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    L’Unione Europea ha chiuso i programmi di cooperazione su ricerca e istruzione con la Russia (ma non con tutti i russi)

    Bruxelles – Porte sbarrate a qualsiasi accordo di cooperazione UE con enti pubblici della Russia nel campo della ricerca e dell’istruzione. Lo ha annunciato la commissaria europea per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Mariya Gabriel, pubblicando la dichiarazione che mette fine agli accordi in essere e ai futuri pagamenti da parte dell’Unione.
    La decisione è arrivata in seguito all’escalation della guerra russa in Ucraina, che oggi (venerdì 8 aprile) ha portato alla morte di oltre 30 civili e più di 300 feriti nell’attacco missilistico alla stazione ferroviaria di Kramatorsk, città di 150mila abitanti nella parte di regione di Donetsk, controllata dalle forze ucraine e da cui si stanno organizzando le evacuazioni di profughi dalla regione del Donbass. Dopo l’approvazione del quinto pacchetto di sanzioni contro Mosca, l’UE ha deciso di mettere fine alla partecipazione di enti ed autorità pubbliche della Russia nei programmi-quadro di ricerca e innovazione e della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). “Ho chiesto ai miei servizi di interrompere gli accordi di sovvenzione in corso e i successivi pagamenti”, si legge nella dichiarazione della commissaria Gabriel, compresi quelli nell’ambito delle borse Marie Sklodowska-Curie Actions.
    Nello stop rientra anche la partecipazione di enti o organismi pubblici russi al programma Erasmus+, che però resta aperta – così come le borse Marie Sklodowska-Curie, le sovvenzioni per i ricercatori del Consiglio europeo della ricerca (ERC) e il coinvolgimento nel Corpo europeo di solidarietà – “in linea di principio” ai singoli cittadini russi. “Personale accademico e studenti russi rimarranno ammissibili per gli scambi di breve durata e per la mobilità di laurea”, specifica l’esecutivo comunitario, a condizione che superino lo “screening approfondito” delle autorità pubbliche nazionali dei Paesi membri. Lo scopo è quello di assicurarsi che nessuno dei richiedenti sia un soggetto colpito dalle misure restrittive messe in campo dall’Unione contro la cerchia stretta di Vladimir Putin.

    🔵 Following the adoption of the 5️⃣th package of restrictive measures against Russia, find out my statement on the termination of cooperation with Russian public entities in #research and in #education ⤵️#StandWithUkraine🇺🇦 pic.twitter.com/NfZk9MXv40
    — Mariya Gabriel (@GabrielMariya) April 8, 2022

    Lo ha annunciato la commissaria per l’Istruzione, Mariya Gabriel. Interrotti gli accordi in corso e i futuri pagamenti da Erasmus+, Corpo europeo di solidarietà, borse Marie Curie e del Consiglio Europeo della Ricerca. “Screening approfondito” sui cittadini che fanno richiesta

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    La Russia tagliata dal programma di ricerca UE nello stesso giorno dell’attacco alla centrale nucleare di Zaporizhzhia

    Bruxelles – L’isolamento internazionale della Russia si intensifica e taglia fuori Mosca ormai su tutti i fronti, dallo sport all’industria, dall’economia alla finanza, fino alla ricerca e l’innovazione. Nello stesso giorno dell’attacco russo alla centrale nucleare di Zaporizhzhia (nel sud-est dell’Ucraina) che ha scatenato un incendio negli edifici secondari della struttura, l’UE ha deciso di sospendere la cooperazione con entità della Russia nell’ambito della ricerca e dell’innovazione sia del programma Horizon Europe sia del precedente Horizon 2020.
    “Ho chiesto ai miei servizi di sospendere qualsiasi pagamento agli enti russi nell’ambito dei contratti esistenti“, ha annunciato la commissaria europea per l’Innovazione e la ricerca, Mariya Gabriel. Inoltre, è stata decisa la “sospensione della preparazione dell’accordo di sovvenzione per quattro progetti del programma Horizon Europe che coinvolgono cinque organizzazioni di ricerca russe”, ha aggiunto la commissaria, specificando che “la firma di qualsiasi nuovo contratto sarà sospesa fino a nuovo avviso“. Durissimo il commento della vicepresidente della Commissione UE per il Digitale, Margrethe Vestager: “La cooperazione nella ricerca dell’UE si basa sul rispetto delle libertà e dei diritti che sono alla base dell’eccellenza e dell’innovazione” e “l’atroce aggressione militare della Russia contro l’Ucraina è un attacco contro questi stessi valori”.
    In quest’ottica è stato però rafforzato il sostegno a scienziati e ricercatori ucraini “che hanno dimostrato eccellenza e leadership nell’innovazione in molti campi”. La commissaria Gabriel ha spiegato che “siamo fortemente impegnati a garantire una continua e proficua partecipazione dell’Ucraina e delle entità ucraine”, da quando Kiev ha firmato l’accordo associazione per il programma UE sulla ricerca e l’innovazione Horizon Europe e per la Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) nell’ottobre 2021. L’accordo di associazione entrerà in vigore quando l’Ucraina notificherà alla Commissione Europea il completamento del processo di ratifica. “Nel frattempo abbiamo adottato misure amministrative per garantire che i beneficiari ucraini possano ricevere finanziamenti dai programmi dell’UE”, ha ricordato la commissaria Gabriel: “Questa cooperazione nella scienza, nella ricerca e nell’innovazione rafforza l’alleanza tra l’UE e l’Ucraina per realizzare le priorità comuni”.
    Nel frattempo, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha tenuto una conversazione telefonica con la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, sull’attacco alla centrale di Zaporizhzhia: “L’ho informata sul terrorismo nucleare dell’aggressore russo”, si legge in un tweet del presidente ucraino. “Prevenire è il nostro compito comune”, ha sottolineato Zelensky, aggiungendo che “all’ordine del giorno c’è stata anche la questione dell’adesione dell’Ucraina all’UE“.

    Talked to President of the European Commission @vonderleyen. Informed about the aggressor’s nuclear terrorism. Preventing it is our common task. Discussed strengthening sanctions against Russia. The issue of 🇺🇦’s membership in the #EU was also on the agenda. #StopRussia
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) March 4, 2022

    Bruxelles ha sospeso qualsiasi pagamento a enti di ricerca russi nell’ambito dei contratti esistenti e la firma di nuovi contratti “fino a nuovo avviso”. Parallelamente è stato rafforzato il sostegno a scienziati e ricercatori ucraini

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    Completata l’associazione dei Balcani Occidentali a Horizon Europe: Albania aderisce, Bosnia diventa membro formale

    Bruxelles – Almeno un allargamento ai Balcani Occidentali l’Unione Europea è riuscito a completarlo. Non sarà quello che porta a 33 il numero di Stati membri, ma in termini di integrazione europea ha comunque un valore significativo. Oggi (giovedì 10 febbraio) è stata portata a compimento l’associazione dei Balcani Occidentali a Horizon Europe, grazie alla firma degli accordi da parte dell’Albania e l’applicazione formale di quelli con la Bosnia ed Erzegovina.
    La “pietra miliare per una più stretta cooperazione nella ricerca e nell’innovazione con la regione balcanica” è stata siglata dalla commissaria per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Mariya Gabriel, e dalla ministra dell’Istruzione e dello sport dell’Albania, Evis Kushi. Con questo accordo ricercatori, innovatori ed enti nei sei Paesi dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia) possono partecipare a tutti gli effetti a Horizon Europe, il programma UE da 95,5 miliardi di euro per la ricerca e l’innovazione (a prezzi correnti), in condizioni di parità con quelli degli Stati membri dell’Unione.
    “Attraverso la cooperazione reciproca nella ricerca e nell’innovazione possiamo trasformare le sfide attuali in opportunità“, ha commentato la commissaria Gabriel. “L’attuazione dell’Agenda dei Balcani Occidentali e la partecipazione a Horizon Europe avranno un grande impatto nella regione e in Europa in generale”, ha aggiunto, dando il benvenuto all’ultimo Paese balcanico firmatario. L’accordo dimostra l’impegno di Bruxelles a mettere in comune le risorse con i partner strategici per il progresso scientifico e lo sviluppo di ecosistemi innovativi: “Potremo implementare progetti e tecnologie che contribuiranno ad affrontare le sfide globali”.
    Così come Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia, anche l’Albania era stata precedentemente associata al programma Horizon 2020, da cui circa mille organizzazioni balcaniche hanno ricevuto 170 milioni di euro di contributo diretto dell’UE tra il 2014 e il 2020. Il Kosovo è stato invece incluso dal 2021 nel successivo programma Horizon Europe, così come nell‘Agenda dei Balcani Occidentali su innovazione, ricerca, istruzione, cultura, gioventù e sport, la strategia di cooperazione globale e a lungo termine dell’UE e della regione balcanica per promuovere l’eccellenza scientifica e la riforma dei sistemi educativi.
    Per quanto riguarda la Bosnia ed Erzegovina, la commissaria Gabriel e la ministra degli Affari civili, Ankica Gudeljević, hanno firmato l’accordo Horizon Europe che ha permesso all’accordo di entrare in vigore con effetti retroattivi dal primo gennaio 2021. Questo significa che ora il Paese è formalmente associato al programma e che tutte le entità e i rappresentanti bosniaci sono pienamente inclusi nelle strutture di governance e nelle attività della rete.

    A warm welcome to #Albania 🇦🇱 to @HorizonEU!
    Thank you @EvisKushi, Minister for Education and Sports for signing on behalf of @AlbGov
    Through mutual cooperation in #reserach #science & #innovation we can turn current challenges into opportunities!#WesternBalkans pic.twitter.com/NswOxUCBvV
    — Mariya Gabriel (@GabrielMariya) February 10, 2022

    Dopo la firma dei due documenti con Tirana e Sarajevo, il programma UE per la cooperazione nella ricerca e nell’innovazione da 95,5 miliardi di euro si applicherà ai sei Paesi balcanici a pari condizioni di quelli membri UE

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    In Kosovo l’UE sta finanziando il restauro della casa di un collaborazionista nazista (ma per restituirla alla comunità)

    Bruxelles – In Kosovo nemmeno le case hanno pace. L’ultima controversia tra Serbia e Kosovo riguarda la ristrutturazione della casa di Xhafer Ibrahim Deva, collaborazionista ai tempi dell’Albania occupata dal regime nazista, con l’utilizzo di fondi dell’Agenzia per lo sviluppo delle Nazioni Unite (UNPD) e della rappresentanza UE a Pristina.
    A sollevare il caso è stata la vicepremier e ministra per la Cultura e l’informazione della Serbia, Maja Gojković, che ha inviato una lettera alla commissaria UE per la Cultura, l’istruzione e la gioventù, Mariya Gabriel, e al direttore esecutivo dell’UNPD, Akim Steiner, per chiedere di non proseguire con il progetto di restauro nella città di Kosovska Mitrovica della casa del collaborazionista della Germania nazista, macchiatosi di pogrom e crimini contro ebrei e serbi in Kosovo durante la seconda guerra mondiale.
    Xhafer Ibrahim Deva (1904-1978)
    Deva (deceduto nel 1978 a San Francisco) dopo la caduta del Protettorato Italiano del Regno d’Albania nel 1943, divenne ministro degli Interni albanese e fu a capo dell’amministrazione locale di Mitrovica, collaborando con i nazisti per stabilire un governo albanese filo-tedesco in Kosovo. Sotto la sua amministrazione furono condotte operazioni anti-partigiane e anti-serbe e furono reclutati albanesi del Kosovo nella 21esima divisione Waffen-SS Skanderbeg. Nel 1944, appena prima della liberazione dell’Albania, Deva scappò in Croazia e in Austria e, alla fine della guerra, si trasferì prima a Damasco (Siria) e poi negli Stati Uniti, dove giocò un ruolo attivo nell’organizzazione della resistenza anticomunista (reclutato dalla Central Intelligence Agency, CIA).
    Nell’ottica della memoria dei crimini nazisti, sembra ingiustificabile il supporto dell’UE e dell’UNPD al restauro della casa di un collaborazionista in Kosovo. Ecco perché bisogna tenere presente le motivazioni presentate nella risposta congiunta rilasciata della rappresentanza UE a Pristina e dal ministero della Cultura, della Gioventù e dello Sport del Kosovo, per spiegare che è il valore architettonico dell’edificio e non chi l’ha occupato al centro del progetto del Centro culturale regionale: “La conservazione e la riabilitazione del patrimonio culturale e religioso è guidata dalla necessità di garantire la sua esistenza per i posteri, concentrandosi sui valori architettonici di tali siti”.
    L’edificio situato nel centro di Kosovska Mitrovica è stato costruito nel 1930 da architetti e operai austriaci e appartiene allo stile moderno occidentale-europeo, il primo nel suo genere nella città: grazie alle sue numerose decorazioni esterne, “la casa è nella lista temporanea dei siti del patrimonio culturale protetto in Kosovo“. Dal 1945 è di proprietà pubblica ed è stato utilizzato come centro di assistenza sanitaria, rifugio per famiglie senza tetto e orfanotrofio, ma è poi caduto in rovina. Ecco perché “il restauro previsto farà sì che i suoi valori architettonici vengano ripristinati e che la casa venga nuovamente recuperata per la comunità”, con il doppio scopo di “fornire uno spazio per eventi culturali e comunitari e ospitare il Centro Regionale per il Patrimonio Culturale”.
    È qui che si chiariscono tutti i dubbi: “La casa servirà come centro per le comunità locali per riunirsi, esplorare idee, promuovere l’interculturalità, la tolleranza e la connettività“, sempre in un’ottica di “tolleranza zero verso qualsiasi forma di razzismo, discriminazione, pregiudizio o appartenenza etnica che tenta di giustificare o promuovere l’odio razziale e la discriminazione”, si legge nella lettera. UE e UNPD si sono dette “preoccupate” rispetto alla controversia che lega il passato dell’edificio con le attuali tensioni sommerse tra Serbia e Kosovo e, sull’onda dello spirito che guida il dialogo tra Pristina e Belgrado mediato da Bruxelles, hanno richiamato l’attenzione sulla necessità di “lavorare per il futuro del dialogo intercomuniatrio”.

    La dimora di Xhafer Ibrahim Deva nella città di Kosovska Mitrovica è sottoposta a restauro in un programma guidato dall’ONU: “L’edificio appartiene allo stile moderno occidentale-europeo e compare nella lista temporanea dei siti del patrimonio culturale protetto”

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    Covid, Cina rifiuta l’indagine sull’origine della pandemia. Appello dal mondo della scienza: “Cambi idea”

    Bruxelles – La Cina dice ‘no’ al piano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di avviare una seconda fase di un’indagine sull’origine del Coronavirus ed ecco che il mondo della scienza si mobilita per convincere Pechino a cambiare idea. Unione europea, Australia, Stati Uniti e Giappone: l’appello arriva da qui, con la commissaria per l’Innovazione e la Ricerca, Mariya Gabriel, a farsi portavoce per Bruxelles insieme alla dottoressa capo scienziato australiano, Cathy Foley, a Eric Lander, Direttore dell’Ufficio per le politiche scientifiche e tecnologiche statunitense nominato da Joe Biden, al dottor Ueyema Takahiro, Membro Esecutivo del Consiglio per la Scienza, la tecnologie e l’innovazione del Giappone e a Matsumoto Yoichiro e Kano Mitsunobu, consiglieri per il ministro degli Esteri giapponese.
    Insieme chiedono a Pechino di “riconsiderare la decisione di non impegnarsi nella proposta dell’OMS di portare lo studio sulle origini del COVID alla fase successiva. La partecipazione della Cina è di importanza critica per il mondo”, si legge nella lettere pubblicata dalla commissaria bulgara.

    I join Dr. Cathy Foley, 🇦🇺 Chief #Scientist; 🇺🇸 @EricLander46; Dr. UEYEMA Takahiro, Executive Member, Council for #Science, #Technology, and #Innovation of 🇯🇵; and Drs. MATSUMOTO Yoichiro and KANO Mitsunobu, S&T Advisors to the 🇯🇵 Foreign Minister on the below letter 👇 pic.twitter.com/VLNGiaNnkY
    — Mariya Gabriel (@GabrielMariya) July 27, 2021

    L’OMS questo mese ha proposto una seconda fase di studi sulle origini del coronavirus in Cina, con analisi dei laboratori e dei mercati nella città di Wuhan, dove il primo focolaio è stato osservato ormai più di un anno fa, chiedendo trasparenza alle autorità cinesi. Una proposta che trova il consenso delle sette più grandi economie al mondo del G7 che un mese fa chiedevano una nuova “indagine trasparente e decisiva” per capire il perché dello sviluppo del virus, che da oltre un anno attanaglia l’Europa e il mondo. Non è difficile immaginare che si voglia smentire chi sostiene la tesi di una fuga del virus dal laboratorio cinese di Wuhan, da dove la pandemia ha avuto inizio, secondo l’OMS le indagini già compiute in Cina erano ostacolate dalla mancanza di dati grezzi nei primi giorni di diffusione del virus e per questo è necessario approfondire.
    “Non accetteremo un tale piano di tracciamento delle origini poiché, in alcuni aspetti, ignora il buon senso e sfida la scienza”, ha detto ai giornalisti Zeng Yixin, vice ministro della Commissione nazionale per la salute (NHC). Pechino si oppone a una politicizzazione di questa analisi, in altri termini. Secondo Reuters, Zeng avrebbe ribadito la posizione della Cina secondo cui alcuni dati non potrebbero essere completamente condivisi a causa di problemi di privacy. “Speriamo che l’OMS riesamini seriamente le considerazioni e i suggerimenti degli esperti cinesi e tratti veramente lo studio dell’origine del virus COVID-19 come una questione scientifica e si liberi delle interferenze politiche”.

    “La partecipazione di Pechino alle indagini è di cruciale importanza per il mondo”, scrivono la commissaria europea Mariya Gabriel insieme a scienziati o consiglieri scientifici di Stati Uniti, Australia e Giappone per convincere il governo. La Cina parla di strumentalizzazione politica delle indagini in corso da parte dell’OMS, che invece lamenta la mancanza di dati grezzi nei primi giorni di diffusione del virus a Wuhan