui i leader occidentali cercavano di convincere il resto del mondo della necessità di non perdere la spinta a difesa del rispetto del diritto internazionale. Se “la controffensiva dell’Ucraina forse non sta funzionando come ci aspettavamo” è di per sé un dato di fatto, è un altro passaggio a gettare alcune ombre sull’impegno europeo: “Siamo vicini al momento in cui tutti capiranno che abbiamo bisogno di una via d’uscita“. Meloni ha parlato di “problema” a trovarne una “che possa essere accettabile per Kiev e Mosca senza distruggere il diritto internazionale” o “aprire altri conflitti”. A questo proposito la premier dice di avere alcune idee, ma di voler aspettare “il momento giusto per metterle sul tavolo”.Da sinistra: il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Tunisia, Kaïs Saïed, e la prima ministra dell’Italia, Giorgia Meloni, alla firma del Memorandum d’Intesa Ue-Tunisia (17 luglio 2023)C’è poi la questione migrazione, su cui Meloni non ha risparmiato bordate alla Commissione Ue e a Ursula von der Leyen. “La Commissione Europea dice di capirlo [le necessità italiane, ndr], il problema è di quanto tempo ha bisogno per darci risposte concrete”, ha confessato la premier, facendo esplicito riferimento alla numero uno dell’esecutivo Ue: “Nelle parole capisce assolutamente, ma quando chiedi di prendere i soldi e di investire per aiutarci, per discutere con questi Paesi, lì diventa più difficile, devo dire la verità”. Questo riguarda anche la Tunisia, su cui Meloni si è presa i meriti di aver organizzato a luglio il memorandum tra l’Ue e il presidente tunisino, Kaïs Saïed. “Ma lui non ha visto ancora un euro”, ha attaccato la premier, dimenticando però che è stato proprio Saïed ad aver rifiutato la prima tranche da 60 milioni di euro. Ma l’attacco è molto più ampio e coinvolge anche i leader dei Paesi membri Ue: “Il problema è che agli altri non interessa, non hanno risposto al telefono quando li ho chiamati e sono tutti d’accordo sul fatto che l’Italia deve risolvere da sola questo problema“.In particolare si avverte una certa nota di fastidio nel passaggio in cui si parla del presidente francese, Emmanuel Macron, e della situazione in Niger dopo il colpo di Stato di quest’estate. “Vedo che la Francia sta spingendo per una sorta di intervento, ma io sto cercando di capire come possiamo sostenere uno sforzo diplomatico, dobbiamo stare attenti”, è l’avvertimento di Meloni, che ha accusato Parigi di avere “altre priorità, che non sono l’immigrazione in nazioni come il Niger”. Priorità “nazionali”, contro cui la premier italiana starebbe premendo per “non fare cose che ci creano più problemi di quanti già ne abbiamo” e a cui contrappone invece “un piano di investimento per l’energia in Africa”. Il Piano Mattei – che sarebbe dovuto arrivare in una conferenza a Roma a inizio novembre – con l’orizzonte del prossimo anno: “Mi piacerebbe concentrare la nostra presidenza del G7 soprattutto sul tema dell’Africa, andiamo verso un’epoca in cui è già troppo tardi, dobbiamo muoverci”, ha assicurato Meloni. Ignara che dall’altra parte della cornetta non c’era il presidente dell’Unione Africana, ma due comici russi.
    Critiche dagli eurodeputati a Bruxelles per l’attacco ibrido di Mosca concretizzatosi con una chiamata alla premier italiana da due comici, che hanno finto di essere il presidente dell’Unione Africana, Azali Assoumani: “Di una gravità senza precedenti, i responsabili si dimettano”

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    Il tentativo dell’Ue di sbloccare i rimpatri di migranti verso i Paesi d’origine. Schinas in Senegal, Guinea e Costa d’Avorio

    Bruxelles – L’aveva promesso Ursula von der Leyen dieci giorni fa a Lampedusa, presentando il suo piano d’azione in dieci punti per decongestionare l’isola in emergenza: “Invierò il vicepresidente Margaritis Schinas a negoziare” nel continente africano per intensificare i rimpatri “rapidi” verso i Paesi d’origine. E così è stato: Schinas illustrerà domani (28 settembre) ai ministri degli Interni Ue i progressi fatti nella sua missione in Guinea, Costa d’Avorio e Senegal.
    Perché i dati parlano chiaro: ad oggi le persone migranti che lasciano il territorio Ue dopo aver ricevuto l’ordine di partire sono meno di uno su cinque. E secondo il rapporto pubblicato dall’Agenzia Ue della Guardia di Frontiera e Costiera (Frontex) il 14 settembre, nei primi otto mesi dell’anno la maggior parte degli ingressi irregolari dalle rotte del Mediterraneo Centrale e dell’Africa Occidentale sono stati effettuati da cittadini della Guinea, della Costa d’Avorio e del Senegal, oltre che di Tunisia e Marocco. Tre Paesi confinanti, che si affacciano sull’Atlantico, ma che presentano situazioni politiche molto differenti in termini di democrazia e stabilità e diversi livelli di cooperazione con Bruxelles.
    Margaritis Schinas e Macky Sall
    A Dakar, “partner essenziale dell’Ue in Africa”, il vicepresidente della Commissione europea ha incontrato il presidente senegalese Macky Sall, con cui ha avuto “una buona discussione sull’approfondimento delle relazioni, inclusa una maggiore cooperazione con Frontex”. L’agenzia Ue collabora già con le forze di polizia senegalesi attraverso l’Africa-Frontex Intelligence Community (Afic), con l’obiettivo di “rafforzare la cooperazione sui ritorni volontari e i rimpatri di migranti” e “supportare gli sforzi delle autorità senegalesi nella lotta contro la migrazione irregolare”.
    Il programma Afic è presente anche in Guinea, dove Schinas ha dialogato con il governo di transizione che guida il Paese dopo il golpe militare del 2021. “A Conakry ho ribadito la disponibilità dell’Ue ad accompagnare la Guinea nella sua transizione, in un contesto regionale molto difficile”, ha dichiarato su X il vicepresidente Ue, che ha sottolineato al primo ministro “il bisogno di iscriversi alla mobilitazione internazionale contro i trafficanti e la loro attività brutale”. In Costa d’Avorio, a cui l’Ue ha previsto di allocare 228 milioni di euro in aiuti allo sviluppo per il periodo 2021-2023 sotto Ndici-Global Europe, Schinas ha incontrato il re del popolo Awoula Tanoe Amon e il primo ministro Patrick Achi, con cui ha affrontato i temi del “cambiamento climatico, delle migrazioni e delle opportunità per i giovani”.
    Margaritis Schians e Patrick Achi
    Di questa missione Schinas riferirà direttamente ai ministri degli Interni dei 27, che si riuniscono domani (28 settembre) a Bruxelles per il Consiglio Affari Interni e Giustizia. Con lui sarà presente anche la commissaria Ue per gli Affari Interni, Ylva Johansson. In cima all’agenda sono previsti uno “scambio di opinioni sull’approccio dell’Ue alla dimensione esterna della migrazione” e la presentazione da parte della presidenza di turno spagnola del Consiglio dell’Ue di un “modello preventivo” per ridurre le partenze verso l’Europa. Un modello che non può prescindere dalla “cooperazione con i Paesi di origine e di transito” e dal ruolo che dovrebbero svolgere le agenzie dell’Ue.

    Von der Leyen ha previsto un maggiore supporto delle agenzie Ue ai rimpatri nel suo piano d’azione per Lampedusa. Il vicepresidente della Commissione europea illustrerà i progressi compiuti negli incontri con i leader africani direttamente ai ministri degli Interni dell’Ue

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    Fondi alla Tunisia per rimpatri e frontiere dure. Ma l’Ue non ha nulla da dire sulla teoria della “sostituzione etnica” di Saïed

    Bruxelles – Un partenariato che dovrebbe spianare la strada per altri accordi con la regione nord-africana in materia di migrazione, ma che a nemmeno 24 ore dalla firma del memorandum d’intesa già pone grosse perplessità sul rispetto dei valori fondanti dell’Unione Europea. La Tunisia riceverà da Bruxelles 105 milioni di euro per rimpatri e rafforzamento delle proprie frontiere esterne, ma quello che fa davvero rumore è che nessuno dei tre leader Ue recatisi ieri (16 luglio) a Tunisi – la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, la prima ministra italiana, Giorgia Meloni, e l’omologo olandese, Mark Rutte – abbia avuto qualcosa da dire sulle parole razziste e complottiste del presidente tunisino, Kaïs Saïed, a proposito delle persone migranti di Paesi terzi africani sul proprio territorio nazionale e sulle accuse contro le Ong europee di “diffondere fake news” su di lui e sulle violenze nel Paese.
    Da sinistra: il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Tunisia, Kaïs Saïed, e la prima ministra dell’Italia, Giorgia Meloni, a Tunisi (16 luglio 2023)
    “La Tunisia ribadisce la sua posizione di non essere un Paese di insediamento per i migranti irregolari, ribadisce inoltre la sua posizione di presidiare solo le proprie frontiere”, si legge nel memorandum d’intesa Ue-Tunisia. “Questo approccio si baserà sul rispetto dei diritti umani e comprenderà la lotta contro le reti criminali di trafficanti di migranti e di esseri umani”, ma soprattutto “lo sviluppo di un sistema di identificazione e di rimpatrio dei migranti irregolari già presenti in Tunisia verso i loro Paesi di origine“. È proprio questo il tema su cui si gioca tutta la credibilità dell’Unione, considerato il fatto che negli ultimi mesi il leader tunisino ha aumentato i suoi attacchi contro le persone migranti in arrivo sul territorio nazionale dall’Africa sub-sahariana, mettendo in campo una retorica complottista di estrema destra basata sulla teoria della ‘sostituzione etnica’. Già in occasione di un consiglio di sicurezza nazionale a febbraio aveva parlato di “orde di immigrati clandestini” la cui presenza in Tunisia sarebbe dettata dalla “volontà di renderci solo un altro Paese africano e non un membro del mondo arabo e islamico”.
    Prima, durante e dopo i due incontri in poco più di un mese che gli stessi tre leader europei hanno avuto a Tunisi con Saïed non è mai arrivata alcuna reazione da Bruxelles a parole che sono chiaramente contrarie ai valori promossi dall’Unione Europea di non-discriminazione e anti-razzismo, ma che soprattutto hanno creato in Tunisia un clima favorevole per gli attacchi fisici su queste persone, soprattutto nella città costiera di Sfax. E nel corso della conferenza stampa svoltasi al termine della cerimonia di firma del memorandum d’intesa sono rimaste senza risposta le accuse rivolte dallo stesso leader tunisino alle Ong che operano nel Mar Mediterraneo di veicolare un’immagine negativa del Paese e della sua leadership, sempre come parte di un grande progetto complottista: “I tunisini hanno provveduto con rifugi e tutto quello che potevano aspettarsi queste persone migranti, con grande ospitalità e generosità illimitata”, ha attaccato Saïed, puntando il dito sul “ruolo giocato da molte organizzazioni umanitarie con le loro dichiarazioni e con fake news e notizie distorte per gettare discredito sui tunisini e sul Paese in generale“. Nessuna presa di distanza, nessuna precisazione, nessuna parola di sostegno ai professionisti europei che lavorano per la difesa dei diritti umani da parte di von der Leyen, Meloni o Rutte, in particolare rivelando deportazioni dalle coste tunisine al deserto al confine con la Libia.
    (credits: Fethi Belaid / Afp)
    Al contrario l’Unione è pronta a mettere sul piatto un pacchetto da 105 milioni di euro, da dividere tra circa 60 milioni per il rafforzamento delle frontiere esterne e altri 15 milioni per i rimpatri, fanno sapere fonti Ue (non si sa nel dettaglio cosa prevedano i restanti 30 milioni). Sono confuse le informazioni che arrivano sia sul piano delle modalità di esborso dei fondi – se attraverso emendamenti ai fondi Ue con la proposta di revisione del bilancio pluriennale presentato poche settimane fa, o attraverso programmi di lavoro ad hoc – ma soprattutto sulla suddivisione dei finanziamenti sul rimpatrio. Il testo ufficiale non chiarisce nulla di tutto questo, ma fonti riferiscono che i 15 milioni di euro saranno destinati per rimpatriare nei propri Paesi di origine (prevalentemente sub-sahariani) circa seimila persone che attualmente risiedono in modo irregolare in Tunisia. Si tratta di una chiara concessione al presidente Saïed, a cui si aggiunge un ulteriore punto segnato dall’uomo forte di Tunisi nell’aver messo nero su bianco che i rimpatri dai Paesi membri Ue alla Tunisia potranno riguardare solo cittadini di nazionalità tunisina. “Non accetteremo mai di essere i guardiani dei confini di nessun Paese, né accetteremo l’insediamento di migranti sul nostro territorio”, era il punto di partenza di Saïed. Ed è stato anche quello di arrivo, a dispetto di quanto Paesi come l’Italia vorrebbero fare attraverso il concetto di ‘Paese terzo sicuro’ nel futuro Patto migrazione e asilo.
    Cosa prevede il memorandum Ue-Tunisia sulla migrazione
    “Le due parti convengono di continuare a collaborare per affrontare le sfide poste dall’aumento della migrazione irregolare in Tunisia e nell’Ue, riconoscendo gli sforzi compiuti e i risultati ottenuti dalle autorità tunisine”, è quanto hanno concordato i quattro leader a Tunisi, con un rapido riferimento al “coordinamento delle operazioni di ricerca e salvataggio in mare” e l’attuazione di “misure efficaci per combattere il traffico di migranti e la tratta di esseri umani”. Da una parte l’Unione Europea fornirà un “adeguato sostegno finanziario supplementare” per appalti, formazione e supporto tecnico “necessari per migliorare ulteriormente la gestione delle frontiere tunisine”. E poi c’è, appunto, la questione dei rimpatri. Bruxelles sosterrà Tunisi nell’attuazione del memorandum “in contesti bilaterali con gli Stati membri” dell’Ue, ma soprattutto offrirà sostegno sia per il rimpatrio dalla Tunisia verso i Paesi d’origine delle persone che attualmente risiedono nel Paese in modo irregolare “in conformità con il diritto internazionale e nel rispetto della loro dignità”, sia dall’Ue verso dalla Tunisia solo “dei cittadini tunisini in situazione irregolare”, con tutto ciò che riguarda i cittadini di Paesi terzi emendato dal testo.
    Nel capitolo del memorandum sulla gestione della migrazione trova spazio anche la “promozione di canali legali, comprese le opportunità di lavoro stagionale” e le opportunità di “mobilità internazionale a tutti i livelli di qualificazione”. L’impegno dell’Unione è quello di mettere in campo “misure appropriate per facilitare la mobilità legale tra le due parti, anche agevolando la concessione dei visti riducendo i ritardi, i costi e le procedure amministrative“, mentre il lavoro congiunto dovrebbe concentrarsi sull’attuazione di un “Partenariato dei talenti nell’interesse di entrambe le parti, in base alle esigenze reciproche della Tunisia e degli Stati membri dell’Ue, e a beneficio dei settori di attività e dei mestieri identificati congiuntamente”.

    Nel memorandum d’intesa firmato a Tunisi sono previsti 105 milioni di euro per la gestione della migrazione, anche se non è chiaro come saranno sborsati. Oltre alle dichiarazioni di circostanza, fa rumore l’assenza di reazioni al complottismo e le accuse alle Ong del presidente tunisino

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    Fumata bianca a Tunisi. Intesa tra l’Ue e il presidente Saïed su migranti, assistenza macro-finanziaria ed energia

    Bruxelles – La firma tanto attesa con la Tunisia è arrivata. La partnership “modello” per i rapporti con i vicini del Nord Africa è stata messa nero su bianco ieri sera (16 luglio) a Tunisi, dal trio Ue formato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, dalla prima ministra italiana, Giorgia Meloni, dall’omologo olandese, Mark Rutte, e dal presidente tunisino, Kaïs Saïed. Cinque pilastri, dallo sviluppo economico alla cooperazione energetica, fino alla migrazione. L’asse principale rimane l’assistenza macro-finanziaria a un Paese a rischio default, ma l’accordo politicamente più significativo riguarda la mobilitazione immediata di fondi europei per rafforzare la lotta alla migrazione irregolare e aumentare i rimpatri.
    A distanza di oltre un mese dalla dichiarazione di intenti firmata lo scorso 11 giugno, il memorandum d’intesa siglato al Palazzo di Cartagine è l’ultimo step prima di rendere effettivamente operativo il pacchetto di partenariato globale tra Bruxelles e Tunisi. Le trattative, proseguite non senza difficoltà a causa dell’oltranzismo di Saied, che ha cercato il più possibile di giocare al rialzo facendo leva sulla minaccia di un ulteriore aumento di sbarchi ai confini europei, alla fine non hanno ridimensionato i termini dell’accordo. Tranne che su un punto: come gridato a più riprese dal leader tunisino, nel documento si afferma che “la Tunisia ha ribadito di non essere un Paese d’installazione di migranti irregolari”, e che “vigilerà solo sulle proprie frontiere”.
    Un miliardo di assistenza macro-finanziaria, ma Saied deve chiudere con l’Fmi
    Quattro dei cinque pilastri del pacchetto sono rimasti pressoché invariati. Quello sull’assistenza macro-finanziaria prevede l’erogazione urgente di 150 milioni di euro per rimpinguare le casse tunisine e 900 milioni che restano vincolati allo sblocco del maxi-prestito da 1,9 miliardi che il Fondo Monetario Internazionale sta negoziando con Saïed dallo scorso ottobre. Per ricevere il finanziamento e scongiurare il rischio bancarotta del Paese, in cui da mesi l’inflazione viaggia sul 10 per cento e il tasso di disoccupazione supera il 17 per cento, il presidente dovrebbe avviare una serie di riforme impopolari, come richiesto dall’Fmi. Ma fino ad ora non ne vuole sapere.
    Le due parti si impegnano inoltre ad approfondire le relazioni economiche e commerciali, con una particolare enfasi sulla doppia transizione verde e digitale. L’Ue conta su Tunisi per ampliare il proprio portafoglio energetico e mira a “rafforzare le infrastrutture” tunisine per “rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e fornire ai cittadini e alle imprese energia a basse emissioni di carbonio a prezzi competitivi”. In vista c’è la sovvenzione da 307,6 milioni di euro per la realizzazione di una prima interconnessione tra Italia e Tunisia con un cavo elettrico sottomarino ad alta tensione. Si chiama interconnettore Elmed, assegnato nell’ambito dell’Interconnection in Europe Facility per collegare i due lati del Mediterraneo e “rafforzare la rispettiva sicurezza energetica”.
    Accordo confermato anche sulla cosiddetta partnership per i Talenti, con l’obiettivo di promuovere percorsi regolari per la migrazione e stimolare una maggiore mobilità a “tutti i livelli di competenza”. Opportunità di lavoro stagionale in Europa e formazione tecnica e professionale per rafforzare le competenze della forza lavoro tunisina al fine di “sostenere lo sviluppo economico della Tunisia a livello nazionale, regionale e locale”.
    Fondi Ue per rimpatri dalla Tunisia ai Paesi d’origine
    Il piano iniziale di Bruxelles per fare di Tunisi una sorta di piattaforma dove rispedire migranti irregolari da Paesi terzi – con l’idea di sottoporli alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano e di riprendere solamente coloro a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo – è saltato. La Tunisia riaccoglierà soltanto i propri cittadini e l’Europa pagherà i rimpatri di migranti sub-sahariani dal territorio tunisino, per alleggerire la pressione sul Paese che promette di stringere le maglie sulle partenze. Dei 105 milioni di euro che l’Ue mobiliterà per la migrazione, 60 saranno destinati a rafforzare le capacità delle autorità tunisine nel controllare i confini e intercettare i migranti, mentre secondo fonti europee 15 milioni copriranno i rimpatri di seimila migranti sub-sahariani dal territorio tunisino. 2,500 euro a persona. Al momento la Commissione europea non ha reso noto nel dettaglio come saranno ripartiti i restanti 30 milioni dedicati alla migrazione.
    Il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, firma il memorandum d’intesa con la Tunisia (16 luglio 2023)
    Il memorandum sbriga in una riga le preoccupazioni sollevate da diversi media e organizzazioni internazionali sul trattamento riservato alle persone migranti in Tunisia. “Il nostro approccio sarà basato sul rispetto dei diritti umani“, aggiungendo che i rimpatri saranno attuati nel “rispetto del diritto internazionale e della dignità dei migranti”. A onor del vero, ancora meno hanno detto von der Leyen, Meloni e Rutte durante la pseudo conferenza stampa con Saïed, in un Palazzo di Cartagine chiuso ai media. Nessun accenno alla questione, nonostante ancora una volta Saïed abbia parlato di “trasferimento [di persone migranti, ndr] organizzato da alcune reti criminali”, rispolverando la teoria complottista della grande sostituzione che negli ultimi tempi in Tunisia ha fomentato episodi di violenza contro migranti sub-sahariani. E nonostante le ricostruzioni di diversi media e Ong, che hanno rivelato le deportazioni di migranti dalle coste tunisine al deserto al confine con la Libia, dove sono stati lasciati senza acqua e cibo.

    Von der Leyen, Meloni e Rutte finalizzano il memorandum d’intesa. Pronti 150 milioni di supporto alle casse nazionali e 105 per la migrazione, di cui 60 milioni per il controllo delle frontiere e 15 destinati al rimpatrio dalla Tunisia di circa seimila persone verso i Paesi dell’Africa sub-sahariana