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    Caucaso, la commissaria Marta Kos visita Azerbaigian e Armenia

    Bruxelles – L’Ue cerca di tenersi stretto il Caucaso meridionale, provando a puntellare la sua presenza in quell’angolo di mondo, da sempre considerato dalla Russia come propria zona di interesse e oggi più strategico che mai. La commissaria all’Allargamento Marta Kos ha cominciato oggi (17 settembre) un viaggio di quattro giorni che la porterà a visitare Azerbaigian e Armenia, nel tentativo di rinsaldare i legami coi due Paesi mentre sembra avvicinarsi la firma di uno storico accordo di pace tra Baku e Yerevan.Kos arriverà stasera nella capitale azera, dove domani incontrerà il capo di Stato Ilham Aliyev ed alcuni membri di punta dell’esecutivo. I colloqui si incentreranno soprattutto sugli interessi economici comuni, con buona pace delle preoccupazioni per le sistematiche violazioni dei diritti umani nel Paese, governato in maniera autoritaria dal presidente 63enne.Ma gli affari sono affari, soprattutto in tempi di dazi. Così si parlerà in primis delle forniture energetiche verso il Vecchio continente (Baku è grande produttrice di petrolio e gas naturale, lo stesso che arriva in Puglia attraverso il Tap), ma anche dei grandi progetti infrastrutturali in questo crocevia strategico tra Europa, Medio Oriente ed Asia Centrale, come da copione in base alla nuova strategia Ue per il Mar Nero.La commissaria si recherà poi presso la cittadina di Aghdam, dove sono ancora in corso le attività di sminamento iniziate dopo la conclusione del decennale conflitto nel Nagorno-Karabakh, scoppiato nel 1992 e terminato nel settembre 2023 con la resa dei separatisti armeni. Venerdì (19 settembre) partirà dunque alla volta dell’Armenia, dove vedrà il presidente Vahagn Khachaturyan, il premier Nikol Pashinyan e alcuni ministri. Anche qui ribadirà la volontà dell’esecutivo comunitario di approfondire la cooperazione bilaterale, mettendo al centro gli scambi commerciali e la connettività regionale.Il tour caucasico di Kos non arriva in un momento qualunque. Coincide al contrario con una fase cruciale del processo di normalizzazione tra Armenia e Azerbaigian, avviato ormai da tempo ma accelerato vistosamente nell’ultimo anno. Dopo oltre 30 anni di guerra, le due repubbliche hanno deciso di mettere mano all’arsenale diplomatico e stanno lentamente progredendo verso la stipula di un accordo che, se concluso, potrebbe finalmente portare stabilità all’intera regione.Da sinistra: il presidente azero Ilham Aliyev, quello statunitense Donald Trump e il primo ministro armeno Nikol Pashinyan (foto: Andrew Caballero-Reynolds/Afp)La mediazione statunitense ha impresso una svolta potenzialmente decisiva alla vicenda. Lo scorso 8 agosto Donald Trump ha ospitato Aliyev e Pashinyan alla Casa Bianca: dal trilaterale è emersa una dichiarazione congiunta in sette punti che ha costituito la base su cui, qualche giorno dopo, Baku e Yerevan hanno tratteggiato una bozza di trattato di pace in 27 articoli, modellata sul testo concordato lo scorso marzo.Il documento tocca le principali questioni al centro della decennale contesa tra i due Paesi. A partire dal corridoio di Zangezur, un passaggio terrestre voluto dall’Azerbaigian per collegarsi alla propria exclave del Nachichevan, incastonata tra Armenia, Iran e Turchia. Il tracciato dell’opera, che verrà realizzata con la partecipazione delle imprese a stelle e strisce (alle quali spetteranno i diritti di sviluppo esclusivi per 99 anni), correrà lungo il confine armeno-iraniano ed è stata ribattezzata Trump Route for International Peace and Prosperity, cioè letteralmente “Strada di Trump per la pace e la prosperità internazionali”, acronimo Tripp.Nell’agenda pesa la gestione del post-conflitto nell’ex enclave armena. Baku non intende firmare il trattato finché Yerevan non rimuoverà dalla propria Costituzione alcuni riferimenti alla riunificazione del Nagorno-Karabakh col territorio nazionale. L’Armenia sta riscrivendo la sua Carta fondamentale, ma le modifiche andranno approvate da un referendum popolare, che potrebbe venir convocato solo nel 2027 (il prossimo giugno si terranno le elezioni politiche). Rimane poi la doppia questione dei prigionieri armeni nelle carceri azere e degli sfollati del Nagorno-Karabakh.Oltre che sul piano economico, tuttavia, il progresso nelle trattative bilaterali è estremamente rilevante dal punto di vista geopolitico e strategico. Da un lato, l’accordo (per quanto provvisorio) certifica la perdita di centralità della Federazione, ora che la guerra in Ucraina le impedisce di intervenire in un’area che ha tradizionalmente considerato la sua diretta sfera d’influenza.Da sinistra: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente del Consiglio europeo António Costa (foto: Consiglio europeo)Seppur per ragioni diverse, tanto Baku quando Yerevan si stanno progressivamente allontanando da Mosca per diversificare la propria politica estera e le rispettive reti di alleanze. Se l’Azerbaigian mira a stringere ancora di più il rapporto con la Turchia, l’Armenia sta muovendo i primi passi verso una lenta integrazione con l’Ue.A marzo il Parlamento armeno ha impegnato il governo a richiedere formalmente lo status di Paese candidato. Bruxelles, che ha sempre incoraggiato gli sforzi di riconciliazione con Baku, collabora già con Yerevan in diversi ambiti – dall’assistenza finanziaria alla missione civile Euma (che potrebbe venire smantellata proprio in virtù del futuro trattato, dove si proibisce la presenza di truppe straniere lungo il confine) – e i vertici comunitari si sono recentemente complimentati per i progressi compiuti in tal senso dal piccolo Stato caucasico.Nel suo peregrinare per la regione, la commissaria Kos si terrà invece alla larga dalla Georgia, l’unico Paese dell’area ufficialmente candidato all’ingresso nel club a dodici stelle. In realtà, qui il percorso di adesione è congelato da tempo a causa dell’autoritarismo crescente del governo – che conculca le libertà dei cittadini e reprime brutalmente il dissenso – e allo scivolamento di Tbilisi verso l’orbita del Cremlino.

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    L’Albania corre verso l’Ue. Per Rama l’Unione è “l’impero dei valori e dei diritti”

    Bruxelles – L’Albania procede spedita nella sua corsa verso l’adesione all’Ue. Certo, la strada è tutt’altro che conclusa, ma secondo l’esecutivo comunitario i progressi compiuti da Tirana sono “impressionanti”. Il primo ministro Edi Rama punta ad aprire gli ultimi capitoli negoziali entro la fine dell’anno e a chiudere il lavoro tecnico entro la fine del 2027.Si è tenuta stamattina (16 settembre) la sesta conferenza intergovernativa Ue-Albania a Bruxelles, alla presenza del primo ministro Edi Rama. Oggi è stato ufficialmente aperto il cluster numero quattro (intitolato “Agenda verde e connettività sostenibile” e contenente quattro capitoli negoziali), portando così i cluster aperti da Tirana a cinque su sei in poco meno di un anno per un totale di 28 capitoli sui 33 in cui è condensato l’acquis communautaire (l’immenso corpus giuridico dell’Unione, che i Paesi candidati devono trasporre nella propria legislazione domestica).Nello specifico, i capitoli aperti oggi riguardano trasporti, energia, reti trans-europee e, infine, tutela dell’ambiente e contrasto al cambiamento climatico. Rimangono dunque da aprire i cinque capitoli relativi al quinto cluster (“Risorse, agricoltura e coesione“) che trattano tra le altre cose di agricoltura, sviluppo rurale, sicurezza alimentare, pesca e politiche regionali. Dallo scorso ottobre l’Albania ha già aperto quattro cluster, nell’ordine: “Fondamentali”, “Relazioni esterne”, “Mercato interno” e “Competitività e crescita inclusiva”.La commissaria all’Allargamento Marta Kos (foto: Consiglio europeo)Per l’ennesima volta, le padrone di casa – la commissaria all’Allargamento Marta Kos e la ministra danese agli Affari europei Marie Bjerre – si sono sperticate nell’elogiare il ritmo sostenuto con cui il premier socialdemocratico sta mettendo in campo le riforme pre-adesione, a partire dalla riforma della giustizia e dalla lotta anti-corruzione.“La conferenza intergovernativa mostra che l’allargamento sta procedendo e che le vere riforme producono risultati concreti“, ha evidenziato Bjerre incontrando i giornalisti al termine dei lavori. “Avete fatto la vostra parte, e meritate che questo venga riconosciuto“, ha rimarcato rivolgendosi al suo ospite, pur concedendo che “rimane ancora molto lavoro” da fare ma ribadendo che “un futuro dell’Ue con l’Albania è molto importante per tutti noi”.Le ha fatto eco Kos, osservando che “la velocità dell’Albania è davvero impressionante“. Secondo la commissaria, “le riforme che chiediamo non sono facili ma l’Albania dimostra che il cambiamento positivo è possibile e che l’Ue lo ricompensa”. Un messaggio rivolto agli altri Paesi candidati, soprattutto quelli dove i progressi sono più lenti. Come Rama, Kos è convinta di riuscire a chiudere tutti i capitoli negoziali entro la fine del 2027. “Non è semplice aprire i cluster, ma è ancora più difficile chiudere i capitoli“, ha scandito, incoraggiando il suo ospite a “fare di tutto” per centrare questo ambizioso obiettivo.Le riforme che Tirana si impegna ad implementare con l’apertura del quarto cluster, continua la commissaria, servono a “coniugare la crescita economica con la protezione delle ricchezze naturali“, ma anche a “modernizzare le strade, espandere le reti ferroviarie e integrare pienamente l’Albania” nei sistemi europei di mobilità e connettività. Infine, si tratterà di “promuovere la concorrenza leale, espandere le fonti rinnovabili e rafforzare la sicurezza energetica“.Tra gli immancabili siparietti, Rama ha rimarcato che, per quanto difficile, quella delle riforme “è l’unica strada” per entrare nell’Unione. “Per la prima volta nella nostra storia possiamo scegliere liberamente con chi ci vogliamo sposare“, ha proseguito: “Siamo stati sposati forzatamente con altri imperi nel passato”, ha puntualizzato, “ma questo è un impero di cui vogliamo far parte, un impero di valori, diritti e sicurezza“. E ha concluso la sua serie di lusinghe sostenendo che l’Ue sia “la benedizione del nostro Paese e di altri come noi nella regione”, dal momento che essa “ti fornisce gli strumenti per reinventarti come nazione, come Paese e come Stato“. “Dobbiamo amare l’Europa con tutta la nostra passione”, ha aggiunto.Se tutto continuerà a procedere per questo verso, l’Albania e il Montenegro saranno i primi ad entrare nel club a dodici stelle. Sulla carta, Podgorica è più avanti (ha aperto tutti i capitoli negoziali e ne ha già chiusi sette), ma negli ultimi mesi Tirana ha tirato una vera e propria volata. Al momento della verità, tuttavia, potrebbero venire al pettine anche alcuni nodi che sembrano per il momento trascurati: come la reale salute dello Stato di diritto (incluse l’indipendenza della magistratura e la libertà dei media), la conduzione opaca delle ultime elezioni politiche e il rispetto dei diritti umani nonché del diritto internazionale nel caso dei controversi centri per i migranti costruiti dall’Italia in Albania.

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    Ucraina, si avvita la crisi interna: Zelensky firma la legge sull’anticorruzione e innesca la protesta popolare

    Questo articolo è stato aggiornatoBruxelles – Si alza la temperatura dello scontro politico domestico in Ucraina. Migliaia di cittadini sono scesi in piazza ieri sera in tutto il Paese per protestare contro le controverse norme approvate dal Parlamento, considerate una stretta autoritaria ai danni delle infrastrutture anticorruzione, nella prima manifestazione antigovernativa dal 2022. Ma il presidente Volodymyr Zelensky tira dritto e promulga lo stesso la legge, rischiando una pericolosa frattura interna in una società già stremata da quasi tre anni e mezzo di guerra.Nel frattempo, si moltiplicano gli allarmi da parte della comunità internazionale, in particolare tra gli alleati europei. L’Ue richiama Kiev ai suoi impegni su garanzie democratiche e Stato di diritto, mentre l’Ocse avverte: se si prosegue su questa china scivolosa, si mettono a rischio gli investimenti esteri nell’industria della difesa ucraina e nella ricostruzione post-bellica del Paese.La legge 12414 entra in vigoreAlla fine, l’esito che tanti in Ucraina avevano temuto, dalle opposizioni parlamentari alle organizzazioni della società civile, è diventato realtà. Nella tarda serata di ieri (22 luglio), il capo dello Stato Volodymyr Zelensky ha apposto la sua firma sulla controversa legge approvata poche ore prima in tutta fretta dal legislativo monocamerale di Kiev, la Verchovna Rada, facendola entrare formalmente in vigore.Durante l’accesa sessione in Aula, il partito del presidente Servitore del popolo (Sn), che controlla l’emiciclo ed esprime il governo, aveva inserito nel disegno di legge 12414 sulla modifica del codice penale alcuni emendamenti che portano de facto sotto l’autorità del procuratore generale – una figura di nomina presidenziale (l’incarico è ora nelle mani di Ruslan Kravchenko, considerato molto vicino a Zelensky) – i due principali organi indipendenti per il contrasto alla corruzione: l’Ufficio nazionale anticorruzione (Nabu) e l’Ufficio del procuratore speciale anticorruzione (Sapo).Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: Genya Savilov/Afp)La mossa è stata aspramente criticata dalle due istituzioni in questione, finite negli scorsi giorni nel mirino dei servizi di sicurezza ucraini (Sbu) per presunte infiltrazioni di spie del Cremlino. Il mandato dei due organismi, creati nell’ambito delle riforme post-Euromaidan (quella che gli ucraini chiamano “rivoluzione della Dignità” e che portò alla fuga del presidente filorusso Viktor Yanukovych), è quello di investigare casi di alto livello di corruzione.Le crepe nel fronte internoSecondo i critici di Zelensky, gli attivisti, le ong e una parte consistente dell’opinione pubblica, i raid dell’Sbu sarebbero una ritorsione politicamente motivata contro le indagini a carico dell’ex vicepremier Oleksiy Chernyshov, un altro alleato del presidente. Stando alle ricostruzioni della stampa locale, il clima nel Paese si starebbe scaldando rapidamente. Il timore diffuso è che la picconata sferrata dal governo all’indipendenza degli organi di controllo, una condizione alla base dello Stato di diritto, metta a repentaglio in un colpo solo la solidità della giovane democrazia ucraina e le sue prospettive di aderire all’Ue.Non appena la Rada ha approvato le nuove norme, migliaia di manifestanti sono scesi in piazza nella capitale e in altre città (da Leopoli a Kharkiv, da Odessa a Sumy, su cui pure continuano a piovere le bombe russe) sfidando i divieti e i coprifuoco imposti dalla legge marziale nella prima protesta antigovernativa dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022.A preoccupare la folla, composta soprattutto da giovani, è quella che viene descritta come una più ampia campagna di pressione contro le infrastrutture democratiche nazionali. In cui rientra anche il breve arresto dell’attivista Vitaliy Shabunin, co-fondatore del Centro d’azione anticorruzione (AntAC), l’ong più in vista nel Paese nella lotta alla corruzione.Manifestanti a Kiev nella serata del 22 luglio 2025 (foto: Tetiana Dzhafarova/Afp)I cittadini vorrebbero la fine della corruzione endemica che affligge gli apparati statali fin dall’epoca sovietica e percepiscono la mossa del presidente come un grave tradimento delle promesse di rinnovamento democratico, un ritorno ad una gestione della cosa pubblica reminiscente dell’era di Yanukovych nonché una sconfessione della retorica che da anni dipinge la resistenza ucraina come una battaglia esistenziale della civiltà occidentale contro l’aggressione neo-imperialista della Federazione.A livello politico, le forze dell’opposizione parlamentare stanno raccogliendo le firme necessarie per adire la Corte costituzionale sulla base di presunti vizi procedurali nell’adozione della legge 12414, sperando che i giudici possano dichiarare le nuove norme invalide in tutto o in parte. La soglia minima per avviare la revisione di costituzionalità è di 45 deputati.Ad ogni modo, compromettere l’unità del fronte interno in una fase così delicata della guerra – tra la crescente stanchezza degli alleati occidentali e i rapporti su un’imminente offensiva russa, mentre i rappresentanti dei due Paesi belligeranti si stanno incontrando in queste ore a Istanbul – rischia di tramutarsi in un boomerang molto pericoloso per Zelensky, forse addirittura al punto da influenzare le sorti del conflitto. Lo stesso esercito ucraino, in evidente difficoltà sul campo, sarebbe generalmente contrario alla riforma approvata dal presidente.Le preoccupazioni degli alleati (e la risposta di Zelensky)Del resto, sembra unanime anche la condanna dei partner internazionali di Kiev. In prospettiva, la stretta sugli organi anticorruzione rischia di minare tanto il sostegno militare alla resistenza ucraina (c’è chi, come Donald Trump , potrebbe approfittarne per ritardare ulteriormente la fornitura dei patriot) quanto quello politico all‘integrazione della nazione aggredita nella famiglia euro-atlantica, a cominciare dalla sua adesione al club a dodici stelle (contro cui rema da tempo soprattutto il premier ungherese Viktor Orbán).Dall’Ue si stanno moltiplicando i commenti apertamente critici rispetto alla leadership ucraina, per la prima volta dall’inizio della guerra. Già ieri Guillaume Mercier, un portavoce dell’esecutivo comunitario, aveva sottolineato che l’assistenza finanziaria di Bruxelles è “subordinata ai progressi in materia di trasparenza, riforma giudiziaria e governance democratica“.Oggi, Mercier ha spiegato a Eunews che gli organismi anticorruzione finiti al centro della bufera “sono fondamentali per il programma di riforme dell’Ucraina e devono operare in modo indipendente“. Ursula von der Leyen ha parlato direttamente con Zelensky, ci ha detto il portavoce, per esprimere “forte preoccupazione per le conseguenze degli emendamenti (al codice penale, ndr) e ha chiesto spiegazioni al governo ucraino“. In qualità di Paese candidato, ha concluso, “l’Ucraina è tenuta a rispettare pienamente” gli standard comunitari sullo Stato di diritto e la lotta alla corruzione, reiterando che sul tema “non possono esserci compromessi“.La commissaria Ue per l’Allargamento, Marta Kos (foto: Lukasz Kobus via Imagoeconomica)La commissaria all’Allargamento, Marta Kos, si è detta “seriamente preoccupata” per gli ultimi sviluppi, ribadendo che “lo smantellamento delle garanzie fondamentali che tutelano l’indipendenza del Nabu è un grave passo indietro“. Kos ha dichiarato di aver avuto “discussioni franche” con la premier ucraina Yulia Svyrydenko e il ministro all’Integrazione europea Taras Kachka, sostenendo che continua il lavoro congiunto con le autorità nazionali “sulle necessarie riforme dello Stato di diritto e sui progressi” nel percorso verso l’Ue.Il commissario alla Difesa, Andrius Kubilius, che si trovava a Washington ieri (22 luglio) proprio per spronare l’amministrazione a stelle e strisce ad aumentare sia il supporto alla difesa di Kiev sia la pressione su Mosca tramite sanzioni più stringenti (i Ventisette hanno da poco approvato il 18esimo round di misure restrittive), ha affermato che “in guerra, la fiducia tra la nazione che combatte e la sua leadership è più importante delle armi moderne: difficile da costruire e mantenere, ma facile da perdere con un solo errore significativo da parte della dirigenza”, aggiungendo che “la trasparenza e il dialogo europeo aperto sono l’unico modo per riparare la fiducia danneggiata“.In una lettera inviata all’ufficio di Zelensky, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha evidenziato che il giro di vite contro il Nabu e il Sapo potrebbero risultare in un flusso più modesto di investimenti dall’estero verso l’industria della difesa ucraina e nella ricostruzione post-bellica.I gathered all heads of Ukraine’s law enforcement and anti-corruption agencies, along with the Prosecutor General. It was a much-needed meeting — a frank and constructive conversation that truly helps. We all share a common enemy: the Russian occupiers. And defending the… pic.twitter.com/GNIA585mGR— Volodymyr Zelenskyy / Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) July 23, 2025In risposta alle reazioni interne ed esterne al Paese, Zelensky ha convocato in mattinata i capi delle agenzie anticorruzione e dei servizi per fare il punto sulla situazione. “È stato un incontro molto necessario, una conversazione franca e costruttiva”, ha commentato, rimarcando che il “nemico comune” è l’invasore russo e che “difendere lo Stato ucraino richiede un sistema di applicazione della legge e di lotta alla corruzione sufficientemente forte, che garantisca un vero senso di giustizia“.“Tutti noi ascoltiamo ciò che dice la società“, ha assicurato il presidente riferendosi ai manifestanti, e sostenendo di voler garantire “giustizia sicura e funzionamento efficace di ogni istituzione“. Infine l’annuncio dell’inizio di un nuovo corso per porre fine all’impunità, alle infiltrazioni e alle inefficienze: “La prossima settimana si terrà una riunione di lavoro approfondita sul piano d’azione congiunto” per rinvigorire le infrastrutture dell’anticorruzione, ha promesso, fissando “entro due settimane” la scadenza per la presentazione della roadmap sul futuro assetto delle agenzie statali.

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    Più risorse per allargamento e Mediterraneo, Bruxelles: “La loro sicurezza è la nostra sicurezza”

    Bruxelles – Nel caotico programma di spesa pluriennale presentato ieri (16 luglio) da Ursula von der Leyen, resta una certezza: buona parte del bilancio Ue 2028-34 è orientato al tema della sicurezza. Militare, economica, energetica, alimentare. L’imperativo di rispondere a un contesto geopolitico “sempre più instabile” permea anche la strategia di Bruxelles – e le risorse – per l’allargamento dell’Unione e per i rapporti con il vicinato meridionale. Nel nuovo quadro finanziario, la Commissione europea ha proposto di raddoppiare i finanziamenti per la regione del Mediterraneo e di aumentare del 37 per cento quelli per i Paesi candidati e il vicinato orientale.“La loro sicurezza è la nostra sicurezza. Il loro successo è il nostro successo comune”, ha affermato la commissaria europea per il Mediterraneo, Dubravka Šuica, nel presentare le linee di spesa proposte per Global Europe, lo strumento Ue per il Vicinato e la cooperazione internazionale. In particolare, la Commissione propone di raddoppiare i finanziamenti per Medio Oriente e Nord Africa e portarli a 42,5 miliardi di euro. “Investiremo nella stabilità, nella sicurezza e nella prosperità attraverso partenariati reciprocamente vantaggiosi con i nostri vicini meridionali“, ha proseguito la commissaria, citando come esempi gli accordi di cooperazione già stretti con Tunisia, Egitto, Giordania.Dubravka Šuica, commissaria europea per il MediterraneoIl tesoretto che l’Ue prevede di mettere sul piatto per il Vicinato meridionale “aiuterà i nostri partner ad affrontare le cause profonde della fragilità socioeconomica, che è alla base dell’instabilità politica e della radicalizzazione”, ha insistito Šuica. L’intento è – in vista del Nuovo patto per il Mediterraneo che la stessa commissaria presenterà ad ottobre – mettersi al lavoro per siglare accordi trasversali, che spazino dalla “sfida della transizione verde” agli “investimenti nella sicurezza e nella protezione delle frontiere, per controllare meglio il traffico di esseri umani e l’immigrazione illegale“.Parallelamente, Bruxelles si prepara ad una inevitabile nuova stagione di allargamento dei suoi Paesi membri. “I negoziati di adesione all’Unione Europea con Montenegro, Albania, Moldavia e Ucraina non sono mai stati così rapidi e molti dei nostri Paesi candidati ambiscono a concludere i negoziati nei prossimi anni“, ha confermato Marta Kos, commissaria per l’Allargamento, convinta che “il nuovo quadro finanziario pluriennale riflette questa realtà”. Perché “prevede un aumento significativo dei finanziamenti per adeguarsi alla maggiore velocità dei Paesi candidati”, da 31 a 42,6 miliardi di euro. “Si tratta di un aumento del 37 per cento“, ha sottolineato Kos.Un capitolo a parte è dedicato a Kiev, per cui la Commissione ha previsto lo stanziamento di 100 miliardi per sostenerne le riforme e la ricostruzione dopo il 2028. “I finanziamenti per l’Ucraina sono mantenuti separati e al di sopra del massimale” del bilancio, ha spiegato Kos. “Chiunque pensasse che il sostegno europeo si sarebbe indebolito nel tempo, si sbagliava”, ha concluso. Ma la commissaria ha contemporaneamente lanciato un piccolo allarme: per i prossimi due anni – prima dell’adozione del nuovo budget settennale -, l’Ucraina ha bisogno di circa 80 miliardi all’anno “per poter funzionare come Stato, e l’Ue da sola non sarà sufficiente”.

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    Allargamento, Kos: “Balcani occidentali accelerino sulle riforme”

    Bruxelles – I Balcani occidentali si muovono verso l’adesione all’Ue, chi più veloce e chi meno. Almeno a sentire la commissaria all’Allargamento Marta Kos, che ha incontrato i leader dei Paesi candidati per fare il punto sui progressi nell’implementazione delle riforme e promettere un sostegno continuato da parte dell’Unione. Senza dimenticare i nodi politici ancora da sciogliere.Si sono dati appuntamento a Skopje oggi (1 luglio) i leader dei sei candidati all’ingresso in Ue dei Balcani occidentali – Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – per incontrare la responsabile dell’Allargamento dell’esecutivo comunitario, Marta Kos.Con lei hanno fatto il punto sul Piano di crescita da 6 miliardi di euro, il maxi-strumento di investimenti con cui Bruxelles sta incentivando le riforme pre-adesione in cambio della cooperazione in diversi ambiti (ad esempio finanza, trasporti, turismo, connettività digitale) e l’integrazione delle economie regionali nel mercato unico, per accelerare la convergenza socio-economica coi Ventisette. Lo scorso ottobre, la Commissione ha approvato le agende presentate da cinque cancellerie (tutte tranne Sarajevo, che ha finalizzato il suo programma a fine giugno) e ha dato il via agli esborsi per quattro di loro, mentre sono ancora fermi i soldi per Pristina.Happy to be in Skopje for the Western Balkans leaders’ meeting.Good exchange with @MickoskiHM, whom I thanked for hosting tomorrow’s Summit.Our Growth Plan is already improving lives across the region, but we can do more! Tomorrow will be about delivering more & faster. pic.twitter.com/eleDG9pfbw— Marta Kos (@MartaKosEU) June 30, 2025“Vogliamo aiutare tutti voi a tagliare il traguardo“, ha dichiarato Kos rivolta ai leader dei partner regionali radunati nella capitale macedone. “Le riforme fondamentali che vi stiamo chiedendo non sono facili“, ha concesso: “Toccano le strutture di potere esistenti, sfidano gli interessi inveterati e richiedono una trasformazione profonda della società”. Ma vale la pena imbarcarsi in questo percorso, ha garantito, poiché “i benefici dell’appartenenza all’Ue sono molteplici: la stabilità, la sicurezza, la prosperità per tutti i cittadini”.Durante il vertice, Kos ha esortato i suoi interlocutori a premere sull’acceleratore. “C’è un chiaro consenso tra le capitali europee per l’allargamento in questo momento”, ha dichiarato, ma “la finestra d’opportunità potrebbe non rimanere aperta per sempre“. “Avete già fatto molto”, riconosce la commissaria, “e ora è il momento di accelerare sulla fase di implementazione“.Un secondo rapporto del Berlaymont sulle agende di riforma è atteso nel giro di un paio di settimane, ha annunciato. Un dettaglio importante, visto che i fondi europei verranno erogati integralmente solo una volta che le suddette riforme saranno state tradotte in realtà. E visto pure che il tempo stringe, perché il Piano di crescita sarà attivo solo fino al 2027, dopodiché le risorse rimaste inutilizzate riconfluiranno nel bilancio comunitario.Per il momento, a sentire Kos, il quadro generale è incoraggiante. L’Albania ha aperto tre cluster di negoziati (cioè la metà del totale) nell’ultimo semestre e di questo passo, sostiene, “potremmo aprire tutti i cluster entro la fine dell’anno“. Il Montenegro ha chiuso un altro capitolo la scorsa settimana, la Bosnia-Erzegovina ha finalmente consegnato la sua roadmap per le riforme, e anche la Serbia si sta muovendo collocazione internazionale di Belgrado(per quanto rimangano dubbi sulla ). Al premier kosovaro Albin Kurti la responsabile dell’Allargamento ha chiesto “un sacco di energia” per rilanciare il processo di adesione.L’allargamento dell’Ue nella storia (grafica di Eunews)Al padrone di casa, il primo ministro Hristijan Mickoski, Kos ha segnalato la disponibilità di Bruxelles ad aprire i negoziati sul cluster dei fondamentali non appena Skopje avrà apportato l’ennesima modifica alla Costituzione, come richiesto dalla Bulgaria che, in assenza di progressi da parte macedone, continua a mettersi di traverso sull’adesione della nazione balcanica.La commissaria ha sottolineato “l’importanza della fiducia e della comprensione reciproca“, aggiungendo che “non appena la Macedonia del Nord emenderà la propria Costituzione dovremmo procedere immediatamente con la conferenza intergovernativa senza ulteriori condizioni politiche”. Una frecciatina, nemmeno troppo velata, diretta al governo bulgaro, sulla scia di quella già scoccata dal presidente del Consiglio europeo António Costa lo scorso maggio.Ma rispetto all’ottimismo di Kos e alle sue osservazioni sulla tutela dell’identità nazionale (“l’adesione all’Ue è il modo migliore” per salvaguardarla, dice la commissaria), Mickoski preferisce mantenersi “cauto”. “Negli ultimi tre decenni abbiamo perso molti pezzi della nostra identità, cambiando la nostra bandiera e la Costituzione in diverse occasioni”, lamenta il premier nazionalista, e ora “non abbiamo alcuna garanzia che questa sarà l’ultima concessione che dovremo fare” per disinnescare il veto di Sofia.

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    Kos: “Si doveva integrare per tempo i Paesi dei Balcani occidentali”

    Bruxelles – “Mai come adesso l’allargamento è all’insegna della sicurezza. Questo ci fa capire gli errori commessi in passato, vale a dire non integrare per tempo i Paesi dei Balcani occidentali“. Il ‘mea culpa’ della Commissione europea sul processo di adesione all’Ue arriva da Marta Kos, commissaria per l’Allargamento, che in occasione dello European defence and security summit contestualizza l’espansione del club a dodici stelle alla guerra in Ucraina. Sottolineando le rinnovate incertezze geopolitiche, Kos lascia intendere che Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia – Paesi candidati della regione- avrebbero potuto divenire membri prima, in un chiaro invito ad accelerare.

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    Moldova, l’adesione è sempre più vicina. Ma la Russia rimane una minaccia esistenziale

    Bruxelles – La Moldova si muove a passi da gigante verso l’adesione al club a dodici stelle. Ma non deve mollare la presa sulle riforme, se vuole aprire nei prossimi mesi i primi capitoli negoziali. E, soprattutto, deve continuare a difendersi dalle interferenze russe. A partire da quelle tramite cui, con ogni probabilità, il Cremlino tenterà di far deragliare le elezioni parlamentari in programma per il prossimo settembre, ripetendo un copione già andato in scena lo scorso autunno.“La Moldova ha fatto buoni progressi nel suo percorso verso l’Ue“, ha certificato oggi pomeriggio (4 giugno) l’Alta rappresentante Kaja Kallas durante una conferenza stampa congiunta al termine della nona riunione del consiglio d’associazione Ue-Moldova. Nello specifico, ha sottolineato, ci sono stati “progressi impressionanti nel contrasto alla corruzione, nell’avanzamento della riforma giudiziaria e nella tutela dei valori democratici“.Certo, ha concesso, “le riforme rimangono essenziali per mantenere il ritmo”, ma nessuno a Bruxelles o a Chisinau nutre seri dubbi sulle capacità del piccolo Paese balcanico di realizzarle. “La Moldova appartiene all’Europa“, ha scandito il capo della diplomazia comunitaria. Il mese prossimo si terrà il primo summit di alto livello Ue-Moldova, durante il quale si discuterà tra le altre cose di energia, digitale ed istruzione.Da sinistra: il primo ministro moldavo Dorin Recean, l’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas e la commissaria all’Allargamento Marta Kos (foto: Consiglio europeo)La commissaria all’Allargamento, Marta Kos, parla addirittura di “velocità record“, e non esclude che Chisinau possa arrivare ad aprire tutti e 33 i capitoli negoziali entro la fine dell’anno, come vorrebbe il primo ministro moldavo Dorin Recean. Sulla carta, non è impossibile. Secondo gli esperti, Chisinau si muove ad un ritmo doppio rispetto agli altri Paesi candidati e tutto il lavoro tecnico potrebbe essere completato entro la fine del 2027.Per il premier, “l’adesione all’Ue non è più solo un sogno, ma sta avendo luogo di fatto“. La Commissione, come ricordato da Kos, ha già inoltrato agli Stati membri tre relazioni – una sul primo cluster (fondamentali), una sul secondo (mercato interno) e una sul sesto (relazioni esterne) – e si aspetta ora dal Consiglio una decisione sull’apertura dei primi capitoli negoziali “il prima possibile”.Di fatto, Chisinau gode già degli effetti dell’integrazione graduale. Secondo questo approccio, Bruxelles permette ai cittadini dei Paesi candidati di sperimentare in anticipo i benefici dell’adesione all’Ue, prima ancora che entrino effettivamente nel club, estendendo alcune delle politiche interne (soprattutto quelle relative al mercato unico).Great to meet HRVP @kajakallas ahead of the EU–Moldova Association Council & thank for the great support we receive for Moldova’s reform progress,regional security & the EU integration path.Together, we’re building a future rooted in resilience, democracy & a shared EU destiny. pic.twitter.com/jYH7jz8uYq— Dorin Recean (@DorinRecean) June 4, 2025Nel caso della Moldova, sono all’opera almeno tre strumenti di questa strategia: il Piano di crescita da 1,9 miliardi di euro stipulato il mese scorso per sostenere lo sviluppo infrastrutturale (la cui prima tranche dovrebbe arrivare nel giro di qualche settimana), l’estensione allo Stato balcanico dell’area unica per i bonifici in euro – meglio nota con l’acronimo inglese Sepa – e la possibilità di partecipare al fondo Safe da 150 miliardi per il riarmo del Vecchio continente, attraverso l’acquisto congiunto o la produzione di armamenti per i Paesi partecipanti.Ma il percorso verso l’Ue non è tutto rose e fiori, specialmente per chi ha gravitato nell’orbita dell’Unione sovietica. Il Cremlino ha varie armi a sua disposizione per tentare di impedire a nuovi Stati di avvicinarsi all’Ue. Una di queste è il ricatto energetico. Lo scorso inverno, Bruxelles ha messo in campo una strategia biennale per proteggere la sicurezza energetica della Moldova.Inoltre, Chisinau deve proteggersi dalle interferenze russe nei suoi processi democratici, come quelle registrate lo scorso autunno in occasione delle presidenziali, poi vinte dall’europeista Maia Sandu, e del referendum che ha portato all’inclusione in Costituzione dell’obiettivo di aderire all’Ue.La presidente della Moldova, Maia Sandu (foto: Daniel Mihaliescu/Afp)Il prossimo settembre, gli elettori saranno chiamati a rinnovare il Parlamento nazionale. Secondo Kallas, quell’appuntamento con le urne “sarà uno dei bersagli principali della guerra ibrida di Mosca“,  che ricorrerà probabilmente ad “una ragnatela di soldi, contenuti online e coercizione per cercare di influenzare il voto”. Bruxelles offrirà tutto il sostegno possibile a Chisinau, ha assicurato l’ex premier estone: una missione civile e una squadra di esperti per smantellare le reti di finanziamento illecito, nonché un team di contrasto alle minacce ibride. Basterà?A sentire Recean, il Cremlino starebbe puntando a truccare le elezioni per installare a Chisinau un governo fantoccio filorusso che acconsenta all’invio di “10mila soldati” di Mosca in Transnistria. L’obiettivo della Federazione sarebbe quello di provocare una “crisi umanitaria” nella regione secessionista e “usarla contro l’Ucraina e la Romania“.

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    L’Ue si dà una strategia per il Mar Nero, dopo tre anni di guerra in Ucraina

    Bruxelles – Dopo più di tre anni dall’inizio della guerra neo-imperialista della Russia in Ucraina, l’Ue prova a darsi una prospettiva strategica nella regione del Mar Nero, per controbilanciare l’influenza di Mosca e consolidare la propria. Parole d’ordine: sicurezza, connettività e investimenti. Nelle speranze di Bruxelles, si potrà fare tutto questo senza impiegare nuove risorse di bilancio, ma semplicemente “razionalizzando” quelle già esistenti.La Commissione europea ha presentato oggi (28 maggio) la sua nuova strategia per la regione del Mar Nero, con la quale cercherà di proiettarsi nella zona che fa da cerniera naturale tra Europa orientale, Caucaso meridionale e Asia centrale. Nell’idea dell’esecutivo comunitario, servirà per “rafforzare il ruolo geopolitico dell’Ue” attraverso l’approfondimento della cooperazione con tutti i Paesi della regione: Ucraina, Moldova, Georgia, Armenia, Azerbaigian e Turchia.Secondo il Berlaymont, l’iniziativa dovrà imperniarsi su tre pilastri principali. Il primo, neanche a dirlo, riguarda la sicurezza regionale: la cui responsabilità, ha sottolineato l’Alta rappresentante Kaja Kallas, “non può ricadere solamente sulle spalle degli Stati membri”. A tal scopo, Bruxelles prevede di istituire un “hub per la sicurezza marittima” aperto alla partecipazione di tutti i Paesi dell’area.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Lukasz Kobus/Commissione europea)Come spiegato dal capo della diplomazia a dodici stelle, si tratterà di “un sistema europeo di allerta precoce per aumentare la consapevolezza situazionale e proteggere le infrastrutture critiche” di Stati membri e Paesi terzi dalle minacce ibride – ivi comprese campagne di disinformazione e interferenze elettorali varie (vedi alle voci Moldova e Romania) – poste da attori stranieri malevoli, in primis la Russia.Tale hub, di cui andranno concordati in un secondo momento l’ubicazione e il “modello operativo” e che collaborerà con le strutture della Nato e della coalizione dei volenterosi, dovrà inoltre contribuire a “monitorare qualunque accordo di pace stipulato tra Russia e Ucraina” e ad assicurare la sicurezza di navigazione nel Mar Nero, prendendo parte tanto al contrasto della flotta ombra di Mosca quanto alle operazioni di sminamento del fondale una volta terminato il conflitto.Infine, fungerà anche da centro di coordinamento per la mobilità militare regionale, partecipando con modalità non meglio definite agli interventi di ammodernamento di porti, ferrovie, strade e quant’altro possa servire a “muovere truppe ed equipaggiamenti”.Il secondo pilastro è quello della connettività. Il Mar Nero, nelle parole della commissaria all’Allargamento Marta Kos, è “un ponte verso il Caucaso meridionale e l’Asia centrale, un’arteria vitale per il commercio, i flussi energetici e le esportazioni alimentari” e dunque l’Ue avverte “la necessità di diversificare i legami” coi partner dell’area per ridurre ulteriormente le proprie dipendenze da Mosca.When dependencies are weaponised, we must diversify.The Black Sea is the bridge to the South Caucasus & Central Asia – vital for trade, energy flows, & food exports.Our new strategy offers partnerships & better connectivity stepping up our collective security & prosperity. pic.twitter.com/HJNzkKHl6b— Marta Kos (@MartaKosEU) May 28, 2025Andranno quindi sviluppati nuovi corridoi energetici, reti di trasporto e infrastrutture digitali che connettano la regione coi bacini del Baltico e del Mediterraneo da un lato e del Caspio dall’altro. Secondo le previsioni di Kos, Kiev e Chisinau potrebbero essere “completamente disaccoppiate dalle fonti energetiche russe entro la fine del 2027“. Parallelamente, Bruxelles punta a “migliorare la cooperazione nel settore energetico con l’Armenia e l’Azerbaigian“.L’ultimo cardine della strategia riguarda la preparazione e la resilienza, soprattutto per quanto riguarda il cambiamento climatico e gli impatti ambientali della guerra d’Ucraina. Un occhio di riguardo sarà riservato alle comunità costiere, puntando in particolare all’economia blu e alle opportunità di crescita sostenibile.Ma non si diventa una potenza geopolitica coi proclami trionfalistici. Da dove si prenderanno i soldi? “Non faremo ricorso a nuovi strumenti finanziari“, hanno chiarito Kallas e Kos. Le risorse arriveranno da fondi già esistenti, come la Ukraine facility o i piani di crescita stipulati da Bruxelles, ad esempio, con Armenia e Moldova. Un altro contributo dovrebbe arrivare dalla revisione del funzionamento della Garanzia per l’azione esterna, la spina dorsale di quel Global gateway con cui Bruxelles ha provato a rispondere alla Nuova via della seta di Pechino.La commissaria all’Allargamento, Marta Kos (foto: Lukasz Kobus/Commissione europea)Come illustrato dal commissario per i Partenariati internazionali, Jozef Síkela, si tratta di stimolare la crescita sostenibile dei partner ma anche di migliorare l’efficacia degli aiuti allo sviluppo. “Il successo della strategia dipenderà dal potere di fuoco finanziario che saremo in grado di mettere in campo”, ha dichiarato. La verità, tuttavia, è che la coperta è corta, e la partita entrerà nel vivo in autunno quando inizieranno i negoziati tra Consiglio e Parlamento sul nuovo Quadro finanziario pluriennale (Qfp).L’obiettivo, dice Síkela, è fare “un uso più dinamico delle risorse dell’Ue senza bisogno di nuove risorse di bilancio“. Nei suoi calcoli, si potrebbe arrivare a mobilitare fino a 10 miliardi di investimenti aggiuntivi senza mettere un centesimo in più nel budget comunitario. Per riuscirci, andranno riviste le norme sugli investimenti nei Paesi terzi, verrà ridotta la copertura del rischio da parte della Banca europea degli investimenti (Bei) e si procederà all’ennesima sburocratizzazione del settore. Basterà?