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    55 morti e 146 feriti in Libia, le milizie per ora fermano gli scontri. Dall’Ue “grande preoccupazione”

    Bruxelles – La Libia è ancora una polveriera, un Paese in equilibrio precario che rischia di scivolare nel caos ad ogni azione intrapresa dalle diverse milizie che si contendono il controllo del territorio. Dopo gli scontri degli ultimi due giorni, che hanno provocato 55 morti e almeno 146 feriti, l’allarme sembra essere rientrato. Un allarme suonato forte anche a Bruxelles, che segue “con grande attenzione e preoccupazione gli ultimi avvenimenti in Libia”.
    Arriva dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, l’invito “a tutte le parti a continuare ad astenersi dalle ostilità armate” e ad “avviare un dialogo per allentare la tensione e riportare la calma” a Tripoli. Secondo il The Libya Observer, questa mattina (17 agosto) i leader dei principali gruppi armati libici si sono incontrati e hanno deciso di “porre fine ai combattimenti e ripristinare l’ordine” nella capitale. A seguito dell’incontro, sarebbe già stato liberato il generale della brigata 444, Mohamed Hamza: allineato al primo ministro del governo di unità nazionale sotoo l’egida delle Nazioni Unite, Abdel Hamid al-Dbeibeh, Hamza era stato arrestato da un’unità affiliata alla forza di deterrenza ‘Rada’ all’inizio di questa settimana. Proprio la sua cattura ha innescato le rappresaglie da parte della brigata 444 e di altre milizie alleate.

    The commander of the 444th Brigade Mahmoud Hamza, whose detention sparked deadly clashes in Tripoli, has been released. pic.twitter.com/mXEyTbV0G6
    — The Libya Observer (@Lyobserver) August 17, 2023

    “Gli ultimi eventi sono un vivido promemoria della fragilità della situazione della sicurezza in Libia e dell’urgente necessità di elezioni per trovare una soluzione politica sostenibile e inclusiva”, ha commentato il capo della diplomazia europea. Un’instabilità su cui l’Ue ha dovuto più volte chiudere un occhio, obbligata in ogni caso ad allacciare rapporti con il Paese del vicinato meridionale. Nel complesso, Bruxelles ha stanziato 700 milioni di euro dal 2015 a oggi a sostegno della Libia attraverso vari strumenti di finanziamento. 90 milioni tra il 2021 e il 2022 e altri 95 promessi dal commissario Ue per l’Allargamento, Olivér Várhelyi. Finanziamenti che hanno convogliato diverse critiche, tra cui quelle della missione d’inchiesta dell’Onu, che in un rapporto pubblicato lo scorso marzo aveva ipotizzato che una parte dei fondi europei – in particolare quelli dedicati al contenimento del fenomeno migratorio- finanziassero in realtà una serie di attività illegali perpetrate dalle diverse milizie.
    Per il primo ministro al-Dbeibeh, che avrebbe mediato l’intesa tra i miliziani, “il ritorno della guerra in Libia è inaccettabile e il Paese non tollera alcun comportamento irresponsabile”. Borrell ha voluto ribadire “il suo fermo sostegno agli sforzi di mediazione condotti dall’Onu e dal suo rappresentante in loco, Abdoulaye Bathily“.

    Due giorni di scontri tra i gruppi armati allineati con il primo ministro al-Dbeibeh e quelli antagonisti. Ad accendere la miccia l’arresto del generale della brigata filogovernativa 444, ora rilasciato. Per l’Alto rappresentante Ue Borrell “gli ultimi eventi sono un vivido promemoria della fragilità” del Paese

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    Migranti e diritti, adesso l’Ue ammette i problemi in Libia

    Bruxelles – La situazione in Libia sta sfuggendo di mano, e adesso anche la Commissione europea non può non prenderne atto. L’assistenza offerta dall’Ue per potenziare il sistema di guardia costiera ai fini del controllo e della gestione dei flussi migratori è diventata un’arma nelle mani delle autorità di Tripoli. Sandra Pereira, europarlamentare de la Sinistra, punta il dito contro la Commissione. In un’interrogazione cita il recente rapporto delle Nazioni Unite, in cui l’Onu “riferisce una serie di crimini contro l’umanità che sono stati commessi nel Paese: arresti arbitrari, omicidi, torture, stupri, schiavitù, schiavitù sessuale, esecuzioni extragiudiziali e sparizioni”.
    Tutti questi crimini contro l’umanità denunciati “sono stati commessi contro migranti in luoghi di detenzione sotto il controllo effettivo o nominale della direzione libica per la lotta alla migrazione illegale, della guardia costiera libica e dell’apparato di sostegno alla stabilità”. Soggetti ed entità che “hanno ricevuto supporto tecnico, logistico e monetario dall’Unione europea e dai suoi Stati membri per, tra l’altro, l’intercettazione e il rimpatrio dei migranti“. Data la situazione l’europarlamentare chiede se non sia il caso di sospendere ogni tipo di relazione o sostegno, ma il ‘no’ che arriva dalla Commissione è categorico.
    “Nelle difficili circostanze del Paese, l’interruzione dell’assistenza dell’Ue non farebbe che peggiorare la situazione sul campo“, sostiene il commissario per l’Allargamento e le politiche di vicinato, Oliver Várhelyi. Il componente del collegio di commissari riconosce dunque una situazione complicata, che Bruxelles fa fatica a gestire, e conferma l’intenzione di non rinunciare a un elemento della dimensione esterna delle politiche per l’immigrazione considerato come fondamentale.
    “Il lavoro della Commissione in Libia – continua Várhelyi – segue gli orientamenti strategici del Consiglio europeo, le decisioni del Consiglio e il piano d’azione dell’Ue sul Mediterraneo centrale, approvato dal Consiglio” stesso, vale a dire ministri e leader degli Stati dell’Unione europea. La Commissione, in sostanza esegue un mandato frutto di un accordo politico, ma le parole del commissario sembrano scaricare le responsabilità del deterioramento della situazione sulle capitali.
    La risposta fornita dal commissario per l’Allargamento non sembra né chiarire né tanto meno rassicurare. Offre al contrario l’immagine di una situazione che ha preso una piega tanto inattesa quanto ingovernabile a livello Ue. Il massimo delle garanzie offerte da Varhelyi è la promessa che “proseguirà l’impegno costruttivo con le autorità libiche e tutti i pertinenti attori internazionali su come l’Ue possa contribuire al meglio all’obiettivo comune di garantire la protezione dei diritti umani, anche nel contesto della migrazione”.
    Potrebbe non bastare a calmare la situazione. Non è la prima volta che dal Parlamento europeo arrivano critiche per le responsabilità dell’Europa nel deterioramento della situazione in Libia con la complicità di una guardia costiere potenziata e finanziata dall’Ue. Ue che non sta facendo una bella figura, e Varhelyi riesce a fare poco per riparare al danno di immagine.

    Il commissario per l’Allargamento: “Nelle difficili circostanze del Paese, l’interruzione dell’assistenza dell’Europa non farebbe che peggiorare la situazione sul campo”

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    Dall’Eurocamera dubbi sui fondi Ue alla Libia. L’ammissione di Johansson: “Chiare indicazioni di infiltrazioni criminali nella Guardia Costiera”

    Bruxelles – Detenzioni arbitrarie, torture, violenze sessuali, tratta di esseri umani. Il quadro dipinto lo scorso marzo nel rapporto finale della missione d’inchiesta dell’Onu in Libia ha spinto la Commissione per le Libertà Civili dell’Eurocamera (Libe) e la sottocommissione per i diritti umani a chiedere alla Commissione europea di “fornire una panoramica dei finanziamenti dell’Ue per la migrazione in questo Paese o per attività svolte in Libia negli anni passati”.
    Nel complesso, Bruxelles ha stanziato 700 milioni di euro dal 2015 a oggi a sostegno della Libia attraverso vari strumenti di finanziamento. 90 milioni tra il 2021 e il 2022 e altri 95 promessi dal commissario Ue per l’Allargamento, Olivér Várhelyi. Dal 2017 è attiva la missione Sibmmil (Support for Integrated Border and Migration Management in Libya), realizzata dal ministero dell’Interno italiano, che prevede la consegna di cinque navi per operazioni di ricerca e soccorso in mare e l’addestramento della Guardia costiera libica.
    Dito puntato contro il “sostegno tecnico, logistico e monetario da parte dell’Unione europea per, tra l’altro, l’intercettazione e il rimpatrio dei migranti in Libia“: se sulla collaborazione in chiave anti-trafficanti con Tunisia, Egitto e Marocco si può chiudere un occhio (dal punto di vista delle garanzie di rispetto dei diritti umani), per gli eurodeputati non è più possibile farlo sui finanziamenti a Tripoli. “Sulla base dei risultati del rapporto delle Nazioni Unite, l’UE deve urgentemente rivedere il suo approccio nei confronti della Libia. La dignità umana ei diritti umani devono essere al centro delle politiche esterne dell’Ue. Ciò significa anche che il divieto di non respingimento deve essere assolutamente garantito”, ha dichiarato il presidente della sottocommissione per i diritti umani, Udo Bullman.
    Ylva Johansson in audizione alla Commissione Libe
    In questi mesi l’esecutivo Ue non si è mai espresso sul rapporto della missione d’inchiesta Onu, preferendo avanzare nel perfezionamento di quella dimensione esterna delle migrazioni che prevede il rafforzamento della cooperazione con i Paesi d’origine e di transito nella gestione dei confini. Proprio oggi, e proprio durante un’audizione in Commissione Libe sul naufragio di Pylos che lo scorso 14 giugno è costato la vita ad almeno 500 migranti, la commissaria Ue per gli Affari Interni, Ylva Johansson, ha ammesso che “con alcuni Paesi vicini è più difficile collaborare, come con la Libia, dove ci sono chiare indicazioni di criminali che si sono infiltrati nella Guardia Costiera“.
    Sul perché questo non basti a interrompere i finanziamenti, la Commissione europea non si è ancora esposta. Il paradosso è che la stessa Tunisia, con cui Bruxelles sta cercando di chiudere un accordo indicato dai leader Ue come “modello” per future partnership con la regione, deporta centinaia di migranti subsahariani dalle sue coste ai confini con la Libia, lasciandoli alla mercé dei gruppi armati e dei trafficanti. E una volta firmato l’accordo di cooperazione che ha come obiettivo la riduzione delle partenze e l’aumento dei rimpatri, con ogni probabilità lo farà ancora di più. Sempre con fondi europei.

    In una nota congiunta la Commissione Libertà civili e la sottocommissione per i diritti umani esprimono “profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione dei diritti umani dei migranti in Libia”. Dal 2015 l’Ue ha stanziato circa 700 milioni di euro di sostegno a Tripoli

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    La guardia costiera libica ha una motovedetta “antimigranti” in più. Ed è italiana

    Bruxelles – Una motovedetta inaffondabile, capace di ospitare fino a 200 naufraghi. La prima delle 5 imbarcazioni che l’Italia consegnerà alla guardia costiera libica per “rafforzarne in maniera significativa le capacità nelle attività di salvataggio in mare e di contrasto al traffico di esseri umani” è una motovedetta ts-lcg 300, costruita al cantiere navale Vittoria a Adria, in provincia di Rovigo. Ieri sera (7 febbraio) la consegna delle chiavi, a cui hanno presenziato il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, il commissario Ue per l’Allargamento e la politica di vicinato, Oliver Varhelyi, e la ministra degli Esteri di Tripoli, Najla Mangoush.
    Da sinistra: Oliver Varhelyi, Antonio Tajani e Najla Mangoush
    “Siamo convinti che questo progetto porterà risultati concreti”, ha dichiarato il commissario Varhelyi. Il supporto alla guardia costiera libica rientra nel programma Support to integrated border and migration management in Lybia (Sibmmil) , finanziato dalla Commissione europea attraverso il fondo Emergency Trust Fund for Africa, avviato nel 2017 con l’obiettivo di rafforzare le autorità libiche logorate da anni di guerra civile.
    L’Italia, principale attuatore del programma, è da sempre in prima linea quando si tratta dei rapporti tra l’Ue e il partner nordafricano: solamente nell’ultima settimana, il 28 gennaio la premier Meloni era a Tripoli per firmare un accordo tra Eni e la Compagnia petrolifera nazionale libica “Noc” e il 2 febbraio è stato rinnovato per la sesta volta il discusso Memorandum d’intesa Italia-Libia “sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale e al traffico di esseri umani, e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere”. Memorandum che la Commissaria per i Diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, ha invitato a sospendere, viste le “numerose prove che documentano le gravi violazioni dei diritti umani subite da rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Libia”.
    La motovedetta ts-lcg 300
    Ma nella rinnovata determinazione della presidenza svedese del Consiglio dell’Ue e della Commissione europea nel combattere gli ingressi irregolari e nel proteggere le frontiere esterne dell’Unione, con l’adozione di un piano d’azione specifico per la rotta del Mediterraneo centrale, la guardia costiera libica gioca un ruolo di primo piano. “Vogliamo aiutare i partner del Nord Africa a proteggere i loro confini, perché li proteggono anche per noi”, ha spiegato Varhelyi, specificando che a questo scopo Bruxelles “sta fornendo attrezzatura come navi e camere a visione notturna”. Per l’Europa e per l’Italia, i progetti di rafforzamento di capacità e formazione della guardia costiera libica restano quindi fondamentali: “Le autorità libiche hanno compiuto sforzi significativi nelle operazioni di salvataggio in mare e nel contenimento delle partenze irregolari, ma i flussi sono ancora molto alti”, ha dichiarato il ministro Tajani.
    Per ridurre gli oltre 300 mila ingressi irregolari registrati nel 2022, di cui 102 mila dal Mediterraneo centrale, secondo Tajani Roma e Tripoli “devono lavorare insieme, con il sostegno dell’Ue, per trovare soluzioni sostenibili assicurando un trattamento umano alle persone più vulnerabili”. Che la soluzione migliore sia equipaggiare la guardia costiera libica, che più volte si è resa protagonista di attacchi armati anche verso pescherecci italiani, resta da vedere. Vista oltretutto l’instabilità cronica del Paese e delle sue istituzioni. Ne sono consapevoli sia a Bruxelles che e Roma: il portavoce capo della Commissione europea, Eric Mamer, ha dichiarato che “non ci sono alternative alla ricerca di dialogo e cooperazione” con le autorità di Tripoli, mentre Tajani non rinuncia all’ambizione di “essere protagonista dell’unità nazionale libica, per arrivare a un voto democratico”. Per questo la prossima settimana il ministro incontrerà l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, con il quale “si confronterà per valutare le possibili iniziative” che possano portare a una maggiore stabilità a Tripoli e soprattutto nella Cirenaica del generale Haftar.

    Il ministro degli Esteri Tajani ha consegnato la prima dei cinque mezzi finanziati dall’Ue. “Non vogliamo più che il Mediterraneo sia un cimitero di migranti”, ha dichiarato. Ma le polemiche sulla cooperazione con le autorità di Tripoli non si placano: per la Commissione Ue “non ci sono alternative”

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    INTERVISTA / Pisapia: “La stabilità in Libia è interesse anche dell’Ue, dal clima all’energia, fino ai fenomeni migratori”

    dall’inviato a Strasburgo – Cambiare l’approccio con la Libia per imprimere una svolta in un Paese travolto da un’instabilità ormai cronica, i cui riflessi si avvertono anche nell’Unione Europea, dalla questione migratoria a quella energetica e climatica. In un’intervista rilasciata a Eunews a ridosso del voto in sessione plenaria sulla raccomandazione del Parlamento Europeo (approvata con 454 voti a favore, 130 contrari e 54 astenuti) il relatore Giuliano Pisapia (S&D) traccia le linee di un auspicato rinnovo dell’impegno da parte dell’Ue e dei Ventisette a sostegno dello Stato di diritto e dei diritti nel Paese nordafricano, per sorvegliare un altrettanto atteso processo di formazione di un governo centrale legittimo e responsabile.
    Quale quadro esce dalla Libia degli ultimi 3 anni?
    “Il vuoto lasciato dalla caduta di Gheddafi è stato negli anni riempito da milizie locali e straniere che, supportate da alcuni attori internazionali, si macchiano di violenti crimini. Le interferenze straniere sono oggi uno dei maggiori problemi della Libia perché impediscono un vero processo di riconciliazione nazionale che garantisca alla Libia un futuro pacifico e democratico”.
    Come uscire allora dall’impasse?
    “Il tema dei diritti è ovviamente al centro della discussione sulla Libia. Le violazioni dei diritti umani sono sistemiche e l’impunità regna sovrana. Per questo motivo serve assolutamente un’autorità centrale che si assuma la responsabilità di garantire i diritti – e i doveri – di tutti. Il futuro governo dovrà trarre legittimità dallo stesso popolo libico. Per questo è fondamentale rinvigorire i negoziati tra i vari attori libici mediati dall’Onu con l’obiettivo di elaborare una nuova tabella di marcia che porti finalmente ad elezioni credibili, inclusive e democratiche”.
    Quali sono state le carenze europee sul file libico?
    “Purtroppo negli anni gli Stati membri non sono stati in grado di trovare una posizione comune sul futuro della Libia o, ancor peggio, non l’hanno considerata prioritaria. Eppure la Libia condivide con noi tantissime sfide. Basti pensare alla questione climatica, la crisi energetica e la gestione dei fenomeni migratori. La stabilità della Libia è interesse non solo del popolo libico ma anche dell’Unione europea e dei singoli Paesi Ue”.
    Cosa raccomanda il Parlamento al Consiglio, alla Commissione e all’alto rappresentante Ue?
    “Prima di tutto chiediamo la nomina di un Rappresentante speciale dell’Ue per la Libia che ci permetta di svolgere un ruolo di supporto più attivo al processo di riconciliazione nazionale. Dobbiamo inoltre inviare una missione di osservazione elettorale dell’Ue che monitori il processo elettorale e offra il supporto tecnico necessario. Abbiamo infine la possibilità di utilizzare i nostri fondi Ue per finanziare progetti volti, per esempio, a rafforzare lo Stato di diritto, sostenere la società civile, rafforzare l’inclusione sociale e l’uguaglianza di genere”.
    Sul fronte energetico, può il petrolio diventare mezzo di ricatto politico?
    “Lo è già stato. Troppe volte diversi attori libici – governativi e non – hanno chiuso gli impianti e bloccato la produzione di petrolio per finalità politiche. Questi blocchi hanno avuto ripercussioni non solo sull’economia locale – che, ricordo, è fortemente dipendente dal settore petrolifero – ma anche su scala mondiale”.
    L’Ue cosa può fare a riguardo?
    “Sul tema energetico l’Ue può certamente dare un grande contributo alla Libia. Da una parte dobbiamo fare pressioni sulle autorità libiche affinché garantiscano che i proventi del petrolio portino benefici all’intera popolazione libica. Dall’altra, non si può dimenticare che i cambiamenti climatici affliggono pesantemente la Libia e perciò è indispensabile incentivare il Paese ad intraprendere un percorso di transizione ecologica in linea con gli impegni di Parigi”.
    Alla luce del voto in plenaria, come valuta il piano presentato dalla Commissaria Johansson lunedì 21 novembre sul rafforzamento delle azioni congiunte sulla politica comune di migrazione e asilo?
     “Vi sono alcuni aspetti positivi che la Raccomandazione sulla Libia già conteneva. Penso al supporto delle Ong che operano in Libia, all’aumento della solidarietà tra Stati membri sul tema dei ricollocamenti o al rafforzamento del cosiddetto Meccanismo di Transito d’emergenza gestito da Unhcr che ha permesso di evacuare numerose persone vulnerabili dalla Libia”.
    E vede criticità?
    “Come al solito ci si chiede quanto effettivamente questi aspetti positivi verranno realmente attuati e quanto invece il focus si sposterà sul prevenire l’arrivo dei migranti in Europa. Dobbiamo fare molta attenzione: oltre agli obblighi internazionali che siamo tenuti a rispettare, è in ballo la nostra credibilità. Per troppo tempo la Libia nell’immaginario delle nostre cittadine e dei nostri cittadini ha rappresentato, non a torto, il luogo per eccellenza delle violazioni dei diritti umani. Dobbiamo ribaltare questo immagine e per far questo serve un impegno europeo maggiore sullo Stato di diritto e sui diritti in Libia. La panacea di tutti i mali in Libia è la lotta all’impunità. Ripartiamo da qui. Ce lo chiede il popolo libico”.

    Di questo e di tanti altri temi di attualità nelle politiche europee si discuterà nel nono appuntamento annuale di Eunews How Can We Govern Europe?, in programma a Roma il 29 e 30 novembre negli spazi delle rappresentanze di Commissione e Parlamento europei, in piazza Venezia.

    Il relatore della raccomandazione del Parlamento Ue (approvata in sessione plenaria) traccia le direttrici di un rinnovato impegno europeo sullo Stato di diritto e sui diritti nel Paese: “Per troppo tempo ha rappresentato il luogo delle violazioni dei diritti umani, la panacea di tutti i mali è la lotta all’impunità”

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    Aumenta la tensione tra Bruxelles e Ankara per l’intesa sugli idrocarburi Turchia-Libia (che impatta su confini greci)

    Bruxelles – Dopo tre anni si riaccende lo scontro tra l’Ue e la Turchia sull’intesa bilaterale di Ankara con la Libia per tracciare nuove frontiere marittime nel Mar Mediterraneo, e ora l’energia si ritaglia un ruolo centrale nella contesa. Lunedì (3 ottobre) il governo libico di Tripoli e quello turco hanno siglato un nuovo accordo preliminare sull’esplorazione energetica all’interno del memorandum d’intesa del 2019, scatenando la reazione sdegnata di Grecia, Egitto e Bruxelles.
    “La posizione dell’Ue rimane invariata: il memorandum d’intesa Turchia-Libia del 2019 viola i diritti sovrani di Stati terzi, non è conforme al diritto del mare e non può produrre alcuna conseguenza giuridica”, denuncia in una nota il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano, a proposito del nuovo accordo che – nonostante non sia ancora stato reso pubblico – non deve comportare “azioni che possano minare la stabilità regionale”. Dura la risposta del governo turco alle dichiarazioni arrivate da Bruxelles: “Non hanno alcun significato e valore per il nostro Paese“, ha attaccato il portavoce del ministero degli Esteri, Tanju Bilgiç: “Opporsi a questo accordo di cooperazione tra due Stati sovrani è contrario al diritto internazionale e ai principi fondamentali dell’Onu”. L’affondo è sia alla Grecia – “tenta di usurpare i diritti legittimi non solo della Turchia ma anche della Libia attraverso le sue richieste massimaliste di aree di giurisdizione marittima” – sia all’Ue: “Non è un organo giudiziario internazionale che può commentare o giudicare accordi tra Paesi terzi sovrani“.
    La tensione è altissima, proprio alla vigilia della prima riunione della Comunità Politica Europea (Cpe), il nuovo format di confronto tra 44 capi di Stato e di governo Ue e non-Ue sulla sicurezza e le questioni di interesse comune – che vedrà la partecipazione anche del presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan. Il nuovo accordo sull’esplorazione di idrocarburi in mare riaccende lo scontro sulla delimitazione delle aree marittime nel Mediterraneo, con Ankara che continua a mettere in discussione i confini greci e, di conseguenza, le frontiere esterne dell’Unione a sud dell’isola di Creta. L’Ue segue da vicino la vicenda, perché non può permettersi di dover gestire un altro fronte di instabilità geopolitica dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Erdoğan e il premier greco, Kyriakos Mītsotakīs, si incroceranno domani (giovedì 6 ottobre) a Praga, ma al momento non sono previsti incontri bilaterali (anche se fonti europee ribadiscono che questo tipo di scambi non saranno inclusi formalmente nell’agenda  del vertice).

    L’accordo preliminare tra il governo turco e quello di unità nazionale di Tripoli sull’esplorazione energetica nel Mediterraneo si inserisce nel quadro del memorandum d’intesa del 2019 e avrebbe implicazioni sulla delimitazione della giurisdizione nelle aree del Mediterraneo

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    La Commissione UE smentisce l’avvio di una missione militare in Libia. Per ora.

    Bruxelles – Una missione militare dell’UE in Libia non è in programma. Non per ora, almeno. La Commissione smentisce le voci che iniziano a circolare su un possibile impegno europeo di diversa natura nel Paese nordafricano. Il clima di instabilità è tale da indurre a pensare che l’Unione dovrebbe intervenire con una presenza militare organizzata nel contesto della Politica di sicurezza e difesa comune (CSDP), con l’obiettivo di non lasciare campo libero a forze straniere. Questo è quello a cui si starebbe ragionando, secondo indiscrezioni di stampa. 
    La linea della Commissione è quella del “no comment”. Arianna Podestà, portavoce facente funzioni di responsabile del servizio di comunicazione dell’esecutivo comunitario, ricorda a Bruxelles “non si commentano mai le indiscrezioni”. Ad ogni modo, aggiunge, “non siamo a conoscenza di alcuna discussione di missioni militari in Libia”. Al momento, ricorda, restano in essere le due missioni già operative. Si tratta di EUBAM Libia, missione civile avviata nel 2013 e gestita a livello di Politica di sicurezza e difesa comune volta ad aiutare le autorità libiche a smantellare le reti di trafficanti di esseri umani, e di EUNAVFOR MED IRINI, avviata nel 2015 con  l’obiettivo di neutralizzare le rotte consolidate del traffico di profughi nel Mediterraneo. 
    Le risposte fornite a Bruxelles però non sembrano sgombrare il campo da dubbi per il medio termine. Il 24 dicembre in Libia sono previste le elezioni politiche e presidenziali, che dovranno delineare il futuro assetto dello Stato, comunque lontano da una piena stabilità. “Siamo ad un punto critico”, che non può non indurre a “guardare oltre e vedere come aiutare la Libia” nel rafforzamento dei progressi compiuti fin qui e consolidare il processo di stabilizzazione. Possibile dunque che si prepari una nuova missione per i prossimi mesi, date le risposte criptiche fornite dalla Commissione UE.

    L’esecutivo comunitario smentisce indiscrezioni circa l’avvio di un nuovo impegno nel Paese, ma ammette che occorre “guardare oltre e vedere come aiutare la Libia”

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    Pompeo all’Italia: attenti ai cinesi

    JosepBorrellFI spoke today with Palestinian President Mahmoud Abbas to reiterate EU’s continued support to Palestinian state bui… https://t.co/HGYRIHV8St

    MarcoPiantiniRT @ItalyinARG: Adiós al gran historietista y humorista gráfico?? #Quino, padre de la mítica #Mafalda que seguirá en nuestros corazones ete…

    ElisaFerreiraEC2020 in a cartoon. Gracias por tanto Quino #DEP https://t.co/OdLgOzJnt2

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    jyrkikatainenFull support to @VeraJourova and @dreynders We can’t make compromises on fundamental values. Deterioration of Rule… https://t.co/qd31K3HFX3

    MargSchinasRT @EURightsAgency: Welcome and stimulating discussions today between FRA Director @MichaelCJT and @EU_Commission VP @MargSchinas look towa…

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    ansaeuropaEU DATA NEWS HUB ?? ????Italia, Germania e Irlanda saranno i primi a potersi connettere al sistema Ue #Gateway che… https://t.co/4R6VrwM9Pq

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    eu_eeasVenezuela: Press release on EU dialogue with stakeholders in Caracas https://t.co/XFiN0l8QbX

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    Antonio_TajaniServe un controllo più severo dei social per evitare tragedie come quella di Napoli https://t.co/IeDTN1dPbL

    brandobenifeiRT @estrella_dura: Big political changes have never come from the top but from de bottom. Cooperation with local, regional, national and Eu…

    pierremoscoviciUn débat aussi violent qu’inquiétant et malsain. Le résultat d’une élection ne peut être refusé ou contesté par a… https://t.co/JSYCifmG6j

    CSpillmannRT @AnneRovan: Michel #Barnier à propos du tunnel de négociation qui permettrait d’arriver peut-être à un accord commercial avec Londres :…

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