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    UE e Indonesia chiudono l’accordo di libero scambio ‘anti-Trump’

    Bruxelles – Riduzione dei dazi sull’export, accesso a materie prime fondamentali per la doppia transizione verde e digitale, sviluppo dell’auto elettrica, accesso al mercato delle telecomunicazioni, più export agro-alimentare con protezione dei ‘made in’ proprie delle eccellenze europee. Unione europea e Indonesia trovano l’accordo di libero scambio – inyesa di partenariato economico globale – che e apre una nuova pagina non solo commerciale, quanto geo-strategica. E’ questa una risposta alle tensioni e alle pulsioni degli Stati Uniti di Donald Trump, e una prima vera risposta concreta al nuovo regime di dazi e guerre tariffarie innescate dalla Casa Bianca.Proprio l’abolizione dei dazi è, in questo senso, la principale – anche se normale – novità prodotta dell’intesa raggiunta tra le parti. L’intesa determina una riduzione del 50 per cento dei dazi doganali attuali sulle automobili europee vendute in Indonesia, un taglio delle tariffe del fino al 15 per cento sui macchinari e i prodotti farmaceutici esportati, e un ribasso del 25 per cento delle tariffe sui prodotti chimici.Più in generale il 98,5 per cento dei dazi doganali indonesiani sui prodotti dell’UE sarà rimosso. Inoltre la suddetta riduzione delle tariffe settoriali e dei dazi individuali fino al 150 per cento consentirà agli esportatori dell’UE di risparmiare oltre 600 milioni di euro in dazi doganali pagati sulle loro merci che entrano nel mercato indonesiano.Dall’accordo Ue-Mercosur una strada per l’accesso alle materie prime utili al Green Deal“Eliminando gradualmente i dazi doganali del 50 per cento dell’Indonesia sulle importazioni di automobili, l’accordo crea nuove opportunità per le esportazioni automobilistiche dell’UE e per gli investimenti nei veicoli elettrici”, in linea con gli impegni annunciati dall’esecutivo comunitario, sottolinea Maros Sefcovic, commissario per il Commercio e negoziatore capo dell’UE. “Sono convinto che la conclusione odierna dei negoziati sia solo l’inizio di un nuovo entusiasmante capitolo”, aggiunge, per poi lanciare un frecciata a chi di dovere: “Nell’imprevedibile economia globale di oggi, le relazioni commerciali non sono solo strumenti economici, ma risorse strategiche“. Un messaggio per il Parlamento che contesta l’operato della Commissione in materia di commercio, soprattutto sul Mercosur, e un un pro-memoria per l’amministrazione Trump, in risposta alla quale si spiega questo accordo.Auto elettrica e materie prime, l’UE ‘salva’ il Green DealL’intesa raggiunta prevede l’eliminazione dei dazi sui beni ecologici, oltre a nuove regole per consentire più investimenti europei in settori come le energie rinnovabili e i veicoli elettrici. Per quanto riguarda l’auto elettrica, fondamentale l’accesso dell’UE alle materie prime, in particolare nichel e cobalto di cui è ricca l’Indonesia e che sono necessari per la batterie. Non solo, perché il cobalto viene impiegato in soluzioni utili per lo stoccaggio dell’energia da fonti rinnovabili (eolico e solare).Non finisce qui, però. In ambito industriale il nichel può essere impiegato nella produzione di leghe metalliche e componenti in acciaio inossidabile. L’accordo tra le parti permette accesso a una materia prima utile anche per la siderurgia europea.Esulta, e non potrebbe essere diversamente, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen: “Il nostro accordo con l’Indonesia ci garantisce anche un approvvigionamento stabile e prevedibile di materie prime essenziali, essenziali per l’industria europea delle tecnologie pulite e dell’acciaio”.Un’automobile elettrica [foto: imagoeconomica]Telecomunicazioni e e-commerce, tutti i vantaggi dell’intesaL’Accordo di partenariato economico globale include un pacchetto completo di facilitazione del commercio digitale, che semplifica le transazioni elettroniche (ad esempio, firme e autenticazione elettroniche), promuove un ambiente online sicuro per i consumatori e migliora la prevedibilità e la certezza del diritto (ad esempio, la protezione del codice sorgente del computer), e prevede il divieto di dazi doganali sulle trasmissioni elettroniche (come software, messaggi, media digitali),  una novità assoluta per l’Indonesia. Inoltre, per la prima volta, l’Indonesia consentirà la proprietà straniera al 100 per cento nei settori delle telecomunicazioni e dei servizi informatici.Novità per l’agrifoodL’accordo di cooperazione commerciale UE-Indonesia eliminerà i dazi sui principali prodotti di esportazione dell’Unione europea tra cui latticini, carni, frutta e verdura e alimenti trasformati. Previsto il divieto di imitazione dei 221 prodotti tipici riconosciuti come Indicazioni Geografiche, con l’UE che riesce a mantenere chiuso il mercato unico all’Indonesia per prodotti agroalimentari sensibili come riso, zucchero, uova, banane fresche o etanolo, e quote limitate per aglio, funghi, mais dolce, amido di manioca e prodotti ad alto contenuto di zucchero.

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    Ucraina e Stati Uniti trovano l’accordo sulle terre rare, da Washington assistenza economica

    Bruxelles – Dopo lo scontro, l’intesa. I presidenti di Stati Uniti e Ucraina, Donald Trump e Volodymyr Zelensky, raggiungono un’intesa di cooperazione economica che è anche un accordo di sostegno per la sicurezza del Paese dell’est Europa. Washington respinge l’ipotesi di un ingresso di Kiev nella Nato, ma ha offerto investimenti massicci e presenza economica nel Paese che può fungere da motivo per evitare nuove aggressioni russe future. Trump ha di fatto chiesto e ottenuto ingresso di aziende statunitensi in Ucraina, per il momento per attività minararia ed energetica (petrolio e gas).Al centro dell’accordo ucraino-americano c’è lo speciale Fondo di investimento per la ricostruzione Stati Uniti-Ucraina, gestito in forma paritaria, e che i due Paesi supervisioneranno in modo congiunto. I profitti del Fondo saranno investiti esclusivamente in Ucraina, alla quale non verra’ chiesto di ripagare alcun debito. Kiev manterrà il controllo delle sottosuolo e delle risorse naturali, ma gli Stati Uniti ottengono un diritto di prelazione sui diritti di estrazione mineraria in Ucraina. E’ così che Washington si garantisce l’accesso alle terre rare e le risorse messe nel mirino da Trump.“Non spetta a noi commentare un accordo bilaterale”, il commento dell’Unione europea, convinta comunque che l’intesa non pregiudichi la validità del protocollo d’intesa Ue-Ucraina del 2021 per le materie prime. L’accordo tra Trump e Zelensky “non sembra avere impatti”, assicura il servizio dei portavoce. L’intesa non pregiudica neppure il processo di integrazione dell’Ucraina nell’Ue. La Commissione europea assicura comunque che verrà garantito ancora pieno sostegno, economico e militare, a Kiev. “Un’Ucraina più forte sul campo di battaglia è un’Ucraina più forte al tavolo negoziale”, taglia corto Anouar el Anouni, portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue.

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    In America latina l’Ue è arrivata tardi e male, e ora sconta la forte presenza della Cina

    Bruxelles – L’Unione europea ‘riscopre’ l’America latina. Nuove ragioni rilanciano la necessità di nuove relazioni che sono nei fatti nuovi riposizionamenti su uno scacchiere dove la Cina ha iniziato però a muovere le proprie mosse da tanto, e in modo costante. Per quanto la Commissione europea esulti per i risultati raggiunti con i Paesi del Mercosur (Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay, Uruguay più il Venezuela sospeso), e per quanto si prodighi per cercare sponde sul versante caraibico, l’Ue arriva tardi e male in una zona del mondo dove Pechino guarda da tempi non sospetti e investe, in relazioni commerciali e politiche.E’ il centro studi e ricerche del Parlamento europeo a fare la lista degli errori strategici dell’Ue, con tanto di relazione che mette in luce i limiti di un’Unione europea che ha tanto da perdere in questa corsa alla presenza nel continente. Il primo errore è politico: “L’Ue ha perso l’occasione di tenere un summit con la regione per otto anni, dal 2015 al 2023”. Nel frattempo la Repubblica popolare tesseva la sua tela. Tra il 2013 e il 2024 il presidente Xi Jinping si è recato sei volte di persona in America Latina, con i cui Paesi la Cina ha firmato in questo stesso lasso temporale circa mille accordi commerciali bilaterali.Il presidente della Cina, Xi Jinping (foto d’archivio)Il secondo errore dell’Ue è di metodo. Gli analisti del Parlamento europeo fanno notare come il tanto sbandierato accordo di libero scambio Ue-Mercosur non offre certezze, in quanto ci sono resistenze di alcuni Paesi (Francia e Polonia) e parlamenti nazionali che scalpitano per affossarlo. Viceversa, la Cina non ha bisogno di conferme su quanto già sottoscritto. Ancora, durante la pandemia di Covid la Cina ha rifornito prima e di più di vaccini, con l’Ue arrivata dopo. E poi la sostenibilità: il regolamento sulla deforestazioni “è stato percepito come protezionistico”, in particolare in Brasile e Argentina, Paesi non proprio marginali.L’Argentina può offrire accesso al litio tramite l’accordo di libero scambio Ue-Mercosur, ma c’è molto di più di quello: antimonio, niobio, bauxite, manganese, grafite, metallo di silicio, tantalio e vanadio. Tutte materie prime critiche di cui l’America Latina è ricca e di cui la Cina, attraverso la sua presenza nella regione, vuole garantirsi approvvigionamento e controllo, così da influenzare mercati ed economie globali. La Repubblica popolare sta giocando silenziosamente e pazientemente la sua partita per un nuovo ordine mondiale all’insegna cinese.Una dimostrazione pratica della rinnovata potenza cinese è rappresentata dall’orientamento su Taiwan. Nel 2017 sui 33 Paesi dell’area America Latina e Caraibi, 18 riconoscevano l’isola di Formosa come Stato sovrano, mentre oggi solo sette mantengono relazioni diplomatiche con Taipei (Belize, Guatemala, Haiti, Paraguay, Saint Kitts and Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent and Grenadine). Pechino dunque sta erodendo il sostegno internazionale attorno a Taiwan, considerata parte integrante della Repubblica popolare. Una mossa che è in aperto contrasto alle posizioni dell’Ue, che riconosce ‘due Cine’ mentre per Pechino la Cina è una sola, con Taiwan. La presenza cinese in America Latina contribuisce dunque anche a sminuire l’agenda internazionale Ue.Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump [foto: archivio]La politica dell’Ue verso l’America latina si mostra dunque miope. Da un punto di vista commerciale la Cina è il secondo partner commerciale per la regione dietro agli Stati Uniti, che potrebbero essere scalzati nel 2035. In questo flussi commerciale enorme e crescente, Pechino è l’acquirente principale delle materie prime dei Paesi della regione: nel 2023  un terzo delle materie prime esportate dall’America latina (34 per cento) finivano nella Repubblica popolare. Considerando che delle 34 materie prime critiche contenute nell’allegato 2 della proposta di regolamento in materia ben 25 sono estratte in America Latina, l’Unione europea sta già perdendo la corsa agli approvvigionamenti e ancora di più rischia di perderla.L’accresciuta presenza della Cina in America latina si deve anche alla prima presidenza di Donald Trump (2017-2021). Con lui alla testa degli Stati Uniti l’impostazione protezionistica ha prodotto come risultato quello di spingere i governi dei Paesi della regione verso Pechino, che a differenza degli Usa si è mostrato più conciliante. La seconda presidenza Trump, contraddistinta da una politica dei dazi facili, potrebbe aiutare la Cina a rompere ancor di più le uova europee nel paniere centro-americano.

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    Il partenariato Ue-Australia riparte dalle materie prime critiche. Siglato un Memorandum d’intesa bilaterale

    Bruxelles – Saltato l’accordo commerciale, Ue e Australia ripartono dalle materie prime critiche. A poco più di sei mesi dalla fumata nera sull’accordo di libero scambio, Bruxelles e Canberra hanno deciso di stringere i rapporti su uno dei fronti più caldi per il commercio globale e per le transizioni gemelle verde e digitale dell’Unione Europea. A dimostrarlo è la firma arrivata oggi (28 maggio) per un memorandum d’intesa sul partenariato bilaterale finalizzato alla cooperazione in materia di minerali critici e strategici sostenibili.Si tratta dell’ultimo memorandum d’intesa sulle materie prime critiche in ordine cronologico spinto dall’Ue con i partner globali come seguito prima del Piano d’azione e poi del Critical Raw Materials Act del marzo 2023. Una strategia che conta già come stretti alleati in questo campo Canada e Ucraina (dal 2021), Kazakistan e Namibia (dal 2022), Argentina, Cile, Zambia, Repubblica Democratica del Congo e Groenlandia (dal 2023) e Rwanda, Norvegia, Uzbekistan (da quest’anno) e ora Australia. “Questo partenariato mira a sostenere diversi obiettivi comuni, basandosi su vantaggi reciproci“, spiega la Commissione Europea dopo la firma da parte del suo vicepresidente esecutivo e commissario per il Commercio, Valdis Dombrovskis, e del commissario per il Mercato interno, Thierry Breton. A questo punto sarà sviluppata congiuntamente nei prossimi sei mesi una tabella di marcia con le azioni concrete per la messa a terra di questa intesa.Il partenariato tra l’Ue e l’Australia è considerato da Bruxelles un’altra pietra miliare per la diversificazione delle forniture di materiali necessari per la transizione verde e digitale, per non ricadere nello stesso errore compiuto con il gas russo. Coprendo l’intera catena del valore dei minerali critici e strategici – esplorazione, estrazione, lavorazione, raffinazione, riciclo e trattamento dei rifiuti estrattivi – contribuirà inoltre allo sviluppo del settore nazionale dei minerali critici australiani. A questo si somma il fatto che, oltre a sviluppare congiuntamente progetti lungo l’intera catena del valore, sarà esplorata un’ulteriore cooperazione su “interessi comuni”, inclusa la riduzione dell’impatto ambientale, i benefici per le comunità locali e la spinta a tecnologie e servizi innovativi e digitali per l’estrazione mineraria.Fermo restando che il pesce grosso rimane l’accordo di libero scambio, a cui Bruxelles non ha mai chiuso la porta, il memorandum d’intesa siglato oggi tra Ue e Australia traccia la strada per riprendere e approfondire i contatti, a partire dal quadro di riferimento sulle aree di cooperazione per la creazione di catene del valore “sicure e sostenibili” di minerali critici e strategici. In primis l’integrazione delle stesse catene di valore, “compresa la creazione di reti, l’agevolazione congiunta di progetti” – anche attraverso joint venture – “la creazione di nuovi modelli di business e la promozione e agevolazione dei collegamenti commerciali e degli investimenti”. Il secondo ambito è quello della cooperazione per la ricerca e l’innovazione, “compresa la conoscenza dei minerali e la minimizzazione dell’impronta ambientale e climatica”, ma anche per la promozione di standard e pratiche ambientali, sociali e di governance “elevati”, soprattutto sul “pieno rispetto delle condizioni e della sicurezza dei lavoratori”.

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    Litio, rame, idrogeno e tanto commercio: l’Europarlamento approva il nuovo accordo Ue-Cile

    Bruxelles – Migliore accesso alle materie prime e all’energia verde, più cooperazione in materia di affari esteri, rafforzamento del commercio bilaterale. L’Aula del Parlamento europeo dice ‘sì’ all’accordo quadro avanzato Ue-Cile e il suo accordo complementare sulla liberalizzazione del commercio e degli investimenti. A grande maggioranza (358 voti a favore, 147 contrari e 45 astensioni) gli europarlamentari chiedono agli Stati membri di procedere alla definizione delle nuove relazioni con il Paese del sud America. Spetterà al Consiglio dell’Ue dare via libera alla parte commerciale dell’accordo, e i 27 Parlamenti nazionali dovranno poi ratificarlo.Per quanto riguarda il commercio circa il 99,9 per cento delle esportazioni dell’Ue sarà esente da dazi ad eccezione dello zucchero, mentre i prodotti agricoli più sensibili sono esentati dalla piena liberalizzazione. Tra questi prodotti ‘sensibili’ figurano carne, alcuni tipi di frutta e verdura e olio d’oliva.Il voto dell’Aula dà seguito all’azione della Commissione europea, che con il governo di Santiago ha trovato l’intesa preliminare più di un anno fa, a dicembre 2022. L’accordo Ue-Cile, una volta in vigore, dovrebbe garantire un migliore accesso alle materie prime utili per la transizione verde e la realizzazione degli obiettivi del Green Deal, quali litio (utile in particolare per le batterie della auto elettriche), rame (necessario per auto elettriche e turbine eoliche), carburante pulito e  idrogeno.“Il nuovo accordo quadro UE-Cile è di fondamentale importanza geopolitica“, sottolinea Maria Soraya Rodriguez Ramos (Renew), relatrice della dossier in commissione Affari esteri. Con un’Unione europea povera di quelle materie prime necessarie per la doppia transizione e la necessità di affrancarsi dalle forte dipendenza cinese, che comunque l’Ue non potrà ridurre a zero, l’accesso a litio e rame cileni acquista una valenza strategica.Non solo. Messo in soffitta l’accordo commerciale con il Mercosur i Paesi del blocco (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay più il Venezuela sospeso) per la forte protesta del mondo agricolo a dodici stelle, quello con il Cile, Paese associato al Mercosur, “sarà l’unico accordo commerciale con l’America Latina approvato durante questo mandato“, ricorda ancora Rodriguez Ramos. Questo accordo, dunque, testimonia “l’impegno politico dell’Ue a rafforzare la nostra cooperazione regionale e a rafforzare i nostri legami con un partner fondamentale latinoamericano”.

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    Macron in visita ad Astana per accelerare il partenariato strategico con il Kazakistan. L’Ue osserva attenta

    Bruxelles – Tra la Francia e il Kazakistan c’è comunanza di intenti non solo in ambito economico e commerciale, ma anche sulla politica internazionale. In occasione del quinto anniversario della firma del Trattato di partenariato strategico tra i due Paesi, ieri (primo novembre) il presidente francese, Emmanuel Macron, si è recato in visita ad Astana per incontrare il presidente della Repubblica del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, e per firmare una serie di contratti in settori che vanno dall’energia, al farmaceutico, fino all’aerospaziale. È però il tema dei minerali essenziali per le tecnologie energetiche pulite (di cui la regione è ricca) a costituire la parte più importante dei colloqui. “La forza del nostro partenariato dimostra che sono stati adottati i giusti assi d’interesse strategici, ma anche la necessità di completarli e accelerarli”, ha dichiarato Macron al fianco del suo omologo kazako.Da sinistra: il presidente francese, Emmanuel Macron, e il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, ad Astana il primo novembre 2023 (credits: Ludovic Marin / Afp)Quella ad Astana è solo la prima tappa del viaggio di capo di Stato francese in Asia Centrale (che prosegue in Uzbekistan), una delle ex-Repubbliche sovietiche che ha attirato nuova attenzione da parte dell’Occidente dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Nonostante la sua vicinanza con la Russia (e la Cina), il Kazakistan non si è schierato con Mosca, sotto lo sguardo attento dell’Unione Europea e in particolare di Macron. “I due capi di Stato hanno sottolineato la loro ferma adesione al diritto internazionale e ai principi internazionali della Carta delle Nazioni Unite, in particolare il rispetto della sovranità, dell’indipendenza, dell’integrità territoriale e dell’inviolabilità delle frontiere internazionalmente riconosciute da tutti gli Stati”, si legge nella dichiarazione congiunta di Macron e Tokayev. “Hanno espresso la loro profonda preoccupazione sulla situazione in Ucraina, sulle sue conseguenze umanitarie, sulle sue ripercussioni sull’economia mondiale e sulla sicurezza alimentare dei Paesi più vulnerabili”, continua la nota.Durante l’incontro con Tokayev, Macron ha annunciato accordi commerciali, inclusa una dichiarazione di intenti per una partnership nel tanto ricercato settore delle terre rare e dei metalli rari. Oltre a essersi complimentato per la posizione sull’invasione della Russia in Ucraina: “La Francia valorizza il cammino che state seguendo per il vostro Paese, rifiutando di essere vassallo di qualsiasi potenza e cercando di costruire relazioni numerose ed equilibrate con i diversi Paesi”. Il Kazakistan, ricco di petrolio, era già emerso come fornitore sostitutivo di greggio per i Paesi europei che hanno interrotto le forniture russe e come collegamento importante nella nuova rotta commerciale Cina-Europa, che aggira la Russia. Riguardo l’incontro il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha commentato che il Kazakistan, in quanto Stato sovrano, è libero di sviluppare legami con qualsiasi Paese. Non sembra però dello stesso avviso il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, che la settimana scorsa aveva affermato che l’Occidente sta cercando di allontanare da esso i “vicini, amici e alleati” della Russia.Oltre alla Francia, l’importanza del Kazakistan per l’UeIl Kazakistan è un partner importante non solo per Macron, ma per tutta l’Unione Europea. Lo scopo dell’Ue è quello di sostituirsi alla Russia come primo partner economico e commerciale dei cinque Paesi dell’Asia Centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan). La chiave di volta per questa operazione sarebbe proprio la Repubblica kazaka, dove l’Ue ha già raggiunto questo obiettivo, rappresentando il 40 per cento del suo commercio estero. “Una cosa è assolutamente certa, il nostro rapporto è forte e sta diventando ancora più forte“, aveva dichiarato il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, al termine dell’incontro con il presidente kazako ad Astana il 27 ottobre dello scorso anno, in occasione della prima riunione regionale di alto livello dei Cinque dell’Asia Centrale.Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, ad Astana (27 ottobre 2022)L’Unione è anche il primo investitore straniero in Kazakistan, rappresentando il 48 per cento dei flussi totali di investimenti diretti esteri. A rappresentare il quinto maggiore investitore straniero in Kazakistan è proprio la Francia, soprattutto a causa del coinvolgimento delle società energetiche TotalEnergies nel massiccio progetto del giacimento petrolifero offshore di Kashagan. A sigilliare ancora di più il rapporto dei due Paesi c’è anche il tema dell’energia nucleare: il Kazakistan fornisce circa il 40 per cento di uranio alla Francia e la francese Orano gestisce già una joint venture con la sua azienda nucleare statale Kazatomprom. Inoltre, l’azienda energetica francese Edf è in corsa per costruire la prima centrale nucleare del Kazakistan, con un progetto che dovrebbe essere deciso in un referendum quest’anno. Gli scambi bilaterali tra Parigi e Astana sono arrivati a 5,3 miliardi di euro nel 2022, principalmente negli idrocarburi.Nel dicembre 2015, l’Unione Europea e il Kazakistan hanno firmato un accordo di partenariato e cooperazione rafforzato (Epca). Entrato in vigore il primo marzo 2020, è il primo di questo tipo con un partner dell’Asia Centrale e ha permesso di rafforzare le relazioni tra i Ventisette e Astana. Il 7 novembre 2022, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Kazakistan, Alikhan Smailov, hanno firmato un memorandum d’intesa (MoU) sui partenariati strategici su materie prime sostenibili, batterie e catene di valore dell’idrogeno rinnovabile. Non solo. In quanto “hub per la connettività dei trasporti tra Oriente e Occidente“, la Repubblica kazaka è considerata da Bruxelles lo snodo fondamentale su cui investire nella regione dell’Asia Centrale attraverso il Global Gateway, la nuova strategia europea per promuovere collegamenti intelligenti, puliti e sicuri nei settori del digitale, dell’energia e dei trasporti e rafforzare i sistemi di salute, istruzione e ricerca in tutto il mondo.
    L’incontro si è concentrato principalmente sul tema delle materie prime essenziali per le tecnologie energetiche pulite, di cui la regione orientale è ricca. Dopo la prima tappa kazaka il viaggio del presidente francese in Asia Centrale prosegue in Uzbekistan

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    Le transizioni dell’Ue sono una scommessa geopolitica

    Bruxelles – La trasformazione industriale dell’Europa dipende dal resto del mondo, in maniera sempre più rischiosa alla luce di turbolenze geopolitiche che stanno mettendo in discussione i rapporti con le potenze di cui l’Ue avrebbe bisogno. Russia e Cina, la scommessa dell’Unione europea passa per questi Paesi ricchi delle materie prime necessarie per le transizioni verde e sostenibile. Uno studio del Parlamento europeo, richiesto dalla commissione Industria, accende i riflettori su quella che è la parte più delicata dell’agenda di sostenibilità a dodici stelle. “La sfida della decarbonizzazione deve essere vinta in un contesto geopolitico in rapida evoluzione”. In questo scacchiere internazionale in trasformazione, “complessivamente, il principale Paese di dipendenza per le importazioni di gruppi merceologici, materie prime e componenti, necessari per la transizione verde e digitale è la Cina”. Con Pechino l’Ue ha conti che potrebbe pagare.
    Il documento sottolinea in particolare la ‘questione cinese’, e ricorda “le tensioni geopolitiche che circondano Taiwan, uno dei principali produttori di chip per computer, vitali per molte moderne tecnologie digitali e verdi”. In secondo luogo, ci sono “le preoccupazioni per il lavoro forzato nello Xinjiang, la provincia cinese che è il principale fornitore mondiale di pannelli solari e materie prime utilizzate per la loro produzione”. Per gli analisti “le considerazioni sulla resilienza delle catene di approvvigionamento nell’attuale contesto di tensioni geopolitiche sono fondamentali nella strategia dell’Ue per le materie prime essenziali”.
    L’Ue “dipende fortemente” dalla Cina “da tutte le materie prime utilizzate per la produzione di batterie, ad eccezione del litio”. Ha bisogno “sia per la produzione di magneti permanenti che per l’estrazione e la raffinazione di elementi delle terre rare (Ree) utilizzati nella loro produzione”. Ancora alla Cina ci si affida per le importazioni di batterie utilizzate per veicoli elettrici e accumulo di energia”.
    C’è poi la Russia. “Attualmente l‘Ue dipende dalla Russia per una quota significativa delle sue importazioni per tre materie prime critiche: platino, palladio e titanio”. Questi sono materiali “indispensabili per lo sviluppo della tecnologia dell’idrogeno”. Un’altra materia prima che merita attenzione è il titanio, poiché l’UE ha un “forte” deficit commerciale complessivo di questo elemento, necessario per le celle a combustibile. “La Russia è tra i primi tre produttori mondiali di titanio e l’UE importa il 17% del suo titanio da questo paese. Inoltre, l’UE importa dalla Russia il 15% del suo platino, necessario per gli elettrolizzatori”.
    Il conflitto russo-ucraino ha ridisegnato anche le relazioni dell’Ue con Mosca, e ora le materie prime critiche necessarie per tutta la strategia europea vanno ricercate altrove. Il mercato del nichel offre più sbocchi. Nel mondo i principali produttori della materia prima sono Indonesia, Filippine, Russia, Nuova Caledonia (Francia), Australia, Russia, Cina, Canada, Brasile, Cuba, Guatemala, Stati Uniti, Colombia. Mentre le più grandi riserve si trovano in Indonesia, Australia, Brasile, Russia, Filippine, Sudafrica. Mentre per ciò che riguarda il cobalto, i principali produttori sono Repubblica democratica del Congo, Russia, Cuba, Australia, Cina, Filippine, Marocco e Papua Nuova Guinea. Quelli con le maggiori riserve sono Repubblica democratica del Congo, Australia, Filippine, Russia, Canada, Madagascar e Cina.
    L’Ue deve avviare una nuova stagione di relazioni con questi Paesi, sottolinea lo studio di lavoro del Parlamento. Per garantirsi un accesso alle materie prime necessarie alla transizione verde, l’Ue deve sapersi muovere. Il commercio non è la via da seguire, poiché “offre un margine limitato per aumentare la diversità dei fornitori europei, perché le tariffe sulle materie prime critiche sono già basse”, e questo “limita l’efficacia di questi accordi di libero scambio nell’incentivare una diversificazione dell’offerta”. Gli strumenti di politica non commerciale, come l’assistenza allo sviluppo e la cooperazione internazionale, appaiono come opzioni più efficaci”. Ben venga dunque l’accordo con il Giappone per lo sviluppo dell’idrogeno. Ma soprattutto, serve una politica vera, finora mancante, per le materie prime indispensabili.
    “Il passaggio dai veicoli con motore a combustione interna ai veicoli elettrici richiederà grandi quantità di materiali aggiuntivi come cobalto e litio per le batterie, elementi di terre rare per i motori elettrici e alluminio e molibdeno per la scocca”. Questo il preo-memoria contenuto nel documento, a ricordare che prodotti contenenti materie prime critiche sono “necessarie” per le transizioni verde e digitale, ma l’Ue manca di una politica di approvvigionamento. “Lo stoccaggio strategico di prodotti contenenti materie prime critiche è una politica comune negli Stati Uniti, in Giappone, Corea del Sud e Svizzera. Da questi esempi si possono trarre i principi per lo stoccaggio europeo”.
    La Commissione europea si è messa al lavoro producendo una strategia per le materie prime critiche, consapevole della posta in gioco. “Dobbiamo evitare di ridiventare dipendenti, come abbiamo fatto con il petrolio e il gas”, ha ammesso il commissario per l’Industria, Thierry Breton. A oggi l’Ue soffre questa situazione, e con lei anche le sue ambizioni di trasformazione verde e digitale. L’idea di un fondo per la sovranità industriale si colloca in questo solco.

    Uno studio richiesto dalla commissione Industria del Parlamento europeo ricorda come per agenda verde e digitale l’Europa non abbia le materie prime critiche di cui ha bisogno. Servirà cooperazione a tutto campo

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    Alla Cop27 von der Leyen guarda al “Sud del mondo”, è iniziata la corsa Ue all’approvvigionamento di materie prime e idrogeno

    Bruxelles – Materie prime per costruire tecnologie chiave per la transizione e idrogeno verde per attuarla. L’Unione europea è in “missione” alla Cop27 di Sharm el-Sheikh – la 27esima edizione della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima – per alzare le ambizioni globali sul clima e sulla riduzione delle emissioni, ma non solo. E’ iniziata la corsa dell’Unione europea ad accaparrarsi materie prime e altri materiali raffinati indispensabili per attuare la transizione verde del Green Deal, stipulando a margine dei lavori ‘ufficiali’ partnership con i Paesi in via di sviluppo sull’idrogeno e sulle tecnologie pulite.
    Nelle prime due giornate di Summit dei leader Bruxelles ha già siglato due memorandum d’intesa, prima con il Kazakistan (nella giornata di ieri) e oggi con la Namibia su materie prime, idrogeno rinnovabile e batterie, in attesa di un terzo partenariato con l’Egitto che seguirà in queste ore. Asia e Africa, che l’Unione europea ritiene continenti strategici per rafforzare la sua strategia sulle materie prime e affrancarsi dalla dipendenza dalla Russia e dalla Cina per la produzione di tecnologie pulite e idrogeno rinnovabile.“Il Sud del mondo ha risorse in abbondanza ma è necessario fare squadra, ed è per questo che l’Unione europea sta firmando nuovi partenariati per l’idrogeno con Egitto, Namibia e Kazakistan e sostiene partner come il Vietnam e il Sudafrica nella decarbonizzazione delle loro economie”, ha rivendicato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo intervento di oggi (8 novembre) al Summit dei leader della Cop27.

    The climate is changing faster than our capacity to adapt.
    Let us not take the highway to hell, but earn our clean ticket to heaven!#REPowerEU
    Let’s do this together. #GlobalGateway@antonioguterres https://t.co/KuKXslaueg
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 8, 2022

    La crisi dell’energia dettata in parte dalla dipendenza dell’Unione europea dalla Russia in termini di risorse energetiche ha aperto alla riflessione sulla necessità di non ripetere lo stesso errore anche per quanto riguarda le materie prime considerate critiche. Materie come il litio e il cobalto servono a produrre batterie e motori elettrici e le materie critiche a costruire le turbine eoliche (con magneti in terre rare) e i semiconduttori (polisilicio) su cui nel primo trimestre del 2023 presenterà una proposta legislativa. Oltre alle materie prime critiche l’Europa guarda soprattutto all’idrogeno ‘verde’ per la decarbonizzazione dei settori industriali difficili da decarbonizzare, come il siderurgico. E guarda soprattutto al Sud del mondo che “ha risorse in abbondanza, ma dobbiamo fare squadra”, ha avvertito. Il Sud del mondo ha risorse ma manca di finanziamenti, il Nord ha i finanziamenti ma non le risorse e quindi serve stabilire un patto di reciproca convenienza.
    La crisi dell’energia e dei prezzi trainata dalla guerra di Russia in Ucraina per von der Leyen deve essere “un punto di svolta” nella lotta ai cambiamenti climatici.  Fare meglio e farlo più in fretta. “La crisi globale dei combustibili fossili deve cambiare le carte in tavola”, ha avvertito la presidente della Commissione europea, raccogliendo l’appello di ieri del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, a “non prendere l’autostrada per l’inferno, ma guadagnamoci un biglietto pulito per il paradiso”. Dal canto suo, l’Unione europea – che conta ‘appena’ l’8% delle emissioni su scala globale – sta già mantenendo la rotta tracciata per la neutralità climatica al 2050, attraverso l’attuazione del pacchetto legislativo ‘Fit for 55’, presentato a luglio 2021 con l’idea di abbattere le emissioni di gas serra del 55% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2030, come tappa intermedia per il target ‘zero emissioni’ entro metà secolo.
    La leader tedesca ha rivendicato che l’Ue “sta mettendo in atto il quadro legislativo più ambizioso al mondo”, insistendo affinché tutti “i principali emettitori aumentino le proprie ambizioni” e facciano altrettanto. Non li cita direttamente, ma il riferimento è soprattutto alla Cina, gli Stati Uniti e l’India, che rispettivamente rappresentano il 28% delle emissioni globali di gas serra, il 14% e il 7%. Se prima della fine del secolo scorso la maggior parte delle emissioni veniva prodotta da Stati Uniti e Europa, oggi le cose stanno cambiando e si assiste a un aumento significativo delle emissioni prodotte in altre parti del mondo, come Asia e soprattutto Cina. Non c’è dubbio che questa crisi abbia rafforzato ulteriormente la determinazione dell’Unione europea a lottare contro il cambiamento climatico. “Siamo e resteremo leader dell’azione per il clima, siamo determinati ad accelerare, siamo determinati a proteggere l’ambiente”, ha sottolineato anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ribadendo che la Russia ha scelto di usare l’energia come arma di destabilizzazione di massa, “direttamente sull’Europa e sui mercati energetici mondiali, e allo stesso modo il Cremlino ha scelto di usare prodotti alimentari e fertilizzanti”.
    Per l’Europa la risposta ai cambiamenti climatici e alla dipendenza energetica dalla Russia si chiama ‘REPowerEU’, il piano da potenziali 300 miliardi di euro varato a maggio per affrancare l’Unione europea combustibili fossili importati da Mosca. Un piano per l’indipendenza energetica che dovrebbe passare anche dallo “sviluppo massiccio delle energie rinnovabili”, ha sottolineato von der Leyen. Secondo le indicazioni della presidente dell’esecutivo comunitario, la capacità rinnovabile aggiuntiva dell’UE è destinata a più che raddoppiare quest’anno, fino a 50 Gigawatt, con la prospettiva di stabilire il prossimo anno un nuovo record assoluto di oltre 100 GW, se pure a condizione di produrne di più.

    Bruxelles sigla a margine della Cop27 due memorandum di intesa con Kazakistan e Namibia su materie prime, idrogeno rinnovabile e batterie e von der Leyen rilancia la necessità di guardare al Sud del mondo ricco in risorse ma povero di finanziamenti