More stories

  • in

    Da Parigi l’Unrwa fa il punto della situazione a Gaza e chiede più fondi. Michel: “Rendiamo omaggio al lavoro dell’Onu”

    Bruxelles – Il Commissario generale dell’Agenzia Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi, Philippe Lazzarini, si è rivolto direttamente ai rappresentanti di oltre 50 Paesi, ai leader dell’Unione europea, a diverse Ong e istituti finanziari di sviluppo: dalla conferenza internazionale sugli aiuti umanitari a Gaza, ospitata da Emmanuel Macron a Parigi, ha lanciato l’appello per un flusso robusto e continuo di aiuti internazionali e per maggiori fondi per l’agenzia, “ultimo barlume di speranza” a Gaza.Le richieste di Lazzarini sono quattro. Prima di tutto “un cessate il fuoco umanitario, insieme al rigoroso rispetto del diritto umanitario internazionale”, perché le migliaia di bambini vittime dei bombardamenti israeliani “non possono essere un danno collaterale” e perché “limitare fortemente acqua, cibo e medicinali è una punizione collettiva”. In secondo luogo “un flusso significativo e continuo di aiuti umanitari, compreso il carburante”: il numero dei convogli che hanno finora attraversato il varco di Rafah è “palesemente inadeguato” per coprire le necessità della popolazione stremata e c’è bisogno di “ripristinare i servizi municipali come la gestione dell’acqua e dei rifiuti”, oltre che di “riaprire le linee commerciali, in modo che negozi e rivenditori possano ricostituire le proprie scorte”.Il Presidente francese Emmanuel Macron e il Commissario generale dell’UNRWA Philippe Lazzarini (Photo by Ludovic MARIN / POOL / AFP)L’Unrwa stessa si trova con l’acqua alla gola: ringraziando i Paesi che hanno annunciato nuovi contributi nelle ultime settimane, Lazzarini ha ammesso che “potrebbe non avere i fondi per gli stipendi del personale fino alla fine dell’anno“. Sono 5 mila i dipendenti che continuano a gestire cliniche, distribuire pane e acqua e fornire supporto psicosociale nei rifugi delle Nazioni Unite. Tutti servizi che “corrono il rischio di essere interrotti”. Recentemente l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Josep Borrell, ha annunciato la mobilitazione di 10 milioni ulteriori dalle casse comunitarie all’Agenzia Onu, che si aggiungono agli 82 milioni di euro già versati a febbraio 2023.Infine il Commissario generale ha evidenziato la necessità di guardare già al “giorno dopo”, ad una reale prospettiva di uno Stato palestinese, “fondamentale per stabilizzare la regione” e “nell’interesse di tutti, compreso Israele”.Il Primo Ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mohammed Shtayyeh (Photo by Ludovic MARIN / POOL / AFP)Inviti raccolti dal presidente della Repubblica francese, che ha indicato i tre pilastri che devono stare alla base della mobilitazione europea in Medio Oriente: l’impegno umanitario, la questione della sicurezza e della lotta al terrorismo, il processo politico e la pace. All’Eliseo però, Israele e Palestina non si sono incontrate: c’era il primo ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mohammad Shtayyeh, ma nessun rappresentante di Tel Aviv. E il premier dell’Anp ha usato parole pesanti: “Israele sta chiaramente violando il diritto internazionale umanitario e commettendo crimini di guerra”, ha dichiarato, aggiungendo che “la sofferenza palestinese non è iniziata il 7 ottobre, ma va avanti da 75 anni”. Dalla Nakba del 1948, lo sfollamento imposto a milioni di palestinesi per la creazione dello Stato di Israele. Per questo “la soluzione è porre fine all’occupazione, porre fine alle colonie”, ha ribadito Shtayyeh.Hanno partecipato alla conferenza anche i due pesi massimi delle istituzioni europee, Charles Michel e Ursula von der Leyen. Il presidente del Consiglio europeo ha voluto “rendere omaggio all’impegno delle Nazioni Unite e delle sue agenzie”, ricordando che l’Unrwa conta tra le sue fila 99 vittime dei bombardamenti israeliani, il numero più alto mai registrato di lavoratori Onu morti in un conflitto. Confermato il sostegno ai partner del Medio Oriente – l’Egitto e la Giordania in prima linea- nella ricerca di una de-escalation regionale. E all’Autorità Nazionale Palestinese quale unica autorità “legittima e credibile” verso la soluzione dei due Stati. “Continueremo a sostenervi e a sostenere tutti gli sforzi per garantire che possiate essere in grado di lavorare con noi e con gli altri affinché esista effettivamente un piano di pace per la regione”, ha promesso Michel a Shtayyeh.Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, alla Conferenza internazionale umanitaria a ParigiLa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha fatto il punto di come si sta muovendo l’esecutivo Ue per fornire aiuti alla popolazione di Gaza: “La maggior parte dei nostri carichi ha già raggiunto Gaza con i camion, attraverso il valico di frontiera di Rafah. Ma come hanno detto quasi tutti qui, i volumi rimangono troppo piccoli per far fronte agli enormi bisogni umanitari”, ha sottolineato. Dal 16 ottobre l’Ue ha inviato circa 320 tonnellate di materiale di prima necessità in Egitto, quadruplicando nel contempo i fondi umanitari destinati alla popolazione palestinese. “Anche se sosteniamo pienamente l’aumento della capacità degli aiuti forniti attraverso Rafah – e questa è la nostra prima priorità –, dobbiamo anche considerare con urgenza ulteriori rotte”, ha suggerito von der Leyen, che sta lavorando con i governi di Grecia e Cipro per la creazione di un corridoio marittimo. “Penso che ciò garantirebbe un flusso di aiuti duraturo, regolamentato e robusto”, ha concluso la leader Ue.
    L’allarme del Commissario generale Lazzarini: “Potremmo non avere i fondi per gli stipendi del personale fino alla fine dell’anno”. Alla conferenza umanitaria presente il premier dell’Autorità Palestinese, che attacca Israele: “Sta commettendo crimini di guerra, la soluzione è porre fine alle colonie”

  • in

    In Niger l’esercito (addestrato dall’Ue) si schiera con i golpisti. Bruxelles in contatto con il presidente Bazoum

    Bruxelles – “La situazione è ancora troppo fluida”, ha ripetuto più volte questa mattina (27 luglio) la portavoce della Commissione europea, Nabila Massrali. Ma è chiaro che la scelta dell’Ue di lanciare, appena cinque mesi fa, una nuova partnership militare con il Niger, rischia di trasformarsi in un clamoroso autogol. Perché l’esercito regolare si è unito alla Guardia Presidenziale, l’unità speciale che ieri ha catturato e deposto il presidente Mohamed Bazoum, in un vero e proprio colpo di stato nel Paese partner di Bruxelles nella regione del Sahel.
    Nella mattinata del 26 luglio gruppi della Guardia presidenziale del Niger hanno circondato il palazzo del presidente Bazoum e gli edifici di diversi ministeri a Niamey, la capitale del Paese. Dopo alcune ore di tensione, in cui i golpisti hanno deciso di trattenere il presidente, la sua famiglia e membri del suo entourage, l’annuncio sulla televisione nazionale: la deposizione di Bazoum è stata resa necessaria a causa del “continuo degradare della situazione di sicurezza e della cattiva gestione economica e sociale del Paese”. A pronunciare queste parole, il colonnello maggiore Amadou Abdramane, a capo di un gruppo che si è ribattezzato Consiglio nazionale per la salvaguardia del Paese. I golpisti hanno ordinato la sospensione di tutte le istituzioni, la chiusura delle frontiere aeree e terrestri e il coprifuoco dalle 22 alle 5. Da questo momento, ha dichiarato Abdramane, “la gestione del Paese è affidata alle forze di sicurezza”.
    Il colonnello maggiore Amadou Abdramane, portavoce del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia del Paese (CNSP), annuncia il golpe sulla televisione nazionale (Photo by ORTN – Télé Sahel / AFP)
    Dopo l’incertezza iniziale, sembrerebbe che l’esercito abbia deciso di unirsi alla Guardia Presidenziale per “preservare l’unità” del Paese. Immediate le condanne da parte della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas), degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
    “Riaffermiamo il nostro pieno sostegno al Presidente Bazoum e la nostra convinzione che il Niger sia un partner essenziale dell’Ue nel Sahel, la cui destabilizzazione non gioverebbe agli interessi di nessuno, né nel Paese, né nella regione e oltre”, ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell. Gli ha fatto eco il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che questa mattina in un tweet ha fatto sapere di essere in contatto con Bazoum: “Ho parlato con il presidente e gli ho assicurato il pieno sostegno dell’Ue”, ha scritto Michel.
    Il golpe militare in Niger e i programmi d’addestramento Ue
    Il golpe in Niger è una vera e propria doccia fredda per Bruxelles che, dopo la sequela di colpi di Stato militari che si sono consumati in meno di un biennio nei Paesi del Sahel (Mali, Guinea e Burkina Faso), aveva puntato moltissimo sul presidente Mohamed Bazoum, democraticamente eletto due anni fa. “La nostra partnership con il Niger è solida e non smette di rinforzarsi in tutti i settori: sicurezza, sviluppo, educazione, transizione energetica”, aveva dichiarato il 5 luglio scorso Borrell dopo un incontro con Bazoum a Niamey. Appena tre settimane dopo quella visita, rischia di saltare tutto. “Non abbiamo visto nessun elemento scatenante”, ha ammesso Massrali, portavoce della Commissione europea.
    L’Alto rappresentante Ue Josep Borrell in Niger lo scorso 5 luglio
    Oltre il danno, la beffa: anche se dall’esecutivo Ue per ora non arriva alcuna conferma, perché “la situazione non è chiara in questo momento nel Paese”, non è da escludere che i militari che hanno orchestrato il colpo di stato fossero coinvolti nel programma di addestramento lanciato da Bruxelles lo scorso 20 febbraio. Una missione di partenariato militare (Eupmm) per sostenere il Niger nella lotta contro il terrorismo, con l’istituzione di un Centro per la formazione delle forze armate. Non solo formazione e infrastrutture, ma anche attrezzature: sempre nell’ambito della missione Eupmm l’Ue ha mobilitato 40 milioni di euro, attraverso l’European Peace Facility (Epf), per “rafforzare le capacità militari delle forze armate nigerine al fine di difendere l’integrità territoriale e la sovranità del Niger“.
    Sahel nel caos, Niger essenziale per i flussi migratori
    La cooperazione Ue-Niger passa anche per la questione migratoria: in piedi c’è un partenariato operativo contro il traffico di migranti, varato l’estate scorsa. Il Paese è snodo cruciale dei flussi di persone migranti dall’Africa sub-sahariana verso le coste di Tunisia, Algeria e Libia. Questione che sta particolarmente a cuore all’Italia, che lo scorso 22 luglio aveva annunciato lo stanziamento di 7,5 milioni di euro al Niger per cooperare “nella lotta la traffico di migranti e all’immigrazione irregolare nel Mediterraneo centrale”.
    Il colpo di stato a Niamey rischia di far scivolare ancora più nel caos il Sahel occidentale, vanificando gli sforzi dei Paesi Ue di mettersi al riparo da ingenti flussi migratori cercando di supportare la stabilità della regione. Anche in Mali l’Ue aveva avviato una partnership militare. O in Sudan. Potrebbe essere necessario politiche e strategie, ma “la responsabilità primaria di ciò che succede nel Sahel è in primo luogo dei Paesi della regione“, affermano dall’esecutivo comunitario. “La mancanza di governi e la debolezza degli Stati non permette nessun risultato, né nel campo della sicurezza né nel campo umanitario”.

    J’ai parlé avec le Président @mohamedbazoum et lui ai assuré le plein soutien de l’UE.
    Nous condamnons fermement toute tentative de déstabilisation du Niger.
    — Charles Michel (@CharlesMichel) July 27, 2023

    La Guardia Presidenziale del Niger ha annunciato in diretta televisiva la deposizione del presidente, tenuto ancora in stato di fermo. L’esercito regolare si è unito ai golpisti per “preservare l’unità nel Paese”. Appello dell’Ue, che a marzo ha stanziato 40 milioni per addestramento e equipaggiamento militare in Niger, per il rilascio immediato di Bazoum

  • in

    L’Ue al lavoro per un nuovo accordo con l’Australia sulle materie prime

    Bruxelles – Al G20 in corso a Bali, le istituzioni Ue hanno incontrato questa mattina (16 novembre) in un bilaterale il primo ministro australiano, Anthony Albanese: Ursula von der Leyen e Charles Michel, presidenti della Commissione e del Consiglio europeo, hanno colto l’occasione del summit indonesiano per rinsaldare i legami con Canberra in materia economica e di politiche climatiche.
    “Benvenuto il Framework Agreement con l’Australia, nuova pietra miliare nelle nostre relazioni”, ha twittato Michel: a 5 anni dalla sua firma, il 21 ottobre scorso è entrato in vigore il nuovo accordo tra Ue e Australia, volto a intensificare la collaborazione su una serie di asset, dalla politica estera all’economia, dallo sviluppo sostenibile alla ricerca e innovazione, da energia e trasporti alla pesca marittima. I tre leader hanno ribadito tutte queste intenzioni a Bali, aggiungendo una ferma condanna all’invasione russa in Ucraina, poche ore dopo l’allarme per i missili caduti in territorio polacco, parzialmente rientrato dopo le conferme che si trattava di razzi ucraini lanciati per intercettare un attacco russo.

    Good meeting among like-minded partners.
    🇪🇺🇦🇺 are aligned in our response to Russia’s war and we share an interest to cooperate in the Indo-Pacific.
    We agreed to intensify negotiations on an ambitious trade agreement.
    We will also work on a new partnership on raw materials.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 16, 2022

    “Un bell’incontro tra due partner che la pensano allo stesso modo”, ha scritto in un tweet von der Leyen, annunciando di essere al lavoro con le autorità australiane per un nuovo accordo sulle materie prime. Nel contesto della crisi energetica e della diversificazione dalle fonti russe, l’Ue “riconosce il ruolo che l’Australia può svolgere per la stabilità dei mercati mondiali di gas, attraverso il suo costante approvvigionamento all’Indo-Pacifico”, si legge nel comunicato stampa congiunto.
    Canberra è il maggiore esportatore di gas naturale liquefatto (LNG) al mondo, con una capacità di 87.6 milioni di tonnellate all’anno. Per questo “le due parti approfondiranno gli scambi su questi temi, anche relativamente al piano REPowerEu”, che annovera tra i propri obiettivi anche la costruzione di nuove partnership affidabili per le forniture di gas e LNG.
    Forte la comunione di intenti anche nella lotta ai cambiamenti climatici. Da Sharm el Sheik, dove è ancora in atto la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, a Bali, il messaggio dei tre leader non cambia: Bruxelles e Canberra rimangono “profondamente impegnati per la piena attuazione dell’accordo di Parigi” e per “raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050”.  In vista del meeting tra l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico e l’Ue, che si terrà a Bruxelles il prossimo 14 dicembre, von der Leyen e Michel hanno ribadito al primo ministro australiano la volontà di avere un ruolo importante nell’Indo-pacifico, “per lo sviluppo sostenibile e la transizione verde” dell’intera regione.

    A un mese dall’entrata in vigore del nuovo Framework Agreement con Canberra, i vertici Ue hanno incontrato a Bali il primo ministro australiano, Anthony Albanese: al centro del dialogo la condanna all’invasione russa, le relazioni nell’Indo-pacifico e le fonti energetiche. L’Australia è infatti il primo esportatore al mondo di gas LNG