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    Nato, il vertice dell’Aia alle prese col “terremoto Trump”

    Bruxelles – All’ombra dell’escalation in Medio Oriente, ha preso il via all’Aia il summit della Nato, dove gli Stati membri dovrebbero dare il disco verde ai nuovi impegni per la difesa al 5 per cento del Pil. Ma sul primo vertice dell’era Rutte si allungano diverse ombre: dal conflitto tra Israele e Iran alla “fronda” interna all’Alleanza guidata dalla Spagna contro l’aumento delle spese militari, passando per il sostegno all’Ucraina. Soprattutto, l’intera coreografia è stata pensata per ridurre al minimo i rischi legati all’imprevedibilità di Donald Trump. Che però ha già terremotato la città olandese ancora prima di metterci piede.È cominciata oggi (24 giugno) la due giorni della Nato all’Aia, il primo vertice presieduto da Mark Rutte nelle vesti di Segretario generale. Ma l’ospite più atteso e più imprevedibile, Donald Trump, è riuscito a mettere già in imbarazzo il capo dell’Alleanza prima ancora di atterrare. Appena decollato alla volta del Vecchio continente – non dopo aver rimproverato l’Iran e Israele per aver violato il cessate il fuoco da lui stesso mediato (che però, dice, è ancora in vigore) – il tycoon ha postato sul suo social Truth gli screen di alcuni messaggi ricevuti dall’ex premier olandese.“Congratulazioni e grazie per la tua azione decisiva in Iran, che è stata davvero straordinaria, qualcosa che nessun altro ha mai osato fare”, si legge nella conversazione, tutta impostata con un tono particolarmente accomodante e deferente nei confronti del presidente statunitense, azionista di maggioranza della Nato. “Stai volando verso un altro grande successo all’Aia stasera“, continuano i messaggi. “Otterrai qualcosa che nessun presidente americano è riuscito a ottenere in decenni”, si legge ancora: cioè che “l’Europa pagherà molto, come dovrebbe, e sarà un tuo successo“.Tuttavia, proprio sulla questione centrale dell’aumento delle spese in difesa (che dovrebbero passare dall’attuale 2 al 5 per cento del Pil, distinguendo tra un 3,5 per cento di spese militari “classiche” più un ulteriore 1,5 per cento in investimenti legati alla sicurezza) non sembra essersi ancora sciolta la riserva del premier spagnolo Pedro Sánchez.In un testa a testa a distanza con Rutte, il primo ministro socialista ha messo in discussione il nuovo obiettivo, sostenendo di aver ottenuto una deroga specifica per Madrid. Il capo dell’Alleanza, invece, tiene il punto sull’universalità dei nuovi impegni di spesa e mira probabilmente a risolvere la questione attraverso una formulazione sufficientemente vaga del comunicato finale del summit, che andrà sottoscritto dai 32 leader.Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez (foto: Javier Soriano/Afp)Tutto si giocherà sull’ambiguità dei termini e sulla flessibilità concessa alle cancellerie per passare dagli attuali livelli di spesa a quelli richiesti dalla Nato in un contesto nel quale la sicurezza internazionale va deteriorandosi a vista d’occhio, tenendo conto anche dei nuovi obiettivi di capacità (specifici per ogni Stato membro) recentemente rivisti per mantenere credibile la deterrenza collettiva. Del resto, sulla flessibilità – a partire da un orizzonte decennale, fissato al 2035 – puntano anche tutti gli altri Paesi (Italia inclusa) che si trovano ancora al di sotto del precedente target, il 2 per cento deciso nel lontano 2014.Un altro imbarazzante intervento del presidente Usa riguarda la solidità della clausola di mutua difesa, sancita dal famigerato articolo 5 della Carta atlantica. A bordo dell’Air Force One, Trump ha dichiarato che “esistono numerose definizioni dell’articolo 5“, rifiutando di confermare se Washington difenderebbe i suoi alleati europei nel caso di un’aggressione armata. “Mi impegno a essere loro amico“, ha tagliato corto.Dichiarazioni che non faranno troppo piacere alle cancellerie del Vecchio continente, dove si moltiplicano gli allarmi che la Russia di Vladimir Putin potrebbe attaccare direttamente un Paese Nato lungo il fronte orientale entro la fine del decennio. Nelle parole dello stesso Rutte, la Federazione rimane “la più significativa e diretta minaccia all’Alleanza“.Anche Ursula von der Leyen ha ammonito che “la Russia sarà in grado di testare i nostri impegni di difesa reciproca entro i prossimi cinque anni“. “Entro il 2030, l’Europa deve avere tutto ciò che serve per una deterrenza credibile”, ha aggiunto. Serve mettere in campo “una nuova mentalità“, dice, che dovrà permettere ai Ventisette di “esplorare nuovi modi di fare le cose, unendo la tecnologia e la difesa, l’aspetto civile e militare“.Il Segretario generale della Nato, Mark Rutte (foto: Nato)E l’Ucraina? Il summit dell’Aia dovrà servire anche per riconfermare il sostegno dell’Alleanza atlantica alla resistenza di Kiev, ma stavolta questo tema godrà di riflettori più fiochi rispetto ai vertici precedenti. Per non irritare la sensibilità di Trump, che non nutre grande simpatia per l’omologo ucraino, Volodymyr Zelensky non è stato invitato a prendere parte nell’unica sessione di lavoro dei leader, prevista per domani.Oggi, il presidente ucraino ha incassato rassicurazioni ed elogi dai vertici comunitari. “Continueremo a dare pieno sostegno all’Ucraina e a esercitare pressioni sulla Russia attraverso sanzioni“, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo António Costa, complimentandosi con il governo di Kiev per lo “straordinario lavoro” profuso nell’implementare le riforme pre-adesione pur sotto le bombe del Cremlino. Secondo l’ex premier portoghese, “abbiamo raggiunto le condizioni per far progredire il processo negoziale in corso” e far entrare al più presto il Paese nel club a dodici stelle.Rimane invece sospeso nel limbo l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Al netto delle dichiarazioni di Rutte, che ha ribadito per l’ennesima volta il carattere “irreversibile” del percorso di Kiev verso l’Alleanza (“vale ancora oggi e continuerà a valere anche giovedì”, assicura), rimane ancora lontano il giorno in cui tutti gli attuali membri daranno il loro consenso unanime.

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    A Roma il vertice Weimar Plus in sostegno di Kiev. Rutte: “All’Aia la Nato concorderà il 5 per cento”

    Bruxelles – Sostegno incrollabile all’Ucraina e aumento delle spese per la difesa in ambito Nato. Sono i punti principali affrontati alla riunione del gruppo Weimar Plus, presieduto oggi a Roma da Antonio Tajani. Sul nuovo target del 5 per cento dell’Alleanza nordatlantica, il vicepremier forzista assicura l’impegno dell’Italia ma chiede più flessibilità. Nel frattempo, l’Ue spinge per adottare nuove sanzioni contro il Cremlino.I pesi massimi della difesa europea si sono riuniti oggi (12 giugno) a Villa Madama, a Roma, per discutere di sostegno a Kiev e di sicurezza euro-atlantica, inclusi i nuovi impegni di spesa militare dell’Alleanza nordatlantica. Alla Farnesina, il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha accolto gli omologhi di Francia, Germania, Polonia, Spagna, Regno Unito e Ucraina, insieme all’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas e, per la prima volta, alla presenza del Segretario generale della Nato Mark Rutte.Focus sulla difesaSul versante sicurezza, il tema centrale è senza dubbio la necessità di aumentare massicciamente le spese militari nel Vecchio continente. Nella loro dichiarazione congiunta, i ministri hanno riconosciuto che gli alleati europei devono “assumersi maggiori responsabilità all’interno della Nato” e auspicato “un ambizioso rafforzamento delle capacità di difesa europee, intensificando in modo flessibile e sostenibile le spese per la sicurezza e e la difesa nazionali“.A Villa Madama con i Ministri dei Paesi Weimar+ per un importante confronto sulla sicurezza euroatlantica e sul sostegno all’#Ucraina.Abbiamo concordato di rafforzare il nostro impegno per un’Europa più forte, capace di difendere i propri cittadini e di contribuire alla pace e… pic.twitter.com/6IC639JRDc— Antonio Tajani (@Antonio_Tajani) June 12, 2025Il riferimento è duplice. Da un lato, c’è il colossale piano ReArm Europe proposto dall’esecutivo comunitario: fino a 800 miliardi di potenziali investimenti nazionali da parte dei Ventisette (derivanti dal rilassamento delle regole del Patto di stabilità) più altri 150 miliardi in appalti congiunti dal fondo Safe, cui potranno partecipare anche Paesi extra-Ue come Regno Unito e Ucraina.Dall’altro lato, c’è il nuovo obiettivo del 5 per cento che sta per essere concordato dai leader dell’Alleanza al summit dell’Aia, in calendario per fine mese. Ma la parola d’ordine, appunto, è flessibilità. A sottolinearlo è lo stesso padrone di casa: “L’Italia è favorevole” ad alzare l’asticella, ha dichiarato il vicepremier, “ma bisogna programmarlo in almeno 10 anni“. Il Belpaese ha raggiunto solo recentemente il target del 2 per cento deciso nel 2014.Sul nodo cruciale delle tempistiche è arrivata la sponda di Rutte, che prima della ministeriale ha incontrato Giorgia Meloni per un bilaterale. “Non ho comunicato nulla riguardo a una data di scadenza” per tradurre in pratica il nuovo target (composto da 3,5 punti di Pil per le spese militari e un ulteriore 1,5 per cento in investimenti collegati in senso lato alla sicurezza), ha affermato il capo della Nato, in un’apertura agli alleati coi conti pubblici sotto pressione come l’Italia.La premier italiana Giorgia Meloni accoglie a Palazzo Chigi il Segretario generale della Nato, Mark Rutte, il 12 giugno 2025 (foto: Chigi)Ma non c’è dubbio, ha tenuto il punto l’ex premier olandese, sulla necessità di “spendere di più” e di farlo massicciamente, a partire dalla produzione di munizioni e dall’aumento delle capacità di difesa antiaeree. Perché, sostiene, la Russia potrebbe attaccare direttamente il territorio Nato “entro il 2029 o al massimo al 2030”. Tutti d’accordo: per il titolare degli Esteri tedesco Johann Wadephul, “la capacità di difesa non deve essere un dibattito teorico, è un’amara necessità”, mentre Kallas ha ribadito che “un’Europa più forte significa anche una Nato più forte“.Sostegno a Kiev (e sanzioni su Mosca)Quanto al dossier Ucraina, i partecipanti hanno ribadito il sostegno al Paese aggredito, accogliendo con favore “gli sforzi di pace guidati dagli Stati Uniti e i recenti colloqui” tra le squadre negoziali di Kiev e Mosca (l’ultimo a Istanbul a inizio mese) ma deplorando l’approccio tutt’altro che costruttivo di Vladimir Putin.“Siamo pronti per la pace, vogliamo finire la guerra quest’anno“, ha dichiarato il titolare degli Esteri di Kiev, Andrij Sybiha. Ma, secondo il suo omologo polacco Radoslaw Sikorski, lo zar “si sta prendendo gioco” delle aperture concesse sia da Volodymyr Zelensky sia da Donald Trump (la cui mediazione non sembra finora portare da nessuna parte).Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Per costringere l’inquilino del Cremlino a sedersi al tavolo delle trattative, i partecipanti al vertice odierno hanno ribadito la “disponibilità a intensificare la pressione sulla Russia“, anche ricorrendo all’imposizione di nuove sanzioni. In tal senso si sta già lavorando a Bruxelles, dove gli ambasciatori dei Ventisette stanno discutendo sul 18esimo pacchetto presentato a inizio settimana dalla Commissione.Sulle nuove misure – che vanno adottate all’unanimità dalle cancellerie – aleggia il veto del primo ministro slovacco Robert Fico, ufficialmente per timori relativi alla sicurezza energetica di Bratislava. Da Roma, Kallas si è detta “abbastanza ottimista su un accordo finale“, mentre i portavoce del Berlaymont continuano a ripetere che “la Commissione discute costantemente con gli Stati membri” su come le sanzioni possano “funzionare nell’interesse di tutti”.

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    Ucraina, la Nato rimane sospettosa di Putin (e tira per la giacca Trump)

    Bruxelles – Nonostante i proclami sul cessate il fuoco in Ucraina, gli alleati europei di Kiev sono scettici circa la disponibilità del Cremlino di interrompere le ostilità e sedersi al tavolo delle trattative. Sotto i riflettori, per l’ennesima volta, le reali intenzioni della Russia nonché la linea dell’amministrazione a stelle e strisce, percepita come eccessivamente indulgente verso Mosca.Ieri e oggi (3 e 4 aprile), i ministri degli Esteri dei Paesi Nato si sono dati appuntamento al quartier generale dell’Alleanza a Bruxelles per coordinarsi sulla guerra ancora in corso nell’ex repubblica sovietica. Andrij Sybiha, titolare degli Esteri di Kiev, ha ripetuto l’impegno del suo Paese per una “pace duratura e globale”, ribadendo che “abbiamo accettato la proposta statunitense di un cessate il fuoco provvisorio di 30 giorni senza alcuna condizione”. Da Mosca si parla invece “di richieste e condizioni“, ha incalzato, aggiungendo che “la Russia deve fare sul serio per la pace“.Il messaggio, nemmeno troppo velato, condiviso da tutti i partecipanti è lo stesso: Washington non dovrebbe allentare la pressione sul Cremlino – che starebbe cercando di prendere tempo per ottenere un successo militare importante e trattare da una posizione di maggiore forza nei confronti dell’Ucraina – ma, semmai, aumentarla. Il Segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha elogiato diplomaticamente “gli sforzi americani per superare lo stallo”, ma ha sottolineato l’importanza di “assicurarci che quando si raggiungerà un cessate il fuoco o un accordo di pace sia duraturo” e non venga infranto da nessuno dei belligeranti. Tradotto, significa che non si può lasciare carta bianca alla Russia.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)In questa fase, la situazione sul campo appare favorevole alle truppe della Federazione, che starebbero ottenendo successi virtualmente lungo l’intera linea del fronte. Gli incentivi di Mosca per sospendere le ostilità appaiono dunque piuttosto scarsi, e lo sanno anche a Washington: “Continuiamo a dubitare che la squadra di Putin si presenti al tavolo con buone intenzioni“, ha ammesso un funzionario statunitense. Del resto, l’annuncio di una nuova mobilitazione per arruolare 160mila soldati non sembra esattamente una mossa distensiva.“È chiaro che Vladimir Putin non sembra avere alcuna volontà di avviare un cessate il fuoco e di iniziare negoziati di pace”, ha dichiarato il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot. Gli ha fatto eco l’omologo britannico, David Lammy: “Ti vediamo, Vladimir Putin. Sappiamo cosa stai facendo”. Anche per la tedesca Annalena Baerbock quelle del Cremlino sono “parole vuote“.Dopo essersi gloriato per aver convinto, a suo dire, tanto Vladimir Putin quanto Volodymyr Zelensky a sospendere i combattimenti per 30 giorni, il tycoon newyorkese ha aperto ad un alleggerimento delle sanzioni nei confronti della Russia, mentre Kiev ha rifiutato per la terza volta una bozza dell’accordo sulle materie prime critiche che dovrebbe stipulare con Washington.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Recentemente è trapelata anche la notizia che il capo del Pentagono, Pete Hegseth, non parteciperà alla riunione del cosiddetto formato Ramstein (una cinquantina di Paesi che sostengono la resistenza ucraina) in calendario per il prossimo 11 aprile. Sarà la prima volta che i partner di Kiev si incontreranno senza gli Usa.Ora, dopo diversi giorni in cui sul fronte diplomatico nulla sembra muoversi (almeno non in superficie), il segretario di Stato Marco Rubio è venuto a Bruxelles a chiedere agli alleati europei di aumentare le spese per la difesa al 5 per cento del Pil, proprio mentre l’inquilino della Casa Bianca andava allo scontro con le economie del Vecchio continente imponendo dazi sull’import del 20 per cento.

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    Ucraina, i pontieri europei all’opera per tenere Washington dalla parte di Kiev

    Bruxelles – Mettere insieme i cocci. Dopo il terremoto (l’ennesimo) sprigionatosi venerdì con epicentro alla Casa Bianca, l’Europa fa quadrato attorno al presidente ucraino umiliato dagli alti papaveri dell’amministrazione Trump. Ma prova anche a guardare avanti.Mentre tra le cancellerie dei Ventisette e a Bruxelles si inizia a parlare con insistenza di riarmo, c’è contemporaneamente chi si muove per tentare di ricucire lo strappo, spegnere le fiamme divampate tra Kiev e Washington e riavvicinare le due sponde dell’Atlantico che sembrano allontanarsi sempre più. La premier italiana lavora con l’omologo britannico ad un summit Ue-Usa, mentre il capo della Nato esorta Zelensky a fare un passo indietro e riallacciare i rapporti con Trump.Rutte striglia ZelenskyDopo l’incendio, i pompieri. Che per l’occasione indossano anche i panni dei pontieri. L’incendio da spegnere è quello appiccato dal presidente statunitense Donald Trump e dal suo vice JD Vance quando, lo scorso venerdì (28 febbraio), hanno teso un agguato al leader ucraino Volodymyr Zelensky mettendolo al muro per poi cacciarlo malamente dallo Studio ovale, rendendo esplicite in diretta mondiale le fratture nella coalizione occidentale che dovrebbe supportare l’ex repubblica sovietica nella resistenza all’invasione russa.E ci sono ponti che sembrano essere stati tagliati e vanno ora ricostruiti. Quello tra Washington e Kiev, e quello tra Washington e Bruxelles. Del primo si occupa il Segretario generale della Nato, Mark Rutte. “Penso che tu debba trovare un modo, caro Volodymyr, per ripristinare le tue relazioni con Donald Trump e l’amministrazione americana. Questo è importante per il futuro“, ha detto l’ex premier olandese al presidente ucraino, esortandolo a mettere urgentemente una pezza per rimediare al disastro diplomatico appena consumatosi alla Casa Bianca. Come dire alla vittima di un bullo che deve chiedergli scusa se non ha voluto cedergli la merenda.Il Segretario generale della Nato, Mark Rutte (destra), accoglie il segretario della Difesa statunitense Pete Hegseth al quartier generale dell’Alleanza a Bruxelles, il 13 febbraio 2025 (foto: Nato via Imagoeconomica)“Dobbiamo davvero rispettare ciò che il presidente Trump ha fatto finora per l’Ucraina“, ha osservato Rutte, riferendosi ad esempio alla fornitura (risalente al 2019) dei razzi anticarro Javelin, con cui l’esercito di Kiev ha potuto fermare l’avanzata delle colonne corazzate di Mosca a inizio 2022. “Dobbiamo dare credito a Trump per quello che lui ha fatto allora, per quello che l’America ha fatto da allora e anche per quello che l’America sta ancora facendo” per sostenere il Paese aggredito, ha aggiunto il capo dell’Alleanza.L’iniziativa di Meloni e StarmerSul ponte transoceanico stanno invece lavorando Giorgia Meloni e Keir Starmer. Quest’ultimo ha organizzato ieri un summit tra leader europei, vertici comunitari e membri Nato, per coordinare gli sforzi del Vecchio continente nel difendere l’Ucraina aggredita e garantire la tenuta di un eventuale cessate il fuoco, qualora dovesse venir stipulato.La sera prima dell’incontro a Lancaster House, la premier italiana ha sentito al telefono il presidente statunitense: “Penso che sia molto, molto importante evitare il rischio che l’Occidente si divida“, ha ragionato ieri dalla capitale britannica, evitando di schierarsi tra quelle che ha chiamato “tifoserie” pro-Trump o pro-Zelensky. Meloni è stata l’unica tra i principali leader europei a non esprimere pubblicamente solidarietà al presidente ucraino dopo l’imboscata di venerdì.La premier italiana Giorgia Meloni e il primo ministro britannico Keir Starmer (foto via Imagoeconomica)Poi la carta diplomatica: “Ho proposto una riunione tra gli Stati Uniti e i leader europei perché se ci dividiamo saremo tutti più deboli”. Un vertice inter-alleato sotto l’egida di Roma e Londra, che sembrano aver trovato un’inedita sinergia e puntano ora a giocare “un ruolo importante nella costruzione di ponti” (Meloni dixit). In materia di difesa, i due governi collaborano già allo sviluppo di un caccia di sesta generazione insieme a Tokyo. Basterà un summit per convincere l’inquilino della Casa Bianca a non abbandonare l’Alleanza nordatlantica? Giusto in queste ore, il suo braccio destro (oramai di fatto una sorta di vicepresidente ombra) Elon Musk ha caldeggiato l’uscita di Washington da Nato e Onu.La sponda di VarsaviaItalia e Regno Unito hanno trovato la sponda importante della Polonia. Varsavia è tra le più ferventi sostenitrici della resistenza ucraina (come Londra ma non come Roma, almeno in termini di risorse finanziarie e asset militari mobilitati), ma insiste sulla necessità di una partnership transatlantica forte. “Noi polacchi siamo sostenitori dell’alleanza più stretta possibile tra la Polonia, l’Europa e l’intero Occidente con gli Stati Uniti“, ha ribadito il primo ministro Donald Tusk ieri, ostentando soddisfazione per l’iniziativa proposta da Meloni a Trump, “visti i loro ottimi rapporti”.Il primo ministro polacco Donald Tusk (foto: European Council)Sulla questione cruciale della sicurezza continentale, la via indicata dal leader polacco è quella della “indipendenza militare e di difesa dell’Europa” rispetto a Washington, purché si tratti di “indipendenza, non isolamento“. Il fantomatico pilastro europeo della Nato, insomma, tanto dibattuto e mai realizzato. Il suo Paese è quello col bilancio per la difesa più ampio tra i 32 membri dell’Alleanza, in termini relativi: le previsioni per il 2025 parlano del 4,7 per cento del Pil.“L’Europa è una potenza“, dice, e “non sarà un’alternativa all’America, ma il suo alleato più desiderabile“. Come chiesto da Trump, “dobbiamo contare su noi stessi”: per farlo, occorre colmare il “deficit di immaginazione e di coraggio” che affligge il Vecchio continente, e attrezzarlo per metterlo nelle condizioni di “difendere i suoi confini” anche autonomamente, senza dover sempre aspettare che lo zio Sam apra l’ombrello. Del resto, è lo Zeitgeist: da Parigi a Berlino, passando per Bruxelles, la parola d’ordine in Europa è “riarmo”. Ma quando persino a Varsavia si parla così, non ci si può più illudere: il mondo che conoscevamo è finito.

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    Sull’Ucraina, l’Europa non ha ancora reagito alle mosse di Trump

    Bruxelles – Donald Trump è in carica da appena un mese e ha già sconvolto la politica internazionale. Soprattutto sul dossier della guerra in Ucraina, ha colto alla sprovvista gli alleati europei, escludendoli di fatto dalle trattative per la fine delle ostilità (ma scaricando su di loro la responsabilità del mantenimento della pace). Nel Vecchio continente lo smarrimento è totale.Con timidezza, alcune voci iniziano a levarsi in modo disordinato. Tuttavia non c’è ancora una vera strategia per reagire alle picconate che il presidente statunitense sta sferrando all’impazzata: non solo agli ultimi tre anni di politica estera a stelle e strisce, ma allo stesso ordine internazionale che Washington aveva costruito dopo la Seconda guerra mondiale.Scontro frontale Trump-ZelenskyIn effetti, la gran parte del lavoro Trump l’ha fatta nel giro di una sola settimana. Cioè da quando ha chiamato al telefono l’omologo russo Vladimir Putin senza coordinarsi né col leader ucraino Volodymyr Zelensky né con gli alleati europei (o presunti tali). Sconfessione su tutta la linea dell’approccio del suo predecessore Joe Biden: riabilitazione della Russia dopo tre anni di isolamento diplomatico e porta in faccia all’adesione di Kiev alla Nato, con annessa minaccia di chiudere i rubinetti degli aiuti militari al Paese invaso.L’allora presidente-eletto Donald Trump (sinistra) e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si incontrano alla cerimonia di riapertura della cattedrale di Notre Dame a Parigi, il 7 dicembre 2024 (foto: Ludovic Marin/Afp)Negli ultimi giorni, le relazioni tra la Casa Bianca e la leadership ucraina sono precipitate. Un’escalation verbale che è culminata con l’uomo più potente del mondo (libero e non) che dà del “dittatore” al presidente ucraino, mettendone in dubbio la legittimità democratica. Quest’ultimo, eletto prima della guerra, non è sostituibile fintanto che vige la legge marziale (come detta la Costituzione ucraina). A dargli lezioni di democrazia, l’istigatore dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, scaturito proprio dall’incapacità di accettare l’esito di un’elezione assolutamente democratica e legittima. Del resto, c’è chi sostiene che la ruggine tra i due viene da lontano, dai tempi in cui Trump finì sotto impeachment alla Camera dei deputati.Ma il presidente statunitense non è certo l’unico a trattare in maniera disinvolta quello che dovrebbe essere un alleato. Dopo che Zelensky si è permesso di controbattere alle sparate dei giorni scorsi, il consigliere per la Sicurezza nazionale di Washington Michael Waltz ha suggerito agli ucraini di “abbassare i toni e firmare l’accordo” sulle terre rare proposto dal suo capo (il quale ha preteso i diritti di sfruttamento sul 50 per cento delle risorse minerarie dell’ex repubblica sovietica), definendolo “la migliore” garanzia di sicurezza per Kiev. Il leader ucraino aveva già declinato l’offerta sostenendo che non può “vendere” il proprio Paese.Una nuova Jalta?Presa in mezzo al fuoco amico è rimasta anche l’Europa. Le prove tecniche di disgelo tra Washington e Mosca andate in scena a Riad hanno gelato, invece, le cancellerie del Vecchio continente. Non solo perché, dopo tre anni in cui hanno ripetuto che non si decide nulla sull’Ucraina senza di loro – e senza Kiev – sono effettivamente state messe all’angolo da Trump, che considera Putin il suo unico interlocutore.Ma anche perché, rendendo esplicito il disimpegno degli Stati Uniti dall’Europa, il tycoon ha sostanzialmente privato l’intero continente del principale garante della sua sicurezza. La cui architettura andrà ora ridisegnata da capo, per la prima volta dal 1945. Una nuova Jalta, 80 anni dopo l’originale. Con la differenza che, stavolta, l’Europa non ha nessun Winston Churchill da mandare al tavolo.La debole risposta europeaE proprio l’iconico leader britannico è stato tirato in ballo da uno dei pochi che, seppur con toni cauti e circostanziati, hanno avuto il coraggio di solidarizzare con Zelensky. “Un leader democraticamente eletto“, lo ha descritto Keir Starmer, l’attuale inquilino di Downing Street, secondo cui è “perfettamente ragionevole” sospendere le elezioni in tempo di guerra, come fatto appunto da Churchill.Il primo ministro britannico Keir Starmer (foto via Imagoeconomica)Il primo ministro volerà verso la capitale Usa “la prossima settimana”, per cercare di riaprire un canale di dialogo con la Casa Bianca. E per mettere sul tavolo l’ipotesi di una forza d’interposizione anglo-francese in Ucraina per monitorare la linea di un eventuale cessate il fuoco a condizione che venga fornita una “copertura americana”. A Washington dovrebbe recarsi anche Emmanuel Macron, che negli scorsi giorni ha organizzato in fretta e furia nella capitale transalpina due vertici non ufficiali tra leader europei (uno lunedì e uno ieri) per coordinare una reazione al terremoto Trump. Obiettivo mancato.Ieri sera, era stato il cancelliere tedesco uscente Olaf Scholz a bollare come “sbagliate e pericolose” le insinuazioni del presidente Usa, mentre anche altri leader scandinavi hanno preso le difese di Zelensky (la premier danese Mette Frederiksen, quello svedese Ulf Kristersson e quello norvegese Jonas Gahr Støre). Assordante, invece, il silenzio di Giorgia Meloni, costretta ad una difficile opera di equilibrismo tra il convinto sostegno all’Ucraina (che le ha permesso di rendersi presentabile in Europa negli ultimi anni) e il ruolo di “ponte e pontiera” tra le due sponde dell’Atlantico, reclamato per sé dalla premier in virtù della vicinanza politica con Trump.Territorio inesploratoPer il momento, il Segretario generale della Nato Mark Rutte getta acqua sul fuoco. L’ex premier olandese si è detto “un po’ irritato” dell’atteggiamento dei leader europei che si sono lamentati per non essere stati coinvolti nei negoziati. Il suo suggerimento: “Organizzatevi, trovatevi a un tavolo, qualunque cosa questo tavolo comporti esattamente”. Il plauso è per l’iniziativa dell’Eliseo. “L’importante”, dice, “è che in qualche modo in Europa si discuta di come organizzare le garanzie di sicurezza in Ucraina”. Rutte ammette che i tempi non saranno brevi, ma è “felice che almeno si sia smesso di piagnucolare e si sia iniziato ad agire, a mettersi d’accordo“. Un inizio poco promettente, ben distante dal genere di “elettroshock” auspicato dal presidente francese solo pochi giorni fa.Stiamo entrando in un territorio inesplorato. E nessuno sa come muoversi. Manca a Bruxelles una figura dalla statura politica sufficientemente alta per confrontarsi con Trump. L’Alta rappresentante Kaja Kallas, cui pure i Trattati sembrerebbero affidare un ruolo del genere, è ammutolita da giorni sulla questione. Ancora più scandaloso se si considera che era stata nominata in quanto “falco” sull’Ucraina.Il Segretario generale della Nato Mark Rutte alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il 14 febbraio 2025 (foto: Nato via Imagoeconomica)Il presidente del Consiglio europeo António Costa sarebbe in contatto costante con i capi di Stato e di governo dei Ventisette per organizzare un summit d’emergenza (il prossimo sarebbe in calendario per il 20 marzo). Stando a quanto riportato da funzionari comunitari, ne verrà convocato uno solo quando ci sarà una ragionevole sicurezza di ottenere dei risultati (e tanti auguri a mettere d’accordo anche Ungheria e Slovacchia, che hanno peraltro lamentato l’esclusone dai vertici di Parigi).A livello Ue, sta venendo messo a punto il 16esimo pacchetto di sanzioni contro il Cremlino, mentre la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha annunciato un piano monstre di aiuti militari per l’Ucraina che varrebbe addirittura 700 miliardi di euro, una cifra mai sborsata prima d’ora né da Washington né da Bruxelles (né dalle due insieme).Kiev al centro dell’azioneMa per il momento è un liberi tutti. Oltre alle visite di Starmer e Macron negli Stati Uniti, ci sarà quella di Costa e del capo dell’esecutivo comunitario Ursula von der Leyen a Kiev il prossimo 24 febbraio, per celebrare il terzo anniversario dell’invasione russa su larga scala. Dalla Commissione ci si limita a osservare che “Zelensky è stato legittimamente eletto in elezioni libere, corrette e democratiche” e che “l’Ucraina è una democrazia, la Russia di Putin no“. Ovvietà, si direbbe, ma di questi tempi meglio essere sicuri.Nella capitale ucraina, intanto, è atterrato ieri Keith Kellogg. Sulla carta, è l’inviato speciale della Casa Bianca per la crisi russo-ucraina, ma sembra che Trump lo stia mettendo in secondo piano rispetto ad un altro inviato speciale (nonché suo compagno di golf), Steve Witkoff, che però si dovrebbe occupare di Medio Oriente. I maligni dicono che Kellogg sarebbe stato tenuto alla larga in quanto inviso ai russi. Witkoff è l’artefice dello storico accordo tra Israele e Hamas di metà gennaio, e pare avrà un ruolo cruciale anche nei negoziati col Cremlino, che non a caso sono iniziati proprio in Arabia Saudita.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) accoglie a Kiev l’inviato speciale per la crisi russo-ucraina degli Stati Uniti, Keith Kellogg, il 20 febbraio 2025 (foto: Sergei Supinsky/Afp)“Ho affermato la volontà dell’Ucraina di raggiungere la pace attraverso la forza e la nostra visione per i passi necessari”, ha commentato il ministro degli Esteri di Kiev Andrii Sybiha dopo aver incontrato Kellogg. Che in questo momento sta ancora parlando con Zelensky, mentre è stata annullata la conferenza stampa congiunta inizialmente prevista al termine del bilaterale. A inizio settimana, il presidente ucraino aveva incontrato ad Ankara il suo omologo turco Recep Tayyip Erdoğan, che vorrebbe proporsi come mediatore al posto dei sauditi.

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    Nato, l’allarme di Rutte: “Passare a una mentalità di guerra”. Il 2 per cento del Pil in difesa non basta più

    Bruxelles – Non perde tempo Mark Rutte, il nuovo segretario generale della Nato. La sua prima uscita pubblica di spicco dopo essersi insediato alla guida dell’Alleanza militare atlantica è quasi un appello alle armi: “È ora di passare a una mentalità di guerra“, ha affermato l’ex premier olandese, perché “il pericolo si muove verso di noi a tutta velocità”. Di fronte ad una Russia che “si sta preparando a un conflitto a lungo termine” e che nel 2025 spenderà tra il 7 e l’8 per cento del Pil per armarsi, la soglia del 2 per cento fissata dalla Nato non basta più.“Avremo bisogno di molto di più”, ha avvisato Rutte, incalzato dalla direttrice di Carnegie Europe, Rosa Balfour, di fronte ad una platea composta da giornalisti, funzionari europei, imprenditori ed esperti del settore della difesa. Un nuovo obiettivo di spesa militare condiviso a livello Nato ancora non c’è, “ma è evidente che nei prossimi mesi dovremmo accordarci su quale sarà la nuova soglia“. Rivolto non solo ai governi di quei pochi Paesi – tra cui l’Italia – che ancora non hanno raggiunto la soglia del 2 per cento, ma alle banche, ai fondi di pensione, fino all’opinione pubblica e ai cittadini, il segretario generale ha affermato chiaramente: “È inaccettabile rifiutarsi di investire nella difesa”. Anche se “significa spendere meno per le altre priorità”, le pensioni, la sanità, la previdenza sociale. L’Alleanza Atlantica “ha bisogno di una piccola percentuale” di quel denaro.La minaccia militare, ha messo in chiaro Rutte, non è immediata: “Per ora il nostro deterrente è buono, ma tra tre o quattro anni potrebbe non esserlo più”. Perché è sempre più evidente che Russia, Cina, Corea del Nord e Iran “stanno lavorando insieme per assicurarsi la propria sfera di influenza”. A preoccupare sempre di più, al di là del nemico pubblico numero uno, Vladimir Putin, è l’atteggiamento di Pechino. La Cina “sta aumentando in modo sostanziale le sue forze, comprese le armi nucleari, senza trasparenza e limitazioni”, ha puntato il dito Rutte.La “priorità assoluta” per i 32 alleati della Nato è quella di rafforzare l’industria della difesa, segnata da “decenni di investimenti insufficienti” e rimasta “troppo piccola, troppo frammentata e troppo lenta”. Non si tratta solo di spendere di più, ma di spendere meglio. E insieme: per Rutte, a livello europeo sarebbe importante insistere nella direzione di acquisti congiunti, “altrimenti l’impatto finanziario sarà enorme”. Per soddisfare le richieste del segretario generale, la Commissione europea ha già riconosciuto gli investimenti per la difesa come una priorità, allargando le maglie del rigore di bilancio per la spesa pubblica in questo ambito.Eppure, alle porte c’è il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, che potrebbe intavolare molto prima del previsto una trattativa di pace con il Cremlino. Dopo l’esito delle elezioni americane, l’eventualità di sedersi a un tavolo negoziale con Putin ha preso peso, anche perché altrimenti Washington potrebbe ridimensionare il suo impegno per la resistenza dell’Ucraina. Per Rutte, le speculazioni sui parametri da mettere in gioco per concludere la guerra vanno a vantaggio di Mosca: “C’è il rischio enorme di cominciare un negoziato senza nemmeno essere seduti al tavolo”, ha avvertito. L’importante sarà assicurare le garanzie di pace richieste da Zelensky, perché se sarà Putin a uscire vincitore dalla trattiva, sarà “un cattivo accordo”.Sul rapporto con il nuovo inquilino della Casa Bianca, che minaccia di chiudere l’ombrello di protezione a stelle e strisce sull’Europa, Rutte ha smorzato i toni. “Trump vuole spingerci e ha perfettamente ragione, da quando è diventato presidente nel 2017 abbiamo accelerato” sulla difesa. Ma sia chiaro, la Nato “non vuole spendere di più perché lo vuole lui, ma perché è in gioco la nostra sicurezza”.

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    Meno parole, più armi. La Nato promette nuovi aiuti a Kiev per rinforzarla in vista dei negoziati

    Bruxelles – Meno discussioni sul processo di pace e più aiuti militari. È questo il messaggio che il nuovo segretario generale della Nato, l’ex premier olandese Mark Rutte, ha portato al quartier generale dell’Alleanza nordatlantica a Bruxelles circa la guerra in Ucraina. Esprimendo una posizione condivisa da diversi Stati membri – e da Kiev – il leader dell’organizzazione ha spiegato per l’ennesima volta come rinforzare le forze armate ucraine sia l’unico modo per consentire al Paese aggredito di negoziare una “pace giusta”. Ma sui contorni che tale pace potrebbe avere, inclusa la spinosa questione dell’adesione di Kiev alla Nato, nessuno ancora si sbilancia.Corsa contro il tempoSi è aperta oggi (3 dicembre) la due giorni in cui, al quartier generale della Nato a Bruxelles, si riuniscono i ministri degli Esteri dei 32 Stati membri per discutere di Ucraina e Medio Oriente. Parteciperà al meeting anche l’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas, che nel suo primo giorno in carica (il primo dicembre scorso) si è recata a Kiev per dimostrare tangibilmente il proprio sostegno al Paese aggredito dalla Russia di Vladimir Putin.Si tratterà invece dell’ultima riunione cui partecipa Antony Blinken in quota Usa, dato l’imminente insediamento di Donald Trump il prossimo 20 gennaio. E del resto quella di oggi e domani ha tutto il sapore di una corsa contro il tempo per garantire che Kiev “abbia ciò di cui ha bisogno” (Blinken dixit) per resistere all’aggressione dell’esercito di Mosca prima che alla Casa Bianca torni il tycoon newyorkese, il quale ha millantato di poter porre fine al conflitto nel giro di 24 ore.Il segretario di Stato statunitense Antony Blinken e il ministro degli Esteri ucraino Andriy Sybiha firmano un memorandum d’intesa al quartier generale della Nato a Bruxelles, il 3 dicembre 2024 (foto: Yves Herman/Afp)“Più armi, meno discussioni”Nessuno conosce ancora il piano di Trump, ma i critici del presidente-eletto temono che forzare l’Ucraina al tavolo negoziale ora che la situazione sul campo volge a favore della Russia significhi costringere l’ex repubblica sovietica ad una pace ingiusta, le cui condizioni verrebbero dettate dal Cremlino. A Bruxelles si vuole scongiurare un esito di questo genere.“Credo che l’Ucraina non abbia bisogno di ulteriori idee su come potrebbe essere un processo di pace”, ha spiegato Rutte ai giornalisti, ma di “più aiuti militari”. “Potremmo sederci a bere una tazza di caffè e discutere dei molti modi” in cui si potrebbero interrompere le ostilità, ha continuato, ma sarebbe piuttosto il caso di “assicurarci che l’Ucraina abbia tutto quello che le serve per essere in una posizione di forza quando partiranno i colloqui di pace, quando il governo ucraino avrà deciso di essere pronto ad agire in questo senso”.Il segretario Nato ha accolto con favore la notizia che Estonia, Germania, Lituania, Norvegia, Stati Uniti e Svezia hanno aumentato gli aiuti militari a Kiev, ma ha sottolineato che “tutti dobbiamo fare di più”. Il titolare della Farnesina Antonio Tajani ha confermato che l’Italia continua “a sostenere l’Ucraina da tutti i punti di vista: politico, finanziario, economico, militare” e che per quanto riguarda la difesa aerea “abbiamo fatto tutto ciò che potevamo” per aiutare il Paese aggredito a difendersi.Le difficoltà al fronteSul terreno, intanto, l’inerzia sta favorendo le truppe di Mosca. Oggi il fronte “si muove lentamente verso ovest, non verso est”, ha riconosciuto il leader dell’Alleanza, pur “con molte perdite sul lato russo”, qualcosa come 700mila vittime tra morti e feriti gravi. Il tutto mentre nell’oblast’ di Kursk sono ormai ampiamente operativi i soldati d’elite nordcoreani, che rappresentano secondo Rutte una “enorme escalation” del conflitto.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Gavriil Grigorov/Afp via Sputnik)“Sappiamo che la situazione sul campo di battaglia è difficile e dobbiamo fare tutto il possibile per far arrivare più munizioni ed equipaggiamento” all’Ucraina, ha continuato, “soprattutto ora che sta arrivando l’inverno” e gli attacchi russi si intensificano ai danni delle infrastrutture energetiche. Lo stesso ministro degli Esteri di Kiev, Andriy Sybiha, ha chiesto ai membri Nato l’invio di almeno una ventina di nuovi sistemi di difesa antiaerea per contrastare gli attacchi missilistici del nemico.Kiev nella Nato?Se l’invio di armi occidentali può tenere in vita la resistenza ucraina sul breve periodo, almeno fino all’avvio dei negoziati di pace, la stabilizzazione a lungo termine di quel pezzo d’Europa orientale avrà però bisogno di credibili garanzie di sicurezza. “L’unica vera garanzia di sicurezza per l’Ucraina, così come un deterrente contro ulteriori aggressioni russe contro l’Ucraina ed altri Stati, è la piena adesione dell’Ucraina alla Nato”, ha ribadito il ministero degli Esteri di Kiev in una nota, in cui si legge che “con l’amara esperienza del memorandum di Budapest alle nostre spalle, non accetteremo alcuna alternativa, surrogato o sostituto” di un ingresso a pieno titolo nell’Alleanza nordatlantica. Il riferimento è al patto, siglato il 5 dicembre 1994 tra Mosca e Kiev, tramite il quale l’Ucraina cedette alla Russia le sue testate nucleari in cambio di garanzie di sicurezza da parte del Cremlino.Il comunicato riprende le osservazioni fatte lo scorso weekend dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in cui per la prima volta ha ammesso che le forze armate di Kiev “non hanno la forza” per riconquistare militarmente le regioni occupate dai russi e che andranno trovate “soluzioni diplomatiche”. A oltre due anni e mezzo dall’inizio dell’invasione su larga scala, Zelensky ha fatto una parziale marcia indietro sulla posizione tenuta fin qui, aprendo all’eventualità di negoziare la restituzione di una parte dei territori sotto occupazione anziché insistere sulla loro liberazione con le armi.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: Sergei Supinsky/Afp)Ma, questo il ragionamento, per poter negoziare tale restituzione occorre avere forza al tavolo delle trattative, e per avere forza serve rispondere colpo sul colpo sul campo di battaglia. Dunque servono gli aiuti occidentali e serve anche, al più presto, che la Nato si assuma la responsabilità di garantire la sicurezza di Kiev non appena cesseranno i combattimenti.Non così in frettaUn’eventualità definita “inaccettabile” e addirittura un “evento minaccioso” dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, per il quale “la sicurezza di un Paese non può essere garantita a spese della sicurezza di un altro Paese” – un principio che la stessa Russia ha violato nel febbraio 2022 invadendo l’Ucraina. L’ingresso dell’ex repubblica sovietica nella Nato, ha incalzato, “sarebbe un evento che ci minaccerebbe” e soprattutto “non eliminerebbe le cause profonde di quello che sta succedendo” da oltre due anni e mezzo.Lo stesso Rutte non vuole lasciare spazio alle speculazioni. L’Ucraina, sembra voler rassicurare Mosca, non aderirà in tempi brevi all’Alleanza. I membri di quest’ultima, ha confermato, “concordano sul fatto che il futuro dell’Ucraina è nella Nato”, sul “percorso irreversibile” di Kiev verso l’ingresso nell’organizzazione. “Ma penso che dobbiamo concentrarci molto”, anziché su quello che verrà in un futuro indefinito, “su quello che è necessario ora”, cioè appunto gli aiuti miliari alla resistenza.D’accordo anche Tajani: “Siamo tutti favorevoli a che l’Ucraina entri nella Nato“, ha detto ai cronisti, “così come siamo favorevoli a che l’Ucraina entri all’interno dell’Unione europea”. “Certamente c’è un percorso da compiere“, ha concesso il vicepremier forzista, riconoscendo tuttavia che gli ucraini “stanno facendo grandi passi in avanti”. Il destino di Kiev, in ogni caso, “è quello di entrare a far parte in futuro della Nato“, anche se questo futuro appare tutt’altro che prossimo.Alla corte di TrumpIl numero uno dell’Alleanza è tornato anche sui colloqui avuti con Trump il mese scorso. Sul tema del conflitto in Ucraina i due hanno concordato che “qualsiasi accordo” di pace dovrà essere “un buon accordo”, cioè dovrà tenere in considerazione le richieste del Paese aggredito. E dovrà anche segnalare agli alleati di Mosca – a partire da Pechino, Pyongyang e Teheran – che non si può invadere un Paese e pensare di passarla liscia.Il presidente-eletto degli Stati Uniti Donald Trump (foto: Jim Watson/Afp)“Questo è cruciale per la nostra difesa non solo in Europa ma anche negli Usa e nell’Indopacifico”, ha spiegato Rutte, secondo cui Washington si troverebbe ad affrontare “una grave minaccia” da parte di questi attori se l’Ucraina fosse costretta a firmare un accordo di pace troppo favorevole alla Russia. Cosa tratterrebbe Xi Jinping dall’attaccare Taiwan, o Kim Jong-un dal lanciare missili balistici su Seul o Tokyo, se Putin riuscisse a ottenere una pace vantaggiosa in Ucraina?Anche Zelensky, da parte sua, ha auspicato una più stretta cooperazione tra la propria squadra da un lato e, dall’altro, quella del presidente-eletto e il team che sta gestendo la transizione a Washington. “Dobbiamo prepararci con attenzione per il prossimo anno”, ha dichiarato il leader ucraino, il quale ha ribadito che è importante che “la politica degli Stati Uniti non cambi, in modo che gli Stati Uniti non cerchino un compromesso tra l’assassino e la vittima”.Sulla stessa linea anche il commento di Tajani: “L’obiettivo è quello di arrivare alla pace anche con la nuova amministrazione americana“, ha ribadito, sottolineando che una “pace giusta” significa “l’indipendenza dell’Ucraina. Sulle tempistiche per giungere a tale risultato, ha evidenziato che “tutti quanti sono convinti che nel 2025 si arriverà a un cessate il fuoco“, e che tanto Mosca quanto Kiev stanno cercando di ottenere successi militari ora per sedersi al tavolo da una posizione di forza.

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    Ue-Nato, una nuova task force per rafforzare la cooperazione. In chiave anti-Russia, con un occhio a Trump

    Bruxelles – Quando l’ex premier olandese Mark Rutte è stato scelto per succedere a Jens Stoltenberg alla guida della Nato, i leader Ue hanno esultato per la forte vocazione europeista del nuovo segretario generale dell’Alleanza atlantica. A un mese dall’inizio del suo incarico, la prima conferma: l’Unione europea e la Nato istituiranno una nuova task force di alto livello per rafforzare l’attuale cooperazione.L’hanno annunciato oggi (29 ottobre) il segretario generale della Nato e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a margine del loro primo bilaterale da quando Rutte siede a capo dell’Alleanza militare occidentale. Nel loro confronto, i due hanno convenuto che la partnership Ue-Nato “è fondamentale per sostenere e salvaguardare la pace, la libertà e la prosperità” in un mondo “sempre più pericoloso”, si legge in una nota diffusa da Bruxelles.Il focus non poteva che cadere sul dispiegamento di soldati nordcoreani a fianco dell’esercito russo nella regione di Kursk: “Una significativa escalation della guerra contro l’Ucraina, nonché una grave minaccia alla sicurezza europea e alla pace globale”, affermano von der Leyen e Rutte. I due hanno ribadito che “la guerra di aggressione della Russia sul suolo europeo è la più grande minaccia alla pace e alla sicurezza del continente europeo”.Ma non l’unica: i due leader hanno inoltre discusso della “crescente assertività degli Stati autoritari sulla scena mondiale“, rende noto la Commissione europea. Stati che “sfidano i nostri interessi comuni, i valori e i principi democratici, utilizzando molteplici mezzi – politici, economici, tecnologici e militari”, prosegue la nota. In un post sul suo account X, von der Leyen ha sintetizzato: “In questo contesto, una partnership stretta e strategica tra l’Ue e la Nato è più che mai essenziale”.La pianificazione della prima riunione della task force “dovrebbe procedere nelle prossime settimane”, fanno sapere ancora nella nota congiunta la leader Ue e il segretario generale della Nato. Dietro l’angolo, martedì 5 novembre, si terranno le elezioni americane, con i sondaggi che danno Donald Trump in recupero su Kamala Harris. Un altro buon motivo per correre ai ripari e rafforzare i legami tra Bruxelles e l’Alleanza Atlantica prima di un eventuale ritorno del tycoon alla Casa Bianca.