More stories

  • in

    Alla conferenza sul Libano raccolto un miliardo per aiuti umanitari e militari. Borrell: “Rafforziamo Unifil e l’esercito regolare”

    Bruxelles – L’appello delle Nazioni Unite a raccogliere 426 milioni di dollari per assistere la popolazione civile libanese è stato raccolto. Più che raddoppiato: Parigi ha annunciato che la conferenza internazionale sul Libano tenutasi oggi (24 ottobre) nella capitale francese ha permesso di mettere insieme più di 800 milioni di aiuti umanitari e 200 milioni per sostenere l’esercito regolare. La comunità internazionale “è stata all’altezza della sfida”, ha esultato il ministro per gli Affari esteri Jean-Noel Barrot. Il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, ha promesso 80 milioni da Bruxelles per l’assistenza ai civili e 60 milioni per l’esercito entro il 2025.A dare il buon esempio il padrone di casa, Emmanuel Macron, che aprendo i lavori ha annunciato un pacchetto “massiccio” da 100 milioni di euro per Beirut. A cui ha fatto seguito il governo tedesco, che si è impegnato a “fornire un totale di 96 milioni di euro aggiuntivi per far fronte alla crisi in Libano”. Alla conferenza di Parigi hanno partecipato ministri e diplomatici da oltre 70 Paesi e una quindicina di organizzazioni internazionali. Per l’Italia era presente il Sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli, su delega del ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnato oggi a Pescara per il G7 Sviluppo a guida italiana.Il primo ministro libanese, Najib Mikati, e Emmanuel Macron (Photo by ALAIN JOCARD / POOL / AFP)Macron ha inaugurato la conferenza ribadendo l’appello per un cessate il fuoco “il prima possibile”, perché “più, bombe, devastazione e vittime non permetteranno di sconfiggere il terrorismo e di assicurare la sicurezza di nessuno”. Il presidente francese ha attaccato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, affermando che “si parla molto di guerra di civiltà”, ma “non sono sicuro che si difenda una civiltà seminando la barbarie“. Al suo fianco, il primo ministro libanese Najib Mikati ha snocciolato i tristi numeri del conflitto tra Hezbollah e Israele: 2400 vittime libanesi e 1,2 milioni di sfollati, di cui 500 mila minori. Ma anche “gravi danni alle infrastrutture” ed attacchi mirati a “presidi medici che mostrano una chiara violazione della Convenzioni di Ginevra”.L’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, ha ribadito il “pieno sostegno alla nazione libanese per ripristinare la sua sovranità” e sottolineato la totale assenza di proporzionalità nell’azione militare di Israele. Alla conferenza, Borrell ha presentato i punti per un effettivo sostegno a Beirut. Prima di tutto il cessate il fuoco, per il quale serve “combattere l’impunità” e far sì che “tutti gli attori rispettino il diritto internazionale”. Fondamentale che la leadership politica libanese “si assuma le proprie responsabilità ed elegga il presidente della Repubblica”, dal momento che il mandato di Michel Aoun è scaduto da più di due anni.Parallelamente, Borrell è determinato a rafforzare l’esercito libanese, che “dopo il cessate il fuoco dovrà essere dispiegato nel sud del Paese”. Per realizzare il piano annunciato da Beirut e aumentare di 6 mila unità le proprie truppe, l’Ue è pronta a mettere sul piatto 20 milioni di euro già entro la fine dell’anno e 40 milioni per il 2025. Il capo della diplomazia Ue è convinto che bisogna allo stesso tempo rafforzare la missione delle Nazioni Unite Unifil, vittima di continue provocazioni e attacchi da parte delle forze israeliane. “Alla frontiera abbiamo dieci mila uomini – ha affermato Borrell -, ma potremmo averne fino a 15 mila, il numero autorizzato da Unifil”.Alla conferenza è intervenuto da remoto anche il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha chiarito un’altra volta che “gli attacchi contro i caschi blu sono totalmente inaccettabili” e “possono costituire un crimine di guerra”. D’altra parte, Guterres ha invitato “i leader libanesi ad adottare misure risolute per garantire il corretto funzionamento delle istituzioni statali al fine di affrontare le urgenti sfide politiche e di sicurezza del Paese”.

  • in

    Tra cessate il fuoco e l’embargo sulle armi a Israele, il Libano infiamma gli eurodeputati italiani

    Bruxelles – Il Libano continua a far preoccupare in Unione Europea. Dopo le conclusioni del Consiglio dell’Ue della scorsa settimana, con ferma condanna degli attacchi israeliani alla missione Unifil e la reiterata richiesta di cessate il fuoco, la palla passa alla plenaria dell’Europarlamento.“Il Consiglio europeo ha ricordato la necessità di assicurare che i civili siano protetti in ogni momento, che le infrastrutture civili non siano prese di mira e che il diritto internazionale sia rispettato”, ha dichiarato in plenaria il Commissario per la gestione delle crisi, Janez Lenarcic, aggiungendo: “I recenti incidenti che hanno colpito la popolazione civile e Unifil rendono ancora più urgente il cessate il fuoco“. Lenarcic ha ricordato l’impegno europeo nella zona, che comprende la richiesta di attivazione del Meccanismo di protezione civile Ue e il rilascio di 10 milioni di euro per i civili colpiti dall’escalation nell’area.“È ora di avviare un’iniziativa europea per la pace con un impegno diretto e di altissimo livello: rilascio immediato degli ostaggi israeliani, cessate il fuoco a Gaza e in Libano a tutela di tutte le popolazioni, per riaprire un processo diplomatico e costruire una soluzione politica, unica garanzia per una pace duratura”, è il commento di Nicola Zingaretti, eurodeputato di S&d, capo delegazione del Pd. L’escalation in Medio Oriente, per Zingaretti, è un atto che “minaccia le stesse fondamenta, anche giuridiche, dell’attuale sistema internazionale”.“Pretendiamo da tutti il rispetto delle truppe Unifil“, dice Carlo Fidanza di Ecr. La condanna agli attacchi alle truppe Onu è chiara, come anche il supporto alla richiesta di cessate il fuoco per ridurre la tensione nell’area. Da Ecr, arriva una stoccata sulla migrazione, tema tanto caro alla destra italiana e tanto discusso negli ultimi giorni in Ue. “L’Ue deve farsi carico della situazione drammatica non soltanto degli sfollati interni al Libano, ma anche dei rifugiati siriani, ai quali dobbiamo assicurare un pronto e sicuro ritorno in Siria, per scongiurare una nuova ondata di immigrazione”, che, per Fidanza, l’Ue allo stato di cose attuali non potrebbe gestire.Sempre da Ecr, arriva il commento di Giovanni Crosetto: “Gli attacchi alle basi Onu preconfigurano violazioni del diritto internazionale”. L’eurodeputato ribadisce il fermo supporto al “diritto di esistere” di Israele e la condanna al terrorismo islamico, dovendo al contempo garantire ad Unifil di poter “esercitare deterrenza” per permettere all’Onu di non perdere la propria credibilità. Posizione difficile da articolare per la destra italiana, che si deve barcamenare tra il supporto a Israele e quello ad Unifil, mentre il primo deliberatamente attacca i caschi blu dell’Onu.La diplomazia e il ruolo dell’Ue come potenziale forza stabilizzatrice in Medio Oriente sono al centro della visione del gruppo dei popolari. Il diritto alla difesa di Israele deve essere bilanciato rispetto al diritto internazionale, per l’europarlamentare di Ppe Salvatore De Meo. “La scomparsa del capo di Hamas (n.d.r., Yahya Sinwar, ucciso pochi giorni fa) rappresenta un’opportunità per spingere per il cessate il fuoco”, dice De Meo, che ribadisce l’importanza di “una soluzione a lungo termine”, cioè quella dei due stati.Una critica forte alla maggioranza dell’Europarlamento arriva dalla Sinistra. L’europarlamentare Danilo Della Valle chiede in plenaria: “Cosa deve accadere ancora prima che l’Unione Europea decida chiaramente di smettere il velo dell’ipocrisia e dei doppi standard?“.“L’Unione Europea deve approvare l’embargo di armi ad Israele e deve sostenere la Corte di giustizia internazionale”, dice Della Valle, che richiama l’attenzione sull’assenza di una risoluzione che apertamente si schieri contro il governo Netanyahu.  La critica all’ambiguità delle posizioni Ue nei confronti di Israele è una linea netta per il gruppo della Sinistra. In altri interventi, è emersa la perplessità che aleggia attorno agli stretti rapporti commerciali Ue-Israele, che si uniscono all’assenza di azioni (si legga, condanne e prese di posizione nette) da parte di Bruxelles.Discussione impegnativa alla plenaria, che il Commissario Lenarcic chiude facendo dei chiarimenti. Respinta qualsiasi illazione sul finanziamento dell’Unione ad Hamas, che Lenarcic definisce “un’accusa molto grossolana”. E in modo altrettanto secco arriva la risposta sull’intervento della Commissione riguardo all’embargo di armi a Israele: “La cooperazione militare tra gli Stati membri e gli stati terzi non rientra nelle competenze dell’Unione“. In sostanza, la questione va risolta a livello nazionale.Molti europarlamentari soffrono la posizione soft dell’Unione Europea. Lascia con l’amaro in bocca la domanda di Lynn Boylan della Sinistra: “Come siamo arrivati al punto in cui bruciare vivi i pazienti nei loro letti d’ospedale non è una linea rossa per l’Ue? Dov’è la bussola morale dell’Ue?”. Ancora più amara, è la constatazione della compiacenza europea, che ha chiuso un occhio (anche due) sulle violazioni dei diritti umani in Medio Oriente per più di un anno e si è scossa dal torpore ora, proprio quando Netanyahu ha dimostrato di non temere nemmeno l’Onu.

  • in

    L’Ue si riscopre unita nei confronti degli attacchi di Israele all’Onu: “Il suo comportamento è sempre meno tollerato”

    Bruxelles – È tardi, visto l’inaccettabile numero di vittime civili e di atroci sofferenze causate in un anno di conflitto in Medio Oriente. Ma l’Ue sta perdendo la pazienza nei confronti di Israele. I capi di stato e di governo dei 27, riuniti a Bruxelles per il Consiglio europeo, hanno condannato le azioni di Tel Aviv su più fronti: l’allargamento dei raid in Libano, la disastrosa situazione umanitaria a Gaza, gli attacchi militari ai contingenti dell’Unifil e verbali alle Nazioni Unite, le crescenti violenze in Cisgiordania. “Il comportamento di Israele è sempre meno tollerato in sala”, ha ammesso un funzionario Ue nel corso del summit.Sul vertice è piombata inevitabilmente la notizia della morte di Yahya Sinwar, il leader politico di Hamas ritenuto la mente degli attacchi del 7 ottobre 2023, ucciso dalle forze di difesa israeliane in un campo profughi a Rafah. “La sua morte indebolisce certamente in modo significativo Hamas”, ha affermato Ursula von der Leyen durante la conferenza stampa a margine del Consiglio europeo. Ma, forse per questioni puramente tempistiche, i leader non hanno approfittato della morte di Sinwar per rafforzare ulteriormente la richiesta di mettere fine alle ostilità.Il leader politico di Hamas, Yahya Sinwar (Photo by MAHMUD HAMS / AFP)Nelle conclusioni adottate dai 27, nessun riferimento al vertice politico di Hamas. “Una svolta importante che dobbiamo cogliere”, ha però evidenziato Emmanuel Macron, secondo cui l’uccisione di Sinwar “apre nuovi orizzonti politici“. Dello stesso avviso Giorgia Meloni, che in una nota si è detta convinta “che ora si debba iniziare una nuova fase“: quella del rilascio degli ostaggi, dell’immediato cessate il fuoco e dell’avvio della ricostruzione a Gaza.I leader Ue, come da un anno a questa parte, hanno riconosciuto il “diritto di Israele all’autodifesa” contro Hamas ed Hezbollah, i principali gruppi armati foraggiati dall’Iran. Per Bruxelles è Teheran la più “grave minaccia alla stabilità regionale“, come dimostrato dall’attacco verso Israele del primo ottobre scorso. Una volta messo in chiaro questo punto, i 27 si sono dimostrati insolitamente fermi e uniti nella dura critica al comportamento militare e diplomatico tenuto da Tel Aviv. “Sempre più leader sollevano la questione di cosa fare affinché Israele cambi atteggiamento, perché la preoccupazione e la discussione non sono sufficienti”, ha spiegato una fonte Ue.Al suo arrivo a Bruxelles ieri mattina, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, aveva chiesto che i leader “prendessero sul serio” gli attacchi sferrati su “tutti i fronti” contro il sistema della Nazioni Unite dal governo di Benjamin Netanyahu. E così è stato.Per quanto riguarda il Libano, i 27 “condannano la perdita di vite civili e lo sfollamento forzato causati dall’escalation di violenza e dagli attacchi indiscriminati” e ribadiscono che “la sovranità e l’integrità territoriale del Libano devono essere rispettate”. Gli attacchi israeliani all’Unifil “costituiscono una grave violazione del diritto internazionale” e “devono cessare immediatamente”. I capi di stato e di governo Ue affermano il “pieno e incondizionato sostegno al Segretario generale delle Nazioni Unite”, sottolineano “il ruolo essenziale dell’Onu e delle sue agenzie, in particolare dell’Unrwa”. E “condannano qualsiasi tentativo di ostacolare la capacità dell’agenzia di svolgere il proprio mandato”.Su Gaza e in Cisgiordania, il Consiglio europeo “deplora il numero inaccettabile di vittime civili, soprattutto donne e bambini” e “i livelli catastrofici di fame e l’imminente rischio di carestia causati dall’insufficiente ingresso di aiuti”. E ricorda “la necessità di dare piena attuazione agli ordini della Corte internazionale di giustizia”. Nelle conclusioni del vertice c’è anche un significativo invito a “portare avanti i lavori su ulteriori misure restrittive contro i coloni estremisti e contro le entità e le organizzazioni che li sostengono”.Ursula von der Leyen e Charles Michel in conferenza stampa a margine del Consiglio europeo, 17/10/24Parallelamente, l’Ue è unita nel sostegno all’Autorità palestinese (Anp). Come sottolineato da von der Leyen, la soluzione dei due Stati “può essere raggiunta solo con un’Autorità palestinese stabile e riformata”. L’Anp ha bisogno di un sostegno d’emergenza e di un “piano a lungo termine”, per il quale la presidente della Commissione europea ha chiesto “uno sforzo collettivo a livello politico e finanziario”. Nel documento conclusivo del vertice, si legge inoltre che “un percorso credibile verso la statualità palestinese è una componente cruciale” del processo politico verso la soluzione dei due Stati.Quel che manca – un’altra volta – nelle conclusioni, è su quali leve spingere per far sì che Israele rientri nei paletti del diritto internazionale. Durante il vertice, è stato fatto il punto sull’Accordo di associazione Ue-Israele, la cui eventuale sospensione – richiesta da mesi da Spagna e Irlanda – avrebbe delle importanti ricadute sull’economia israeliana: “Il dibattito è iniziato a livello di ministri degli Affari esteri e non ho dubbi che continuerà nelle prossime settimane”, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.A quanto si apprende, non è invece stata discussa la possibilità di interrompere la fornitura di armi a Tel Aviv. L’embargo sulle armi è una prerogativa dei singoli Paesi membri, ma l’Ue potrebbe imporlo introducendo apposite sanzioni, come fatto ad esempio con la Russia. L’idea, osteggiata in particolare dalla Germania, è stata suggerita più volte negli ultimi giorni da Parigi. “Non si può chiedere il cessate il fuoco e continuare a fornire armi a Israele“, ha dichiarato ancora ieri sera Macron.

  • in

    L’Ue ai Paesi del Golfo: “Più fermezza contro Putin”. Il mondo arabo: “Riconoscete la Palestina”

    Bruxelles – Da una parte l’invito a più fermezza nella risposta alle manovre militari russe in Ucraina, dall’altra parte l’invito a fare di più per la Palestina e la causa palestinese. Unione europea e Paesi del golfo arabico provano a rafforzare le proprie relazioni, ma sul piano politico il primo approccio è di quelli che mostrano distanze e difficoltà a capirsi e intendersi. Un dialogo da costruire, certo, che inizia però all’insegna di richieste fugate. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, esorta i partner extra-europei a considerare un cambio di rotta nei confronti di Mosca. “L’aggressione della Russia qui in Europa è molto sentita, e so quanto anche per voi il concetto di sovranità sia importante”, premette ai rappresentanti dei Paesi arabi: “I conflitti attorno a noi richiedono una risposta tempestiva“.Von der Leyen tocca un tema per l’Ue cruciale, quello di un sostegno incondizionato all’Ucraina e la necessità di mettere il presidente russo Vladimir Putin all’angolo. Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi hanno sostenuto la risoluzione dell’Assemblea generale della Nazioni Unite che condanna l’aggressione russa, ma il fare affari con Mosca è qualcosa che genera malumori al blocco dei Ventisette, che ricevono un impegno di circostanza e una risposta molto evasiva.“Noi riconosciamo la carta Onu, e siamo quindi per la difesa dell’integrità territoriale”, scandisce l’emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani. “Il consiglio dei Paesi del golfo sostiene chiunque cerca una soluzione pacifica del conflitto“, aggiunge, senza però specificare quali dovrebbero essere le condizioni di una pace tra Russia e Ucraina. Dichiarazioni evasive a cui si aggiunge la richiesta politica del blocco del golfo persico per l’Ue: riconoscere la Palestina.“Ringrazio tutti quelli che riconoscono la Palestina come Stato, e chiedo altri di fare altrettanto“, scandisce il leader qatariota. Parole che servono a ricordare all’Europa degli Stati come al netto degli impegni e dei proclami del Vecchio continente, l’ipocrisia di fondo percepita nel golfo persico si annida nella contraddizione tra chi dice di volere una soluzione a due Stati e chi ancora – più della metà dei 27 – non ha riconosciuto la Palestina come Stato.Non un dialogo tra sordi, tutt’altro. Due mondi distanti che cercano un riavvicinamento, non semplice, fatto di priorità e sensibilità diverse per cultura, storia, geografia. Non sarà semplice, e a Bruxelles, dove si ospita il primo summit di questo tipo, lo sanno bene. Von der Leyen è consapevole della portata del primo vertice Ue-Paesi del golfo. “La vostra presenza è storica”, segno che oggi “ci vediamo l’un l’altro come partner strategici”. Però, aggiunge, “per essere partner strategici bisogna ascoltarsi, impegnarsi per un altro futuro, fidarsi”. La fiducia è tutta da trovare e da costruire. La vera sfida è questa, e le premesse, però, non sembrano delle più incoraggianti.L’Europa insiste su Putin, i Paesi arabi del golfo rispondono con la questione israelo-palestinese e l’implicita richiesta di ricalibrare il peso politico più sulla parte araba e meno su quella israeliana. Per il segretario generale del Consiglio di cooperazione dei Paesi arabi del golfo, Jasem Mohamed Albudaiwi, “il futuro della nostra cooperazione è promettente”. L’esordio sembra però suggerire, se non l’esatto contrario, un percorso piuttosto tortuoso.

  • in

    Libano, scatta il ponte aereo umanitario dell’Ue

    Bruxelles – Via con il ponte aereo umanitario per il Libano. L’Unione europea si attiva per venire incontro alle esigenze della popolazione a seguito del deterioramento della situazione all’interno del Paese, e cercare così di puntellare uno Stato la cui stabilità è chiave per l’ordine regionale. Beni di prima necessità saranno inviati al Paese dei cedri attraverso tre voli da Dubai e Brindisi, il primo dei quali arriverà a Beirut l’11 ottobre. Obiettivo di questo ponte aereo umanitario la fornitura di articoli per l’igiene, prodotti medico-sanitari, medicinali coperte. Tutti beni forniti attraverso le scorte di proprietà dell’Ue, fanno sapere i servizi della Commissione europea.Tutte le forniture intendono offrire un sostegno “in particolare” agli sfollati. Sale così a 104 milioni di euro il contributo dell’Ue per gli aiuti umanitari per il Libano. Il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell’Ue rimane in stretto contatto con gli Stati membri e i partner umanitari per mobilitare ulteriori offerte. Il ponte aereo umanitario dell’Ue per il Libano è solo un ultimo tassello di una mobilitazione già offerta attraverso il meccanismo di protezione civile dell’Unione europea, con aiuti provenienti da Spagna, Slovacchia, Polonia, Francia e Belgio che sono già stati consegnati la scorsa settimana. Ulteriori aiuti dalla Grecia sono previsti “nei prossimi giorni”, fa sapere la Commissione europea.

  • in

    L’Eurocamera alza bandiera bianca sul Medio Oriente. Niente risoluzione sull’escalation in Libano

    Bruxelles – Sul conflitto tra Israele e Hamas, l’Unione europea non è in grado di parlare in modo corale e con una voce unica. L’hanno dimostrato i leader immediatamente dopo l’attacco terroristico del 7 ottobre, con le fughe in avanti di Ursula von der Leyen non coordinate con il responsabile per gli Affari Esteri, Josep Borrell. L’hanno dimostrato i capi di stato e di governo dei 27, che si sono beccati per mesi sui termini esatti con cui chiedere una pausa nelle ostilità. Alla fine, getta la spugna anche il Parlamento europeo, che nella sessione plenaria del 7-10 ottobre rinuncia a trovare una sintesi comune sull’escalation del conflitto in Libano.Eppure, l’occasione – e l’urgenza – ci sarebbe eccome. Lunedì 7 ottobre marcherà il primo anniversario del conflitto e gli eurodeputati “discuteranno dell’attacco di Hamas che ha ucciso 1.200 israeliani e ha innescato la guerra a Gaza”. Martedì, un secondo dibattito sul Medio oriente sarà incentrato sugli ultimi sviluppi in Libano e sull’allargamento delle ostilità all’Iran. Ma la conferenza dei Presidenti, l’organo che riunisce i leader dei gruppi politici e la presidente dell’Eurocamera e che fissa l’agenda della sessione plenaria, ha deciso che entrambi i dibattiti non prevederanno una risoluzione comune da mettere ai voti.Troppo divisivo il tema, meglio non darsi battaglia su un testo che potrebbe alla fine non piacere a nessuno. Ma il paradosso è che tutti a Bruxelles sono d’accordo sul fatto che l’Unione europea dovrebbe far sentire il proprio peso sulla crisi in Medio oriente e giocare un ruolo di rilievo per una soluzione diplomatica.Ne è convinta Annalisa Corrado, eurodeputata del Partito democratico, secondo cui “avere una risoluzione sarebbe molto importante” perché “c’è necessità che l’Ue faccia sentire la propria voce in maniera forte”. Dello stesso avviso Ignazio Marino, capodelegazione dei Verdi italiani a Bruxelles: “È vergognoso che non ci sia una risoluzione”, ha dichiarato l’ex sindaco di Roma, avvertendo che “l’assoluta timidezza dell’Europa la condannerà a essere insignificante“. Anche Valentina Palmisano, eurodeputata del Movimento 5 Stelle, ha criticato la mancanza di coraggio dei colleghi all’Eurocamera quando si tratta di trovare le parole giuste per deplorare tanto il terrorismo di Hamas ed Hezbollah quanto “gli attacchi fondati sul terrore” di Israele a Gaza. “Mi piacerebbe che l’Europa non avesse timore a condannare questi atti”, ha affermato Palmisano.Ha ridimensionato la questione Giovanni Crosetto, deputato europeo di Fratelli d’Italia, secondo cui la mancanza di un testo comune nonostante i due dibattiti si spiega un po’ perché “siamo in un momento di transizione della legislatura”, un po’ perché “siamo in un momento di escalation e non è facile esprimersi”.L’ultima volta che il Parlamento europeo ha detto la sua sul Medio Oriente è stato all’indomani della rappresaglia dell’Iran contro Israele per il bombardamento del consolato iraniano a Beirut, nell’aprile 2024. Gli eurodeputati avevano condannato fermamente il lancio di droni e missili da parte di Teheran verso il territorio israeliano, e criticato la violazione del sito diplomatico iraniano da parte di Tel Aviv. Ma il difficile viene quando si parla della carneficina israeliana a Gaza. Lo scorso gennaio, gli eurodeputati si erano faticosamente accordati – e non senza polemiche – su un testo dettato dai popolari, che chiese il cessate il fuoco nella Striscia a condizione che venissero rilasciati tutti gli ostaggi israeliani e smantellata Hamas.Se Gaza è il problema, tanto meglio levare ogni riferimento all’enclave palestinese. Non si può non notare che in entrambi i titoli dei dibattiti che si terranno nell’Aula di Strasburgo manca del tutto la parola ‘Gaza’. Anche su questo, l’Eurocamera ha bisticciato. I socialdemocratici avevano chiesto di citare l’enclave palestinese almeno nel titolo del dibattito sugli sviluppi in Libano e nella regione, ma l’estrema destra e i popolari si sono opposti.

  • in

    Dall’Ue la “ferma condanna” all’attacco missilistico dell’Iran in Israele. Tel Aviv sposta nuove truppe in Libano

    Bruxelles – “Ferma condanna” per un’azione che “minaccia la stabilità regionale”. I leader Ue scelgono le loro parole in fotocopia e puntano il dito contro l’attacco missilistico lanciato ieri sera (1 ottobre) dall’Iran contro Israele. Questa volta, nessun Paese membro si mette di traverso – come accaduto l’altra sera per l’azione militare israeliana in Libano – e l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, può dichiarare a nome dei 27 che “l’Ue ribadisce il suo impegno per la sicurezza di Israele“.Il regime di Teheran ha scagliato circa 200 missili balistici verso il territorio israeliano, un attacco minacciato diverse volte dagli ayatollah iraniani nei giorni scorsi, e che l’intelligence americana aveva preventivato con qualche ora di anticipo. Con il supporto di Washington e Londra, Israele ha intercettato la maggior parte dei missili lanciati nell’attacco, che non sembra aver causato danni rilevanti a cose e persone. Ma che innesca inevitabilmente una nuova escalation tra Tel Aviv e Teheran.“L’Iran ha commesso un grave errore questa notte e ne pagherà il prezzo. Rispetteremo ciò che abbiamo stabilito, chiunque ci attacchi, noi attaccheremo”, ha immediatamente annunciato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. D’altra parte, Teheran ha risposto che reagirà “con maggiore intensità” attaccando “tutte le infrastrutture israeliano” in caso di una rappresaglia militare da parte di Israele. Secondo lo Stato maggiore iraniano, il “90 per cento dei missili” avrebbe raggiunto gli obiettivi. In un post su X, il neo-presidente Masoud Pezeshkian ha dichiarato che “la risposta decisiva all’aggressione del regime sionista” è stata lanciata “sulla base dei diritti legittimi e con l’obiettivo della pace e della sicurezza per l’Iran e per la regione”. E ha poi avvertito: “Non entrate in conflitto con l’Iran”.Questa mattina, le forze di difesa israeliano hanno annunciato che ulteriori truppe si stanno dirigendo nel sud del Libano per ampliare l’invasione di terra e hanno ripreso a bombardare il sud di Beirut. Secondo il Times of Israel, dal Libano sono stati lanciati oltre cento razzi verso il nord di Israele. Ad ogni dimostrazione militare ne segue una nuova, più pesante di quelle precedenti, in un vortice di distruzione che ormai colpisce tutta la regione. Dal punto di vista iraniano, Israele ha violato la sovranità della Repubblica islamica già in aprile, quando bombardò l’ambasciata di Teheran a Damasco, e quella del Libano, invadendo il sud del Paese e lanciando l’offensiva contro Hezbollah, la cui ala militare è foraggiata proprio dall’Iran. Secondo la logica di Israele, tutto è cominciato il 7 ottobre, con gli attacchi terroristici perpetrati da Hamas e i lanci di razzi da parte di Hezbollah, e non fa altro che esercitare il proprio diritto alla legittima difesa.I pesi massimi dell’Ue hanno “condannato fermamente” l’attacco dell’Iran. Ursula von der Leyen ha “esortato tutte le parti a proteggere la vita di civili innocenti”, ribadendo la richiesta di “un cessate il fuoco al confine con il Libano e a Gaza e il rilascio di tutti gli ostaggi detenuti da quasi un anno”. Charles Michel ha parlato di una “spirale mortale di escalation in Medio Oriente”, di “una guerra regionale che non è nell’interesse di nessuno”. Per Borrell, in una nota a nome dei 27 Paesi Ue, siamo di fronte “ancora una volta” a “un pericoloso ciclo di attacchi e ritorsioni” che “rischia di alimentare un’incontrollabile escalation regionale che non è nell’interesse di nessuno”.Lo scorso 30 settembre, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il ministro degli Esteri della Giordania, Ayman Safadi, ha dichiarato: “Il primo ministro Netanyahu sostiene che Israele è circondato da nemici che vogliono distruggerlo. Con il mandato di 57 Paesi arabi e musulmani, posso dire in modo inequivocabile che tutti noi vogliamo garantire la sicurezza di Israele, se Israele porrà fine all’occupazione e permetterà la creazione di uno Stato palestinese indipendente“. Ma – com’è ben noto – il governo israeliano si oppone fermamente alla soluzione dei due Stati. Safadi ha incalzato la comunità internazionale: “Riuscite a chiedere a Netanyahu qual è la loro soluzione? A parte nuove guerre e nuova distruzione?”.Per ora, gli Stati Uniti hanno supportato incondizionatamente – al di là del già dimenticato piano Biden per il cessate il fuoco a Gaza – l’azione militare israeliana. L’Ue è immobile, ingabbiata nelle diverse sensibilità e convinzioni politiche dei 27 su un conflitto che è anche altamente ideologico. Sull’indifendibile regime iraniano, Bruxelles conta decine di pacchetti di sanzioni, per le violazioni dei diritti umani, per il suo programma nucleare e per il supporto militare alla Russia e ai gruppi estremisti in Medio Oriente. Ma sul governo di Netanyahu, che accusa di antisemitismo chiunque faccia presente le palesi violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, a Gaza come in Cisgiordania e in Libano, l’Ue è ferma al palo. Alla richiesta, messa in un cassetto da Tel Aviv, di convocare un Consiglio di Associazione per discutere il rispetto dei diritti umani previsto dall’Accordo Ue-Israele.

  • in

    “Riportate a casa gli ostaggi”: lo sciopero generale in Israele contro Netanyahu

    Bruxelles – Era da prima del 7 ottobre dell’anno scorso, e prima della conseguente guerra nella Striscia di Gaza, che non si vedeva in Israele una protesta così partecipata. Nel weekend, decine di migliaia di persone hanno inondato le strade di Tel Aviv e Gerusalemme, mentre oggi (2 settembre) è in corso il primo sciopero nazionale da un anno e mezzo, che potrebbe essere prolungato. I manifestanti chiedono al primo ministro Benjamin Netanyahu di accettare un accordo con la leadership di Hamas e permettere il rientro degli ostaggi ancora vivi, dopo il rinvenimento di sei cadaveri israeliani nella Striscia. “Domani l’intera nazione si fermerà e si unirà in un grido comune per riportare indietro gli ostaggi”, si legge nel comunicato diffuso domenica (1 settembre) da Histadrut, il sindacato più grande del Paese che rappresenta circa 800mila lavoratori. L’annuncio della mobilitazione, giunto per voce del segretario dell’associazione Arnon Bar-David, è arrivato durante la manifestazione di ieri sera, organizzata nella capitale israeliana dal forum delle famiglie degli ostaggi rapiti durante l’attacco del 7 ottobre. Bar-David si è riservato di valutare un’eventuale estensione dello sciopero oltre la giornata di lunedì.Le proteste di domenica sono state fortemente partecipate anche a causa della notizia, giunta la mattina stessa, del ritrovamento dei cadaveri di sei ostaggi nei tunnel sotto la città palestinese di Rafah, nel sud della Striscia. A Tel Aviv si sono radunate decine di migliaia di persone per chiedere al governo di intensificare gli sforzi negoziali e riportare a casa le decine di ostaggi ancora in vita – il cui numero non si conosce con esattezza, ma che secondo le stime dovrebbero essere circa una settantina. I manifestanti hanno esibito delle bare per sottolineare le responsabilità del governo nella morte degli ostaggi, dato lo stallo nelle trattative con i dirigenti di Hamas che appare motivato più da calcoli politici interni all’esecutivo di Bibi che non da considerazioni pragmatiche. Anche a Gerusalemme, fuori dell’ufficio del premier, si sono raggruppate folle di contestatori. In alcuni casi, soprattutto nella capitale Tel Aviv, si sono registrati scontri con la polizia. Così, dalle 6 locali di questa mattina (le 5 italiane) centinaia di migliaia di lavoratori hanno incrociato le braccia, nello sciopero più ampio realizzato dal marzo 2023, prima dell’inizio delle operazioni militari dell’Idf nella Striscia. L’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv è rimasto bloccato per un paio d’ore in mattinata, mentre i trasporti e i servizi pubblici (incluse le scuole) sarebbero stati fortemente ridotti. Del resto, lo stesso sindaco della capitale, Ron Huldai, ha pubblicamente invitato i dipendenti dell’amministrazione a partecipare allo sciopero. Mentre i negoziati sono sostanzialmente bloccati a causa delle richieste inconciliabili delle due parti, sono partite le vaccinazioni nella Striscia per prevenire l’esplosione di un’epidemia di poliomielite tra i bambini palestinesi. La pausa nei combattimenti, limitata soltanto ad alcune zone e ad una specifica fascia oraria giornaliera, dovrebbe durare tre giorni e permettere la vaccinazione di tutti i bambini sotto i dieci anni di età, che sono oltre 640mila. Un’impresa il cui esito positivo è tutt’altro che scontato.Nel frattempo, continuano le violenze nella Cisgiordania occupata, dove è in corso una grande operazione militare israeliana che ha interessato diverse città e che ha già fatto almeno una quindicina di morti palestinesi. Il tutto dopo che, lo scorso luglio, il governo israeliano aveva spinto ulteriormente sull’acceleratore dell’occupazione illegale nei Territori palestinesi in una mossa che è valsa nuove sanzioni da parte dei Ventisette. L’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell ha proposto formalmente giovedì scorso (29 agosto) di sanzionare i ministri della Sicurezza (Itamar Ben-Gvir) e delle Finanze (Bezalel Smotrich) in risposta alle posizioni espresse recentemente dai due (entrambi appartenenti a partiti di estrema destra, su cui si regge il governo di Netanyahu) riguardo alla necessità di bloccare la distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia e alla possibilità, giustificabile in termini “morali”, di affamare la popolazione palestinese.