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    Macron in visita ad Astana per accelerare il partenariato strategico con il Kazakistan. L’Ue osserva attenta

    Bruxelles – Tra la Francia e il Kazakistan c’è comunanza di intenti non solo in ambito economico e commerciale, ma anche sulla politica internazionale. In occasione del quinto anniversario della firma del Trattato di partenariato strategico tra i due Paesi, ieri (primo novembre) il presidente francese, Emmanuel Macron, si è recato in visita ad Astana per incontrare il presidente della Repubblica del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, e per firmare una serie di contratti in settori che vanno dall’energia, al farmaceutico, fino all’aerospaziale. È però il tema dei minerali essenziali per le tecnologie energetiche pulite (di cui la regione è ricca) a costituire la parte più importante dei colloqui. “La forza del nostro partenariato dimostra che sono stati adottati i giusti assi d’interesse strategici, ma anche la necessità di completarli e accelerarli”, ha dichiarato Macron al fianco del suo omologo kazako.Da sinistra: il presidente francese, Emmanuel Macron, e il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, ad Astana il primo novembre 2023 (credits: Ludovic Marin / Afp)Quella ad Astana è solo la prima tappa del viaggio di capo di Stato francese in Asia Centrale (che prosegue in Uzbekistan), una delle ex-Repubbliche sovietiche che ha attirato nuova attenzione da parte dell’Occidente dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Nonostante la sua vicinanza con la Russia (e la Cina), il Kazakistan non si è schierato con Mosca, sotto lo sguardo attento dell’Unione Europea e in particolare di Macron. “I due capi di Stato hanno sottolineato la loro ferma adesione al diritto internazionale e ai principi internazionali della Carta delle Nazioni Unite, in particolare il rispetto della sovranità, dell’indipendenza, dell’integrità territoriale e dell’inviolabilità delle frontiere internazionalmente riconosciute da tutti gli Stati”, si legge nella dichiarazione congiunta di Macron e Tokayev. “Hanno espresso la loro profonda preoccupazione sulla situazione in Ucraina, sulle sue conseguenze umanitarie, sulle sue ripercussioni sull’economia mondiale e sulla sicurezza alimentare dei Paesi più vulnerabili”, continua la nota.Durante l’incontro con Tokayev, Macron ha annunciato accordi commerciali, inclusa una dichiarazione di intenti per una partnership nel tanto ricercato settore delle terre rare e dei metalli rari. Oltre a essersi complimentato per la posizione sull’invasione della Russia in Ucraina: “La Francia valorizza il cammino che state seguendo per il vostro Paese, rifiutando di essere vassallo di qualsiasi potenza e cercando di costruire relazioni numerose ed equilibrate con i diversi Paesi”. Il Kazakistan, ricco di petrolio, era già emerso come fornitore sostitutivo di greggio per i Paesi europei che hanno interrotto le forniture russe e come collegamento importante nella nuova rotta commerciale Cina-Europa, che aggira la Russia. Riguardo l’incontro il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha commentato che il Kazakistan, in quanto Stato sovrano, è libero di sviluppare legami con qualsiasi Paese. Non sembra però dello stesso avviso il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, che la settimana scorsa aveva affermato che l’Occidente sta cercando di allontanare da esso i “vicini, amici e alleati” della Russia.Oltre alla Francia, l’importanza del Kazakistan per l’UeIl Kazakistan è un partner importante non solo per Macron, ma per tutta l’Unione Europea. Lo scopo dell’Ue è quello di sostituirsi alla Russia come primo partner economico e commerciale dei cinque Paesi dell’Asia Centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan). La chiave di volta per questa operazione sarebbe proprio la Repubblica kazaka, dove l’Ue ha già raggiunto questo obiettivo, rappresentando il 40 per cento del suo commercio estero. “Una cosa è assolutamente certa, il nostro rapporto è forte e sta diventando ancora più forte“, aveva dichiarato il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, al termine dell’incontro con il presidente kazako ad Astana il 27 ottobre dello scorso anno, in occasione della prima riunione regionale di alto livello dei Cinque dell’Asia Centrale.Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, ad Astana (27 ottobre 2022)L’Unione è anche il primo investitore straniero in Kazakistan, rappresentando il 48 per cento dei flussi totali di investimenti diretti esteri. A rappresentare il quinto maggiore investitore straniero in Kazakistan è proprio la Francia, soprattutto a causa del coinvolgimento delle società energetiche TotalEnergies nel massiccio progetto del giacimento petrolifero offshore di Kashagan. A sigilliare ancora di più il rapporto dei due Paesi c’è anche il tema dell’energia nucleare: il Kazakistan fornisce circa il 40 per cento di uranio alla Francia e la francese Orano gestisce già una joint venture con la sua azienda nucleare statale Kazatomprom. Inoltre, l’azienda energetica francese Edf è in corsa per costruire la prima centrale nucleare del Kazakistan, con un progetto che dovrebbe essere deciso in un referendum quest’anno. Gli scambi bilaterali tra Parigi e Astana sono arrivati a 5,3 miliardi di euro nel 2022, principalmente negli idrocarburi.Nel dicembre 2015, l’Unione Europea e il Kazakistan hanno firmato un accordo di partenariato e cooperazione rafforzato (Epca). Entrato in vigore il primo marzo 2020, è il primo di questo tipo con un partner dell’Asia Centrale e ha permesso di rafforzare le relazioni tra i Ventisette e Astana. Il 7 novembre 2022, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Kazakistan, Alikhan Smailov, hanno firmato un memorandum d’intesa (MoU) sui partenariati strategici su materie prime sostenibili, batterie e catene di valore dell’idrogeno rinnovabile. Non solo. In quanto “hub per la connettività dei trasporti tra Oriente e Occidente“, la Repubblica kazaka è considerata da Bruxelles lo snodo fondamentale su cui investire nella regione dell’Asia Centrale attraverso il Global Gateway, la nuova strategia europea per promuovere collegamenti intelligenti, puliti e sicuri nei settori del digitale, dell’energia e dei trasporti e rafforzare i sistemi di salute, istruzione e ricerca in tutto il mondo.
    L’incontro si è concentrato principalmente sul tema delle materie prime essenziali per le tecnologie energetiche pulite, di cui la regione orientale è ricca. Dopo la prima tappa kazaka il viaggio del presidente francese in Asia Centrale prosegue in Uzbekistan

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    All’Eurocamera l’accordo con la Tunisia non piace (quasi) a nessuno. Nel mirino aumento degli sbarchi e violazioni dei diritti umani

    Bruxelles – Pioggia di critiche per il controverso memorandum d’intesa Ue-Tunisia fortemente voluto e firmato lo scorso 16 luglio dalla Commissione europea e dall’autoritario presidente Kais Saied. Non solo da sinistra, come era lecito aspettarsi. Anche una parte dell’universo conservatore del Parlamento europeo ha sollevato i propri dubbi su un accordo poco trasparente, che nel breve periodo non ha portato alcun risultato e che rischia di rendere l’Ue ostaggio delle politiche aggressive dell’uomo forte di Tunisi.
    A un giorno dall’atteso discorso sullo Stato dell’Unione di Ursula von der Leyen, la scelta della presidente della Commissione europea di rafforzare la cooperazione con un Paese sempre più lontano dagli standard di democrazia e rispetto dei diritti umani tanto cari all’Ue non è andata giù all’emiciclo di Strasburgo. A metterci la faccia il commissario Ue per l’allargamento, Olivér Várhelyi, che ha cercato di convincere gli eurodeputati delle ragioni che hanno reso necessario un accordo che prevede l’esborso immediato di 150 milioni di euro a supporto del budget del Paese nordafricano e 105 milioni per la gestione delle frontiere. E altri 900 milioni di euro di assistenza macrofinanziaria vincolati all’accordo tra Saied e il Fondo Monetario Internazionale per un maxi-prestito da 1,9 miliardi di dollari.
    Il commissario Ue per l’Allargamento, Oliver Varhelyi
    Varhelyi ha definito il memorandum “un investimento nella nostra prosperità, stabilità e nelle future generazioni” e ha garantito che ora il focus è sulla sua rapida implementazione, che starebbe procedendo con “regolari meeting tecnici e politici” con le controparti tunisine. Obiettivo “fondamentale” è trovare una soluzione ai flussi migratori in un modo “comprensivo e sostenibile”: per il commissario i trend attuali – con un aumento degli sbarchi del 69 per cento dal Mediterraneo centrale da quando è stato firmato il memorandum-, non smentiscono l’accordo ma anzi ne “evidenziano l’urgenza”. Essenziale prevenire partenze irregolari “che troppo spesso finiscono in tragedia”, attraverso “un rafforzamento della capacità di gestione dei confini” e “del sistema di sorveglianza marittima” delle autorità tunisine. Sulla base della partnership operativa anti-trafficanti siglata ad aprile dalla commissaria Ue per gli Affari Interni, Ylva Johansson, il memorandum prevede un’intensificazione degli sforzi per rompere il business delle reti di criminali che si arricchiscono sui viaggi spesso fatali dei migranti. Secondo Varhelyi la guardia costiera tunisina ha già disposto circa 24 mila fermi quest’anno, contro i 9 mila del 2022. E ha salvato già quasi 50 mila persone migranti.
    L’accusa più forte mossa all’esecutivo Ue è aver chiuso un occhio sulle sempre più sistematiche violazioni dei diritti umani perpetrate in Tunisia ai danni dei migranti subsahariani. Violazioni documentate: secondo Human Rights Watch sarebbero circa 1200 i migranti respinti e abbandonati dalle autorità tunisine verso il deserto, al confine con la Libia, soltanto nel periodo tra la fine di giugno e la fine di luglio. Il commissario Ue ha assicurato che, in cooperazione con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), l’Unhcr e altri partner locali, l’Ue starebbe “rafforzando il proprio impegno sulla protezione dei migranti in condizioni di vulnerabilità”, fornendo “sollievo immediato con acqua, primo soccorso e rifugi d’emergenza”. Ma Varhelyi ha rimandato al Consiglio d’Associazione Ue-Tunisia, che nelle intenzioni dell’esecutivo comunitario dovrebbe svolgersi prima della fine dell’anno, tutti i discorsi sulla situazione dei diritti umani e sui principi fondamentali.
    Migranti subsahariani abbandonati nel deserto al confine con la Libia, 16 luglio 2023 (Photo by Mahmud Turkia / AFP)
    Socialisti e democratici, Sinistra europea e Verdi non hanno fatto sconti. Per la leader S&d, Iratxe Garcia Perez, è “inaccettabile che il denaro dei contribuenti europei sia utilizzato da un governo che attacca i principi fondamentali dei diritti umani”, per il capodelegazione del Partito Democratico, Brando Benifei, il memorandum non è altro che “l’ennesimo tentativo inutile di esternalizzare il controllo delle frontiere europee con grandi rischi per i diritti umani”. Perché se errare è umano, perseverare è diabolico: “L’esperienza libica dovrebbe averci insegnato come accordi di questo tipo siano drammaticamente fallimentari”, ha ricordato in aula Benifei. Anche la pentastellata Laura Ferrara ha avvertito che il rischio è di “alimentare la dipendenza da un Paese terzo con tutele dei diritti umani del tutto inadeguate”, un Paese che “è evidente che non possa essere considerato sicuro”. Ancora più duro Pietro Bartolo (Pd), ex medico a Lampedusa, per cui l’Ue è “complice della caccia ai negri aperta da Saied”.
    Se da sinistra si è levata a gran voce la richiesta di tornare sui propri passi e cancellare l’accordo, anche il Partito Popolare europeo ne ha riconosciuto i limiti. Per Manfred Weber “è necessario, ma non perfetto”, mentre l’eurodeputato di Forza Italia Salvatore De Meo ha parlato di “bicchiere mezzo pieno”. Il leader del Ppe, volato a Tunisi di recente per una serie di incontri, ha dichiarato che il primo ministro tunisino avrebbe spiegato che “l’aumento di arrivi di migranti dalla Tunisia sono motivati dal panico creato dal memorandum d’intesa” e che a Tunisi “si aspettavano di vedere un aumento prima che i numeri possano iniziare a diminuire”. Anche più a destra, nei gruppi dei Conservatori e Riformisti (Ecr) e Identità e Democrazia (Id) qualcuno ha storto il naso: Assita Kanko (Ecr) ha dichiarato che “l’Europa sta ballando con il diavolo”, mentre la leghista Annalisa Tardino ha denunciato le “tante passerelle e i zero risultati” dell’intesa.
    Un fuoco incrociato che mette in difficoltà von der Leyen, che ha definito il memorandum “una pietra miliare” dei rapporti con i Paesi del vicinato nordafricano. Forse con troppa fretta, o con la bramosia di incassare un successo in più a un anno dalle elezioni europee. Perché basta dare una sfogliata al trattato sull’Ue per riscoprire che, all’articolo 21, “i diritti umani sono il metro di misura della nostra politica estera”.

    Da S&d, Sinistra europea e Verdi la richiesta di ritirare il Memorandum d’intesa, qualche critica anche da Ecr e Id. Per il leader del Ppe, Manfred Weber, l’accordo con la Tunisia “è necessario, non perfetto”

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    È stallo sul memorandum d’intesa con la Tunisia. Nuova missione di von der Leyen, Meloni e Rutte

    Bruxelles – Che le parti non fossero così vicine si era percepito dal silenzio delle ultime due settimane, dopo che all’ultimo Consiglio Europeo del 29-30 giugno i leader Ue avevano dato ormai per chiuso l’accordo con la Tunisia. Ma ora arriva la conferma. C’è bisogno di una nuova missione di Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni e Mark Rutte per “portare il lavoro a un passo successivo”.
    Da sinistra: il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Tunisia, Kais Saied, e la prima ministra dell’Italia, Giorgia Meloni, a Tunisi (11 giugno 2023)
    La presidente della Commissione Europea, accompagnata dai primi ministri di Italia e Olanda, incontrerà il presidente tunisino, Kais Saied, domenica pomeriggio (14 luglio), in un secondo round dopo la prima visita congiunta dello scorso 11 giugno. Un mese fa i tre avevano concordato con le autorità tunisine di portare avanti il lavoro su un pacchetto di partenariato globale fondato su cinque pilastri: sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. L’obiettivo di Bruxelles era firmare il memorandum d’intesa sulla partnership prima del vertice dei 27 leader europei di fine giugno. Alla vigilia del Consiglio Ue il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, era pronto a volare a Tunisi per finalizzarlo ma – non senza imbarazzo – ha dovuto annullare la trasferta a causa delle celebrazioni della festa islamica del sacrificio. Il motivo sembra però essere piuttosto l’assenza di un accordo definitivo: “Le discussioni sono ancora in corso“, ha ammesso oggi (14 luglio) la portavoce della Commissione Ue, Dana Spinant.
    In base ai termini attuali dell’accordo, l’Ue sarebbe pronta a mobilitare immediatamente 150 milioni di euro di supporto al budget di Tunisi e 105 milioni per la gestione della migrazione, di cui 60 per il controllo dei confini. E 900 milioni di euro di assistenza macrofinanziaria, vincolati allo sblocco del maxiprestito da 1,9 miliardi che il Fondo Monetario Internazionale sta negoziando con Saied dallo scorso ottobre. In cambio dell’impegno del presidente tunisino a continuare a fermare le partenze dei barconi e a trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire le persone migranti che arrivano in modo irregolare, che verrebbero sottoposte alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. Le persone migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia.
    L’accordo con Saied e le violazioni dei diritti umani in Tunisia
    Ma una fetta importante della popolazione locale non vuole le persone migranti subsahariane. E il populista Saied lo sa, tant’è che da mesi soffia sul fuoco del malcontento nazionale con pericolose dichiarazioni pubbliche. A febbraio aveva evocato la teoria complottista della sostituzione etnica, per poi ribadire a più riprese che la Tunisia “non accetterà mai di essere il guardiano dei confini di nessun Paese, né accetterà l’insediamento di migranti sul proprio territorio”. Da settimane si succedono episodi di violenza nei confronti di persone migranti, soprattutto nella zona di Sfax, città da cui partono la maggior parte delle imbarcazioni dirette verso l’Italia. E le autorità tunisine, per abbassare la tensione, stanno deportando centinaia di migranti verso la zona desertica al confine con la Libia, lasciandoli alla mercé di gruppi armati e trafficanti.
    La prima ministra italiana, Giorgia Meloni, e il presidente della Tunisia, Kais Saied, a Tunisi (11 giugno 2023)
    C’è da chiedersi se l’Unione Europea chiuderà un occhio sul rispetto dei diritti umani, mettendoli sull’altare della riduzione della pressione migratoria ai propri confini. Bruxelles è già stata avvisata dall’inviato speciale per il Mediterraneo Centrale e Occidentale dell’Unhcr, Vincent Cochetel, sul fatto che qualsiasi accordo sulla migrazione con Saied “deve essere fermato senza un effettivo rispetto dei diritti di migranti e richiedenti asilo”. Dalla Commissione Ue assicurano che “il partenariato con la Tunisia è basato ovviamente sul rispetto dei diritti dell’uomo e della dignità dei migranti” e che l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, è pronto a sollevare il tema in occasione del prossimo Consiglio d’Associazione Ue-Tunisia. Che potrebbe tenersi entro la fine dell’anno, ma ancora non c’è alcuna data.

    L’obiettivo iniziale era di finalizzare l’accordo prima del Consiglio Europeo di fine giugno, ma la data continua a slittare. Nel Paese nord-africano aumentano le tensioni tra popolazione locale e persone migranti subsahariane: per l’Unhcr l’Ue non può ignorare il rispetto dei diritti umani