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    Von der Leyen e Meloni insieme in Egitto in vista della firma di un partenariato strategico sul modello Tunisia

    Bruxelles – Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni voleranno insieme al Cairo domenica 17 marzo per portare avanti le trattative con Abdel Fattah al-Sisi sulla firma di un partenariato strategico Ue-Egitto. I dettagli erano già stati discussi a Bruxelles lo scorso gennaio, in occasione del decimo Consiglio di Associazione tra i due partner, quando il commissario Ue per l’Allargamento, Oliver Várhelyi, aveva previsto la chiusura dell’accordo entro fine febbraio.I tempi sono maturi. Con la presidente della Commissione europea e la premier italiana ci saranno anche i primi ministri di Belgio e Grecia, Alexander De Croo e Kyriakos Mītsotakīs. In replica di quell’approccio Team Europe che l’estate scorsa – in quell’occasione, con von der Leyen e Meloni c’era il premier olandese Mark Rutte – convinse il presidente tunisino Kais Saied a firmare il Memorandum d’Intesa Ue-Tunisia. Oggi (8 marzo) la portavoce della Commissione europea, Veerle Nuyts, non si è sbilanciata, limitandosi a confermare che la delegazione Ue sarà al Cairo “nell’ambito delle discussioni sul rafforzamento della partnership Ue-Egitto”.Ursula von der Leyen e Abdel Fattah al-Sisi al Cairo nel  luglio 2022Il partenariato Ue-Egitto si baserà su sei pilastri di “interesse reciproco”, avevano illustrato Várhelyi e il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, già il 23 gennaio. Relazioni politiche, stabilità economica, investimenti e commercio, migrazione e mobilità, sicurezza e demografia, e soprattutto cooperazione energetica. Perché se il Memorandum con la Tunisia ruota maggiormente intorno alla gestione delle frontiere e alla cooperazione in materia migratoria, per l’Egitto – un Paese che già ospita sul suo territorio oltre 9 milioni di migranti – le sfide e le opportunità sono differenti. “Il potenziale dell’Egitto in termini di elettricità verde è difficile da eguagliare”, aveva ammesso il commissario Ue: Bruxelles è particolarmente interessata all’enorme bacino energetico del Paese nordafricano, non solo in termini di gas ma anche di energia rinnovabile.L’Ue è già impegnata con l’implementazione del piano economico e di investimento per l’Egitto, che prevede la mobilitazione di 9 miliardi di euro in investimenti nei settori alimentare, idrico ed energetico, nel periodo 2021-2027. E per il quale sono già stati mobilitati 5,8 miliardi di euro. Dal punto di vista egiziano, rafforzare la partnership con Bruxelles non è altro che la conseguenza naturale del fatto che già oggi l’Ue è il primo partner commerciale del Cairo: i 27 del blocco Ue coprono oltre un quarto di tutti gli scambi dell’Egitto.

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    Presentato a Roma il Piano Mattei. Meloni: Futuro Europa-Africa interconnesso

    Roma – Roma apre le porte del Sentato al vertice Italia-Africa, il primo appuntamento internazionale che l’Italia ospita da quando ha assunto la Presidenza del G7. Qui, la premier Giorgia Meloni presenta ai capi di stato e di governo africani il Piano Mattei. L’obiettivo, di medio e lungo periodo, spiega, è quello di dimostrare che “siamo consapevoli di quanto il destino dei nostri due continenti, Europa e Africa, sia interconnesso. E che possiamo crescere insieme”.In emiciclo, a sostenere il progetto, siedono i vertici delle Istituzioni europee, Ursula von der Leyen, Charles Michel, Roberta Metsola.“Vogliamo costruire una cooperazione da pari a pari, nella quale l’Europa deve rifiutare l’approccio paternalistico che ha spesso dimostrato, lontana da qualsiasi tentazione predatoria, ma anche da quell’impostazione ‘caritatevole’ che mal si concilia con le sue straordinarie potenzialità di sviluppo del Continente”, ribadisce Meloni.La premier incassa il plauso del presidente del Consiglio Europeo, Michel: “Il piano si inserisce nel paradigma delle relazioni che vogliamo tessere con l’Africa, con il principio di una partnership tra pari, con rispetto e fiducia”, afferma.Si dice grata a Meloni anche la presidente della Commissione europea, von der Leyen, per aver posto la cooperazione con l’Africa “al centro della sua politica estera e della sua presidenza del G7”.  Considera il nuovo Piano “un importante contributo a questa nuova fase del nostro partenariato, complementare al Global Gateway europeo”. Il Global Gateway è la strategia di investimento da 300 miliardi di euro nei Paesi terzi, di cui circa la metà destinati all’Africa. von der Leyen insiste sul fatto che si tratta di “un momento di intensa e rinnovata cooperazione tra Africa ed Europa. Perché i nostri interessi sono più che mai allineati. Dobbiamo tutti passare all’energia pulita e adattarci al cambiamento climatico. Abbiamo tutti bisogno di formare la nostra forza lavoro per i lavori di domani”, ha aggiunto.La presidente italiana del consiglio vuole ripartire dall’intuizione di Enrico Mattei, che amava dire che “l’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono”, per, scandisce, “scrivere una pagina nuova nelle nostre relazioni”.Il Piano può contare su 5,5 miliardi tra crediti, operazioni a dono e garanzie: tre arrivano dal Fondo italiano per il clima e due miliardi e mezzo dalle risorse della cooperazione allo sviluppo. A questi, si aggiungeranno quelli che (auspicabilmente) arriveranno dalle Istituzioni finanziarie internazionali, dalle Banche Multilaterali di Sviluppo, dall’Unione Europea e da altri Stati donatori, che già si sarebbero fatti avanti per sostenere progetti comuni. Ma ci sarà anche, entro l’anno, un nuovo strumento finanziario, assieme a Cassa Depositi e Prestiti, per agevolare gli investimenti del settore privato.I pilastri sono cinque: istruzione e formazione, salute, agricoltura, acqua ed energia. “È un piano ambizioso ma estremamente concreto, che partirà da progetti pilota in alcune Nazioni africane per poi estendersi al resto del Continente. Un Piano di interventi con il quale vogliamo dare il nostro contributo a liberare le energie africane, anche per garantire alle giovani generazioni africane un diritto che finora è stato negato: il diritto a non dover essere costretto a emigrare e a recidere le proprie radici”, scandisce Meloni.L’Unione Africana, però, chiede più concretezza e meno chiacchiere. “Non ci accontentiamo di semplici promesse che poi non sono mantenute”, tuona Moussa Faki Mahamat, presidente della Commissione, che lamenta di non essere stato interpellato nella stesura: “Avremmo auspicato di essere consultati, adesso siamo pronti a discutere le modalità”. Il Piano non è una “scatola chiusa, da imporre e calare dall’alto”, ribatte Meloni: è pensato, spiega, come una “piattaforma programmatica aperta alla condivisione e alla collaborazione con le nazioni africane, sia nella fase di definizione sia in quella di attuazione dei singoli progetti”. Dei cinque miliardi e mezzo, Per la prima volta, la Conferenza Italia-Africa (in passato tenuta a livello ministeriale) viene elevata a Vertice e apre alla partecipazione dei Capi di Stato e di Governo. “E’ una scelta che ribadisce la centralità e la rilevanza che l’Italia attribuisce al rapporto con le Nazioni africane”, rivendica la premier.Quello di oggi “non è un punto di arrivo, ma un fondamentale momento di confronto con tutti i vertici del continente africano, per fare sempre di più”, precisa il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Perché, ricorda, “le sfide globali sono tante e sempre più complesse”. Tre guerre e la situazione nel Mar Rosso hanno ricadute non indifferenti “strategiche ed economiche” sui Paesi africani.Uno dei miti che vuole sfatare il programma è che l’Africa sia povera. Nient’altro che una “narrazione distorta”, per Meloni, che ricorda che il continente detiene il 30 per cento delle risorse minerarie del mondo, il 60 per cento delle terre coltivabili. Il 60 per cento della sua popolazione ha un’età inferiore ai 25 anni, questo lo rende anche una terra dalle “enormi potenzialità di capitale umano”, sottolinea. Ma si tratta anche di un continente immenso, che racchiude necessità molto diverse tra loro.Nel settore energetico l’Africa “è un continente che non ha rivali”, conferma la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. “L’Europa ha un problema di approvvigionamento energetico -ricorda – e l’Africa ha il potenziale per essere un fornitore massiccio di energia rinnovabile e verde”. Un discorso che vale anche per le materie prime e le terre rare: “Possiamo crescere insieme, in modo sostenibile, non a spese l’uno dell’altro”.

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    L’unità dell’Ue alla prova della crisi in Medio Oriente. Meloni: “Per sconfiggere Hamas va risolta la questione palestinese”

    Bruxelles – Doveva essere il tema cruciale del vertice dei capi di stato e di governo dell’Ue, il più urgente e potenzialmente il più divisivo. E dalle dichiarazioni dei leader all’ingresso al Consiglio europeo, nel primo pomeriggio di oggi (26 ottobre), la crisi in Medio Oriente è a tutti gli effetti in cima all’agenda. L’imperativo è trovare un linguaggio comune per condannare le violenze contro i civili da entrambe le parti – obiettivo più facile -, ma soprattutto per chiedere l’ingresso e la distribuzione in sicurezza di aiuti umanitari a Gaza.Nel corso di questa settimana le diplomazie Ue hanno limato più volte il paragrafo delle conclusioni del vertice relativo alla richiesta di una pausa umanitaria nell’enclave palestinese. Nell’ultima versione della bozza, quella finita oggi sul tavolo dei leader, si è scelta la formula del “continuo, rapido e sicuro accesso umanitario attraverso tutte le misure necessarie, inclusi corridoi e pause umanitarie“. Ed è stato aggiunto una significativa “condanna nei termini più forti di tutte le violenze e le ostilità contro tutti i civili”. Come spiegato da fonti diplomatiche, tutto sta nel “trovare un linguaggio che non abbia impatti al diritto di Israele a difendersi”. Se sul principio di garantire gli aiuti umanitari alla popolazione civile c’è un consenso generale, i leader hanno mostrato ancora una volta sensibilità differenti sulla questione. A conferma di ciò, la discussione sul primo tema in agenda, è ancora in corso dopo tre ore dall’inizio del vertice.Il primo ministro spagnolo Pedro SanchezDa un lato il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez – che detiene anche la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue -, ha dichiarato chiaramente di volere “un cessate il fuoco”, ma “se non ci sono le condizioni almeno una pausa umanitaria per consegnare gli aiuti”. Il suo omologo belga, Alexander De Croo, ha definito “inaccettabile” l’assedio israeliano a Gaza, perché il diritto di Israele a difendersi “non può mai essere una scusa per privare le persone del necessario per sopravvivere“. D’altra parte il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, seppur assicurando che i 27 “lavoreranno per dare sostegno umanitario ai cittadini di Gaza”, si è concentrato sull’importanza di “chiarire ancora una volta il sostegno a Israele contro il brutale attacco di Hamas”, che ha violato “tutti i principi dell’umanità”. Emblematica la posizione del primo ministro ungherese, Viktor Orban, sulla discussione intorno al cessate il fuoco: alla domanda di un giornalista, Orban ha risposto “Cessate il fuoco? Si, tra Ucraina e Russia si”.Una volta trovato un compromesso sulla richiesta a Israele di concedere delle interruzioni umanitarie per permettere la distribuzione di aiuti a Gaza, su cui il presidente del Consiglio europeo Charles Michel si è detto “fiducioso di arrivare a una buona decisione“, i 27 sono chiamati a ridare vigore all’impegno verso una futura convivenza pacifica nella regione. La presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, ha commentato con lucidità che “uno degli strumenti più efficaci per sconfiggere Hamas sia dare una concretezza e una tempistica alla soluzione della questione palestinese“, dando “maggiore peso all’Autorità nazionale palestinese”. Il vice-premier Antonio Tajani, dal pre-summit del Partito Popolare Europeo a Bruxelles, rilancia ancora più in là la linea del governo: “Bisogna avviare un percorso che porti alla creazione di uno Stato palestinese, che dia una prospettiva alla popolazione palestinese e che tagli l’erba sotto i piedi ad Hamas, che deve essere delegittimata sia da un punto di vista militare, attraverso una sconfitta, sia da un punto di vista politico”, ha dichiarato il ministro degli Esteri.La volontà di ridare vigore al dialogo con l’Autorità Nazionale Palestinese è espressa anche nella bozza delle conclusioni del vertice, oltre all’impegno a “contribuire al processo politico sulla base della soluzione a due Stati”. Un impegno chiarito già nella dichiarazione congiunta dei 27 Paesi Ue del 15 ottobre scorso. Quell’orizzonte, messo nero su bianco trent’anni fa negli accordi di Oslo, non è però mai stato seriamente puntato. Ma, come evidenziato da Meloni, è un “medio termine che non deve più essere considerato come un ‘ne parliamo dopo’”.
    Nell’ultima bozza delle conclusioni l’appello per un “continuo, rapido e sicuro accesso umanitario attraverso tutte le misure necessarie, inclusi corridoi e pause umanitarie”. Per il vicepremier Tajani “Bisogna avviare un percorso che porti alla creazione di uno Stato palestinese”

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    L’Ue sceglie il “modello Tunisia” per i rapporti con il Nord Africa

    Bruxelles – Dopo la (prevedibile) pugnalata degli alleati sovranisti polacchi e ungheresi, che hanno “preso in ostaggio” i 27 opponendosi a oltranza al capitolo sulle migrazioni delle conclusioni del Consiglio europeo, una consolazione per Giorgia Meloni si chiama Tunisia. I capi di Stato e di governo danno infatti la loro benedizione al pacchetto di partenariato globale con Tunisi , “modello per futuri accordi con i Paesi della regione”.
    Il paragrafo dedicato alle relazioni con il vicinato meridionale, non a caso inserito nel capitolo relativo alle ‘Relazioni esterne’ e non in quello ‘Migrazioni’, secondo la premier “racconta di quell’idea di partenariato strategico per i paesi del Nord Africa che per noi è un cambio di passo molto importante sul ruolo dell’Europa nel Mediterraneo di cui l’Italia è stata portatrice in questi mesi“. Messa la polvere sotto il tappeto, cioè l’inpossibilità di mediare con gli amici di della destra europea sui progressi fatti sul Patto sulla migrazione e l’asilo, Meloni rivendica l’affermazione di quell’approccio “tutto italiano” ai rapporti con i vicini del Mediterraneo.
    Il modello Tunisia per i partenariati strategici
    Giorgia Meloni e il presidente tunisino Kais Saied (Ph: Twitter]
    Durante la discussione strategica sul vicinato meridionale, si legge nel documento finale del vertice, è stata sottolineata “l’importanza dello sviluppo e rafforzamento di partenariati strategici tra l’Ue e i partner nella regione”. L’accordo con Tunisi – che ancora non è stato concluso ma su cui Meloni ha assicurato che c’è “disponibilità da entrambi i lati”- è fondato su cinque pilastri: sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. In particolare prevederebbe la mobilitazione immediata di 150 milioni di euro di supporto al budget e 105 milioni per la gestione della migrazione, di cui 60 per il controllo dei confini. E 900 milioni di euro di assistenza macrofinanziaria vincolati allo sblocco del maxiprestito da 1,9 miliardi del Fondo Monetario Internazionale. In cambio sostanzialmente dell’impegno del presidente Kais Saied a continuare a fermare le partenze dei barconi e a trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire i migranti irregolari, che verrebbero sottoposti alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. I migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia.
    Per replicare in altri Paesi accordi con queste cifre, c’è bisogno di maggiori risorse da parte di tutti gli Stati membri. Anche qui, ne è convinta la premier, se si tratterà di fondi destinati alla sola dimensione esterna il consenso a 27 è facilmente raggiungibile. Per questo i 15 miliardi in più per la migrazione proposti da von der Leyen nella revisione del Bilancio pluriennale dell’Unione sono “un buon punto di partenza”, ma sono risorse “che devono essere spese a livello di cooperazione”, per aiutare il continente africano “ad avere un alternativa rispetto a una migrazione di necessità”.
    L’approccio di Meloni è stato sintetizzato in modo telegrafico dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che al suo arrivo al vertice ha dichiarato: “Una crisi oggi significa più migranti domani“. Il laboratorio Tunisia potrà dare una prima risposta. Sempre che i Paesi del Nord Africa accettino, fino a quando l’Ue non riuscirà a prevenire “conflitti e mancanza di prospettive economiche” nel continente, di chiudere le porte di un’Europa che non vuole più migranti sul proprio territorio. Su questo, ha ragione Meloni, sembrano essere tutti d’accordo.

    Al vertice Ungheria e Polonia si mettono di traverso sulle conclusioni sulle migrazioni, che vengono sostituite da una dichiarazione di Charles Michel sulla dimensione esterna. Ma Meloni può incassare il consenso a 27 per l’approccio “tutto italiano” ai rapporti con il vicinato meridionale