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    Da Parigi l’Unrwa fa il punto della situazione a Gaza e chiede più fondi. Michel: “Rendiamo omaggio al lavoro dell’Onu”

    Bruxelles – Il Commissario generale dell’Agenzia Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi, Philippe Lazzarini, si è rivolto direttamente ai rappresentanti di oltre 50 Paesi, ai leader dell’Unione europea, a diverse Ong e istituti finanziari di sviluppo: dalla conferenza internazionale sugli aiuti umanitari a Gaza, ospitata da Emmanuel Macron a Parigi, ha lanciato l’appello per un flusso robusto e continuo di aiuti internazionali e per maggiori fondi per l’agenzia, “ultimo barlume di speranza” a Gaza.Le richieste di Lazzarini sono quattro. Prima di tutto “un cessate il fuoco umanitario, insieme al rigoroso rispetto del diritto umanitario internazionale”, perché le migliaia di bambini vittime dei bombardamenti israeliani “non possono essere un danno collaterale” e perché “limitare fortemente acqua, cibo e medicinali è una punizione collettiva”. In secondo luogo “un flusso significativo e continuo di aiuti umanitari, compreso il carburante”: il numero dei convogli che hanno finora attraversato il varco di Rafah è “palesemente inadeguato” per coprire le necessità della popolazione stremata e c’è bisogno di “ripristinare i servizi municipali come la gestione dell’acqua e dei rifiuti”, oltre che di “riaprire le linee commerciali, in modo che negozi e rivenditori possano ricostituire le proprie scorte”.Il Presidente francese Emmanuel Macron e il Commissario generale dell’UNRWA Philippe Lazzarini (Photo by Ludovic MARIN / POOL / AFP)L’Unrwa stessa si trova con l’acqua alla gola: ringraziando i Paesi che hanno annunciato nuovi contributi nelle ultime settimane, Lazzarini ha ammesso che “potrebbe non avere i fondi per gli stipendi del personale fino alla fine dell’anno“. Sono 5 mila i dipendenti che continuano a gestire cliniche, distribuire pane e acqua e fornire supporto psicosociale nei rifugi delle Nazioni Unite. Tutti servizi che “corrono il rischio di essere interrotti”. Recentemente l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Josep Borrell, ha annunciato la mobilitazione di 10 milioni ulteriori dalle casse comunitarie all’Agenzia Onu, che si aggiungono agli 82 milioni di euro già versati a febbraio 2023.Infine il Commissario generale ha evidenziato la necessità di guardare già al “giorno dopo”, ad una reale prospettiva di uno Stato palestinese, “fondamentale per stabilizzare la regione” e “nell’interesse di tutti, compreso Israele”.Il Primo Ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mohammed Shtayyeh (Photo by Ludovic MARIN / POOL / AFP)Inviti raccolti dal presidente della Repubblica francese, che ha indicato i tre pilastri che devono stare alla base della mobilitazione europea in Medio Oriente: l’impegno umanitario, la questione della sicurezza e della lotta al terrorismo, il processo politico e la pace. All’Eliseo però, Israele e Palestina non si sono incontrate: c’era il primo ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mohammad Shtayyeh, ma nessun rappresentante di Tel Aviv. E il premier dell’Anp ha usato parole pesanti: “Israele sta chiaramente violando il diritto internazionale umanitario e commettendo crimini di guerra”, ha dichiarato, aggiungendo che “la sofferenza palestinese non è iniziata il 7 ottobre, ma va avanti da 75 anni”. Dalla Nakba del 1948, lo sfollamento imposto a milioni di palestinesi per la creazione dello Stato di Israele. Per questo “la soluzione è porre fine all’occupazione, porre fine alle colonie”, ha ribadito Shtayyeh.Hanno partecipato alla conferenza anche i due pesi massimi delle istituzioni europee, Charles Michel e Ursula von der Leyen. Il presidente del Consiglio europeo ha voluto “rendere omaggio all’impegno delle Nazioni Unite e delle sue agenzie”, ricordando che l’Unrwa conta tra le sue fila 99 vittime dei bombardamenti israeliani, il numero più alto mai registrato di lavoratori Onu morti in un conflitto. Confermato il sostegno ai partner del Medio Oriente – l’Egitto e la Giordania in prima linea- nella ricerca di una de-escalation regionale. E all’Autorità Nazionale Palestinese quale unica autorità “legittima e credibile” verso la soluzione dei due Stati. “Continueremo a sostenervi e a sostenere tutti gli sforzi per garantire che possiate essere in grado di lavorare con noi e con gli altri affinché esista effettivamente un piano di pace per la regione”, ha promesso Michel a Shtayyeh.Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, alla Conferenza internazionale umanitaria a ParigiLa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha fatto il punto di come si sta muovendo l’esecutivo Ue per fornire aiuti alla popolazione di Gaza: “La maggior parte dei nostri carichi ha già raggiunto Gaza con i camion, attraverso il valico di frontiera di Rafah. Ma come hanno detto quasi tutti qui, i volumi rimangono troppo piccoli per far fronte agli enormi bisogni umanitari”, ha sottolineato. Dal 16 ottobre l’Ue ha inviato circa 320 tonnellate di materiale di prima necessità in Egitto, quadruplicando nel contempo i fondi umanitari destinati alla popolazione palestinese. “Anche se sosteniamo pienamente l’aumento della capacità degli aiuti forniti attraverso Rafah – e questa è la nostra prima priorità –, dobbiamo anche considerare con urgenza ulteriori rotte”, ha suggerito von der Leyen, che sta lavorando con i governi di Grecia e Cipro per la creazione di un corridoio marittimo. “Penso che ciò garantirebbe un flusso di aiuti duraturo, regolamentato e robusto”, ha concluso la leader Ue.
    L’allarme del Commissario generale Lazzarini: “Potremmo non avere i fondi per gli stipendi del personale fino alla fine dell’anno”. Alla conferenza umanitaria presente il premier dell’Autorità Palestinese, che attacca Israele: “Sta commettendo crimini di guerra, la soluzione è porre fine alle colonie”

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    Macron in visita ad Astana per accelerare il partenariato strategico con il Kazakistan. L’Ue osserva attenta

    Bruxelles – Tra la Francia e il Kazakistan c’è comunanza di intenti non solo in ambito economico e commerciale, ma anche sulla politica internazionale. In occasione del quinto anniversario della firma del Trattato di partenariato strategico tra i due Paesi, ieri (primo novembre) il presidente francese, Emmanuel Macron, si è recato in visita ad Astana per incontrare il presidente della Repubblica del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, e per firmare una serie di contratti in settori che vanno dall’energia, al farmaceutico, fino all’aerospaziale. È però il tema dei minerali essenziali per le tecnologie energetiche pulite (di cui la regione è ricca) a costituire la parte più importante dei colloqui. “La forza del nostro partenariato dimostra che sono stati adottati i giusti assi d’interesse strategici, ma anche la necessità di completarli e accelerarli”, ha dichiarato Macron al fianco del suo omologo kazako.Da sinistra: il presidente francese, Emmanuel Macron, e il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, ad Astana il primo novembre 2023 (credits: Ludovic Marin / Afp)Quella ad Astana è solo la prima tappa del viaggio di capo di Stato francese in Asia Centrale (che prosegue in Uzbekistan), una delle ex-Repubbliche sovietiche che ha attirato nuova attenzione da parte dell’Occidente dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Nonostante la sua vicinanza con la Russia (e la Cina), il Kazakistan non si è schierato con Mosca, sotto lo sguardo attento dell’Unione Europea e in particolare di Macron. “I due capi di Stato hanno sottolineato la loro ferma adesione al diritto internazionale e ai principi internazionali della Carta delle Nazioni Unite, in particolare il rispetto della sovranità, dell’indipendenza, dell’integrità territoriale e dell’inviolabilità delle frontiere internazionalmente riconosciute da tutti gli Stati”, si legge nella dichiarazione congiunta di Macron e Tokayev. “Hanno espresso la loro profonda preoccupazione sulla situazione in Ucraina, sulle sue conseguenze umanitarie, sulle sue ripercussioni sull’economia mondiale e sulla sicurezza alimentare dei Paesi più vulnerabili”, continua la nota.Durante l’incontro con Tokayev, Macron ha annunciato accordi commerciali, inclusa una dichiarazione di intenti per una partnership nel tanto ricercato settore delle terre rare e dei metalli rari. Oltre a essersi complimentato per la posizione sull’invasione della Russia in Ucraina: “La Francia valorizza il cammino che state seguendo per il vostro Paese, rifiutando di essere vassallo di qualsiasi potenza e cercando di costruire relazioni numerose ed equilibrate con i diversi Paesi”. Il Kazakistan, ricco di petrolio, era già emerso come fornitore sostitutivo di greggio per i Paesi europei che hanno interrotto le forniture russe e come collegamento importante nella nuova rotta commerciale Cina-Europa, che aggira la Russia. Riguardo l’incontro il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha commentato che il Kazakistan, in quanto Stato sovrano, è libero di sviluppare legami con qualsiasi Paese. Non sembra però dello stesso avviso il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, che la settimana scorsa aveva affermato che l’Occidente sta cercando di allontanare da esso i “vicini, amici e alleati” della Russia.Oltre alla Francia, l’importanza del Kazakistan per l’UeIl Kazakistan è un partner importante non solo per Macron, ma per tutta l’Unione Europea. Lo scopo dell’Ue è quello di sostituirsi alla Russia come primo partner economico e commerciale dei cinque Paesi dell’Asia Centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan). La chiave di volta per questa operazione sarebbe proprio la Repubblica kazaka, dove l’Ue ha già raggiunto questo obiettivo, rappresentando il 40 per cento del suo commercio estero. “Una cosa è assolutamente certa, il nostro rapporto è forte e sta diventando ancora più forte“, aveva dichiarato il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, al termine dell’incontro con il presidente kazako ad Astana il 27 ottobre dello scorso anno, in occasione della prima riunione regionale di alto livello dei Cinque dell’Asia Centrale.Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, ad Astana (27 ottobre 2022)L’Unione è anche il primo investitore straniero in Kazakistan, rappresentando il 48 per cento dei flussi totali di investimenti diretti esteri. A rappresentare il quinto maggiore investitore straniero in Kazakistan è proprio la Francia, soprattutto a causa del coinvolgimento delle società energetiche TotalEnergies nel massiccio progetto del giacimento petrolifero offshore di Kashagan. A sigilliare ancora di più il rapporto dei due Paesi c’è anche il tema dell’energia nucleare: il Kazakistan fornisce circa il 40 per cento di uranio alla Francia e la francese Orano gestisce già una joint venture con la sua azienda nucleare statale Kazatomprom. Inoltre, l’azienda energetica francese Edf è in corsa per costruire la prima centrale nucleare del Kazakistan, con un progetto che dovrebbe essere deciso in un referendum quest’anno. Gli scambi bilaterali tra Parigi e Astana sono arrivati a 5,3 miliardi di euro nel 2022, principalmente negli idrocarburi.Nel dicembre 2015, l’Unione Europea e il Kazakistan hanno firmato un accordo di partenariato e cooperazione rafforzato (Epca). Entrato in vigore il primo marzo 2020, è il primo di questo tipo con un partner dell’Asia Centrale e ha permesso di rafforzare le relazioni tra i Ventisette e Astana. Il 7 novembre 2022, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Kazakistan, Alikhan Smailov, hanno firmato un memorandum d’intesa (MoU) sui partenariati strategici su materie prime sostenibili, batterie e catene di valore dell’idrogeno rinnovabile. Non solo. In quanto “hub per la connettività dei trasporti tra Oriente e Occidente“, la Repubblica kazaka è considerata da Bruxelles lo snodo fondamentale su cui investire nella regione dell’Asia Centrale attraverso il Global Gateway, la nuova strategia europea per promuovere collegamenti intelligenti, puliti e sicuri nei settori del digitale, dell’energia e dei trasporti e rafforzare i sistemi di salute, istruzione e ricerca in tutto il mondo.
    L’incontro si è concentrato principalmente sul tema delle materie prime essenziali per le tecnologie energetiche pulite, di cui la regione orientale è ricca. Dopo la prima tappa kazaka il viaggio del presidente francese in Asia Centrale prosegue in Uzbekistan

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    Macron insiste per una coalizione internazionale contro Hamas: “Azioni militari mirate che non colpiscano i civili”

    Bruxelles – Il giorno dopo il compromesso a 27 al ribasso sulla necessità di “corridoi e pause per bisogni umanitari” a Gaza, il presidente della Repubblica francese esce dal coro e chiarisce la posizione di Parigi sul conflitto tra Israele e Hamas. Ed è una linea di supporto critico a Tel Aviv: “Per combattere i gruppi terroristici servono operazioni mirate, non un azione massiccia che mette in pericolo i civili“.L’appello a una “tregua umanitaria” fatto da Emmanuel Macron nella conferenza stampa a margine del Consiglio europeo va letto anche in questo senso. Non solo permettere l’ingresso e la distribuzione rapida e in sicurezza di aiuti umanitari, ma “organizzare veramente la protezione della popolazione civile, finalizzare la liberazione degli ostaggi e mirare meglio le operazioni contro i terroristi”. Se non fosse abbastanza esplicito, Macron spiega che – pur “riconoscendo totalmente il diritto di Israele e la sua volontà legittima di lottare contro il terrorismo”- per l’Eliseo “il blocco completo di Gaza, il bombardamento indifferenziato e ancora di più la prospettiva di un’operazione massiccia di terra non possano per natura proteggere la popolazione civile come si dovrebbe”, e così i funzionari dell’Onu, i medici, i volontari dell’assistenza ai civili.Palazzi sventrati dai bombardamenti israeliani a Gaza (Photo by Yahya HASSOUNA / AFP)Distinguere chiaramente tra “terroristi, autorità politica e popolazione” per Macron è indispensabile anche per la sicurezza stessa di Israele. Perché “se milioni di persone realizzano che i loro fratelli e sorelle sono stati uccisi nel nome della guerra contro Hamas, finiranno per aderire a quella causa”. Parigi chiede a Tel Aviv di “prendersi il tempo per preparare operazioni mirate”, e di farlo attraverso uno “scambio di informazioni tra i migliori eserciti”.E le forze militari francesi sono pronte a dare il proprio contributo, legittimate dal fatto di “aver perso 30 concittadini nell’attacco di Hamas” del 7 ottobre. Macron ha rilanciato ai 27 la sua proposta di replicare contro Hamas lo schieramento internazionale che ha combattuto Daesh in Siria: “Abbiamo sempre preso le nostre responsabilità contro i movimenti terroristici nella regione perché sono minacce per noi stessi – ha dichiarato in conferenza stampa -, nelle prossime settimane proporremo ai nostri partner di riunirci per strutturare questa iniziativa. E condivideremo l’approccio con tutti i partner della regione che lo desiderano”.Un invito che dovrà chiaramente essere accolto anche dalle autorità israeliane, a cui Macron ha chiesto inoltre di adoperarsi per “far cessare le violenze di alcuni coloni sui civili in Cisgiordania“. Il focus rimane chiaramente sul disastro umanitario di Gaza, e su una tregua necessaria per “coordinare bene le cose e evitare che ci siano vittime totalmente ingiustificate di una lotta legittima contro il terrorismo”, una lotta “che durerà”. Nell’approccio del presidente francese, oltre alla lotta alla lotta al terrorismo  “con azioni mirate” e l’aiuto umanitario che “protegga la popolazione di Gaza”, non si può prescindere da un terzo punto: la prospettiva politica, con “un rilancio deciso della soluzione dei due Stati“.
    Il presidente francese ha criticato “il blocco completo di Gaza e il bombardamento indifferenziato” attuato dalle forze di difesa israeliane, che rischia di ripercuotersi sulla sicurezza stessa di Israele: “Milioni di persone finiranno per aderire alla causa di Hamas”

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    Perso il contratto in Australia la Francia si consola con la Grecia: ad Atene navi per tre miliardi

    Bruxelles – La Francia costruirà almeno sei navi da guerra per la marina militare della Grecia, per un costo stimato di tre miliardi di euro. Persa la ricca commessa australiana nella vicenda AUKUS, Parigi si consola con una piccola fornitura all’armatissime forze armate di Atene.
    Il presidente francese Emmanuel Macron e il premier greco Kyriakos Mitsotakis lo hanno annunciato oggi in una conferenza stampa congiunta a Parigi. Nel corso della visita, Mitsotakis ha presieduto l’inaugurazione di una mostra al Louvre che celebra il contributo francese all’indipendenza della Penisola ellenica.
    Per Mitstotakis si tratta di un accordo storico, che “legherà Grecia e Francia per decenni” e “apre la porta all’Europa di domani, che sarà forte, autonoma e capace di difendere i propri interessi”. Con l’occasione il presidente francese ha esortato ancora una volta i Paesi europei al perseguimento dell’autonomia strategica. Macron ha poi ribadito che non c’è alcuna intenzione di renderla alternativa all’alleanza con gli Stati Uniti – replica dell’approccio tenuto nella telefonata con il presidente Biden della scorsa settimana.
    La commessa della Francia per le fregate alla Grecia
    L’accordo prevede la fornitura alla Grecia di tre fregate e tre corvette. In seguito alla commessa potrebbe aggiungersi una quarta fregata. Secondo la stampa di settore per le fregate le forze armate greche avrebbero scelto la nuova classe FDI, nave di taglia intermedia prodotte dalla francese Naval Group. Le corvette sarebbero invece quelle della classe Gowind, imbarcazioni più piccole ed economiche equipaggiate per missioni antisommergibile e antinave.
    I costi della vendita sono stimati a tre miliardi di euro, ma è probabile che lievitino in corso d’opera: almeno altri 100 milioni saranno necessari per dotare le fregate dei sistemi di contromisure elettroniche di cui al momento sono sprovviste. Ciò che sorprende è la tabella di marcia forzata proposta da Parigi. Le prime navi dovranno essere consegnate entro il 2025 e le ultime entro la fine dell’anno successivo – tempi strettissimi considerata la mole delle imbarcazioni.
    La commessa, annunciata con grande enfasi dall’Eliseo, segue la delusione per la cancellazione di un accordo di forniture militari con l’Australia per un totale di 50 miliardi di euro. In quel caso la Naval Group avrebbe dovuto costruire dodici sottomarini diesel di classe Scorpene per la marina Australiana. Il governo di Canberra aveva cambiato idea in seguito all’annuncio del patto strategico AUKUS, optando per quelli anglo-americani a propulsione nucleare e causando l’ira di Parigi.
    Non solo navi: l’intesa tra Atene e Parigi
    Insieme alle forniture militari, i leader dei due paesi hanno annunciato che la cooperazione nel settore della difesa verrà approfondita. Secondo Bloomberg, le trattative trai due paesi avrebbero prodotto un’intesa sulla mutua assistenza in caso di invasione del territorio nazionale “con ogni mezzo a disposizione, incluso l’utilizzo della forza militare”.
    Il messaggio è rivolto in primis alla Turchia, le cui mire nel Mediterraneo turbano sia la Francia che la Grecia. Appena un anno fa, nell’estate del 2020, navi greche e turche erano arrivate a speronarsi dopo settimane di tensioni. Negli stessi giorni una fregata francese veniva messa sotto tiro da imbarcazioni turche al largo della Libia.
    Atene e Parigi cementano ulteriormente la partnership nel settore della difesa. A inizio 2021 l’aviazione greca aveva già acquistato 18 caccia Dassault Rafale di produzione francese, poi diventati 24 in un nuovo accordo raggiunto a inizio settembre. Il costo totale della commessa si aggira intorno a 2 miliardi e mezzo di euro.
    Proprio la sintonia sul dossier turco potrebbe essere alla base dell’accordo odierno. Come hanno riportato alcuni analisti greci, le navi transalpine erano l’alternativa più costosa tra quelle proposte alla marina greca. Solo i francesi, tra tutti i concorrenti (Olanda, Stati Uniti, Regno Unito), avrebbero però potuto assicurare anche l’impegno per l’assistenza militare.

    Dopo la cancellazione del “contratto del secolo” con la Marina australiana, la Naval Group francese conclude con successo un accordo per la vendita di almeno sei navi da guerra a partire dal 2025

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    Telefonata Biden Macron: nessuna scusa, ma volontà di ricucire

    Bruxelles – Joe Biden e Emmanuel Macron tornano a parlarsi. Dopo la crisi diplomatica dovuta all’annuncio dell’accordo a tre tra USA, UK e Australia sulla difesa chiamato AUKUS, che ha tagliato fuori un’importante fornitura di sottomarini francesi a Camberra, i due presidenti hanno avuto una conversazione al telefono per ricucire lo strappo. Nel comunicato congiunto viene specificato che a richiedere l’incontro è stato Joe Biden, che ha ritenuto necessario “discutere le implicazioni di quanto annunciato il 15 settembre”. I due leader si incontreranno a fine ottobre a Bruxelles. Anche i rispettivi ministri degli Esteri, Jean-Yves Le-Drian e Antony Blinken, hanno avuto modo di confrontarsi al margine della riunione del consiglio di Sicurezza dell’ONU.
    Biden ha confermato “l’importanza strategica del coinvolgimento della Francia e dell’Europa nell’Indo Pacifico, nel quadro operativo della Strategia recentemente pubblicata dall’Unione europea”, riconoscendo anche l’importanza di “una difesa europea più forte e capace”, a patto che sia complementare e non alternativa alla NATO.
    Le ultime righe del comunicato parlano direttamente al cuore della Francia. Gli Stati Uniti si impegnano a supportare le operazioni anti-terrorismo degli Stati europei nel Sahel, dove le truppe di Parigi sono presenti con l’operazione Barkhane (ora in via di ridimensionamento) dal 2014.
    Cosa emerge dalla telefonata tra Biden e Macron
    Dopo la telefonata, Emmanuel Macron ha acconsentito al ritorno dell’ambasciatore francese a Washington. Le sorti della rappresentanza transalpina in Australia non vengono nominate. Scott Morrison, Primo Ministro del Paese oceanico, ha dichiarato di aver più volte tentato di contattare l’Eliseo, senza ricevere risposta. Sebbene non lo possa dare a vedere, i malumori di Parigi resteranno e con l’Australia si può permettere di portare avanti per un altro po’ il gelo diplomatico.
    Durante il briefing per i giornalisti alla Casa Bianca, la segretaria per la Stampa Jen Psaki ha affermato che “il tono della conversazione è stato amichevole”, ma ha eluso la domanda di un giornalista che chiedeva se da parte del presidente americano ci fossero state delle scuse formali. Quanto emerge dalla telefonata tra Biden e Macron è che le concessioni fatte alla Francia bastano a far rientrare la crisi e che i due sono d’accordo su una maggiore collaborazione, ma gli Stati Uniti non sono affatto pentiti dell’accordo con Londra e Canberra.
    Le concessioni a Francia e Unione europea
    La Francia accetta i pegni di pace, che riguardano i principali dossier sul tavolo dell’Eliseo. Supporto alla missione nel Sub-sahara, che in questo momento stenta a proseguire nonostante l’uccisione del capo di Al Quaeda in Mali da una parte. Dall’altra c’è il placet di Biden allo sviluppo di una difesa europea che dovrebbe necessariamente vedere la Francia come capofila.
    A mettere di buon umore l’Eliseo c’è anche la telefonata del 22 settembre tra Emmanuel Macron e Narendra Modi. Il premier indiano ha parlato di approfondire la collaborazione tra India e Francia per “un Indo Pacifico aperto e inclusivo” – nell’ambito delle iniziative europee nell’area.

    Spoke with my friend President @EmmanuelMacron on the situation in Afghanistan. We also discussed closer collaboration between India and France in the Indo-Pacific. We place great value on our Strategic Partnership with France, including in the UNSC.
    — Narendra Modi (@narendramodi) September 21, 2021

    Secondo la stampa francese, la telefonata potrebbe essere il primo passo per sostituire l’Australia con l’India come potenziale acquirente di una nuova commessa di sottomarini francesi –  per Le Figaro questa volta potrebbe trattarsi di sottomarini nucleari. Un accordo che si andrebbe a sommare a quello già in vigore tra Dehli e Parigi, che prevede l’acquisto di sei sottomarini diesel classe Scorpene, per un totale di 5 miliardi di dollari.

    La telefonata tra Joe Biden ed Emmanuel Macron riporta l’ambasciatore francese negli USA dopo alcune concessioni a Francia ed Europa sul dossier della difesa comune e dell’impegno americano nel Sahel

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    AUKUS, o la disputa dei sottomarini: gli USA vogliono Francia ed Unione europea fuori dall’Indo Pacifico

    Bruxelles -“Un colpo nella schiena”, colmo di “doppiezza, disprezzo e bugie”. Jean Yves Le-Drian non ha utilizzato mezzi termini per riferirsi alla nascita di AUKUS, nuovo sodalizio strategico tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti. Poco dopo, l’annuncio che Parigi avrebbe ritirato i suoi ambasciatori da Washington e da Canberra. Per il ministro si tratterebbe addirittura di una potenziale “crepa” nel fronte dell’alleanza atlantica. L’ultima battuta di quel rapporto travagliato che l’ex presidente francese François Mitterand aveva definito una “guerra permanente e non conosciuta”.
    AUKUS: l’Unione europea fuori dall’Indo Pacifico
    L’accordo AUKUS prevede di fornire alle forze armate di Canberra una flotta di sottomarini a propulsione nucleare, insieme a nuovi missili balistici e allo stanziamento (pare) di unità navali americane nei porti del paese. L’ira francese nasce dal fatto che il governo di Parigi era già in trattative (quasi ultimate) per vendere alla marina australiana una gigantesca commessa di dodici sottomarini Diesel, per un costo stimato di 90 miliardi di dollari australiani.
    Una beffa a cui si aggiunge un danno economico non irrilevante, considerate le recenti delusioni per il mancato acquisto di fregate francesi da parte di Marocco, Indonesia e Egitto – tutte gare dove la francese Naval Group si è vista preferire la versione italiana prodotta da Fincantieri. Lo stesso gruppo navale italiano, tuttavia, potrebbe essere stato tra le vittime (inconsapevoli) di AUKUS. Nel giugno scorso Fincantieri e Novantia (gruppo spagnolo) furono sorpassate dall’inglese BAE Systems nella gara da 23 miliardi di euro per la costruzione di nove fregate multiruolo proprio per la marina australiana.
    Al netto dell’aspetto finanziario, emerge una certa volontà dell’amministrazione americana di affidare il dossier ad alleati più affidabili degli Europei. Come ha ribadito pochi giorni fa l’Alto rappresentante Josep Borrell durante la presentazione della Strategia UE per l’Indo Pacifico “gli Americani sembrano di non fidarsi di noi quando devono portare avanti i loro interessi, in questo caso verso la Cina”. E’ facile immaginare che il documento, soluzione compromissoria che non prende una chiara posizione anticinese, possa essere stato giudicato troppo morbido nei dicasteri americani. Nè Borrell nè altri rappresentanti degli Stati membri UE erano stati informati delle trattative per la nascita di AUKUS.
    La strategia USA
    La sfiducia tra le due sponde dell’Atlantico non nasce oggi. Tredici Stati membri dell’Unione hanno ufficialmente aderito al progetto della Nuova via della seta cinese (BRI). Soprattutto l’accordo sugli investimenti tra Unione europea e Cina (CAI), firmato durante il travagliato passaggio di consegne tra la presidenza di Donald Trump e quella di Joe Biden, è stato visto negli States come un colpo basso mentre gli occhi del paese erano rivolti sulla crisi interna. Sia la BRI che il CAI sono di fatto congelati ed è probabile che lo rimangano per sempre, ma rimane da parte americana la percezione che sugli Europei si può contare poco.
    La strategia americana è chiara. Washington conosce bene le reticenze degli alleati a inimicarsi il proprio partner commerciale più importante e per questo intende gestire il contenimento cinese per altri tramiti. Nello specifico, una serie di alleanze a geometria variabile che coinvolgano quei paesi che hanno già fatto una chiara scelta di campo: AUKUS, il QUAD, Five Eyes, cooperazioni bilaterali con Corea del Sud e Taiwan, probabilmente nei prossimi anni nasceranno nuove sigle. Occasionalmente si potrà fare affidamento sulla presenza delle marine europee nella regione, ma si tratta di un contorno.
    AUKUS non cancella l’alleanza atlantica
    La Francia è l’unico dei 27 ad essere paese residente nella regione indopacifica grazie ai suoi territori d’oltremare. Già dotata di una strategia per l’Indo Pacifico dal 2018 e promotrice del documento redatto in sede UE, Parigi si sente tradita dall’accordo anglosassone. AUKUS però non esclude ulteriori commesse da parte francese per l’Australia – possibili alla luce dei lunghissimi tempi di consegna dei nuovi sottomarini nucleari. Joe Biden ha ribadito che la cooperazione con l’Eliseo è irrinunciabile. Intanto però l’amministrazione ha deciso di punire un alleato che parla fin troppo spesso di “autonomia strategica” e del superamento della NATO – addirittura in stato di “morte cerebrale” secondo una dichiarazione di Emmanuel Macron del 2019.
    La dipendenza dei 27 (Francia compresa) dalla protezione dell’alleanza americana farà in modo che lo strappo non diventi frattura. Le occasioni per riparare nel breve periodo non mancheranno e c’è da aspettarsi qualche concessione da Washington, ad esempio lasciare che la Francia venda tecnologie militari alla Corea del Sud. Il governo francese ha annunciato che “nei prossimi giorni” Emmanuel Macron parlerà al telefono con Joe Biden sulla questione, nell’attesa del G20 che si terrà tra poco più di un mese a Roma.
    Sul fronte europeo, Josep Borrell – contrariato quanto il presidente francese di non essere stato informato di AUKUS – è a New York per la 76a sessione dell’assemblea generale delle Nazioni unite. Borrell, che resterà negli USA fino al 24 settembre, parteciperà ad una riunione a margine dei lavori dell’assemblea per discutere i recenti sviluppi. Far rientrare la crisi nel più breve tempo possibile è di prioritaria importanza per l’UE, che con un veto francese faticherebbe a portare avanti i negoziati per l’accordo commerciale con l’Australia che si attendeva per la fine dell’anno.
    E’ consuetudine che in occasione dei lavori dell’Assemblea delle Nazioni Unite i ministri degli Esteri tengano riunioni tra loro. Date le circostanze è fuori ogni dubbio che “il tema verrà sollevato”, riconosce il servizio dei portavoce della Commissione europea. La questione riguarda i rapporti con gli Stati Uniti e sarà trattato a livello di Stati membri dell’UE, a dimostrazione delle difficoltà dell’Unione a trovare una posizione comune in politica estera. Quanto alle relazioni con l’Australia, a Bruxelles ricordano che in occasione dell’ultimo round negoziale per un accordo di libero scambio (1-11 giugno) le due parti hanno convenuto di darsi appuntamento per ottobre. Al momento non cambia nulla, anche se si sta esaminando se e quanto il comportamento della controparte australiana porà avere ripercussioni.

    La nuova alleanza tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito esclude i partner europei dall’area. Washington sembra non fidarsi dell’Unione, ma non si può parlare di strappo

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    Speciale Europee 2019: tutti gli impatti sul mercato

    27 Maggio 2019, di Alessandro Chiatto Le elezioni europee per il rinnovamento del Parlamento europeo di domenica cosa significano per i mercati? Come in occasione di ogni appuntamento, il dibattito sullo stato della democrazia in Europa è tornato in auge. Secondo molti osservatori, si tratta delle prime elezioni europee intrise di un significato politico veramente continentale […]